DEPONIAMO LE ARMI, APRIAMO UN DIBATTITO
di Federico La Sala*
Bisogna cominciare a vaccinarsi: il conto alla rovescia è partito. L’allineamento dei “pianeti” si fa sempre più stretto e minaccioso (Usa, Uk, Spagna, Italia, Grecia, Turchia, Israele..) e il papa - accerchiato e costretto alla rassegnazione - lo ha detto con decisione e rassegnazione: “Dio sembra quasi disgustato dalle azioni dell’umanità”. Io credo che non si riferisse solo e tanto all’umanità degli altri, ma anche e soprattutto delle sue stesse “truppe” che lavorano dietro le quinte e alacremente a tale progetto. Come è già apparso chiaro in varie occasioni (ultima, plateale, nel Kazakistan nel 2001) la gerarchia della Chiesa Cattolico-Romana ha il cuore duro come quello dei consiglieri del faraone. Si è mantenuta a connivente distanza da Hitler, ha appoggiato Mussolini, sta appoggiando il governo Berlusconi, e non finirà per appoggiare Bush? Figuriamoci. Lo sforzo di memoria e riconciliazione non è stato fatto per riprendere la strada della verità, ma per proseguire imperterrita sulla via della volontà di potenza... Non ha sentito e non vuole sentire ragioni - nemmeno quelle del cuore: la “risata” di Giuseppe (cfr. Luigi Pirandello, Un goj, 1918, “Novelle per un anno”) contro il suo modello-presepe di famiglia (e di società) continua e cresce sempre di più, ma fanno sempre e più orecchi da mercanti!
Cosa vogliono che tutti e tutte puntino le armi non solo contro Betlemme (come già si è fatto) ma anche contro il Vaticano?
Credo con Zanotelli che “stiamo attraversando la più grave crisi che l’homo sapiens abbia mai vissuto: il genio della violenza è fuggito dalla bottiglia e non esiste più alcun potere che potrà rimettervelo dentro"; e credo - antropologicamente - che sia l’ora di smetterla con l’interpretazione greco-romana del messaggio evangelico! Bisogna invertire la rotta e lavorare a guarire le ferite, e proporre il modello-presepe correttamente.
Lo abbiamo sempre saputo, ma ora nessuno lo ignora più! Chi lo sa lo sa, chi non lo sa non lo sa, ma lo sanno tutti e tutte. Sulla terra, nessuno e nessuna è senza padre e senza madre! Dio “è amore [charitas]” (1Gv.: 4,8) e Gesù (non Edipo, né tanto meno Romolo!) è figlio dell’amore di un uomo (Giuseppe, non Laio né tanto meno Marte, ma un nuovo Adamo) e una donna (Maria, e non Giocasta né tanto meno Rea Silvia, ma una nuova Eva). Cerchiamo di sentire la “risata”. Deponiamo le armi: tutti e tutte siamo “terroni” - nativi del pianeta Terra, cittadini e cittadine d’Italia, d’Europa, degli Stati Uniti d’America, di Asia, di Africa ecc., come di Betlemme, come di Assisi e di Greccio... E non si può continuare con le menzogne e la violenza! Non siamo più nella “fattoria degli animali”: fermiamo il gioco, facciamo tutti e tutte un passo indietro se vogliamo saltare innanzi e liberarci dalla volontà di potenza che ha segnato la storia dell’Occidente da duemila anni e più! Si tratta di avere il coraggio - quello di don Milani - di dire ai nostri e alle nostre giovani che sono tutti e tutte sovrani e sovrane o, che è lo stesso, figli e figlie dell’amore di D(ue)IO... dell’amore di "due Soli" esseri umani , come anche Dante aveva già intuito, sul piano politico ma anche sul piano antropologico.
Cerchiamo finalmente di guardarci in faccia e intorno: apriamo il dibattito - o, perché no, un Concilio Vaticano III (come voleva già il cardinale Martini) tra credenti e non credenti - e teniamo presente che Amore non è forte come la morte, ma è più forte di Morte (Cantico dei cantici: 8,6, trad. di G. Garbini, non degli interpreti greco-romani della Chiesa Cattolica).
Caro La Sala,
ho letto, apprezzato e, ovviamente, condivido.
Gianni Vattimo
* Pubblicata su l’Unità del 29 dicembre 2002, p. 30.
Sul tema, nel sito e in rete, si cfr.:
IL BUON MESSAGGIO, I FILOSOFI E LA "FIABA" DI ... PINOCCHIO
DANTE ALIGHIERI. La lingua d’amore: la fenomenologia dello Spirito ... dei "Due Soli".
A metà mattinata è previsto il colloquio con il Papa poi una passeggiata esclusiva nei giardini vaticani
Bush, il giallo della conversione
sulla visita da Benedetto XVI
di MARCO POLITI *
CITTÀ DEL VATICANO - Quella magica festa di compleanno allestita per Ratzinger nei giardini della Casa Bianca ha lasciato la sua impronta nell’animo di Joseph Ratzinger. E così Benedetto XVI rilancerà stamane, accompagnando George W. Bush in una passeggiata esclusiva nei giardini vaticani, dove ai tempi di Pio XII tutti dovevano eclissarsi quando appariva la "bianca figura".
Bush - il "presidente cattolico" com’è soprannominato in America per la sua sfrenata ammirazione nei confronti di Ratzinger - riceverà così la sua consacrazione. Il pellegrinaggio alla grotticella della Madonna di Lourdes ha stuzzicato la fantasia del jet set ecclesiastico-mondano, che si sfiora nelle cappelle barocche in cui atei devoti esultano per la liturgia latina e guerrieri della fede sognano un Occidente ri-cristianizzato. E ha cominciato a circolare la rosea leggenda di una possibile conversione di Bush al cattolicesimo. Non ha detto forse Nancy Brinker, capo del protocollo statunitense, che il presidente è un "enorme fan del Papa"? Non ha soggiunto che nutre un "rispetto totale" per lui e i suoi sforzi per la pace, l’istruzione e la lotta alla povertà?
In fondo il salto l’ha fatto l’inglese Blair e cattolico - tra i Bush - è già il fratello Jeb, governatore della Florida: stato felice dove i pasticci elettorali delle elezioni del 2000 sono già una prova di vitalità cattolica a fronte della noia tradizionalmente protestante. Che George W. Bush, "cristiano rinato" in linea direttamente con Dio, accetti il sistema gerarchico cattolico, non appare a portata di mano.
In Vaticano, con il dito sulle labbra, smentiscono conversioni in atto. Innegabile è che lo spirito messianico di Bush e la sua fascinazione per il pensiero cattolico si sposino con la condanna di Ratzinger dei demoni del XXI secolo. Quelle "Tenebre" di relativismo, droga, emarginazione, razzismo, violenza, degradazione, egocentrismo, avidità, cinismo che Bendetto XVI evocò a New York.
In Segreteria di Stato, intanto, i veterani più disincantati si chiedono quanto pontefice e presidente parleranno dei nodi tosti di politica internazionale. Terrasanta e Iran sono in cima all’agenda. L’editorialista di politica estera dell’Avvenire, Vittorio Emanuele Parsi, atlantista convinto, ha scritto con rammarico che la strategia di Bush si è mostrata molto vicina al fallimento: "Non ha annichilito al Qaeda, non ha debellato la minaccia talebana in Afghanistan, non è riuscito a far progredire la democrazia in alcuna regione del mondo musulmano".
* la Repubblica, 13 giugno 2008
Il papa vota repubblicano?
di Massimo Faggioli (Europa, 20 gennaio 2012)
Nella fase cruciale delle primarie, con il front-runner mormone Romney tallonato dai social conservatives spaccati tra i due candidati cattolici Gingrich e Santorum, papa Benedetto XVI ha rivolto un discorso di rara durezza ai vescovi statunitensi in visita ad limina. Il papa ha ricordato la specificità del ruolo della religione e della libertà religiosa in America, fondato su un «consenso morale» attorno al riconoscimento del valore della «legge naturale». Questa legge naturale ha sempre garantito in America non solo la libertà religiosa, ma anche la libertà di coscienza, in un ambiente storico-culturale che si muoveva nel quadro di quelli che il papa definisce «i valori ebraico-cristiani».
Tutto questo è sotto attacco, afferma il papa, a causa di forze culturali che mirano a seppellire non solo quel consenso morale e i valori ebraico-cristiani, ma anche la stessa libertà religiosa e la libertà di coscienza. «Il secolarismo radicale» e «l’individualismo estremo» tendono a stravolgere quel consenso sulla legge naturale tentando di avvocare nuovi diritti, come quelli all’aborto e al matrimonio omosessuale, che il papa contrappone agli «autentici diritti umani».
Il discorso del papa è stato scritto da chi conosce molto bene la situazione del cattolicesimo statunitense, tanto da usare parole-chiave che risalgono al vocabolario del “costituzionalismo cattolico americano” del gesuita John Courtney Murray (quello che contribuì a sdoganare politicamente il cattolicesimo americano, a far eleggere John F. Kennedy, e che per questo si guadagnò la celebre foto sulla copertina di Time del 12 dicembre 1960).
Le questioni di fondo che agitano il rapporto tra chiesa americana e cultura politica all’inizio del secolo XXI sono più ampie e complesse dell’eterna questione del diritto all’aborto. La chiesa americana si sente sotto attacco - tanto da aver creato recentemente una task force episcopale per la difesa della libertà religiosa - per nuovi problemi come quello del matrimonio omosessuale, che è ormai accettato dalla gran parte degli americani, anche dai cattolici delle giovani generazioni. Ma altre questioni sono più intricate, come la recente decisione dell’amministrazione federale americana e di alcuni stati di negare alle carità cattoliche fondi statali fino a quando le carità cattoliche non accettino di mettere in pratica integralmente le linee-guida del governo, che comprendono anche le pratiche contraccettive e abortive.
Su questo si inserisce la messa in pratica della riforma del sistema sanitario, che metterebbe fine ad alcune esenzioni di cui finora i datori di lavoro cattolici potevano godere: ad esempio, escludere dalle polizze di assicurazione sanitaria per i lavoratori delle università cattoliche i rimborsi per pratiche mediche «contrarie alla morale cattolica» ufficiale.
Nei recenti dibattiti i candidati repubblicani religiosi e social-conservatori (Gingrich, Santorum, e Perry) hanno accusato l’amministrazione Obama di aver «dichiarato guerra alla religione» in America e alla chiesa cattolica in particolare. Propaganda a parte, i cattolici liberal che votarono Obama e appoggiarono la sua riforma sanitaria ora chiedono alla Casa Bianca di ripristinare quelle tutele per la libertà di coscienza. Ma i cattolici americani sanno che l’idea del carattere “ebraicocristiano” dell’America nacque nella guerra fredda e che oggi è diventata, nel paese culturalmente e religiosamente più pluralista del mondo, una reliquia.
Gli americani non esiteranno a vedere nel discorso del papa un attacco all’amministrazione Obama, all’inizio di un anno elettorale in cui i cattolici saranno ancora una volta il voto in bilico tra repubblicani e democratici.
La Pearl Harbor della politica
di VITTORIO ZUCCONI *
IL CAOS politico americano, quello che si trascina fra il fallimento del bushismo e una stagione elettorale troppo lunga, e che ha permesso la tragedia finanziaria, ci ha proposto l’inedito "numero" del candidato che scappa.
Un candidato che si chiama fuori dalla partita per due giorni e non vuole più dibattere l’avversario. Come se la democrazia fosse un incontro di basket, John McCain ha chiesto un timeout, per salvare la propria squadra da una sconfitta che il tabellone dei sondaggi cominciava a lampeggiare.
Il dibattito probabilmente si farà, e questa sera assisteremo finalmente al confronto, perché Barack Obama ha risposto che lui si presenterà sul palco in quanto "mai come adesso la nazione deve vedere e conoscere chi vuole guidarla in questi tempi difficili". Ma il fatto stesso che un candidato annunci di avere "sospeso la campagna elettorale", come fosse un puzzle da riporre per qualche ora, a 40 giorni dal voto, è uno di quei colpi di testa (e di nervi) che i colleghi senatori conoscono bene e che molti elettori temono. John McCain, famosa testa calda dal pessimo carattere che gli ha meritato in Parlamento il soprannome di "McNasty", Mac la peste, ha semplicemente cercato di buttare all’aria il tavolo di gioco, come fanno i bambini molto immaturi o i vecchi molto stizzosi quando perdono.
Nel mezzo di quella che il finanziere più autorevole degli Stati Uniti, quel Warren Buffett che viene guardato come l’ultimo oracolo, ha definito una "nuova Pearl Harbor", la flotta di coloro che dovrebbero proteggerci naviga alla deriva, sballottata dal vento dei sondaggi e delle manovre elettorali, senza ordini né piani chiari. Se il padre di John McCain, il magnifico ammiraglio che consumò tutto sé stesso nella risposta all’aggressione giapponese nel Pacifico e pagò la fatica disumana morendo d’infarto il giorno dopo la vittoria, potesse vedere il figlio annaspare in queste ore, lo spedirebbe in cambusa, lontano dal ponte di comando.
La mossa di McCain, quello che dovrebbe essere l’anziano sicuro, il buon nonno prudente e responsabile di fronte al troppo giovane e irresponsabile avversario Obama, serve a sottolineare la radice profonda della crisi, che non è finanziaria né economica, ma politica. Da quasi otto anni, dal gennaio del 2001, l’America è senza un governo competente e attendibile, che ha creduto di poter surrogare con la superbia la propria cadente autorità morale. Ha perduto ogni credibilità e ogni autorità, presa nella tela di menzogne, propaganda, ideologia, messianesimo, politicizzazione elettoralistica e incompetenza che, una volta tessuta, non può più essere dipanata. Oggi la nazione è governata dal presidente della Fed Bernanke e dall’ex Goldman Sachs, il ministro del Tesoro Paulson. Bush è soltanto un passeggero, al quale gli adulti alla guida chiedono di non toccare niente.
Il piano di salvataggio con danaro pubblico che dovrebbe essere varato oggi, e che è stato imposto ai due candidati, al Congresso e a una nazione che lo osteggia apertamente con un ricatto in stile Alitalia, o così o tutti giù dalla finestra, metterà un tampone sull’emorragia. Ma né i colpi di testa di McCain, né il fiacco discorso del presidente alla nazione, mercoledì sera, possono restituire prestigio morale a una politica che lo ha perduto tra le rovine di Bagdad, nel pasticcio afgano, nella devastazione di New Orleans, nello scandalo costituzionale di Guantanamo, nelle torture in appalto e nella totale indifferenza a quella cultura del profitto facile e sregolato che soltanto ora finge di scoprire con orrore e con ripensamenti statalisti e assistenzialisti.
La catastrofe in atto è la sentenza finale di un processo a Bush che dura da sette anni e otto mesi, e che vede come complice un Parlamento che il suo partito, il repubblicano, aveva controllato per sei anni e i democratici non hanno saputo raddrizzare. È stata un’esperienza surreale ascoltare il presidente accusare tutti di avere prodotto questa "Pearl Harbor", gli speculatori, i brokers, i banchieri, gli immobiliaristi, i consumatori, gli acquirenti di case che hanno assunto mutui eccessivi, tutti colpevoli meno che lui e la sua amministrazione, quella che fino a due settimane or sono ci garantiva che "l’economia americana resta robusta e solida".
Il futuro presidente erediterà due guerre in corso e lontane da una conclusione decisiva, in Iraq e in Afghanistan, un conto mostruoso di debito pubblico da saldare, un bilancio federale devastato, un mercato immobiliare alla canna del gas, una Pearl Harbor finanziaria, un Iran avviato sulla strada del nucleare, una Russia burbanzosa e neo imperiale, ora addirittura una Corea de Nord che torna a scricchiolare. Si capisce perché la parola chiave di questa stagione elettorale adottata persino dai repubblicani e da McCain, che temono Bush come un appestato e lo hanno tenuto lontano dal loro congresso, sia "cambiare". Persino una fanciulla del West scesa a valle col disgelo del bushismo, o un settuagenario, sembrano un progresso.
* la Repubblica, 26 settembre 2008
«Benedetto Bush! Povera Chiesa! Misera Italia»
di Paolo Farinella, prete *
Genova, 15 giungo 2008 - Tre fatti salienti segnano a carattere di fuoco la settimana appena conclusa. Il primo riguarda la visita di Bush, presidente degli Usa in scadenza, che viene ricevuto da papa Ratzinger non solo con gli onori di Stato, come si conviene da protocollo tra potenti, ma con familiarità e intimità, fino a concedere al guerranfondaio la passeggiata nei giardini vaticani, prospicienti la torre di san Giovanni dove papa Giovanni si ritirava in preghiera. Giovanni XXIII è il papa che nella enciclica Pacem in Terris definisce la guerra «alienum a ratione», cioè del tutto insensata. Per buon peso c’è stata anche la cantatina dei pueri cantores della Cappella Sistina davanti alla grotta della Madonna della Guardia. Questa Madonna si venera a Genova, sul monte Figogna (m.s.l.m. 1000) e fu fatta predisporre nel giardini vaticani da papa Benedetto XV, al secolo Giacomo della Chiesa, genovese di nascita, che fu il papa che definì la 1a guerra mondiale «una inutile strage». A molti, anche all’interno del Vaticano, è sembrata una dissacrazione perché mai un pontefice è stato così accogliente e generosi di elogi verso un capo di Stato come Benedetto nei confronti del texano Dabliu Bush.
Giovanni Paolo II aveva definito la 2a guerra in Iraq «immorale» e rimase isolato, ma irremovibile. Ora se la logica ha una ragione, si desume che abbia dichiarato «immorale» anche chi quella guerra l’ha voluta, cercata e imposta, contro ogni fondamento di diritto internazionale perché, come gli stessi Usa oggi ammettono, avvenne su false testimonianze e false prove. Bush è un bugiardo di livello internazionale. Ricevere con tutti gli onori e intimità un omicida, un genocida, un antidemocratico, un assassino, un extra-ius come Bush, fa del papa un connivente e un complice. Di fronte al mondo dei disperati, dei poveri del sud del mondo che vedono in Bush la causa dei loro dissesti economici, governati dalla politica egoista e parassitaria degli Usa, il papa appare come colui che approva e condivide le scelte del governo statunitense. Le persone semplici non fanno tanti distinguo, ma vedono alla tv il papa a braccetto con un uomo del genere e giungono diritti alla conclusione: il papa sta con Bush non coi i poveri del mondo.
Era ancora fresca la notizia che il Vaticano aveva rifiutato per «opportunità politica» udienza ad alcuni capi di Stato partecipanti all’inutile assemblea della Fao, carrozzone iniquo che ingrassa se stesso e non risolve alcun problema. Non solo, ma alcuni mesi addietro, il papa per le stesse ragioni di opportunità aveva ritenuto di non concedere udienze nemmeno al premio Nobel per la pace, il Dalai Lama. Il popolo registra nella memoria del cuore e tira le conclusioni. Si aggiunge un’aggravante che nei colloqui pubblici e privati, dalle indiscrezioni di corte, il papa non abbia fatto alcuna critica o mosso alcun rilievo alle responsabilità di Bush per l’insicurezza mondiale e l’incremento del terrore in cui la miope politica di un uomo ignorante ha gettato il mondo intero. La modalità della visita per molti credenti è apparsa come una dissacrazione che avrà effetti devastanti per la Chiesa. Molti si allontanano dalla stessa e noi preti ne raccogliamo il dolore, la distanza, la sofferenza e la croce.
La vista di Bush al papa fa da pendant a quella di Berlusconi che forte della benedizione papale, nel pacchetto sicurezza emanato il 13 giugno, ha incluso una norma che tutela i preti e/o i vescovi: «quando emerge un reato nei confronti di un sacerdote, dev’essere immediatamente avvertito il vescovo, e quando emerge un reato a carico di un vescovo dev’essere avvertito il Vaticano», superando lo stesso concordato che era più misurato. D’altronde che cosa ci si poteva aspettare da un presidente del consiglio che uscendo dall’udienza papale a double baciamo-le-mani, dichiara che «non si può non ossequiare la Chiesa», riducendo così lo spazio di libertà e di democrazia di uno Stato sovrano?
Il secondo fatto è il pacchetto di provvedimenti varati dal governo il 13 giungo sulla sicurezza e le intercettazioni. Oramai siamo sicuri che lo Stato di Diritto sta morendo lentamente per asfissia sotto gli occhi di tutti e pochi si ribellano. Nemmeno l’opposizione politica parlamentare (tranne Di Pietro e l’Italia dei valori) si scandalizza limitandosi alle esternazioni di rito pur di mantenere una parvenza di dialogo che è e sarà impossibile con questo governo e la sua maggioranza. Tutti i provvedimenti sono finalizzati a blindare e mettere in sicurezza il cittadino extra legem Silvio Berlusconi e i suoi compari, alimentando la paura come sistema che diventa terrore diffuso per distogliere le attenzioni dai veri problemi che il governo non è in grado di risolvere perché non ha il senso dello Stato e delle Istituzioni. 2500 soldati dislocati anche solo nei capoluoghi di provincia che sono n. 107 fanno 23,36 soldati per provincia, cioè un insulto alla intelligenza e al buon senso. Solo gli allocchi possono cadere nella trappola mediatica del governo che mira solo a fare proclami di effetto che a risolvere i problemi reali.
Con tutta l’emergenza economica che sta strangolando il paese per gli effetti dell’allegra economia del 1° e 2° governo Berlusconi che finì sotto inchiesta europea per infrazione di deficit (per la cronaca: risanato da Prodi, Padoaschioppa e Visco), solo agli allocchi si può fare credere che la grande emergenza siano le intercettazioni telefoniche. Il decreto relativo mette al riparo tutta la delinquenza dai colletti bianchi e la magistratura è in ginocchio, potendo così andarsene a pescare perché ormai i reati perseguibili saranno solo quelli dei ladri di polli. Berlusconi con questo decreto si vendica dei magistrati e il paese plaude, senza accorgersi che sta passando da uno stato di libertà ad uno stato di sudditanza, da una condizione di diritto democratico ad una condizione di paese a democrazia limitata. E’ il progetto della P2 che diventa operativo. Con la benedizione dei vescovi che nulla hanno da dire, mentre invece gioiscono del nuovo clima che sta portando e porterà l’Italia alla deriva su ogni fronte.
Scrivo questa «finestra» perché resti in testimonianza a futura memoria perché giorno verrà in cui la coscienza e la morale chiederanno conto di ciò che abbiamo fatto e non fatto in questa epoca e allora non basterà solo chiedere scusa, ma ognuno dovrà assumersi le responsabilità di avere taciuto, di essere stato connivente, complice e correo. Invito i Vescovi della Cei ad andare a rileggersi il documento che loro stessi hanno scritto e firmato il 04/10/1991 come programma pastorale per l’Italia nel decennio 2001-2010 dal titolo profetico «Educare alla legalità» (v. testo in http://www.cci.progettoculturale.it/pls/cci_new/bd_edit_doc.edit_documento?p_id=4806 : in basso a sinistra tenendo premuto Ctrl cliccare due volte su «edulega.rtf») che è forse uno dei documenti più belli prodotti in questo secolo.
Esso profetizzò tutto lo sfacelo che avrebbe portato il berlusconismo prima ancora che si verificasse, quindi in tempo non sospetto. Se gli stessi vescovi disattendono i loro stessi documenti perché li scrivono in bella grafia, ma poi fanno il contrario di ciò che scrivono, come si possono presentare alla gente a chiedere credibilità e autorevolezza?
Il terzo fatto è pastorale: sabato 14 giugno è stato celebrato a Roma, nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, alle spalle del Vaticano. Nulla da eccepire se due si sposano in chiesa, ma permettere che il sacramento del matrimonio venga ridotto ad una passerella mondana con foto in esclusiva, la sposa (si fa per dire!) seminuda è un insulto all’austerità sacramentale. I due nubendi non sono gente qualsiasi, ma due notori concubini (sto usando una terminologia usata spesso dalla gerarchia cattolica che difende la legittimità del matrimonio e per la quale può esistere solo il matrimonio come sacramento) pubblici: lui per la vita effimera che organizza per i ricchi in Sardegna e lei per essere famosa spogliarellista, velina, e forse adusa a vendere le sue grazie per ottenere favori. Questo matrimonio in chiesa non si doveva concedere se non a condizione che fosse strettamente privato, a porte chiuse, senza pompa, senza clamore e senza fotografi e cosa più importante con una sposa vestita. Avendolo concesso nelle modalità pagane che un certo mondo è solito vivere resta solo lo scandalo dei ricchi che anche in chiesa possono fare quello che vogliono.
Note a làtere:
1. Le notizie delle morti di operai sul lavoro si susseguono a ritmo sostenuto, conseguenza tragica della deregolamentazione della sicurezza sulla quale le imprese investono sempre meno, specialmente ora che hanno un governo «amico» e la Marcegaglia si scioglie in giuggiole e bigné. Bisogna predisporre una litania di operai morti in omaggio all’art. 1° della Carta costituzionale che dichiara la Repubblica «fondata sul lavoro». Il governo è latitante perché è pressato dall’urgenza delle intercettazioni, mentre per gli operai, una volta sopraggiunta la morte «il reato si estingue» che tradotto in lingua corrente significa: chi è morto è morto e chi è vivo è vivo. Seppelliamo i morti e pensiamo ai poveri impresari che devono sopravvivere e a causa di queste morti devono tenere chiuso qualche giorno, anche le apparenze vogliono la loro parte, e ci rimettono in quattrini, caldi e freschi.
2. Molti operai morti lavorano in nero in ditte del Nord e del Sud: il nero unifica la Nazione che Bossi vorrebbe divisa. La colpa non è delle ditte che assumono in nero, ma degli immigrati che non solo lavorano in nero, contribuendo all’economia sommersa e alla evasione delle tasse, ma vengono anche ad arrecare danni gravi venendo a morire qui, mentre potrebbero tirare le cuoia al loro paese. Ingrati, non si contentano mai.
3. I difensori della «vita dal concepimento alla morte naturale», come mai sono afoni di fronte a queste morti ingiuste, indegne e orripilanti? La vita è diversa se riguarda gli immigrati o i nativi oriundi? Se così fosse vorremmo conoscere la graduatoria e la priorità.
4. Il ciellino Formigoni, vergine a suo dire, ci può dire i termini del contratto con la clinica di Santa Rita di Milano, clinica privata e lautamente convenzionata con la Regione Lombardia? Visto che siamo in argomento, l’esimio e cristianissimo presidente, mancato senatore, ci potrebbe fornire l’elenco delle convenzioni e relative competenze economiche con la Compagnia delle Opere a gestione di Comunione e Liberazione?
5. Apprendo da comunicazioni di amici che «Il Giornale» di proprietà dei Berlusconi, un giorno sì e l’altro anche chiede la mia sospensione a divinis, e questa è la prova che ormai il giornale del padrone ha perso la sinderisi se si sente minacciato (?!) da un parroco del centro storico di Genova e pretende che tutti osannino e s’inchinino al passaggio di sua bassezza (riferito alla statura - absit iniuria verbi! - ), senza se e senza ma. Poiché non leggo giornali pornografici, non leggo codesto foglio, anche se ogni tanto qualcuno mi passa qualche appunto che regolarmente cestino. Sono ansioso di essere ricevuto dal mio vescovo per potere leggere insieme a lui i miei scritti e verificarli alla luce della dottrina e della morale della Chiesa. Informo comunque per buona pace degli scribi berlusconiani che finora non sono stato mai richiamato né ho avuto appunti da parte dell’autorità di riferimento perché quello che scrivo e dico è perfettamente lecito e non sconfinano affatto dai due ambiti di competenza che sono appunti la dottrina e la morale. Ho l’impressione invece che «Il Giornale» non goda di buona fama presso gli ambienti seri, anche dentro la Chiesa.
Il cardinale Martini e il sogno deluso di una chiesa “nuova” *
L’81enne Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano, in una lunga intervista tira le somme di un’esistenza trascorsa nella costante ricerca di Dio e dentro la Chiesa, riflettendo su questioni profonde di fede, di etica, di società e di Chiesa. Proprio alla chiesa il cardinale Martini indirizza un accorato appello per una sua rapida e profonda riforma ed aggiunge che, in passato, “ho sognato una Chiesa nella povertà e nell’umiltà ... Oggi non ho più di questi sogni. Dopo i settantacinque anni ho deciso di pregare per la Chiesa".
"Ho sognato una Chiesa nella povertà e nell’umiltà, che non dipende dalle potenze di questo mondo. Una Chiesa che concede spazio alla gente che pensa più in là. Una Chiesa che dà coraggio, specialmente a chi si sente piccolo o peccatore. Una Chiesa giovane. Oggi non ho più di questi sogni. Dopo i settantacinque anni ho deciso di pregare per la Chiesa". Sono le parole del card. Carlo Maria Martini raccolte nei “Colloqui notturni a Gerusalemme", libro recentemente edito in Germania dalla casa editrice Herder.
L’81enne gesuita, già arcivescovo di Milano, tira le somme di un’esistenza trascorsa nella costante e travagliata ricerca di Dio, vissuta dentro la Chiesa. E confida queste riflessioni all’amico padre Georg Sporschill, anch’egli gesuita, in un testo che assume la forma del colloquio o dell’intervista. I 7 capitoli del volume affrontano questioni profonde di fede, di etica, di società e di Chiesa.
A quest’ultima Martini indirizza un accorato appello per una rapida e profonda riforma. Ad esempio, di fronte alla crisi vocazionale che investe la Chiesa cattolica soprattutto in Occidente, considera inefficaci le soluzioni proposte fino ad ora delle gerarchie.
"La Chiesa dovrà farsi venire qualche idea", afferma, come ad esempio "la possibilità di ordinare viri probati" (uomini sposati ma di provata fede, ndr) o di riconsiderare il sacerdozio femminile, sul quale riconosce la lungimiranza delle Chiese protestanti. Ricorda persino di aver incoraggiato questa posizione in un incontro con il primate anglicano George Carey: "Gli dissi di farsi coraggio - spiega Martini - che questa audacia poteva aiutare anche noi a valorizzare di più le donne e a capire come andare avanti".
Se le sue tesi sull’organizzazione della Chiesa appaiono già fortemente riformatrici, ancora più avanti guarda nell’affrontare i temi etici legati alla sessualità. Critica l’Humanae Vitae di Paolo VI sulla contraccezione, enciclica scritta "in solitudine" dal papa e che proponeva indicazioni poco lungimiranti.
"Questa solitudine decisionale a lungo termine non è stata una premessa positiva per trattare i temi della sessualità e della famiglia". Sarebbe opportuno, afferma, gettare "un nuovo sguardo" sull’argomento. La Bibbia, in definitiva, non condanna a priori né il sesso né l’omosessualità. È la Chiesa, invece, che nella storia ha spesso dimostrato insensibilità nel giudizio della vita delle persone. Tra i miei conoscenti - ricorda ancora Martini - ci sono coppie omosessuali. Non mi è stato mai domandato né mi sarebbe venuto in mente di condannarli". Dunque la Chiesa, invece di educare il popolo di Dio alla libertà e alla "coscienza sensibile", ha preferito inculcare nel credente una dogmatica moralistica ed acritica.
Il contatto con le altre religioni, saggiato in prima persona durante il lungo soggiorno a Gerusalemme, ha rappresentato per Martini un punto di non ritorno, una scuola di vita e di fede. La ricerca di Dio in quelle terre - peraltro, come lui stesso afferma, estremamente travagliata ed attraversata spesso da lunghe ombre - costringe a ripensare il dialogo interreligioso perché, dice, "Dio non è cattolico", "Dio è al di là delle frontiere che vengono erette".
È l’uomo che sente la necessità di razionalizzare in apparati normativi e istituzionali la gestione del sacro.
In realtà, le istituzioni ecclesiastiche "ci servono nella vita, ma non dobbiamo confonderle con Dio, il cui cuore è sempre più largo". Incontrare e (perché no) pregare insieme all’amico di altra religione, dice, "non ti allontanerà dal cristianesimo, approfondirà al contrario il tuo essere cristiano". E invita: "Non aver paura dell’estraneo".
Il grande comandamento invita ad amare l’altro come se stessi. "Ama il tuo prossimo - afferma - perché è come te". Il "giusto" - e in questo caso Martini prende in prestito la II sura del Corano - è colui che "pieno di amore dona i suoi averi ai parenti, agli orfani, ai poveri e ai pellegrini".
* Articolo di Giampaolo Petrucci tratto da Adista n.41 del 31 Maggio 2008
Lettera
Gesù di certo non era un diplomatico
di Renato Pierri
L’Unità 11 giugno 2008 *
Gentile direttore,
evitando rispettosamente di dare giudizi sul nostro Pontefice, vorrei azzardare qualche breve confronto fra l’uomo Ratzinger di Marktl am Inn e l’uomo Gesù Cristo di Nazaret. Il Papa riceve tutti, giusti e peccatori. Gesù frequentava giusti e peccatori, ma non i peccatori ricchi potenti...e mai pentiti. Il Papa invita i ricchi e i potenti ad eliminare la povertà dal mondo. Gesù annunciava loro disgrazie: «Ma guai a voi che siete ricchi, perché avete già la vostra consolazione» (Lc 6,24).
Il nostro Pontefice ai peccatori potenti ed ipocriti dice pacatamente che cosa per lui è bene e che cosa è male. Gesù, senza peli sulla lingua, così li apostrofava: «Serpenti, razza di vipere, come sfuggirete al castigo della Geenna?» (Mt 23,33). Gesù ebbe doni dai Magi, sapienti, esperti di astronomia. Il Pontefice riceve doni da “sapienti”, esperti di politica ed economia...Un giudizio su Gesù, però, possiamo darlo: sicuramente non era un diplomatico.
Renato Pierri
BUSH DAL PAPA, POI VOLA IN FRANCIA *
Il presidente americano George W. Bush è arriivato in Vaticano dove lo attendeva il Papa già da qualche minuto. Il Papa e Bush si sono stretti la mano senza nessun inchino da parte del presidente.
"Che onore, che onore, che onore": un Bush felice e emozionato ha così saluto il Pontefice ai piedi della Torre di San Giovanni, scendendo dalla sua limousine nera. Sono state, al momento, le uniche parole che si sono udite. Poi il presidente ha stretto la mano al Papa, così come ha fatto anche la moglie Laura, in completo scuro. A fare il baciamano è stata invece l’ambasciatrice degli Stati Uniti presso la Santa Sede, la cattolica May Ann Glendon, la sola peraltro, vestita in modo più informale. Un fatto speciale che si aggiunge ad un protocollo tutto speciale è che Benedetto XVI abbia dovuto aspettare qualche minuto il suo ospite. Nell’attesa, il fedele segretario padre George gli ha aggiustato la croce che il pontefice porta al petto.
BUSH-BERLUSCONI, ’SINTONIA TOTALE’
di Fabrizio Finzi
ROMA - ’’Sintonia totale’’ su tutti i principali dossier internazionali, rapporti bilaterali eccellenti e un nodo ancora da sciogliere: la posizione americana sull’entrata dell’Italia nel ’5+1’ (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu piu’ la Germania), il gruppo che sta negoziando sul nucleare iraniano. Questa e’ la sintesi politica della visita di George W. Bush a Roma dove, sia il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che il premier, Silvio Berlusconi, hanno potuto presentare al presidente statunitense ’’il nuovo clima’’ dell’Italia, un Paese dove oggi sembra possibile portare avanti scelte bipartisan, almeno in politica estera. Resta pero’ un’ombra da dissolvere per il Governo Berlusconi che forse sperava in qualcosa di piu’ dall ’’’amico’’ George, una presa di posizione piu’ decisa sulla necessita’ di inserire rapidamente l’Italia nel ’5+1’. ’’Sto considerando seriamente questa situazione’’, si e’ limitato a rispondere Bush ad una domanda diretta in proposito passando subito a declinare il credo americano sull’Iran, cioe’ la necessita’ di rafforzare le sanzioni contro Teheran. Aspetto, questo delle sanzioni, assai duro da digerire per l’Italia che, come primo partner commerciale europeo dell’Iran, si troverebbe a sopportare durissimi sacrifici economici. Ma la prudenza di Bush sul tema era gia’ stata in parte metabolizzata dal Governo dopo che Washington aveva ieri frenato sul tema facendo capire che al momento la possibilita’ di vedere Roma dentro il ’5+1’ era ’’poco realistica’’. E soprattutto dopo che questa mattina la Germania ha confermato un ’nein’ senza sfumature al desiderio di Roma. ’’Non ci si poteva aspettare che il giorno dopo il colloquio con Angela Merkel il presidente americano sancisse ufficialmente ed in una conferenza stampa l’ingresso dell’Italia nel gruppo’’, ha spiegato una fonte diplomatica facendo capire che la partita e’ ormai solo a due e sara giocata martedi’ prossimo a Berlino quando il ministro degli Esteri Franco Frattini porra’ la questione sul tavolo del suo collega tedesco Frank Walter Steinmeier. Ma al di la’ dell’ingresso nel ’5+1’ che resta una delle priorita’ della politica estera italiana, la sintonia tra Roma e Washington e’ davvero profonda trainata cosi’ come e’ oggi da Silvio Berlusconi che con Bush ha un feeling davvero straordinario, costruito sin dall’inizio della prima presidenza di George. Se per George W. Bush la visita in Europa ha avuto un sapore di commiato dal vecchio Continente, Silvio Berlusconi e’ all’inizio del suo nuovo mandato a palazzo Chigi. Ed oggi non ha saputo resistere alla tentazione di schierarsi con McCain, seppure a suo modo, con una battuta. ’’Non posso esprimere preferenze riguardo ad un altro Paese dove c’e’ la campagna elettorale, ma voglio esprimere la mia personale preferenza per il candidato repubblicano e per un motivo egoistico: cosi’ non sarei io il piu’ vecchio ai G8, perche’ McCain e’ piu’ vecchio di me di un mese’’, ha detto a villa Madama con accanto un Bush divertito. In ogni caso oggi e’ stata anche l’occasione per presentare all’alleato americano la decisione presa di rendere piu’ flessibile la missione militare italiana in Afghanistan alleggerendo i ’caveat’ e annunciando l’invio di altri carabinieri nel Paese centrasiatico. Un gesto di buona volonta’ che Bush ha gradito: ’’ringrazio il governo italiano per aver annunciato al Parlamento che la restrizione sulle forze in Afghanistan e’ stata rimossa e saranno inviati altri carabinieri per addestrare i poliziotti afgani’’, ha osservato il presidente Usa. Il presidente del Consiglio non ha mancato di confermare pubblicamente la sua vicinanza al presidente Usa uscente. E Berlusconi ha voluto, poco prima della cena conclusiva a villa Madama, esprimergli la sua riconoscenza: ’’Bush e un amico mio personale e un grande amico dell’Italia; ha dato a Roma il privilegio di essere la capitale europea dove e’ venuto piu’ volte onorandoci della sua presenza per ben sei volte’’. Ma non solo: ’’George Bush e’ persona rara, che non mente mai, il cui ’si’ e’ un ’si’ e il cui ’no’ e’ un ’no’’’., ha detto ancora citando il Vangelo.
IL TEMA DELL’IRAN CONTINUA A DOMINARE IL VIAGGIO EUROPEO DI BUSH
Il presidente americano George W. Bush ha proseguito a Roma anche nel suo incontro con Silvio Berlusconi il tema conduttore del suo viaggio finale nel Vecchio Continente: spingere gli alleati europei lungo il sentiero di un inasprimento delle sanzioni verso l’Iran. Un sentiero che richiederà "dure decisioni" soprattutto da parte dei paesi, come l’Italia, che hanno i più stretti rapporti commerciali con Teheran. Una strategia, quella di Bush, che richiede una forte sintonia sulle azioni da prendere se l’Iran, come gli Usa danno per scontato, respingerà anche le nuove proposte del 5+1 che saranno presentate dal negoziatore Javier Solana. In questa situazione un dissidio tra gli alleati europei sulla questione Iran è l’ultima cosa al mondo che Bush in questo momento desidera. E questo spiega la posizione apparentemente contraddittoria assunta dal presidente americano sulla richiesta italiana di entrare a far parte del 5+1, il gruppo di contatto (formato dai cinque membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’Onu più la Germania) che sta trattando la delicata questione del programma nucleare iraniano. Alla conferenza stampa romana dopo il colloquio con Berlusconi, Bush ha risposto che sta "seriamente considerando" la questione del possibile ingresso italiano nel 5+1 ma è scivolato via più rapidamente possibile dalla domanda, lanciandosi invece in una lunga spiegazione della necessità che la Comunità Internazionale "invii lo stesso messaggio" all’Iran, a prescindere dalla inclusione o meno nel gruppo di contatto. In una intervista al TG1, aveva espresso pochi giorni fa il suo appoggio alla richiesta italiana. Ma dopo il colloquio di Bush con il cancelliere tedesco Angela Merkel (la più decisa avversaria della richiesta italiana) l’umore della Casa Bianca sembra essere decisamente cambiato. Oggi il consigliere per la sicurezza nazionale Stephen Hadley aveva spiegato che Bush "non ha ancora deciso" sulla richiesta italiana e che per il momento il presidente Usa "é in fase di consultazioni" e che parlerà della questione anche a Parigi e Londra, le prossime tappe del suo viaggio europeo. Bush è stato comunque ben lieto di incassare a Roma anche la disponibilità dell’Italia a modificare il suo contributo in Afghanistan con più flessibilità sulle regole di ingaggio e l’impiego dei Carabinieri per compiti di addestramento polizia. Il presidente Usa ha incassato anche molti complimenti da parte di Berlusconi sul suo ruolo di difensore della libertà e della democrazia nel mondo che ha ricambiato di buon cuore non perdendo occasione per mostrare la sua simpatia personale per il ’ vecchio amico’ Silvio, una stima che lo ha spinto a tornare in Italia a solo un anno dalla sua ultima visita del giugno scorso. In questo suo viaggio di addio all’ Europa Bush ha mostrato una certa tendenza a pensare già al giudizio della Storia, a parlare della sua imminente carriera di pensionato e turista, ad ammettere per la prima volta qualche errore (come il linguaggio troppo aggressivo sulla guerra in Iraq). E anche nella conferenza stampa con Berlusconi vi è stato un momento in cui Bush ha dovuto fare i conti con la precarietà della sua situazione: quando il premier italiano ha dovuto indicare le sue preferenze sul successore del presidente Usa, Berlusconi se l’é cavata con una battuta di spirito indicando McCain perché è più vecchio di lui, anche se di poco. Ma per Bush è stata un inevitabile richiamo al fatto che la gente, in Europa e altrove, guarda già con sempre maggiore interesse alla fine del suo mandato e all’inevitabile cambio della guardia col suo successore alla Casa Bianca.
BUSH INCONTRA NAPOLITANO L’incontro Berlusconi-Bush conclude la giornata cominciata con il colloquio con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in Qurinale. Nel corso del colloquio nello studio alla vetrata, che è durato 40 minuti, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha espresso al presidente George W. Bush la convinzione che nella nuova situazione creatasi con le elezioni di aprile si consoliderà la condivisione degli indirizzi fondamentali della politica estera, anche grazie ad un clima più costruttivo nella vita politica italiana. Il tema prevalente del colloquio ha riguardato la situazione economica internazionale in vista del G8 che si svolgerà in Italia nel 2009. Lo si è appreso al Quirinale. Altri temi trattati: il processo di pace in Medio Oriente e le conclusioni del recente vertice della Fao a Roma. Nell’agenda dei colloqui c’era anche il tema della lotta al terrorismo e al crimine organizzato. Sotto la pioggia, con il traffico in tilt e la contestazione di un piccolo gruppo di dimostranti che cantavano ’Bush go home’, il presidente americano George W. Bush ha cominciato, prima dell’incontro con Napolitano, la sua prima mattinata romana all’American Academy, a Villa Aurelia, dove ha tenuto una tavola rotonda con otto borsisti italiani del programma ’Fulbright Best’. A Villa Aurelia erano presenti, tra gli altri, l’ambasciatore Usa Ronald Spogli, il sindaco di Milano Letizia Moratti, il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, l’amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo e quello di Poste Italiane Massimo Sarmi. Sugli Stati Uniti d’America c’é "tanta disinformazione e propaganda", - ha detto Bush - ma in realtà "siamo un Paese aperto, solidale, che ha a cuore i destini delle persone". Non é mancato un gesto scherzoso del presidente Usa che, mentre l’ambasciatore Spogli ringraziava il sindaco Moratti, le ha strizzato confidenzialmente l’occhio.
Rivolgendosi ai borsisti italiani che hanno seguito una full immersion di 5 mesi nella Silicon Valley, il presidente ha sottolineato che "la miglior diplomazia dell’America è far venire la gente nel nostro Paese" ad osservare "in prima persona la verità dell’America". La giornata romana di Bush proseguirà con l’incontro a Palazzo Madama, nel pomeriggio con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, a cui seguirà una conferenza stampa e una cena. Tra i temi in agenda, l’Afghanistan - sul quale gli Usa chiedono una maggiore disponibilità dell’Italia - e l’Iran. L’Italia chiede di entrare nel ’5 + 1’ (i cinque membri del Consiglio di Sicurezza più la Germania) che negozia sul nucleare iraniano, ma da Berlino, questa mattina, è arrivata la doccia fredda: il no della Germania, da sempre contraria, all’entrata dell’Italia nel gruppo. "Rispetto all’Iran non c’é nessun bisogno di cambiarne il formato", ha confermato Berlino.
BUSH VISITA DUE SALE QUIRINALE, NAPOLITANO ’CICERONE’ Al termine della colazione di lavoro nella Sala degli Specchi, George W. Bush ha chiesto di visitare la parte storica piu’ celebrata del Palazzo del Quirinale. Giorgio Napolitano ha fatto da cicerone, nel suo ’’fluent english’’ accompagnandolo al Salone dei Corazzieri e poi alla Cappella Paolina. Durante il tour, che ha reso visibile la cordiale affabilita’ che si e’ stabilita fra i due presidenti, a Bush sono state mostrate le parti del palazzo che sono tornate a splendere in seguito ai recenti restauri. Nel congedarsi, il presidente americano ha espresso con entusiasmo il suo apprezzamento. ’’E’ stata una visita veramente impressionante e meravigliosa’’, ha detto, secondo quanto riferito.
A PRANZO CON NAPOLITANO, CAVATELLI E MILLEFOGLIE Dopo 40 minuti di colloquio, definito molto cordiale ed affabile, grazie anche alla facilità con cui Giorgio Napolitano si esprime in inglese, George W. Bush è stato accompagnato nella Sala degli Specchi del Quirinale dove è stata imbandita una tavola con 16 coperti. Alla colazione per la parte italiana partecipano tra gli altri l’ambasciatore a Washington Gianni Castellaneta, il consigliere diplomatico del Quirinale Rocco Cangelosi, il capo della Segreteria di Napolitano Carlo Guelfi. La colazione è iniziata davanti a un piatto di cavatelli alla verdura. La seconda portata sarà una lombata di vitello con contorno di melanzane parmigianine e patate novelle. Per il dolce un millefoglie. A tavola sono serviti Fiano di Avellino e Flaccianello della Pieve. Si brinderà con spumante Ferrari.
A jalta nel 1945 il primo ministro britannico Winston Churchill, il presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt e il premier sovietico Iosif Stalin concordano i piani per l’occupazione della Germania, la formazione di un nuovo governo in Polonia e l’organizzazione delle future Nazioni Unite.
Contenti e felici e soddisfatti del risultato della fine della seconda guerra mondiale...ne escono vittoriosi e in privato si spartiscono le spoglie.
(Daniele 7:8) Continuai a considerare le corna, ed ecco, un altro corno, piccolo, spuntò fra loro, e tre delle prime corna furono divelte d’innanzi a esso. Ed ecco, c’erano in questo corno occhi simili agli occhi di un uomo, e c’era una bocca che proferiva cose grandiose
IL PICCOLO CORNO DIVENTA POTENTE
Secondo la storia il piccolo corno era un ramo di uno delle quattro corna simboliche, di quello più occidentale. Quest’ultimo era il regno ellenistico del generale Cassandro sulla Macedonia e la Grecia. In seguito questo regno venne assorbito dal regno del generale Lisimaco, re della Tracia e dell’Asia Minore. Nel II secolo a.E.V. queste parti occidentali del mondo ellenistico furono conquistate da Roma. E nel 30 a.E.V. Roma aveva già occupato tutti i regni ellenistici, diventando la sesta potenza mondiale delle profezie bibliche. Ma l’impero romano non era il piccolo corno della visione di Daniele, perché quell’impero non continuò a esistere fino al “tempo fissato della fine”. -
A cosa corrisponde dunque, secondo la storia, quell’aggressivo “re dall’aspetto fiero”? La Britannia era in effetti un ramo nord-occidentale dell’impero romano. Fino alla prima parte del V secolo E.V. in quella che ora è la Gran Bretagna c’erano delle province romane. Col tempo l’impero romano tramontò, ma l’influenza della civiltà greco-romana continuò a farsi sentire in Inghilterra e nelle altre parti d’Europa che erano state sotto la dominazione di Roma. “Alla caduta dell’impero romano”, scrive il poeta e saggista messicano Octavio Paz, premio Nobel per la letteratura, “la Chiesa prese il suo posto”. Egli aggiunge: “I padri della Chiesa, e poi anche i dottori della Chiesa, innestarono la filosofia greca nella dottrina cristiana”. E Bertrand Russell, filosofo e matematico del XX secolo, osservò: “La civiltà dell’Occidente, che si è sviluppata dalle origini greche, si basa su una tradizione filosofica e scientifica cominciata a Mileto [città greca dell’Asia Minore] due millenni e mezzo fa”. Quindi si poteva dire che l’impero britannico affondava le sue radici culturali nel regno ellenistico di Macedonia e Grecia.
Entro il 1763 l’impero britannico aveva sconfitto le sue potenti rivali, Spagna e Francia. Da allora in poi la Gran Bretagna dimostrò di essere la signora dei mari e la settima potenza mondiale delle profezie bibliche. Anche dopo che nel 1776 le 13 colonie americane si erano staccate dalla Gran Bretagna per costituire gli Stati Uniti d’America, l’impero britannico crebbe fino a includere un quarto della superficie della terra e un quarto della sua popolazione. La settima potenza mondiale diventò ancora più forte quando gli Stati Uniti d’America collaborarono con la Gran Bretagna formando la duplice potenza mondiale anglo-americana. Sul piano economico e militare questa potenza è diventata senz’altro “un re dall’aspetto fiero”. Quindi il piccolo corno che nel “tempo della fine” è diventato una potenza politica fiera è la potenza mondiale anglo-americana.
Daniele vide che il piccolo corno “si faceva grandissimo” verso “l’Adornamento”. La Terra Promessa, che Geova diede al suo popolo eletto, era così bella che fu definita “l’adornamento di tutti i paesi”, cioè dell’intera terra. È vero, la Gran Bretagna conquistò effettivamente Gerusalemme il 9 dicembre 1917, e nel 1920 la Lega o Società delle Nazioni le affidò il mandato sulla Palestina, che detenne fino al 14 maggio 1948. Ma la visione è profetica e contiene molti simboli. E “l’Adornamento” menzionato nella visione simboleggia non Gerusalemme, ma la condizione terrena del popolo che Dio considera santo al tempo della settima potenza mondiale. Vediamo in che modo la potenza mondiale anglo-americana cerca di insidiare i santi.