Girard: presto un nuovo Rinascimento *
«Quello che fa il cristianesimo è cambiare completamente la nostra prospettiva: nel mito il punto di vista è sempre quello della comunità che scarica la propria violenza su un capro espiatorio; il cristianesimo invece ribalta la situazione dimostrando che la vittima non è colpevole». Ribadisce la sua classica teoria lo storico e antropologo René Girard, da poco eletto tra i 40 «immortali» dell’Académie Française, nell’affrontare il faccia a faccia con il filosofo non credente Gianni Vattimo, raccolto ora in «Verità o fede debole? Dialogo su cristianesimo e relativismo» (Transeuropa, pp. 98, euro 10, con introduzione e a cura di Pierpaolo Antonello).
E alla fine Girard denuncia la sua speranza: «Credo che stiamo andando verso un mondo che sarà e apparirà tanto cristiano quanto oggi ci sembra scientifico. Siamo alla vigilia di una rivoluzione nella nostra cultura che va al di là di qualsiasi aspettativa, un cambiamento al confronto del quale il Rinascimento ci sembrerà nulla».
* Avvenire, 18.11.2006
Per leggere il primo dialogo, vedi: Cristianesimo e Modernità
SCHEDA EDITORIALE: *
“VERITA’ O FEDE DEBOLE? DIALOGO SU CRISTIANESIMO E RELATIVISMO”
dal 24 ottobre in libreria l’atteso confronto tra René Girard e Gianni Vattimo
Massa, 24 ottobre 2006.
Dal 24 ottobre nelle librerie italiane "Verità o fede debole. Dialogo su cristianesimo e relativismo" di René Girard e Gianni Vattimo, il testo che raccoglie dieci anni di confronto tra i due pensatori su uno dei dibattiti più accesi della contemporaneità.
La fede, la laicità, le radici cristiane, il ruolo del messaggio evangelico nella storia dell’umanità, e di seguito il relativismo, il problema della violenza, la sfida della ragione sono i cardini di un dialogo intenso, aperto e privo di oltranzismi che fanno del testo un autorevole contraltare al confronto fra Marcello Pera e Joseph Ratzinger di “Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, Islam” (Mondadori 2004)
Il testo, a cura di Pierpaolo Antonello, presenta al grande pubblico la trascrizione di tre inedite conferenze che hanno visto i due autori confrontarsi sui punti più radicali del loro pensiero. Inoltre la pubblicazione offre ai lettori la possibilità esclusiva di leggere un saggio di Gianni Vattimo mai pubblicato prima in lingua italiana e un saggio di René Girard apparso in Italia solo su una rivista specializzata .
«Quello che fa il cristianesimo» avverte René Girard nel porre le basi del dibattito, «a differenza delle religioni primitive - e questo perché, contrariamente a quanto gli antropologi hanno spesso sostenuto, il cristianesimo non è mitico - è cambiare completamente questa nostra prospettiva: nel mito il punto di vista è sempre quello della comunità violenta che scarica la propria violenza su una vittima o capro espiatorio che ritiene colpevole, come accade per Edipo, che commette parricidio e incesto. Il cristianesimo ribalta questa situazione dimostrando che la vittima non è colpevole e che i persecutori non sanno quello che fanno quando accusano ingiustamente questa vittima . [...]
Qualcuno dice che mescolo la religione alla scienza. Non è vero.[...] Io credo che stiamo andando verso un futuro dove [...] vivremo in un mondo che sarà e apparirà tanto cristiano quanto ci sembra scientifico oggigiorno. Credo che siamo alla vigilia di una rivoluzione nella nostra cultura che va al di là di qualsiasi aspettativa, e che il mondo si stia spostando verso un cambiamento al confronto del quale il Rinascimento ci sembrerà nulla ».
«Ascoltando Girard» ribatte Gianni Vattimo , «prima di tutto devo testimoniare che lui è alla base della mia conversione e quindi ha degli ovvi meriti anche se non so fino a che punto sarebbe contento di sapere a cosa mi ha convertito [...]. Normalmente tutti noi, cresciuti in un contesto cattolico, abbiamo sempre immaginato che ci fosse un’alternativa tra l’essere cristiani e l’essere moderni. La rivoluzione francese, gli illuministi, la democrazia, il Sillabo, sono stati tutti concepiti come opposti alla fede religiosa e in particolare al cristianesimo [...]. Allora scoprire Girard voleva dire scoprire che Gesù era venuto per svelare qualcosa che le religioni naturali non avevano svelato e che consisteva nel rivelare l’essenza violenta e sacrificale, persecutoria della religione e della cultura umana. Il nocciolo delle mie obiezioni, domande, osservazioni a Girard è dunque il seguente: il cristianesimo non avrà introdotto nel mondo qualche cosa che addirittura dovrebbe consumare anche l’apparato chiesastico ? [...] Se l’ortodossia cattolica dichiara che non si può abortire, se non si può sperimentare sugli embrioni, questo non è un permanere di una certa violenza della religione naturale dentro il quadro di una religione storico-positiva che ha svelato soltanto l’amore? Gesù Cristo è venuto al mondo per svelare che la religiosità non consiste nei sacrifici ma nell’amare Dio e il nostro prossimo. Tutte le cose che non si riducono a questo nella Chiesa non saranno ancora religione naturale e vittimaria? [...]
Non sono tanto convinto che il relativismo sia una teoria sbagliata, perché non è una teoria. Semmai è una dottrina della società , ma nella società bisogna ammettere [...] molteplici posizioni, e in generale sono convinto di questo: non diciamo che ci mettiamo d’accordo quando abbiamo trovato la verità, ma diciamo di aver trovato la verità quando ci siamo messi d’accordo».
Pur partendo da presupposti speculativi differenti (l’antropologia cristiana di Girard, e la filosofia heideggeriana di Vattimo), le risposte dei due pensatori rimandano continuamente alla condivisione di alcuni valori e a un comune atteggiamento di dialogo. Grazie a tali premesse il confronto riesce nell’obiettivo implicito di ergersi a modello di dibattito aperto su questi discussi temi d’attualità.
L’incontro fra il teorico del pensiero debole e il più discusso antropologo del novecento, diviene progetto editoriale dopo il loro confronto pubblico avvenuto durante il Convegno “Fede e relativismo”, evento organizzato nel marzo 2006 dalla casa editrice Transeuropa nel comune di Falconara Marittima (AN) .
Il testo, scritto in un linguaggio che può renderlo accessibile ad un pubblico ampio ed eterogeneo, è l’ultima pubblicazione di Transeuropa relativa alla figura di René Girard, del quale la casa editrice presenta in catalogo anche due raccolte di saggi inediti (Girardiana vol. 1 e vol. 2).
Schede biografiche degli autori
René Girard
Eletto nel 2005 fra i 40 “immortali” dell’Académie francaise , nasce ad Avignone, in Francia, nel 1923. Studia a Parigi all’Ecole des Chartres, dove diviene archivista-paleografo nel 1947. Studia poi negli Stati Uniti dottorandosi in storia nel 1950 all’Indiana University. Diviene “incaricato” in questa stessa università come anche nella Duke University, assistente al Bryn College, professore alla State University e al dipartimento di lingue romanze della John’s Hopkins University; dal 1981 è professore di lingua, letteratura e civiltà francese alla Stanford University .
Nel 1961 René Girard pubblica “Menzogna romantica e verità romanzesca” presso Bompiani, più volte ristampato. È l’atto di nascita della teoria del desiderio mimetico che troverà nelle successive opere di Girard precisazioni, correzioni, approfondimenti. Con il suo libro “La violenza e il sacro”, del 1972, e con il successivo, “Il capro espiatorio”, del 1982 (due successi internazionali, entrambi pubblicati in Italia da Adelphi), Girard impone un nuovo modo di interpretare la violenza, attraverso una ricchissima analisi nutrita di letteratura, di riti e miti antichi, di antropologia e psicologia. Per le nostre edizioni ha pubblicato “Miti d’origine” (2005) e “Il pensiero rivale” (2006).
Gianni Vattimo
Studioso di Nietzsche e di Heidegger, allievo di Pareyson e successivamente di Gadamer, Gianni Vattimo è nato a Torino nel 1936 dove ha studiato e si è laureato in filosofia. Ha conseguito la specializzazione all’Università di Heidelberg. Dal 1964 insegna filosofia teoretica all’Università di Torino, dove è stato anche Preside della Facoltà di Lettere . È direttore della Rivista di estetica ed è membro di comitati scientifici di varie riviste italiane e straniere. È socio dell’Accademia delle Scienze di Torino. Ha insegnato e ha tenuto seminari e conferenze nelle grandi università di tutto il mondo. Le sue idee sulla religione e sulla politica hanno prodotto una filosofia attenta ai problemi della società. Il suo è un «pensiero debole» che concepisce la storia dell’emancipazione umana come una progressiva riduzione della violenza e dei dogmatismi e che favorisce il superamento di quelle stratificazioni sociali che da questi derivano.
Tra le opere di Vattimo ricordiamo: Il concetto di fare in Aristotele 1961; Essere, storia e linguaggio in Heidegger 1963; Ipotesi su Nietzsche 1967; Introduzione ad Heidegger 1971; Il soggetto e la maschera 1974; Le avventure della differenza 1980 ; “Il pensiero debole” 1983 Feltrinelli (a cura di G. Vattimo e P. A. Rovatti); La fine della modernità 1985; Introduzione a Nietzsche 1985; La società trasparente 1989; Etica dell’interpretazione 1989; Filosofia al presente 1990; Oltre l’interpretazione 1994. Con il più recente “Credere di credere” (Garzanti, 1996) ha rivendicato al proprio pensiero anche la qualifica di autentica filosofia cristiana per la post-modernità. Una riflessione che continua nelle ultime pubblicazioni quali Dialogo con Nietzsche. Saggi 1961 -2000 (Garzanti, 2001), Vocazione e responsabilità del filosofo (Il Melangolo, 2000) e “Dopo la cristianità. Per un cristianesimo non religioso” (Garzanti, 2002).
Scheda biografica del curatore
Pierpaolo Antonello
Professore di letteratura italiana contemporanea all’Università di Cambridge, Inghilterra. Si occupa di avanguardie, di letteratura e scienza, di postmoderno e di filosofia francese contemporanea. Oltre a lavori su Michel Serres e Guy Debord, ha curato insieme a João Cezar de Castro Rocha un volume di dialoghi con René Girard, Origine della cultura e fine della storia (Cortina 2003), tradotto in francese e portoghese. Sempre di Girard ha inoltre curato Il sacrificio (Cortina 2004) e Il pensiero rivale (Transeuropa 2006). Collabora con L’indice dei libri del mese . Per le edizioni Transeuropa coordina, insieme a Giuseppe Fornari, le collane “Girardiana” e “La realtà umana”.
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René Girard e Gianni Vattimo
Verità o fede debole? Dialogo su cristianesimo e relativismo
Pp. 98 + XXIII
Prezzo: € 10
INTERVISTA ESCLUSIVA
Vattimo: «Ma quale circonvenzione di incapace... Caminada mi ha salvato dai miei pessimi amici»
Il filosofo commenta la sentenza che ha condannato il suo convivente. «Contro di noi un accanimento senza prove, ho visto una discriminazione invalidante. Vorrei tanto tornare in Calabria, nelle un...
di Emiliano Morrone (Corriere della Calabria, 11/02/2023)
«Il professor Vattimo, che è stato il più grande filosofo italiano del Novecento, non può permettersi di avere i problemi comuni legati all’età». È un passaggio della requisitoria del pubblico ministero di Torino Dionigi Tibone, che per il trentottenne Simone Caminada, assistente e compagno di vita di Gianni Vattimo, aveva chiesto quattro anni di carcere ritenendolo colpevole di circonvenzione di incapace. Il tribunale ha poi condannato l’imputato a due anni, addebitandogli d’aver condizionato la psiche del padre del “pensiero debole”, che lo scorso 4 gennaio aveva spento 87 candeline, in modo da diventarne erede unico. Vedremo se l’accusa reggerà in Appello.
Nella sua casa nel centro di Torino, ubicata alle spalle della Mole Antonelliana, Vattimo vive da tempo insieme a Caminada, che l’ha sempre seguito sin dal secondo mandato del filosofo al Parlamento europeo, svolto dal 2009 al 2014. Cittadino italiano da quasi 38 anni, Caminada ha il diploma in Arte ed è un creativo, uno che sa ragionare alla pari con politici ed intellettuali. Non fa il ballerino nei night club, come spesso di legge in giro. È una persona che si è presa cura del professore, accompagnandolo nelle sue conferenze in Italia e all’estero, dandogli aiuto, sostegno e conforto nei momenti più difficili della vecchiaia. Non è facile fare i conti con la senescenza, soprattutto per uno come Vattimo: allievo di mostri sacri del pensiero come Luigi Pareyson, Karl Löwit e Hans-Georg Gadamer; caposcuola del “pensiero debole” e noto in tutto il mondo per le sue opere; parlamentare europeo per due legislature; già celebrato ospite di Fidel Castro e Hugo Chavez e maestro, tra gli altri, di due figure di primo piano della cultura italiana, cioè Maurizio Ferraris e Alessandro Baricco. In questa intervista che Vattimo ha rilasciato al Corriere della Calabria, abbiamo discusso del suo rapporto con Caminada, dei possibili limiti della giustizia, dell’attesa beatificazione di Gioacchino da Fiore, dei progetti del filosofo per il futuro e del proprio legame con la Calabria, di cui egli è originario e in cui era ritornato con l’obiettivo di diventare sindaco di San Giovanni in Fiore, provando, recita la sua biografia, a «sconfiggere la degenerazione intellettuale che affliggeva» quel Comune.
Conosco Vattimo dal 2005. Ci lega una profonda amicizia filosofica e personale, perciò ho scelto di dargli del Tu, anzitutto per correttezza verso i lettori del Corriere della Calabria, che il prossimo lunedì 13 febbraio uscirà con un’intervista a Simone Caminada per fornire un’informazione completa sul caso della “strana” coppia, intenzionata, nonostante la vicenda giudiziaria in corso, a contrarre matrimonio.
«Tutto il bene possibile e sto benissimo con lui. Mi sta vicino e, se non ha cambiato idea quando miei finti amici l’hanno accusato, spero che continui il nostro rapporto come è sempre stato.
In questo caso Vattimo-Caminada, ma purtroppo storicamente non solo in questo, vedi la cattura a casa propria del latitante Messina Denaro, il sistema della giustizia italiana non fa una bella figura.
Certo, la magistratura può e deve entrare nella vita privata delle persone, se fatti concreti ne determinano il bisogno. Se no, quando? Ovviamente ci sono o ci dovrebbero essere dei limiti. Per esempio, davanti al fine vita, che da anni difendo, e in tanti altri casi, si potrebbe dire, di pietas e umanità».
«Certo. Molti problemi della giustizia di oggi fanno parte di annosi dibattiti che ancora non hanno trovato soluzioni e stancamente si trascinano. Per esempio, secondo te è giusto smanicarsi per il così detto “politicamente corretto”, scrivere leggi, fare propaganda politica eccetera, quando poi cittadini italiani di diversa nazionalità d’origine, come Simone, vengono indicati dai giornali come “brasiliano”, “zingaro” ed altro ancora, dando implicitamente adito al più inconscio e becero razzismo? Più che pensare ad una riforma della giustizia o parlare il politicamente corretto, bisognerebbe ritornare al precetto cristiano dell’amare il prossimo come se stessi».
Ritieni che la dialettica politica sulla giustizia sia oggi dominata dallo schema giustizialisti contro garantisti e viceversa? Tu ha un’altra visione in proposito?
«Diciamo che non so bene da che parte schierarmi e in fondo puoi comprendermi, visto che sai perfettamente che cosa penso delle verità assolute. Non so nemmeno se ho un’opinione che venga da miei pensamenti più o meno liberi, dal mondo che mi circonda, da ciò che sono, leggo, faccio, vedo e dico. Chi di noi si può dire del tutto libero di pensare?».
«Sto abbastanza bene, a parte qualche piccolo acciacco passeggero. Tutto sommato, ora che ho anche dei medici fidati, non avverto più tanti problemi che lamentavo diversi anni fa. Tengo a precisare che il 99 per cento dei medici cui mi affidavo non era costituito da gente che voleva i miei soldi o da loro amici. Ora mi sono reso conto che avevo dei pessimi amici. Mi riferisco ai testimoni dell’accusa, e non solo a loro. Quindi mi dovrei sentire una vittima, una loro vittima loro e non certo di Simone. Anzi, se penso che Simone, o uno come lui, poteva non esserci nella mia vita, inorridisco immaginando come sarei finito male in preda ai loro sorrisi costosi».
«Non ne faccio colpa ad alcuno. Era quasi ovvio che se ne sarebbe parlato, dati i presupposti da romanzetto a puntate. Certamente avrei preferito leggere, come prima, dei contenuti; pure di filosofia e di ciò che mi ha sempre riguardato. Vedere l’accanimento su di noi senza prove, e con una certa perfidia, non è stato piacevole. Né è stato bello sentirmi in difetto perché alla mia età ho usato qualche volta la carrozzina per degli spostamenti. Ho visto una discriminazione invalidante, non tanto per me, quanto per il giornalismo italiano».
«Emiliano, purtroppo in questi anni ho dovuto badare più a queste sciocchezze che a ciò che mi interessa davvero. Devo ammettere, però, che la produzione di libri, convegni e dibattiti negli ultimi anni è andata via via riducendosi, anche per colpa delle chiusure delle Regioni, dei lockdown causa Covid. Ora che la situazione sembra normalizzarsi, mi piacerebbe provare a pensare, filosoficamente parlando, a quanto l’esperienza della pandemia, del tutto straordinaria, abbia colpito i giovani e le fasce più deboli».
«Mi aspettavo, anche se tanto ovvio pare non essere, maggiore rispetto per le mie condizioni di anziano. Non mi riferisco al rispetto in quanto giornalista, professore universitario ed ex parlamentare europeo. Mi bastava solo quello alla persona, ai suoi diritti e alle sue lecite debolezze umane, nonché a quelle fisiologiche dovute dall’età.
La battaglia che con Simone stiamo portando avanti è molto attuale. È l’ennesimo caso in cui si scoperchia il vaso di Pandora del classismo e del razzismo che alberga in chi si crede migliore di qualcun altro per censo o per nascita. Nel caso di Simone, ma non solo nel suo, il razzismo è dipeso dal colore della pelle. Però, vedi, c’è anche tutto il discorso, da difendere, di chi come me ha una pensione un po’ più ricca della media e qualche soldino da parte.
Pensa che oggi molti settantenni e ottantenni sono ex professionisti che vivono non più solo dei frutti dell’orto ma anche di pensioni di un certo livello. Ecco, queste persone domani dovranno temere che un parente, ma non è assolutamente il mio caso, o qualche medico possa certificare di trovarsi di fronte a un “malato di vita” e quindi dare luogo a sciocchezze, pure senza portar prove».
«Io sono di Cetraro e ne ho un ottimo ricordo. Poi, venuto a Torino, ero bollato come “terrone”. Ma questo è durato relativamente poco e va bene così, insomma.
Ora come sarà Cetraro? Prima del Covid, Simone e io avevamo compiuto diversi viaggi di lavoro in Calabria. Mi piacerebbe tantissimo tornare in quei luoghi, come San Giovanni in Fiore o Soverato. E mi piacerebbe visitare le università calabresi, piene di studenti, ragazze e ragazzi, umanamente belli. Tutte queste città, compresa la mia Cetraro, sono nel mio cuore. Magari riuscirò un giorno a rivederle».
«Ragazzi resistete, siate “deboli” e non accettate mai le verità che vogliono opprimere le bellezze che sono dentro di voi. Non accettate chi inneggia alle differenze, chi vuol spingervi alla ricerca del denaro come fonte di felicità e successo. Beh, certo, tanto infelici a volte il denaro non fa! Ribellatevi sempre e comunque a chi mercanteggia sulla vostra pelle e su quella dei vostri cari. Insomma, non siate indifferenti: parteggiate, siate partigiani. Non ve lo dico io, ve lo dice Gramsci e certamente Gioacchino da Fiore».
«Assolutamente sì, nutro una forte speranza. Il momento è buono e Papa Francesco è un rivoluzionario come lo era Gioacchino».
Dopo duemila anni di cristianesimo storico....
Inedito.
René Girard: non siate nuovi sacrificatori
di Laurent Linneuil e Guillaume De Tanoüarn *
In volume 4 interviste all’antropologo Girard morto nel 2015. “Nessuna fede deve essere troppo fiera di sé e deve chiedersi se è degna della Rivelazione che ha ricevuto Vale anche per i cristiani"
L’esegesi classica, nella lettura di Adamo ed Eva, insiste sul peccato d’orgoglio mentre lei sposta questa lettura sul piano del desiderio mimetico...
È facile trovare nei testi evangelici il fatto che Satana è omicida fin dall’inizio: «Voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio» (Giovanni 8, 44). Nel capitolo 8 Giovanni ci fa vedere l’inizio della cultura, ci dice: «Voi vi credete figli di Dio, ma siete evidentemente figli di Satana poiché non sapete nemmeno come respingerlo. Vi credete figli di Dio in una sequela naturale senza sospettare di rimanere nel sacrificio». Ma questi testi non sono mai veramente letti. Cosa rimprovera Giovanni agli ebrei? In cosa si distingue dal giudaismo ortodosso in questo rimprovero? Queste le vere domande...
Rimprovera agli ebrei di valorizzare la loro comprovata filiazione...
Sì, senza vedere la loro propria violenza, senza vedere il peccato originale in certo modo. «Il nostro padre è Abramo». Gesù gli dice: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo» (Giovanni 8, 39). Ora, è la verità che rende liberi. Questa porta a mostrare come il peccato originale, anche se non è il caso di definirlo, è legato alla violenza e al religioso come è nelle religioni arcaiche o nel cristianesimo deformato dall’arcaismo di cui nella storia non giunge a trionfare totalmente. Mi guardo bene dal definire il peccato originale.
Quello che appare molto sorprendente è il fatto che nella Bibbia non si conosce la ragione per la quale Abele è preferito a Caino...
Potrebbe esserci, paradossalmente, una ragione visibile nell’islam. Abele è colui che sacrifica gli animali e siamo in questa fase: Abele non ha voglia di uccidere suo fratello forse perché sacrifica gli animali e Caino è agricoltore. E qui non ci sono sacrifici animali. Caino non ha altro mezzo d’espellere la violenza che uccidere suo fratello.
Ci sono testi davvero straordinari nel Corano che dicono che l’animale inviato da Dio ad Abramo per risparmiare Isacco è lo stesso animale ucciso da Abele per impedirgli di uccidere suo fratello. È affascinante e mostra che il Corano sul piano biblico non è insignificante. È molto metaforico ma di una potenza incomparabile. Mi colpisce profondamente.
Ci sono scene altrettanto confrontabili nell’Odissea, è straordinario. Quelle del Ciclope. Come si scappa dal Ciclope? Mettendosi sotto la bestia. E allo stesso modo che Isacco tasta la pelle di suo figlio per riconoscere, crede, Giacobbe, così il Ciclope tasta l’animale e sente che non è l’uomo che cerca e che vorrebbe uccidere. In un certo modo il gregge di bestie del Ciclope è ciò che salva. Si ritrova la stessa cosa nelle Mille e una notte, molto più tardi, nel mondo dell’islam e questa parte della storia del Ciclope scompare, non è più necessaria, non ha più alcun ruolo, ma nell’Odissea c’è un’intuizione sacrificale molto significativa.
Lei ha detto che questo aspetto di denunzia dell’omicidio fondatore nel discorso di Gesù è stato decisamente mal compreso: vi si legge spesso dell’antisemitismo. Per quale ragione l’evento del cristianesimo, se è stato così mal compreso, non ha provocato uno scatenamento della rivalità mimetica?
Si può dire che questo sfocia in scatenamenti di rivalità mimetica, in opposizione di fratelli nemici. La principale opposizione di fratelli nemici nella Storia è proprio tra ebrei e cristiani. Ma il primo cristianesimo è dominato dalla Lettera ai Romani che dice: la colpa degli ebrei è molto reale, ma è la vostra salvezza. Soprattutto, non andate vantandovi voi cristiani. Siete stati innestati grazie alla colpa degli ebrei. Compare l’idea che i cristiani potrebbero rivelarsi del tutto indegni della Rivelazione cristiana così come gli ebrei si sono rivelati indegni della loro rivelazione. Credo profondamente che sia qui che bisogna cercare il fondamento della teologia contemporanea. Il libro di monsignor Lustiger, La Promesse, è ammirevole proprio in ciò che afferma sul massacro degli Innocenti e la Shoah. Bisogna riconoscere che il cristianesimo non ha di che vantarsi. I cristiani ereditano da san Paolo e dai Vangeli allo stesso modo che gli ebrei ereditano dalla Genesi e dal Levitico e da tutta la Legge. Ma non lo hanno compreso poiché hanno continuato a combattersi e a disprezzare gli ebrei.
Hanno continuato a essere nell’ordine sacrificale. Ma la Cristianità non è una contraddizione in termini? Una società cristiana è possibile? I cristiani non sono sempre dei contestatori dell’ordine di Satana e dunque dei marginali?
Sì, hanno ricreato l’ordine sacrificale. Storicamente è fatale e direi allo stesso tempo necessario. Un passaggio troppo brusco sarebbe impossibile e impensabile. Abbiamo avuto duemila anni di storia e questo è fondamentale.
Il mio lavoro ha rapporto con la teologia, ma ha anche rapporto con la scienza moderna che tutto storicizza. Mostra che la religione dev’essere storicizzata: essa fa degli uomini esseri che restano sempre violenti ma che diventano più sottili, meno spettacolari, meno prossimi alla bestia e alle forme sacrificali come il sacrificio umano. Potrebbe essere che si abbia un cristianesimo storico che sia una necessità storica.
Dopo duemila anni di cristianesimo storico, sembra che siamo oggi in un periodo cerniera: sia che apra direttamente sull’Apocalisse, sia che ci prepari un periodo di comprensione più grande e di tradimento più sottile del cristianesimo. Non possiamo fermare la storia e non ne abbiamo il diritto.
Per lei l’Apocalisse è la fine della storia...
Sì, per me l’Apocalisse è la fine della storia. Ho una visione il più tradizionale possibile. L’Apocalisse è l’avvento del Regno di Dio. Ma si può pensare che ci siano ’piccole o semiapocalissi’ o crisi, vale a dire periodi intermedi...
In un certo senso il cristianesimo è il primo e insuperato «illuminismo». Il sacrificio, esito della “rivalità mimetica” messa in luce da René Girard nei suoi studi come stigma della violenza delle religioni primitive, viene smontato e abbattuto dalla morte di Cristo sulla croce. Cristo muore perché deve morire, come migliaia e migliaia di vittime innocenti prima di lui, ma così prende la parola per la vittima, e svela l’ingiustizia della morte dell’innocente.
Il volume «Girard. Oltre il sacrificio», edito da Medusa (pagine 112, euro 13), raccoglie quattro interviste al grande studioso delle religioni e dei miti, morto nel 2015.
Anticipiamo alcuni brani da una conversazione uscita sulla rivista “Certitude” nel 2005.
Un piccolo omaggio all’evento della pubblicazione dei dialoghi tra Vattimo e Girard - una mia breve nota suila situazione italian nel 2003!!!
EDIPICHE AVANCES DI "UNA VECCHIA SIRENA" E L’ITALIA DEVASTATA DA "PESTE E COR_NA"
(Un omaggio a René Girard e) Una presa di posizione per l’Unità
di Federico La Sala *
L’UNITA’ (il quotidiano diretto da Furio Colombo, fondato da Antonio Gramsci, e - non si sottovaluti la cosa - l’UNITA’ stessa) della nostra DEMOCRAZIA sta subendo in questi giorni un durissimo attacco. Cosa c’è al fondo e dietro? C’è la forza, l’astuzia, la volontà di potenza e la menzogna di chi non vuole rispettare le REGOLE DEL GIOCO democratico e costituzionale e pretende di imporre la SUA legge e il SUO dominio. Di qui il boicottaggio e la rabbia contro chi ha il coraggio di servirsi della propria intelligenza senza essere guidati da un altro. Ripartiamo (dalla caverna e) dalle figure!
La vignetta di DM, sull’Unità del 3.10.2003 in prima pagina - in riferimento alla votazione alla Camera sulla legge Gasparri e ai 36 "franchi tiratori" - registra un fatto fondamentale. VALE UNA LEZIONE di Filosofia e di Politica per tutti i cittadini e per tutte le cittadine, oltre che per i tutti i cittadini e per tutte le cittadine Parlamentari:
"Signore A: QUALCUNO HA VOTATO SECONDO COSCIENZA...; Signor B: DOVEVATE PERQUISIRLI... AVEVO DETTO DI NON PORTARLA IN AULA".
Evidenzia il legame circolare che esiste tra la libertà della coscienza e la sovranità democratica e ci sollecita ulteriormente e ancor di più a SVEGLIARCI e a ricordare che la COSTITUZIONE è la nostra carta d’identità e il nostro passaporto (su questo, cfr. il commento di Furio Colombo sull’Unità del 2.06.2002) di cittadini e cittadine libere - sovrani e sovrane, come insegnava don Lorenzo Milani. E ancor di più e meglio - al di fuori del sonnambulismo mediatico e mediasetico -mette in risalto il l-e-g-a-m-e tra l’art. 1 ([...] LA SOVRANITA’ appartiene al POPOLO, che la esercita nelle forme e i limiti della COSTITUZIONE) e l’art. 67 (OGNI MEMBRO del PARLAMENTO rappresenta la NAZIONE ed esercita le sue funzioni SENZA VINCOLO DI MANDATO); e quanto PREZIOSO - se non vogliamo non cadere o nella confusione e il caos o nella dittatura AZZURRA!!! - sia questo L-E-G-A-M-E.
In democrazia e per la democrazia, bisogna averlo caro. Preoccupiamocene.... Abbiamone cura: I CARE, come scriveva don Milani nella sua Scuola di Barbiana. Ricordiamoci di ricordarlo. La nostra stessa sana e robusta costituzione dipende da QUESTO LEGAME, perderlo significa essere pronti ad ogni avventura - senza più bussola e altro strumento d’orientamento - e passare da un presidente-padre di tutti gli italiani e di tutte le italiane a un presidente padrone di tutto e di tutti e di tutte: da cittadini-re e cittadine-regine con in testa la CORONA a sudditi e a suddite di una società sempre più segnata dalla "rivalità mimetica"(René Girard) e piena di PESTE e di COR_NA, non più figli e figlie di una relazione democratica ma figli e figlie di una relazione astuta, autoritaria, menzognerae violenta. Significa ritornare indietro alla dialettica padrone-servo!
Al contrario, democraticamente, e come profondamente aveva capito Holderlin (e, sulla sua strada, non Hegel, non Marx e nemmeno Heidegger, ma Feuerbach ... e il maestro del nostro presidente Ciampi, Guido Calogero), noi siamo un dialogo! Negare questo, significa porsi fuori da questo orizzonte e auto-accecarsi. Il risultato è la rabbia, contrassegno di ogni idealismo e di ogni autoritarismo, che porta alla negazione dell’altro ..e "a Siracusa" (Platone-Heidegger) o, in ultimo, solo alla pace perpetua (e non nel senso e nella direzione indicata da Kant!).
Contro tutte le menzogne, si tratta di NON NEGARE e non spezzare IL LEGAME: ne va di ognuno e di ognuna di noi stessi e stesse, in prima persona, e tutti e tutte insieme. Chi vuole la morte dell’Unità (della libertà di stampa, del quotidiano diretto da Furio Colombo e fondato da Antonio Gramsci, e del nostro stesso legame politico-sociale... e personale!) che ci lega e ci fonda, CANTA solo vecchie canzoni e dice solo vecchie menzogne, non sopporta la differenza e vuole fare L’ALTRO a immagine e somiglianza di se stesso. Una semplice diavoleria - nient’altro!
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"Berlusconi MI E’ SEMBRATO- così Bruno Vespa ha commentato (La Stampa, 29 settembre 2003) il messaggio del Presidente del Consiglio a reti unificate, all’indomani del blackout nazionale - davvero in forma, è tornata la VECCHIA SIRENA, il SOLITO comunicatore dei tempi migliori. SEMBRAVA un un padre di famiglia che torna a casa e racconta alla moglie e i figli come è andata". QUESTA è la verità, nient’altro che la verità!
Se si fa attenzione, Vespa ha PARAGONATO il signor B. a una VECCHIA SIRENA e, in quanto tale, ad ULISSE. Il messaggio è più sottile e dice e non dice: accenna, come l’oracolo di Apollo a Delfi. Il signor B. non è il padre di tutti gli italiani e di tutte le italiane e non è lo sposo di Penelope-ITALIA e il re di ITACA-ITALIA. Il signor B. si è presentato da VECCHIA SIRENA e da signor B., presidente di FORZA Italia, si è CAMUFFATO da Ulisse, sposo della Regina e re (del partito-azienda) di FORZA Italia, all’ITALIA agli italiani e alle italiane. Che gli italiani e le italiane vogliano diventare tutti figli e tutte figlie dell’edipico e falso Ulisse e essere tutti e tutte parte del partito "forza italia" ... questo è un problema dei cittadini e delle cittadine d’ITALIA e del Presidente della Repubblica d’ITALIA .... non di Vespa - ovviamente!
E io non credo affatto che gli italiani e le italiane abbiano già ’ucciso’ dentro di loro il loro padre-presidente, né che vogliano perdere la loro corona di cittadini-sovrani e cittadine-sovrane!
* www.ildialogo.org.filosofia, Mercoledì, 15 ottobre 2003
.... e in omaggio a Vattimo (cfr. allegato, in fondo) e alle sue critiche alle bimellenarie resistenze dell’ "apparato chiesastico" (su cui Girard - per la sua lettura riduttiva di Freud, penso - è invece del tutto ’cieco’!), una nota del 2005. (fls)
REFERENDUM LEGGE 40/2004. DICHIARAZIONE:
IO, figlio dell’ Amore di Maria e Giuseppe, CITTADINO ITALIANO, vado a votare!!!
Una nota di Federico La Sala
LA SFINGE ABITA ANCORA IN VATICANO ... E BENEDETTO XVI NON LO SA !!! *
Sono passati duemila e cinque anni dalla bella notizia e fa ancora paura! Maria e Giuseppe, liberamente e responsabilmente, accolsero felicemente la procreazione divinamente assistita e diedero al mondo un bimbo di nome Gesù. Gli umili pastori e gli esseri umani di buona volontà gioirono e i loro canti si udirono fino al cielo, ma nei palazzi del potere no - lì i potenti tremarono e tremano ancora.
Anche in Vaticano! I figli di “Mammasantissima”, quelli della vecchia stirpe di Giocasta e di Edipo, si organizzarono e preferirono piuttosto la peste, le corna, la cecità e la morte, che la vista e la vita, la liberazione, e la salute.... In Vaticano, la Sfinge c’è ancora! L’enigma non lo hanno ancora sciolto e tremano, tremano di paura. Sanno che il tempo del “gioco” è finito!
Avendo fatto finta di essere tutti dei “Gesù” - Re, aspettano da un momento all’altro l’arrivo del loro papà, Giuseppe, a prenderli e a riportarli a Casa, da Maria, nella loro semplice casa - piena di Amore, lo Spirito Santo, il Padre nostro - di tutti gli esseri umani di tutto l’Universo.. e di Gesù, Giuseppe, e Maria!!!
* www.ildialogo.org/filosofia, Martedì, 31 maggio 2005
Allegato:
L’«Osservatore» contro Vattimo e pensiero debole
di (Avvenire, 15.06.2005, p. 25, senza firma)
Se sperava in «aperture» di Benedetto XVI sull’essenza della famiglia, la morale sessuale, le unioni di fatto (anche quelle tra i gay), l’uso dei profilattici, la possibilità per le donne di accedere al sacerdozio, e altre simili questioni, Gianni Vattimo si prepari a nuove «delusioni». Lo scrive "L’Osservatore romano" che in un articolo di terza pagina, replica a quanto il filosofo ha scritto a proposito delle «novità» che si aspettava dal nuovo Papa. L’articolo è a firma di Angelo Marchesi. «I recenti interventi di Benedetto XVI hanno raffreddato molte di queste speranze». «Ora - scrive "L’Osservatore romano" - è appena il caso di rilevare che di siffatte... delusioni Vattimo ne sperimenterà ancora, in quanto quello che egli va proponendo sarebbe attuabile solo sulla base di una grave incoerenza tra quanto il cardinale Ratzinger ha sostenuto al tempo di Giovanni Paolo II e quanto va coerentemente ribadendo ora, dopo la Sua elezione al soglio di Pietro. Non contento di quanto ha prima sostenuto (a sproposito!), Vattimo insiste nel rilevare che sarebbe stato sollevato, da Ratzinger, il "babau del relativismo" e che: "questo termine, molto caro già a Ratzinger Cardinale, nasconde (nasconderebbe, secondo Vattimo) il vero obiettivo della sua polemica: la libertà di coscienza". Sempre Vattimo, sulla base di questa, balorda e barocca, equazione tra (doverosa) confutazione ratzingeriana del relativismo e libertà di coscienza, giunge a scrivere che: "così la coscienza del singolo credente diventa (?) sinonimo di libertinismo, anarchia, e chi più ne ha più ne metta». Infine, scrive Angelo Marchesi, «Pensiamo che se sono questi i desideri e le aspettative di Vattimo sull’operato del nuovo Papa, dovrà prepararsi a nuove... delusioni”.
.... e le mie perplessità sugli approdi della "logica" di Girard - in una nota ad una sua intervista
INTERVISTA A RENÉ GIRARD: LA FAMIGLIA FRA ANTROPOLOGIA E RELIGIONE. MA CHI LA SALVERÀ DAI NUOVI NICHILISMI
Con un commento di Federico La Sala
di Leonetta BENTIVOGLIO (La Repubblica,16.09.2005) *
L’orizzonte teorico di René Girard si fa sempre più buio e le sue risposte si fanno sempre più acritiche e tradizionaliste, rischiando così di togliere valore a quanto di prezioso ha pure messo in luce, relativamente alla comprensione della violenza e del sacro, delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, e di tutto il resto!!! Che il suo sguardo teorico l’abbia portato sempre più a coincidere con quello della gerarchia cattolica e a rispondere ai problemi attuali (famiglia, coppie di fatto, sessualità, guerra...) allo stesso modo, mostra i limiti gravissimi e la non tenuta della sua stessa proposta teorica. E non è un caso che la cecità appare totale proprio sulla questione delle coppie di fatto, della famiglia e della sessualità!!! Non avendo accolto né compreso la portata della lezione di Freud sul “codice edipico” gli ha ridotto sempre più la visibilità sulla dimensione antropologica del messaggio eu-angelico ed è andato ...ad accrescere solo le pagine del “codice vaticano”!!! Oggi, per capire di più qualcosa della “decadenza che stiamo vivendo”, è meglio... leggersi il “Codice da Vinci”!!! Federico La Sala
«La famiglia, nel senso più istituzionale del termine, rappresenta il cemento della società: è pericoloso incrinarne la forza tramite la concessione di una serie di diritti alle coppie di fatto senza discriminazioni di sesso, quindi anche agli omosessuali. Alcuni arrangiamenti giuridici sono possibili per garantirli e difenderli, soprattutto per quanto riguarda la condivisione del patrimonio. Ma non si può pensare a unioni legalmente riconosciute. Introdurle giuridicamente equivale a negare, con effetti perniciosi, migliaia di anni di esperienza storica e sociale».
Il filosofo francese René Girard non sente ragioni: il riconoscimento giuridico delle unioni di fatto è inaccettabile. Convinzione prevedibile da parte di un pensatore che della fede cattolica ha fatto un cardine irrinunciabile del proprio sguardo al mondo. Ma siccome Girard è un cattolico sui generis, spregiudicato e spiazzante nel respiro trasversale dei suoi testi, ha opinioni che sanno eludere spesso il conformismo per aprire squarci originali. Come nel caso dell’idea più coltivata dai suoi saggi: l’unicità del messaggio cristiano grazie alla sua capacità di contrapporsi, decretando l’innocenza della vittima, al meccanismo centrale del capro espiatorio, dominante in molte civiltà.
Nato in Francia nel 1923, e trasferitosi negli anni Sessanta in America (dove ha insegnato a lungo all’Università di Standford, in California), Girard in Italia è stato pubblicato soprattutto da Adelphi. I suoi libri più noti sono La violenza e il sacro, Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, Il capro espiatorio, L’antica via degli empi, Shakepeare. Il teatro dell’invidia e Vedo Satana cadere come la folgore. Per Raffaello Cortina è uscito l’anno scorso Origine della cultura e fine della storia, ancora un saggio sul rifiuto della sacralizzazione della violenza da parte del cristianesimo (proclamando il valore dell’innocenza, offrendo l’altra guancia) come fondamento della civiltà occidentale. Ora, nel dibattito sui «diritti negati», Girard invoca un approccio «estraneo a prospettive di fede religiosa, in nome della visione del matrimonio come istituzione universale, antichissima e fondante. Per questo non si possono mettere sullo stesso piano altri tipi di unione».
Pensa che il matrimonio istituzionale sia una vera e propria necessità antropologica?
«Esatto. Sempre e ovunque, anche nelle società primitive, ci sono state regolamentazioni di parentele e legami coniugali. Anche nelle forme più elementari del vivere sociale sono esistiti sia il diritto e il dovere di sposarsi, sia individui esclusi da questo diritto e dovere. Il matrimonio equivale a una normativa dei rapporti interpersonali che corrisponde all’essenziale della società. Ci sono stati luoghi e civiltà dove l’omosessualità è stata ben tollerata, ma che io sappia mai, in nessuna società, è stata messa sullo stesso piano giuridico della famiglia. È chiaro che bisogna facilitare le cose alle persone non sposate, etero o omosessuali, che nell’assenza di un patto ufficiale patiscono problemi concreti, innanzitutto finanziari ed ereditari. Ma non si può utilizzare lo stesso termine per i matrimoni in senso tradizionale e per le unioni che non lo sono».
Si ammette una realtà di fatto senza darle forma giuridica. Non le sembra un’ipocrisia?
«No. Ovviamente non ho nulla contro gli omosessuali, ma sono convinto che una coppia non eterosessuale non abbia il diritto di guidare una famiglia. Concederlo vuol dire mettere a rischio l’avvenire e l’impianto della società, dove la riproduzione biologica va regolamentata da leggi parentali. Ci sono omosessuali che educherebbero benissimo dei figli, ma riconoscere questa possibilità avrebbe un’influenza radicalmente negativa sullo sviluppo sociale. Reclamare il diritto di avere dei bambini, per gli omosessuali, significa chiedere allo Stato di trasformare, più di quanto non sia mai accaduto, l’omosessualità in un’ideologia, con l’esito di una prospettiva nichilista e disgregante. Sono molti, attualmente, gli omosessuali che vogliono attribuire a tutta la società una connotazione omosessuale. Ma mi chiedo perché nessuno dà voce a quegli omosessuali, per fortuna numerosi, contrari a tale ideologizzazione. Ricordo che tempo fa, per condannare questa tendenza, si stabiliva un’analogia con l’Impero Romano, dove l’omosessualità si è sviluppata parallelamente alla decadenza della civiltà. Perché oggi non si cita più quest’esempio?»
Crede che anche la nostra civiltà sia in declino?
«Purtroppo sì. Nelle civiltà, sul piano antropologico, ci può essere una decadenza necessaria, che è quella delle società arcaiche fondate su religioni primitive. Questo è anche il tipo di decadenza che ha contato nella caduta dell’Impero Romano. Poi c’è la decadenza che stiamo vivendo oggi, equivalente a uno sviluppo considerevole della sessualità senza limiti e al dilagare delle guerre. Lo so, le guerre ci sono sempre state. Ma nel mondo odierno sono diventate più terribili e capillari nei loro strumenti, compromettendo l’avvenire stesso dell’umanità, proprio come l’ammissione ufficiale di una famiglia che comprometta la riproduzione della specie».
Dopo l’approvazione in Spagna della legge equiparante i matrimoni tra gay a quelli tra uomo e donna, il dibattito europeo è intensissimo su questo tema. E negli Stati Uniti?
«È all’ordine del giorno, ancora più sentito di quello sulla guerra in Iraq. E anzi è proprio su temi del genere che Bush è stato rieletto, non certo sulla guerra. Di recente è stata approvata in Canada una legge simile a quella spagnola, notizia scioccante per molti americani. D’altra parte solo pochi giorni fa Bush ha scelto John Roberts come candidato alla successione della presidenza della Corte Suprema, la più alta istanza giudiziaria americana, col compito di esprimersi su questioni come l’aborto e la pena di morte. La scelta dev’essere confermata dal Senato, ma passerà, visto che i repubblicani hanno la maggioranza. Non solo Roberts è molto conservatore, ma sarà anche il primo presidente cattolico della Corte Suprema dopo più di ottant’anni. Di certo non è un riformista. Inoltre ha solo cinquant’anni, e visto che ricoprirà la carica a vita, la sua nomina segnerà una linea conservatrice per molto tempo».
Vuol dire che il paese sarà sempre più diviso su questi temi?
«Sì, come l’Europa. Solo che qui in America ci sono i cosiddetti fondamentalisti: una cinquantina di milioni su una popolazione di trecento milioni. È molto, certo, ma non abbastanza. Sul versante opposto ce ne sono altrettanti o anche di più. Il fondamentalismo è un fenomeno legato al protestantesimo, ed è tipicamente americano. In Francia, a volte, si parla di fondamentalisti a proposito degli integralisti di Monsignor Lefèvre, ma a mio parere è un paragone senza interesse. Ci sono delle chiese, negli Stati Uniti, dove non si ha neppure il diritto di menzionare Dio. Poi c’è il caso eclatante di un vescovo episcopale come Gene Robinson, sposato con due figlie e separato dalla moglie, apertamente gay e ora convivente con il suo compagno, eletto due anni fa dai fedeli del New England e confermato dalla comunità anglicana. Faccenda spinosa per la chiesa espiscopale, con minacce di scissione da parte dei leader delle Chiese africane, visto che la maggioranza degli episcopalisti sono neri dell’Africa centrale evangelizzati dagli inglesi. Insomma queste chiese, oggi, sono molto più in crisi e divise al loro interno della chiesa cattolica. E la forza attuale dei fondamentalismi arriva proprio da queste lacerazioni. In America le persone che si oppongono ai matrimoni omosessuali sono da una parte i cattolici e dall’altra i protestanti duri, cioè proprio i più anticattolici tra i protestanti. Con l’effetto di un avvicinamento curioso e di un’evoluzione complessa della società americana, di cui in Europa non ci si rende conto».
* www.ildialogo.org, Lunedì, 19 settembre 2005
SALVARE LA DEMOCRAZIA
IL MONOTEISMO DELLA LEGGE NON E’ IL MONOTEISMO DEL FARAONE!!!
di Federico La Sala
Caro Direttore *
A proposito della democrazia, della Costituzione innanzitutto, e della Giustizia, trovo il modo di ragionare di molti (anche a sinistra) alquanto strano o semplicemente in mala fede: essi pensano che destra e sinistra siano la stessa cosa e ciò che vale per Dell’Utri oggi, domani varrà anche per D’Alema e Prodi... Personalmente penso che le cose non stiano affatto così e, se pure, ci possono essere stati nel passato cedimenti o errori, le cose non sono state mai così: a partire almeno da Socrate e a finire almeno a don Milani! Il problema è (e lo è stato sempre) la Legge e le regole della Legge, e le persone che si chiamino A o B o C o D .............o Z che vogliono mettersi al posto della Legge e dettare Lor Signori le regole della Legge!!!!!! Che si chiamino "Bonifacio VIII" o "Giovanni Paolo II" è lo stesso!!! Il monoteismo della Legge non è il monoteismo del Faraone di turno, di una persona che si chiami oggi Berlusconi, Dell’Utri, Previti, o domani D’Alema o Prodi!!!
Nessun essere umano è Dio, nemmeno Cristo!!! E’ vero: siamo tutti e tutte figli e figlie di Dio, ma nessuno è Dio!!! Chi - personalmente - osa tanto da cadere nella tentazione di porsi al di sopra di Tutto è solo un ’povero’ Dio-volo!!!
La lezione di Eraclito come di Parmenide, come di Socrate, così come di Gesù e di Marx (nonostante la sua cecità edipica), è eterna. Chi è come Dio?!! La grande saggezza l’ha sempre detto: "se sulla tua strada in contri il Buddha, uccidilo". E ciò non ha mai significato né la distruzione dell’altro né della Legge, ma anzi il rifiuto di farsi servo di altri esseri umani e ubbidire solo alla propria coscienza (e alla Legge e alla Legge di Dio) e testimoniare - anche pagando di persona - che si vuole la legge migliore, che si ama la legge più degli altri. Detto altrimenti, è la democratica "tecnica dell’amore costruttivo per la legge", esercitata da don Milani "nei confronti delle leggi e delle autorità della Chiesa" e insegnata ai suoi "ammirevoli figlioli. Ottimi cittadini e ottimi cristiani". Teniamolo presente, e non perdiamo l’unica "stella" che ci può guidare nella notte degli imbrogli della nostra vita democratica di cittadini sovrani e di cittadine sovrane. Cerchiamo di non ’ritornare in Egitto’!!!
Federico La Sala
* www.ildialogo.org/filosofia, Lunedi, 20 dicembre 2004
IDEE
Girard: «Così sono rinato cristiano» (Avvenire, 4 gennaio 2009)
Spesso è stato sostenuto che lei si è imbattuto nel Cristianesimo durante le sue ricerche, ma la verità è un po’ diversa.
«Sì, è vero; la storia è diversa dal momento che io ero già cristiano da parte di madre, una donna molto credente e abbastanza "sofisticata" nel suo modo di esserlo, specialmente per il tempo in cui è vissuta. Mio padre, invece, era moderatamente anticlericale. Questa situazione era abbastanza tipica nella classe media francese. Mia madre, all’inizio, non mi ha influenzato granché. Dall’età di 12 anni fino ai 30, ogni volta che potevo evitavo la Messa domenicale. Ma è falso pensare che mi sia imbattuto per caso nel cristianesimo. Nella mia infanzia c’erano diversi elementi cristiani che erano - che sono - molto potenti e l’influenza di mia madre è stata parecchio importante. Per questo le ricerche effettuate per Deceit, Desire and the Novel sono state una rinascita del mio cristianesimo e si è trattato di qualcosa molto impegnativo. Le esperienze dell’infanzia possono essere molto importanti. Più ci rifletto, meglio capisco che lei ha ragione nel suggerire che la mia vicenda si è svolta così».
La Chiesa in America, e meno in un certo senso nell’Europa occidentale, sembra tristemente divisa tra coloro che si autodefinisco tradizionalisti e chi si fa chiamare progressista. A parte ignorare queste distinzioni superficiali, in che modo lei è stato capace di non allinearsi con uno "gruppo" dentro la Chiesa?
«È una domanda complicata. Penso che ci sia poca differenza tra Europa e America, o meno di quanto lei insinua. La questione sulla divisione tra progressisti e tradizionalisti ha dominato il dibattito per molti anni. Oggi io la sento come un po’ dépassé e non rilevante per come viene usata. Sembra che il grande entusiasmo progressista del Concilio sia diminuito e sia diventato meno importante. Secondo me la domanda vera è se uno resta un cristiano o no. Sono incline a non sentirmi un cristiano del passato ma un cristiano "permanente". Per un certo periodo sono stato visto come un conservatore estremo perché sentivo che il cristianesimo progressista di quel periodo stava imitando, se così si può dire, quei dibattiti che non sono di per sé religiosi¿ dibattiti della vita politica e dell’azione sociale, che sono interessanti, ma non fondamentali per il cristianesimo. A mio modo di vedere, l’interrogativo è se uno crede o no nell’Incarnazione e nella divinità di Cristo. Lentamente stiamo tornado a questo punto».
Visto che lei è francese ma anche residente in America, trova che la Chiesa americana si stia rinchiudendo tra le proprie mura?
«Storicamente, questo è stato vero per la Chiesa francese che si faceva chiamare "Chiesa gallicana" per enfatizzare la propria indipendenza dal papato. Da un punto di vista francese, la Chiesa americana è molto più preoccupata della sua relazione con il papato e del suo desiderio di essere "ortodossa", cioè nel non fare affermazioni estranee ad una prospettiva cristiana. Dalla prospettiva di qualcuno che viene da fuori, la Chiesa americana è estremamente generosa nelle sue donazioni. In questo c’è di certo qualcosa del processo del capro espiatorio, ma ciò non mi colpisce come un fenomeno particolarmente americano.
La tendenza a criticare il papato era molto diffusa in Francia. Per esempio, durante la prima guerra mondiale, la gente non era conscia di quello che succedeva con Benedetto XV (e credo che Benedetto XVI abbia preso questo nome proprio a causa di quest’ultimo). Benedetto XV era molto popolare durante la guerra sebbene fosse impopolare in Francia per essere troppo filo-tedesco e lo stesso in Germania perché esageratamente filo-francese. Fece sforzi notevolissimi per mettere fine ai combattimenti. Intervenne e fece del suo meglio per promuovere i negoziati. Nessuno ha apprezzato questo sforzo come si sarebbe dovuto fare. Fu veramente profetico nel capire che la guerra era un disastro di proporzioni enormi per tutta l’Europa».
Cosa risponderebbe se il Papa le chiedesse cosa bisogna fare per meglio portare avanti l’opera di catechesi nella Chiesa?
«La Chiesa è cosciente di questo e continuamente si interroga su cosa deve fare per migliorare. Certamente è necessario raggiungere i giovani. Questo spiega perché Giovanni Paolo II era così importante. La simpatia misteriosa che i giovani hanno avuto verso Giovanni Paolo II è stata notevolmente sottolineata nel momento in cui si è riflettuto sul suo papato. Eventi come le Giornate mondiali della gioventù sono molto importanti. Ovviamente non è facile avere lo stesso appeal di Wojtyla, ma il grande successo della visita di papa Ratzinger negli Stati Uniti e il recente viaggio in Francia sono stati molto importanti. A Parigi c’erano 250 mila persone ad ascoltarlo alla Messa e 100 mila di queste hanno passato la notte lì. Un evento impressionante. Per questo, la gente che pensa che il cristianesimo in Francia sia ormai finito sbaglia completamente, a mio giudizio. Per esempio, quando il cardinale Lustiger era arcivescovo di Parigi celebrava la messa alle 6.30 della sera ogni domenica, a Notre Dame. Se non si arrivava in tempo, era impossibile trovare un posto per sedersi in chiesa. Tra la gente di Parigi la sua popolarità era incredibile. Questo fenomeno non è stato fatto conoscere come si sarebbe dovuto fare, perché in esso c’era qualcosa di abbastanza paradossale. Lustiger non era un parigino doc, ma un ebreo, e vescovo di Orleans prima di arrivare a Parigi. La sua popolarità è stata qualcosa di veramente inedito».
Lei considera il suo lavoro un impegno apologetico?
«Penso che l’aspetto più influente del mio lavoro sia mostrare che l’ebraismo e il cristianesimo esistono in continuità con le religioni arcaiche. Fondamentalmente, io sono un antropologo e un razionalista. Ciò che sostengo è il fatto che le società umane sono molto diverse da quelle che gli specialisti definiscono come "società animali", perché le prime hanno la religione. Nella società arcaica religione e cultura sono assolutamente un tutt’uno, anche quando ciò non appare. La religione, perciò, è un modo con cui gli esseri umani imparano, senza averne coscienza, il modo in cui comportarsi con la violenza all’interno del proprio gruppo. In questo caso, il sacrificio arriva a rivestire il ruolo delle vittime sostitutive. Questo fenomeno dovrebbe essere spiegato in termini puramente antropologici come qualcosa di scientifico. Non c’è bisogno di una convinzione religiosa per capirlo. Questa comprensione della religione arcaica (portata avanti anche da chi ha una considerazione sfavorevole nei confronti della religione stessa) rappresenta una vera rivoluzione; è molto importante mostrare che queste vittime sono assolutamente indispensabili alla sopravvivenza dell’uomo. In un certo qual modo, il cristianesimo è la fine delle religioni arcaiche perché rivela che la vittima è innocente. Quando si comprende il cristianesimo in maniera corretta nella sua vicinanza-distanza dalla religione arcaica, si scopre che siamo di fronte alla stessa struttura, ovvero il fenomeno del capro espiatorio, cioè Gesù come vittima. Già il testo biblico è concepito per distruggere lo schema del capro espiatorio invece di usarlo per realizzare sacrifici. La relazione con tutte le religioni arcaiche nel passato è davvero centrale e razionale al punto che si potrebbe andare indietro per decine di migliaia di anni. Questo è un dato molto importante. La religione dell’Incarnazione dovrebbe essere un’antropologia così come una teologia. L’Incarnazione significa uomo e Dio insieme. La teologia è il Dio puro ed è costruita su schemi che trascurano completamente quello che nel cristianesimo chiamiamo Incarnazione».
A livello più personale, lei ha qualche suggerimento per rendere la fede attraente nei confronti dei non credenti?
«Una cosa importante sarebbe mostrare che il cristianesimo ha qualcosa da dire rispetto alle scienze dell’uomo. Questo è assolutamente indispensabile. L’antropologia ha sempre visto la religione come un tipo di storia. Nel diciannovesimo secolo Auguste Comte sentiva che la religione arcaica era il primo tentativo di capire i "misteri dell’universo". In altre parole, intraprendeva lo stesso percorso della scienza. Ma secondo Comte si trattava di una scienza molto scadente e non di alto livello. Per i positivisti dell’Ottocento, la filosofia si poneva a metà strada, era un po’ meglio della teologia ma non ancora accettabile come la scienza. Questa visione era molto astratta e aveva poco a che fare con il fatto che la religione è un fenomeno molto concreto che porta le persone ad evitare di uccidersi del tutto le une le altre».
Quale ruolo pensa avranno le principali tesi del suo lavoro intellettuale nei decenni a venire?
«Ritengo che la questione e il paradosso del capro espiatorio (perché esso c’è quando non lo si vede, ed è assente quando si dice che è presente) verrà compreso meglio e rivestirà un ruolo che non ha mai assunto nell’apologetica. La visione del cristianesimo non è abbastanza paradossale. Io penso che quando si legge Kierkegaard con attenzione, si vede che egli non era molto lontano da molte delle affermazioni che la teoria del capro espiatorio può formulare in maniera più razionale. Perciò tale visione può essere uno strumento di apologetica che non è stato ancora scoperto».
© «First Things» e per l’Italia «Avvenire» (traduzione di Lorenzo Fazzini)