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ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE? GIA’ FATTO!!!: IL SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE GENERA MOSTRI
"PUBBLICITA’ PROGRESSO": L’ITALIA E LA FORZA DI UN MARCHIO REGISTRATO!!!
CRONACHE MARZIANE.
Ma come sono intelligenti (questi esseri umani terrestri d’Italia): non sanno proprio nulla della fattoria né di Platone né di Orwell. Hanno approvato una Legge che dice:tutti i partiti sono uguali, ma un partito è più uguale degli altri! E si apprestano a nominare Presidente della loro Repubblica, il presidente (o chi per lui) di questo partito. Il giogo e il gioco è già in atto da più di un ventennio!
Sono proprio intelligenti e sportivi questi terrestri italiani: con il loro nuovo presidente, tutti e tutte gridano e agitano le bandiere del partito: "forza italia". Tutto il loro mondo è diventato uno stadio e, finalmente, il loro Presidente è l’Arbitro di tutti i partiti e di tutte le partite!!!
Federico La Sala
Crollo del Ponte #Morandi a #Genova, la dichiarazione del Presidente #Mattarella:*
«È una catastrofe quella che ha colpito Genova e l’Italia intera. Su persone e famiglie inermi si è abbattuta una disgrazia spaventosa e assurda.
Il primo pensiero - mio come di tutti gli italiani - va alle vittime, ai feriti, alle sofferenze e alle angosce dei loro familiari. A quanti oggi piangono per i loro cari, desidero esprimere il più sentito cordoglio, la mia vicinanza e, insieme, la solidarietà della Repubblica.
Un caloroso ringraziamento rivolgo a coloro che - sulle strade, tra le macerie, negli ospedali - si sono immediatamente prodigati e tuttora continuano a lavorare in condizioni di difficoltà, per salvare vite e per recuperare i corpi di chi è stato travolto.
Questo è il momento dell’impegno comune, per affrontare l’emergenza, per assistere i feriti, per sostenere chi è colpito dal dolore, cui deve seguire un esame serio e severo sulle cause di quanto è accaduto. Nessuna autorità potrà sottrarsi a un esercizio di piena responsabilità: lo esigono le famiglie delle tante vittime, lo esigono le comunità colpite da un evento che lascerà il segno, lo esige la coscienza della nostra società nazionale.
Gli italiani hanno diritto a infrastrutture moderne ed efficienti che accompagnino con sicurezza la vita di tutti i giorni.
I controlli, la cultura della prevenzione e l’intelligente ammodernamento del sistema delle comunicazioni, devono essere sempre al centro dell’azione delle istituzioni pubbliche e dei concessionari privati, a tutti i livelli».
*Fonte: Presidenza della Repubblica, Roma, 14/08/2018
TWEET: forza, #Genova - forza, #Italia *
’Pm come Tartaglia’: interviene il Csm
Parole Berlusconi in dossier a tutela magistrati gia’ attaccati dal premier *
ROMA - Il Csm si occuperà delle frasi pronunciate ieri dal presidente del Consiglio, che ha paragonato "l’aggressione" giudiziaria nei suoi confronti a quella fisica subita in piazza Duomo a Milano per mano di Tartaglia. La prima commissione di Palazzo dei Marescialli ha infatti deciso di acquisire i giornali che riportano le dichiarazioni di Berlusconi e di inserirle nell’ampia pratica a tutela di magistrati oggetto in passato di accuse rivolte dal premier. Questo fascicolo pende da tempo e riguarda in particolare i giudizi espressi dal presidente del Consiglio sui magistrati delle Procure di Palermo e di Milano che hanno riaperto le indagini sulle stragi mafiose e sui giudici del processo Mills.
Berlusconi, parlando ieri dopo la riunione del Consiglio dei ministri, ha definito le aggressioni giudiziarie "parificabili a quelle di piazza del Duomo, se non peggio’’.’’Mi attaccano sul piano della persona con la ’character assassination’ che e’ stata messa in campo - ha detto ancora Berlusconi riferendosi ora a un ambito più generale -, mi attaccano sul piano patrimoniale, ora non gli resta che attaccarmi sul piano fisico, come hanno iniziato a fare, ma - ha avvertito - ’non praevalebunt’’’.
Sempre parlando di giustizia il Presidente del Consiglio ha annunciato che il governo ’’riproporra’ l’inappellabilita’ delle sentenze di primo grado nella riforma della giustizia che stiamo esamindando’’. Per quanto riguarda la riforma fiscale, ha invece parlato di tempi lunghi. Per ora - ha detto - la crisi non consente una riduzione delle tasse.
Di giustizia e molto altro, Berlusconi parlera’ oggi in un faccia a faccia con il presidente della Camera Gianfranco Fini, durante una colazione in programma a Montecitorio. All’ordine del giorno anche una ricognizione su equilibri nel Pdl, agenda di governo, regionali, innesti nel governo di nuovi sottosegretari, alleanze con l’Udc.
Il presidente della Repubblica alla conferenza internazionale sulla violenza contro le donne
"In Italia si verificano anche fatti raccapriccianti che ci allontanano dalla Costituzione"
Diritti, il monito di Napolitano
"Lotta contro tutte le discriminazioni"
Migranti, Barroso richiama il premier italiano e maltese al rispetto delle norme internazionali
ROMA - Lottare contro l’omofobia e la xenofobia. Fare di tutto per mettere un freno alla violenza sulle donne. Tutelare i diritti senza allontanarsi dai principi della Costituzione. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano apre così la Conferenza Internazionale sulla violenza contro le donne che si tiene a Roma. Con un severo monito contro le discriminazioni che ci stanno allontanando dallo spirito delle Costituzione.
"La lotta contro ogni sopruso ai danni delle donne, contro la xenofobia, contro l’omofobia fa tutt’uno con la causa del rifiuto dell’intolleranza e della violenza, in larga misura oggi alimentata dall’ignoranza, dalla perdita dei valori ideali e morali, da un allontanamento spesso inconsapevole dei principi su cui la nostra Costituzione ha fondato la convivenza della nazione democratica" ammonisce il presidente.
Parla della violenza contro le donne, il presidente. "Fatti raccapriccianti" li definisce. Che si verificano anche in paesi "evoluti e ricchi come l’Italia, dotati di Costituzione e di sistemi giuridici altamente sensibili ai diritti fondamentali delle donne, continuano a verificarsi fatti raccapriccianti, in particolare, negli ultimi tempi, di violenza di gruppo contro donne di ogni etnia, giovanissime e meno giovani". E se è vero che il Parlamento ’’già da decenni si sia impegnato in una severa legislazione sulla violenza’’, è anche vero che ’qualunque paese rappresentiamo in questa sala dobbiamo sentirci egualmente responsabili dell’incompiutezza di progressi realizzati’’.
Diritti ed Europa. A partire dalla Carta della Ue che "vincola alla non discriminazione". Parole che suonano quanto mai di attualità. "In Italia stiamo sperimentando la complessità della presenza crescente nel nostro Paese di comunità immigrate e del conseguente processo di integrazione da portare avanti - dice Napolitano - Integrazione i cui cardini sono nel rispetto della diversità di culture, religioni e tradizioni e nel rispetto dell’individuo e della sua dignità, da garantire insieme ai principi e alle leggi nazionali che regolano l’appartenenza alle società d’accoglienza".
Diritti da tutelare, quindi. Il cui riconoscimento è la "condizione di convivenza civile, libera e democratica". "In qualsiasi contesto il pieno riconoscimento la concreta affermazione dei diritti umani - conclude il capo dello Stato - costituisce una innegabile pietra di paragone della condizione effettiva delle popolazioni e delle persone del grado di avanzamento materiale e spirituale di un Paese". E su questa strada, è il senso delle parole di Napolitano, c’è ancora molto da fare.
Immigrati, il richiamo di Barroso. Il presidente della Commissione europea, Barroso, ha "esortato i primi ministri italiano e maltese a rispettare tutte le norme internazionali" nella vicenda dei respingimenti dei migranti clandestini nel mediterraneo. Lo ha riferito lo stesso Barroso agli eurodeputati del gruppo dei Socialisti e democratici durante la sua audizione in corso oggi a Bruxelles. "Il mio commissario competente (Jacques Barrot, ndr) ha mandato subito una lettera formale ai due governi chiedendo spiegazioni. E’ necessario - ha concluso Barroso - sostenere i diritti umani e i diritti fondamentali in Europa e nel mondo".
* la Repubblica, 9 settembre 2009
Confronto dopo lo sfogo sul Colle. Il premier: una tregua, basta veleni
Il capo dello Stato preoccupato anche per i difficili rapporti a livelo europeo
"Serve equilibrio e responsabilità"
Napolitano frena il Cavaliere
Il premier teme ancora manovre in autunno. E con lo stato maggiore
di Forza Italia non ha escluso il ricorso ad elezioni politiche anticipate
di FRANCESCO BEI *
Napolitano con Silvio Berlusconi ROMA - Alla fine, come forse era inevitabile, l’onda del caso Boffo, la crisi nei rapporti tra governo e Cei, si è andata a infrangere sul Quirinale.
In quel salotto nello studio alla Vetrata, dove il capo dello Stato ha ricevuto ieri pomeriggio Berlusconi, insieme a Sandro Bondi e Gianni Letta, è stato proprio il Cavaliere a tirar fuori per primo l’argomento. Uno sfogo non sollecitato, come quello che la mattina l’aveva portato a prendersela con i giornali, che Giorgio Napolitano ha raccolto con preoccupazione, spendendosi più del solito per un "rasserenamento" del clima. "Presidente - ha esordito Berlusconi, febbricitante e sofferente per via di un mal di stomaco - sappi che in tutta questa storia di Boffo io non c’entro assolutamente nulla, i giornali hanno diffuso solo falsità. Feltri lo conosci anche tu. Semmai la prima vittima sono io".
Ma ciò che sta più a cuore al premier è chiedere un aiuto, cercare una sponda istituzionale nel presidente della Repubblica. Come prima del G8 dell’Aquila, al culmine degli scandali sulla vita privata del premier, quando, in nome dell’Italia, Napolitano arrivò a invocare una "tregua" politica. "C’è in giro un clima per cui diventa impossibile lavorare, sarebbe utile un tuo intervento che faccia da argine a tutti questi veleni - ha chiesto a questo punto Berlusconi -, anche perché alla fine è il paese che ci va di mezzo, è l’immagine dell’Italia all’estero". Berlusconi se ne è reso conto nel suo recente viaggio a Danzica e ne è rimasto impressionato: persino durante le commemorazioni sull’invasione nazista della Polonia si è sentito chiedere conto delle serate a palazzo Grazioli da uno dei leader europei. Ma questa volta, da parte di Napolitano, più che comprensione c’è stato un invito implicito ad abbandonare la tattica di controguerriglia seguita finora da palazzo Chigi. Un invito alla "moderazione", al senso di "equilibrio" e di "responsabilità da parte di tutti".
Il cruccio di Napolitano riguarda anche i rapporti con la Commissione europea, oggetto degli strali del Cavaliere a Danzica. Così, se il Presidente non ha fatto mistero di aver seguito con apprensione gli attacchi a Boffo, allo stesso modo ha valutato lo scontro tra Roma e Bruxelles un errore. E non è un caso allora se proprio ieri, da Stoccolma, Franco Frattini si sia affrettato a smentire gli intenti più bellicosi annunciati dal premier, quel voler paralizzare le istituzioni comunitarie con il veto se non cesseranno le critiche al governo italiano: "Siamo un paese responsabile", ha tagliato corto il ministro degli Esteri. Un’altra colomba, Gianni Letta, starebbe manifestando un crescente disagio per la strategia di attacchi a tutto spiano messa in atto da Berlusconi. In fondo le dimissioni di Boffo e la campagna del Giornale segnano anche la prima vera sconfitta della sua linea, volta interamente a ricucire la frattura con la Santa sede. Come dimostra anche la sua presenza domani a Viterbo accanto a Papa Ratzinger. È Letta una delle vittime del furore dei falchi che circondano il Cavaliere, che ieri ha provato a blandirlo in pubblico ancora una volta: "Non ho bisogno di Internet, io ho Gianni".
L’altra grande questione che sta agitando l’inquilino di palazzo Chigi sono le elezioni regionali. Anche qui nella convinzione che solo una schiacciante vittoria metterà a tacere i critici e spazzerà il tavolo da tutti i "complotti" messi in campo per destituirlo. E se poi il clima si dovesse fare ancora più pesante, alcuni sussurrano che il premier avrebbe in mente di giocarsi l’arma finale, le dimissioni e il ricorso alle elezioni anticipate (nella certezza che un’altra maggioranza in Parlamento sarà impossibile da trovare) in concomitanza con le amministrative di marzo. Fantapolitica? Forse, ma nel pranzo di ieri a palazzo Grazioli, dove Berlusconi ha riunito Verdini, Cicchitto, Quagliariello, Bondi e Gianni Letta, il padrone di casa ha ripetuto: "In questa legislatura non ci saranno altri governi".
Il cuore della partita, dunque, si gioca nella metà campo di Casini, decisivo in molte regioni. Ma nel lungo vertice a via del Plebiscito sarebbe stata affrontata anche la questione del testamento biologico e dell’atteggiamento da tenere per disinnescare le "trappole" del presidente della Camera nell’iter del ddl a Montecitorio. I partecipanti ovviamente smentiscono, giurano che si è trattato di una "riunione informale, del tutto occasionale", ma intanto dalle parti di An il vertice è stato visto sotto tutt’altra luce. "È stata una riunione incauta - è la reazione che si coglie tra gli uomini di Fini -, sembra quasi il tentativo di far rinascere Forza Italia. Un episodio che dà un segno involutivo al processo di costruzione del Pdl. Tra di noi c’è profondo malessere".
* la Rewpubblica, 5 settembre 2009
Se non può comprare
di Concita De Gregorio (l’Unità, 02.09.2009)
Così siamo al dunque. Quel che non si può comprare né corrompere deve tacere. Eccola qui la strategia d’autunno: zittire con ogni mezzo il dissenso, che ormai questo è diventato il semplice dovere di cronaca e diritto di critica. Il presidente del Consiglio, lo avete letto, è in guerra in queste settimane con i commissari europei, con le gerarchie ecclesiastiche, con i giornali che nel nostro paese e nel mondo documentano le sue gesta. Non ci sono in Italia molti organi d’informazione che non dipendano direttamente o indirettamente dal suo favore, dal suo smisurato potere economico e dal suo potere di influenza e di minaccia. Premere, corrompere o comprare. Dove non si può pagare, allora uccidere.
Lo squadrismo mediatico di governo, forte di nuove reclute, è difatti al lavoro per distruggere le reputazioni dei giornalisti non a busta paga. Mezzi leciti e illeciti, menzogne, false prove, non importa. L’aggressione al direttore di Avvenire, che ieri persino Fini ha definito killeraggio. L’aggressione personale all’editore e al direttore di Repubblica, insieme la richiesta di risarcimento al giornale per aver posto dieci domande. L’Unità, unico quotidiano in Italia, le ha per due volte ripubblicate: è possibile giudicare diffamanti delle domande, non sarebbe doveroso rispondere? Il gruppo Prisa, editore del Paìs, è sotto offerta economica da parte di emissari spagnoli del premier.
Ecco adesso l’attacco all’Unità. Due richieste di danni per una somma complessiva di 3 milioni di euro riferite non a un articolo o a un commento ma a due numeri del giornale nella loro interezza. Due numeri in cui ad alcune delle dieci domande si offriva risposta. I temi: lo stato della trattativa tra governo e Vaticano (indulgenza sulla condotta del premier contro leggi gradite oltretevere), il divieto di usare le intercettazioni telefoniche come strumento di indagine, lo stato della guerra privata del premier contro Sky e i danni che agli italiani ne derivano. Servizi di cronaca e libere opinioni, del resto da molti giornali anche stranieri condivisi.
La novità, oggi, è che non si contesta un articolo ma un giornale intero. Una scrittrice, una editorialista, due giornaliste sono accusate insieme al direttore di aver concorso alla diffamazione che si dedurrebbe dal complesso generale dei loro scritti. È l’insieme che non gli piace. È il giornale: la sua linea, il suo tono.
Chiedere un milione per ogni numero suona come un avvertimento: potrebbe farlo ogni giorno. Non vuole giustizia in sede penale, non gli interessa stabilire se quegli articoli riferiscano il vero. Vuole soldi. Minaccia di chiederne così tanti da ridurci al silenzio. Non accadrà, se accadesse sarà per sua mano. Come durante il fascismo, come quando la censura imponeva i sigilli.
È venuto il momento non solo di una grande mobilitazione, necessaria ma non sufficiente. È il momento di opporre allo strapotere dei soldi la politica, che sia quella l’argine al declino della democrazia. È anche venuto il momento, cari cittadini, di sostenere con forza rinnovata chi si sottrae alla logica del plutocrate. Di dare più forza alle voci del dissenso, ogni giorno. Non tanto e non solo per noi, che dal 1924 abbiamo conosciuto stagioni peggiori. Per tutti, per l’Italia che verrà.
USCIRE DAL SONNAMBULISMO - FARE CHIAREZZA LOGICA. POLITICA, E COSTITUZIONALE!!!
CONTRO UN PRESIDENTE (DI UN PARTITO) CHE GRIDA "FORZA ITALIA" DAL 1994 .... SOLO L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E DELLA CORTE COSTITUZIONALE PUO’ ESSERE DECISVO!!!
"SE NON PUO’ COMPRARE" (COME HA SCRITTO CONCITA DE GREGORIO), BERLUSCONI - IL PRESIDENTE (DEL PARTITO ISTITUZIONALE CHIAMATO "FORZA ITALIA") - DEVE CHIUDERE L’UNITA’ ... D’ITALIA. PER "FORZA"!!!
PER TUTTI, PER L’ITALIA CHE SARA’ .... AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA L’INVITO A RIPRENDERSI LA "PAROLA" E A RIDARE ORGOGLIO E DIGNITA’ A TUTTO IL PAESE: VIVA L’ITALIA!!!
Federico La Sala
L’ANALISI
La menzogna come potere
di GIUSEPPE D’AVANZO *
Avanzare delle domande a un uomo politico nell’Italia meravigliosa di Silvio Berlusconi è già un’offesa che esige un castigo?
L’Egoarca ritiene che sollecitare delle risposte dinanzi alle incoerenze delle dichiarazioni pubbliche del capo del governo sia diffamatorio e vada punito e che quelle domande debbano essere cancellate d’imperio per mano di un giudice e debba essere interdetto al giornale di riproporle all’opinione pubblica. E’ interessante leggere, nell’atto di citazione firmato da Silvio Berlusconi, perché le dieci domande che Repubblica propone al presidente del Consiglio sono "retoriche, insinuanti, diffamatorie".
Sono retoriche, sostiene Berlusconi, perché "non mirano a ottenere una risposta dal destinatario, ma sono volte a insinuare l’idea che la persona "interrogata" si rifiuti di rispondere". Sono diffamatorie perché attribuiscono "comportamenti incresciosi, mai tenuti" e inducono il lettore "a recepire come circostanze vere, realtà di fatto inesistenti". Peraltro, "è sufficiente porre mente alle dichiarazioni già rese in pubblico dalle persone interessate, per riconoscerne la falsità, l’offensività e il carattere diffamatorio di quelle domande che proprio "domande" non sono".
Come fin dal primo giorno di questo caso squisitamente politico, una volta di più, Berlusconi ci dimostra quanto, nel dispositivo del suo sistema politico, la menzogna abbia un primato assoluto e come già abbiamo avuto modo di dire, una sua funzione specifica. Distruttiva, punitiva e creatrice allo stesso tempo. Distruttiva della trama stessa della realtà; punitiva della reputazione di chi non occulta i "duri fatti"; creatrice di una narrazione fantastica che nega eventi, parole e luoghi per sostituirli con una scena di cartapesta popolata di nemici e immaginari complotti politici.
Non c’è, infatti, nessuna delle dieci domande che non nasca dentro un fatto e non c’è nessun fatto che nasca al di fuori di testimonianze dirette, di circostanze accertate e mai smentite, dei racconti contraddittori di Berlusconi.
E’ utile ora mettersi sotto gli occhi queste benedette domande. Le prime due affiorano dai festeggiamenti di una ragazza di Napoli, Noemi, che diventa maggiorenne. E’ Veronica Lario ad accusare Berlusconi di "frequentare minorenni". E’ Berlusconi che decide di andare in tv a smentire di frequentare minorenni. Nel farlo, in pubblico, l’Egoarca giura di aver incontrato la minorenne "soltanto tre o quattro volte alla presenza dei genitori". Questi sono fatti. Come è un fatto che le parole di Berlusconi sono demolite da circostanze, svelate da Repubblica, che il capo del governo o non può smentire o deve ammettere: non conosceva i genitori della minorenne (le ha telefonato per la prima volta nell’autunno del 2008 guardandone un portfolio); l’ha incontrata da sola per lo meno in due occasioni (una cena offerta dal governo e nelle vacanze del Capodanno 2009).
La terza domanda chiede conto al presidente del Consiglio delle promesse di candidature offerte a ragazze che lo chiamano "papi". La circostanza è indiscutibile, riferita da più testimoni e direttamente dalla stessa minorenne di Napoli. La quarta, la quinta, la sesta e settima domanda ruotano intorno agli incontri del capo del governo con prostitute che potrebbero averlo reso vulnerabile fino a compromettere gli affari di Stato. La vita disordinata di Berlusconi è diventata ormai "storia nota", ammessa a collo torto dallo stesso capo del governo e in palese contraddizione con le sue politiche pubbliche (marcia nel Family day, vuole punire con il carcere i clienti delle prostitute). La sua ricattabilità - un fatto - è dimostrata dai documenti sonori e visivi che le ospiti retribuite di Palazzo Grazioli hanno raccolto finanche nella camera da letto del Presidente del Consiglio.
L’ottava domanda è politica: può un uomo con queste abitudini volere la presidenza della Repubblica? Chi non glielo chiederebbe? La nona nasce, ancora una volta, dalle parole di Berlusconi. E’ Berlusconi che annuncia in pubblico "un progetto eversivo" di questo giornale. E’ un fatto. E’ lecito che il giornale chieda al presidente del Consiglio se intenda muovere le burocrazie della sicurezza, spioni e tutte quelle pratiche che seguono (intercettazioni su tutto). Non è minacciato l’interesse nazionale, non si vuole scalzarlo dal governo e manipolare la "sovranità popolare"? In questo lucidissimo delirio paranoico, Berlusconi potrebbe aver deciso, forse ha deciso, di usare la mano forte contro giornalisti, magistrati e testimoni. Che ne dia conto. Grazie.
La decima domanda infine (e ancora una volta) non ha nulla di retorico né di insinuante. E’ Veronica Lario che svela di essersi rivolta agli amici più cari del marito per invocare un aiuto per chi, come Berlusconi, "non sta bene". E’ un fatto. Come è un fatto che, oggi, nel cerchio stretto del capo del governo, sono disposti ad ammettere che è la satiriasi, la sexual addiction a rendere instabile Berlusconi.
Questa la realtà dei fatti, questi i comportamenti tenuti, queste le domande che chiedono ancora oggi - anzi, oggi con maggiore urgenza di ieri - una risposta. Dieci risposte chiare, per favore. E’ un diritto chiederle per un giornale, è un dovere per un uomo di governo offrirle perché l’interesse pubblico dell’affare è evidente.
Si discute della qualità dello spazio democratico e la citazione di Berlusconi ne è una conferma. E dunque, anche a costo di ripetersi, tutta la faccenda gira intorno a un solo problema: fino a che punto il premier può ingannare l’opinione pubblica mentendo, in questo caso, sulle candidature delle "veline", sulla sua amicizia con una minorenne e tacendo lo stato delle sue condizioni psicofisiche? Non è sempre una minaccia per la res publica la menzogna? La menzogna di chi governa non va bandita incondizionatamente dal discorso pubblico se si vuole salvaguardare il vincolo tra governati e governanti? Con la sua richiesta all’ordine giudiziario di impedire la pubblicazione di domande alle quali non può rispondere, abbiamo una rumorosa conferma di un’opinione che già s’era affacciata in questi mesi: Berlusconi vuole insegnarci che, al di fuori della sua verità, non ce ne può essere un’altra. Vuole ricordarci che la memoria individuale e collettiva è a suo appannaggio, una sua proprietà, manipolabile a piacere. La sua ultima mossa conferma un uso della menzogna come la funzione distruttiva di un potere che elimina l’irruzione del reale e nasconde i fatti, questa volta anche per decisione giudiziaria. La mordacchia (come chiamarla?) che Berlusconi chiede al magistrato di imporre mostra il nuovo volto, finora occultato dal sorriso, di un potere spietato. E’ il paradigma di una macchina politica che intimorisce. E’ la tecnica di una politica che rende flessibili le qualifiche "vero", "falso" nel virtuale politico e televisivo che Berlusconi domina. E’ una strategia che vuole ridurre i fatti a trascurabili opinioni lasciando campo libero a una menzogna deliberata che soffoca la realtà e quando c’è chi non è disposto ad accettare né ad abituarsi a quella menzogna invoca il potere punitivo dello Stato per impedire anche il dubbio, anche una domanda. Come è chiaro ormai da mesi, quest’affare ci interroga tutti. Siamo disposti a ridurre la complessità del reale a dato manipolabile, e quindi superfluo. Possiamo o è già vietato, chiederci quale funzione specifica e drammatica abbia la menzogna nell’epoca dell’immagine, della Finktionpolitik? Sono i "falsi indiscutibili" di Berlusconi a rendere rassegnata l’opinione pubblica italiana o il "carnevale permanente" l’ha già uccisa? Di questo discutiamo, di questo ancora discuteremo, quale che sia la decisione di un giudice, quale che sia il silenzio di un’informazione conformista. La questione è in fondo questa: l’opinione pubblica può fare delle domande al potere?
* la Repubblica, 28 agosto 2009
Il dovere della chiarezza
di STEFANO RODOTÀ *
Archiviato il G8, con un indubbio successo personale del presidente del Consiglio, dovranno pure essere archiviate tutte le vicende che, negli ultimi turbinosi tempi, hanno riguardato la sua figura pubblica? Può un nuovo corso politico cominciare all’insegna di una omissione?
Non è un accanimento ingiustificato a sollecitare queste domande, ma proprio la necessità di avere una vita politica davvero limpida. Peraltro, era stato lo stesso Silvio Berlusconi a annunciare una svolta sul piano dei comportamenti. Un proposito limitato ai giorni aquilani o destinato a produrre qualche frutto anche in futuro? Il premier ha un’opportunità. Andare in un luogo che non ama, ma centrale per le istituzioni come il Parlamento, e rispondere alle domande che gli sono state poste.
Ricordava ieri Eugenio Scalfari che la maggiore sobrietà mostrata da Berlusconi durante il G8 può darsi che sia stata determinata anche dalla chiarezza con la quale una parte del sistema dell’informazione ha criticato il suo modo d’impersonare la più alta responsabilità politica del Paese, con echi globali che certamente non hanno giovato né alla sua credibilità, né a quello che enfaticamente si chiama il buon nome dell’Italia. E’ così emersa, inaspettatamente, la forza d’una opinione pubblica che si pensava ormai indifferente o addirittura dissolta, incapace di avere reazioni politicamente significative. Gli effetti si sono visti in occasione delle elezioni europee, nelle parole taglienti del segretario della conferenza episcopale italiana. Proprio questa risvegliata opinione pubblica, questo mondo che non ha dimenticato i doveri della moralità pubblica, sono ancora in credito. I buoni propositi sono sempre importanti, ma la loro fondatezza si deve subito misurare dal modo in cui si dimostra consapevolezza piena della responsabilità degli uomini pubblici nei confronti dei cittadini, di tutti i cittadini.
E’ giusto non alzare inutilmente i toni, ma questo non può significare dimenticare frettolosamente quel che è avvenuto e che, per altri versi, continua a essere oggetto di accertamenti giudiziari e inchieste giudiziarie. Se si scegliesse questa strada e non si continuasse a chiedere con voce sommessa ma chiara la verità, il già debole tessuto civile sarebbe ulteriormente logorato. Sono state proprio le troppe compiacenze e assoluzioni a buon mercato dei potenti a dare una spinta decisiva all’antipolitica, a creare un clima politico che ha spalancato le porte a una ricerca del consenso che fa leva più sui vizi che sulle virtù repubblicane. Illegalità sempre blandita, razzismo sempre meno strisciante, frequentazioni a dir poco disinvolte hanno legittimato una clima diffuso che costituisce un brodo di coltura che certo non fa bene alla democrazia.
Qui è il punto. La vicenda delle frequentazioni di Berlusconi, che nessun criterio consente di confinare nel privato, dev’essere chiarita per evitare che, per l’ennesima volta, la resistenza passiva dei politici, il loro "ha dda passà ’a nuttata" o "chinati juncu che passa la china", alla fine trionfino, non solo garantendo impunità, ma dando un pessimo esempio sociale. Non si tratta di andare alla ricerca di responsabilità penali, ma di rimettere in onore la responsabilità politica, praticamente cancellata in questi anni. E’ una impresa impegnativa, perché il fronte della responsabilità politica deve essere presidiato da molti soggetti. Quanta parte del sistema dell’informazione ha fatto il suo dovere? Quanta parte del ceto politico non vede l’ora di chiudere la "parentesi moralistica" per tornare agli usati costumi? Se attingiamo alla cultura pop, ci imbattiamo in Caterina Caselli: "La verità ti fa male, lo so... Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu". Probabilmente queste sono oggi le fonti, consapevoli o no, alle quali ci si ispira in un momento che esigerebbe meno leggerezza e maggiore consapevolezza di che cosa voglia dire far politica in un sistema democratico. Non suggerisco altre canzoni o altre letture. Richiamo il senso della verità in politica, che è componente essenziale della legittimazione stessa delle istituzioni, e che non può essere accantonato con una mossa cinica o di malinteso realismo politico (che, peraltro, non ha finora dato alcun profitto alle opposizioni).
L’obbligo di verità da parte delle istituzioni diviene diritto d’informazione sul versante dei cittadini. Nell’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dell’Onu si afferma che "ogni individuo ha diritto di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee con ogni mezzo e senza riguardo a frontiere". Questo diritto individuale alla ricerca della verità attraverso le informazioni chiarisce bene quale sia il significato della verità nelle società democratiche, che si presenta come il risultato di un processo aperto di conoscenza, che lo allontana radicalmente da quella produzione di verità ufficiali tipica dell’assolutismo politico, che vuole proprio escludere la discussione, il confronto, l’espressione di opinioni divergenti, le posizioni minoritarie. Proprio questa ovvia considerazione ci dice che la partita in corso intorno alle mille verità, contraddizioni, reticenze, bugie sulla vicenda personale del presidente del Consiglio deve concludersi in modo da evitare ogni inquinamento del sistema democratico. Aspettiamo pazienti. Ma della pazienza si può abusare, come si disse per quel Catilina citato a sproposito nei paraggi berlusconiani. Perché l’abuso non si consolidi, e diventi regola, bisogna non stancarsi di insistere.
* la Repubblica, 13 luglio 2009