DIVENTA PAPA’, DALL’ALTARE CONFESSIONE AI FEDELI *
PADOVA - Don Sante Sguotti, il parroco di Monterosso, al centro delle cronache per le voci che lo dicono padre di un bambino di nove mesi, si è tolto il peso del suo segreto dal pulpito: parlando a cuore aperto ai suoi fedeli in Chiesa, ha spiegato di non voler fare come Adamo ed Eva "che si nascosero al richiamo di Dio dopo il peccato originale".
"Il frutto della propria fecondità - ha aggiunto il sacerdote - è una cosa che deve dare gioia". Ma anche ammesso che "forse hanno ragione quelli che dicono che i preti sono tutti falsi. Io mi sento falso, perché non è facile percorrere da soli la strada della ricerca della verità. A volte bisogna trovare qualcuno con cui camminare assieme".
Parole con le quali il sacerdote 41enne padovano, che si batte contro la regola del celibato, ha aperto l’omelia nella chiesa di San Bartolomeo a Monterosso, piccola comunità di 800 abitanti sui colli Euganei, vicino a Padova. Don Sante, che ha dalla sua parte la stragrande maggioranza dei parrocchiani - alcuni giovani portavano magliette con la scritta ’Don Sante e’ mio padré -, non ha però sfidato apertamente la Curia.
Il vescovo Antonio Mattiazzo, dopo il diffondersi delle chiacchere su don Sante, lo aveva invitato a dimettersi e inoltre a non celebrare più messa. Il sacerdote così si è presentato ugualmente sull’altare ma ha optato per una Liturgia della Parola, senza quindi il rito della Comunione. In abito talare, prima della celebrazione, don Sante Sguotti ha spiegato agli oltre 200 fedeli che assiepavano la piccola chiesa che "questa non poteva essere una celebrazione normale, officerò la liturgia della Parola, e pronuncerò l’omelia, ma non il rito dell’Eucarestia". "E’ un dono troppo grande - ha concluso - per essere strumentalizzato in un volgare braccio di ferro".
* ANSA» 2007-08-24 21:05
PARROCO DIVENTA PAPA’, FEDELI LO ACCLAMANO MA LASCERA’*
PADOVA - Un terremoto emotivo per don Sante, il parroco padovano divenutò papà che ieri, in una semi-confessione dal pulpito, si è liberato del peso con i suoi fedeli. Ora tutti attendono di sapere cosa farà questo sacerdote 41enne che ha fatto il salto oltre la tunica: se obbedirà al Vescovo Mattiazzo che gli ha chiesto di dimettersi, o proseguirà la sua battaglia contro il celibato dall’intero della chiesa. La fine della storia appare scontata. Don Sante, a meno di clamorosi ripensamenti, lascerà la parrocchia di 800 anime a Monterosso, comunità alle porte di Abano che in questi giorni di clamore, di titoloni sui giornali, si è schierata nettamente dalla sua parte.
Lui oggi, rispondendo al cellulare dopo numerosi tentativi, non vuole anticipare nulla e rimanda alla conferenza stampa convocata fra tre giorni: "...aspettiamo martedì". "Un po’ di tensione c’é, ma tutto sommato mi sento anche tranquillo" dice don Sante Sguotti, con la voce ancora emozionata. "Cosa ho provato ieri sera? cerco di essere distaccato - dice - sia da chi mi applaude sia da chi mi attacca". La risposta degli 800 fedeli di Monterosso però è stata tutta per lui, don Sante, e per la sua scelta di abbracciare la vita oltre il sacerdozio: la storia d’amore con una donna, una quarantenne, separata, e il figlioletto che tra pochi giorni compirà un anno. "L’affetto fa piacere, è normale - osserva - ma non è qualcosa di assoluto, può essere la risposta di un momento. Io ho sempre lasciato libera la gente di farsi un’opinione, non ho cercato di trascinare nessuno, né di pormi a paladino di chissà quale battaglia". Ieri in chiesa i ragazzi portavano t-shirt con lo slogan "don Sante è mio padre". "Perché probabilmente - spiega - riconoscono che hanno ricevuto del bene. Mi hanno sorpreso, non mi aspettavo una risposta di questo tipo".
Non solo i fedeli di Monterosso sono con il parroco-papà. Ci sono anche preti, come don Albino Bizzotto, l’anima del gruppo "Beati i costruttori di pace". Si dice stufo dei "preti ’corpo speciale’" e contento che il sacerdote di Monterosso abbia reso pubblica davanti ai parrocchiani la sua paternità, "anziché agire in segreto, come hanno fatto e continuano a fare altri sacerdoti". "Su questa vicenda - dichiara don Albino - la mia posizione è chiara: meglio le cose aperte e quindi anche discusse che non le vicende segrete e tacitate". Per quanto concerne l’affettività e la sessualità, conclude don Bizzotto, "i preti sono persone esattamente come tutti gli altri".
* ANSA» 2007-08-25 19:24
Sul tema, nel sito, si cfr.:
GUARIRE LA NOSTRA TERRA: VERITÀ E RICONCILIAZIONE. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro Abramo"
L’ex parroco di Monterosso, sospeso dal vescovo di Padova, dopo aver dichiarato di essersi innamorato
ha ammesso la paternità del bimbo che ora ha 15 mesi e che ha riconosciuto legalmente
Don Sante si confessa a "Buona domenica"
"Sono io il padre di Rocco, l’ho visto nascere" *
ROMA - "Sono io il padre di Rocco, un bimbo bellissimo che ora ha 15 mesi". La confessione arriva in tv, durante il pomeriggio di Canale 5 a Buona Domenica. Don Sante Sguotti, chiacchierato e amatissimo parroco della comunità di Monterosso nel Padovano, che prima ha ammesso di essersi innamorato di una donna, poi ha precisato "non in maniera biblica" smentendo la sua paternità, oggi racconta una nuova versione dei fatti. "Si chiama Rocco e l’ho riconosciuto legalmente la scorsa settimana" ha detto Sante, sottolineando anche di essere innamorato della madre di suo figlio.
"Sono il papà di Rocco e lo sono sempre stato" ha ribadito l’ex parroco che, malgrado il sostegno dei suoi fedeli, è stato prima rimosso dal suo incarico poi sospeso a divinis con un provvedimento firmato dal vescovo di Padova monsignor Antonio Mattiazzo. "L’ho visto nascere, e sono stato il primo a prenderlo in braccio. Mi sono sempre preso cura di lui, di notte quando si svegliava, l’ho cambiato, gli ho dato il latte. E ringrazio Dio perché sono stato veramente fortunato, è bellissimo, e questo bambino - ha aggiunto - è stato desiderato, voluto e accolto fin dal primo momento. Proprio perché ne volevamo due, visto che la mia compagna Tamara ha più di 40 anni, abbiamo anticipato i tempi".
La donna, separata, sposata solo civilmente, e che ha avuto dal precedente matrimonio altri figli, "non vuole apparire in tv - ha detto ancora don Sante - perché ognuno reagisce come vuole, ognuno fa le sue scelte. Io sto facendo la mia battaglia per i preti che scelgono nella loro vita di sposarsi o meno".
Riguardo alla sua storia d’amore, Sante Sguotti ha detto che "è stato difficile accettare di innamorarmi; è stata una lotta interiore anche molto forte perché Tamara si era separata dal marito da poco tempo".
"La nostra storia - ha continuato - è nata molto normalmente, da una amicizia che si è poi sviluppata in amore: il primo passo lo ha fatto lei, andavamo al cinema, a mangiare la pizza, come due persone normali. Io penso che non ci sia nulla di strano, ai miei parrocchiani non ho mai fatto mancare nulla, e mi sono sempre comportato correttamente. Credo che tutti siamo dei peccatori e degli infedeli, lo stesso san Paolo dichiarò di essere il più grande dei peccatori, e noi sicuramente non siamo meglio di lui".
A Paola Perego, che gli chiedeva come riuscisse a far conciliare la sua vita di sacerdote con la sua presenza come padre, don Sante ha risposto: "come tutti i padri che lavorano e che sono impegnati pur non facendo mancare mai la loro presenza ai figli". Alla domanda se Tamara fosse stata la sua unica donna, invece, il sacerdote ha scelto di non rispondere.
* la Repubblica, 9 dicembre 2007.
Cattolici controcorrente scrivono a Benedetto XVI
Non aver paura di compiere passi nuovi
di Agenzia ADISTA *
DOC-1916. SÃO PAULO-ADISTA. Le richieste non sono certo nuove: ammissione al sacerdozio di uomini sposati, riconoscimento del sacerdozio femminile, reintegro dei preti sposati, revisione della situazione dei divorziati risposati. Ma, si sa, repetita iuvant. E allora 110 laici cattolici, riuniti in un corso teologico, e ispirati dalla lettura del libro del carmelitano e noto biblista brasiliano Carlos Mesters, "Com Jesús na Contramão" ("Con Gesù controcorrente"), hanno scritto una lettera al papa e alla curia romana - pubblicata dal quotidiano nazionale brasiliano Folha de São Paulo il 28 settembre e ripresa da diversi siti e riviste - esprimendo la propria insoddisfazione per l’"insensibilità" vaticana e sollecitando l’apertura di un dibattito sui temi sollevati. Dibattito tanto più urgente in Brasile, dove c’è, in proporzione, il più basso numero di preti nel mondo: uno per 10mila abitanti (contro l’1 per mille abitanti dell’Italia). Di seguito, in una nostra traduzione dal portoghese, la lettera al papa firmata, a nome dei 110 laici, da Carlos Alberto Roma, un ex postulante francescano. (c. f.)
UN DIBATTITO CHE NON PUÒ PIÙ ATTENDERE.
Lettera a papa Benedetto XVI
Cresce la nostra insoddisfazione, in quanto laici cattolici, rispetto all’insensibilità della gerarchia della nostra Chiesa che è in Vaticano.
La questione di fondo è l’esplicita mancanza di coraggio nel compiere i passi necessari per condurre la Chiesa nel XXI secolo, specialmente attraverso l’apertura ai laici.
Siamo 110 laici riuniti in un corso di teologia. Dopo aver riflettuto sulla prassi e sul coraggio di Gesù rispetto alla religione del suo tempo, sulla base del libro "Con Gesù controcorrente" di p. Carlos Mesters, abbiamo deciso di scrivere una lettera al papa Benedetto XVI e a tutta la curia romana.
Siamo sempre più motivati a servire Dio per mezzo della nostra Chiesa. Malgrado ciò, stiamo soffrendo molto, perché i preti che via via hanno operato nelle nostre parrocchie hanno un grave problema: per quanto cerchino di motivare i giovani di oggi, questi non provano entusiasmo all’idea di entrare in seminario per servire come preti. Stiamo anche cercando di capire come si presenta questo problema nel vecchio continente e verifichiamo che la situazione è ancora più grave.
Noi laici chiediamo perdono per aver osato inviare questa lettera direttamente a Sua Santità, senza passare attraverso le istanze competenti. Ma questo tema è molto delicato e le istanze locali non sono autorizzate a discuterlo. Sollecitiamo allora che si apra questo dibattito. Nelle nostre celebrazioni domenicali abbiamo posto delle domande alle nostre sorelle e ai nostri fratelli della parrocchia e abbiamo constatato che più del 95% ritiene che la nostra Chiesa debba compiere nuovi passi.
Il Brasile ha, in proporzione, il minore numero di preti cattolici del mondo, secondo il Centro di Statistica Religiosa e Ricerche Sociali. Mentre in Brasile ci sono 18.685 preti (1 per ogni 10.000 abitanti), in Italia ce n’è uno ogni 1.000. Anche in America Latina il problema è evidente. L’Argentina ha un sacerdote ogni 6.800 abitanti, e in Colombia 1 ogni 5.600. La media del Messico, il secondo Paese cattolico al mondo, è quella che più si avvicina al Brasile: 1 sacerdote ogni 9.700 abitanti.
Di fronte a questa grave carenza di sacerdoti, confermata da ricerche effettuate in tutti i Paesi del mondo, noi chiediamo: perché non riconoscere il sacerdozio di uomini sposati e il sacerdozio femminile e ricondurre i preti sposati al servizio della Chiesa? Sappiamo che, nel corso della storia, 39 papi sono stati sposati. Il primo fu l’apostolo Pietro (Lc 4, 38-39).
Secondo le ricerche del Centro di Statistica Religiosa e di Ricerche Sociali, pubblicate il 31 gennaio 2006, in Brasile esistono circa 5.000 preti sposati senza diritto di esercitare il proprio ministero. La maggior parte sente palpitare il proprio cuore nella vocazione al sacerdozio. Non si tratta di un atto violento verso il Signore della Vita, che ha inviato missionari a lavorare?
I preti cattolici avevano il permesso di sposarsi nel primo millennio dell’era cristiana. Furono i due primi Concilii Lateranensi, nel 1123 e nel 1139, ad istituire il celibato sacerdotale e ad abolire il matrimonio dei sacerdoti. I tempi attuali spingono ad operare una vigorosa revisione e a cambiare i nostri paradigmi.
Esortiamo Sua Santità a creare una commissione, composta anche da laici e laiche, per approfondire e risolvere quattro questioni:
1) creazione di due modelli di sacerdozio: a) per i celibi; b) per gli sposati, con norme canoniche specifiche per ogni stato;
2) introduzione del sacerdozio femminile, con due modalità: a) per le nubili; b) per le sposate, con norme specifiche per ogni stato;
3) reintegrazione nel servizio alla Chiesa dei preti già sposati e che sentono ancora la vocazione al sacerdozio;
4) revisione della situazione dei cristiani risposati e della loro partecipazione all’eucaristia.
Di fronte alle riflessioni sopra raccolte, ci sentiamo interpellate e interpellati a partecipare in modo egualitario al cammino della vita ecclesiale, in particolare guardando al futuro. Desideriamo esprimere i nostri pensieri e le nostre aspettative, affermando che è di fondamentale importanza che la gerarchia della Chiesa ascolti il nostro grido.
La gerarchia della nostra Chiesa cattolica continuerà ad essere indifferente? O si aprirà allo Spirito Santo, e farà un passo avanti? Non possiamo ulteriormente rimandare questo dibattito. Ci manca "volontà ecclesiale" o "capacità di decisione politica"?
Proponiamo a tutti i cardinali, vescovi, sacerdoti, laiche e laici che lavorano in movimenti di pastorale di aprire il dibattito nei loro spazi e di promuovere una discussione in modo approfondito sui temi suddetti.
Il nostro gruppo di laiche e laici ha una pagina web: www.softline.com.br/leigoscatolicosnacontramao.
Invitiamo tutti i laici e le laiche che sentono una forza profetica a partecipare a questo dibattito.
Ansa» 2007-10-27 15:56
SOSPENSIONE A DIVINIS PER DON SANTE
PADOVA - Don Sante Sguotti, l’ex parroco di Monterosso (Padova) al centro delle cronache per aver dichiarato di essere innamorato di una donna madre di un bimbo, è stato sospeso a divinis con un provvedimento firmato dal vescovo di Padova mons. Antonio Mattiazzo. Lo ha reso noto la stessa Diocesi di Padova.
Il provvedimento di sospensione a divinis, "ossia non può più assolvere alle funzioni attinenti al ministero sacerdotale né ricevere ed esercitare incarichi riservati ai chierici", è stato firmato giovedì da mons. Mattiazzo e poi notificato a don Sante.
Il decreto ha effetto immediato dal momento della notifica al sacerdote ed è a tempo indeterminato. Il decreto, che segue quello di rimozione da parroco della parrocchia di Monterosso , l’ 8 ottobre, e quello di avvio di un processo penale e amministrativo sulla base di alcuni articoli del Codice di diritto Canonico, il 17 ottobre, "é stato firmato dal vescovo Mattiazzo, dopo la discussione - insieme a due sacerdoti assessori - delle prove e degli argomenti e dopo aver esaminato ogni elemento in merito alla situazione del sacerdote interessato, così come previsto dalla disciplina canonica (can. 1720, 2°)". "Il presbitero diocesano Sante Sguotti - stabilisce testualmente il decreto -, è sospeso dall’esercizio della potestà di ordine e di governo.
Nello specifico, ciò comprende tutti gli atti della potestà di ordine (can. 1333 1,1°), fermo restando quanto stabilito dal can. 976, e tutti gli atti della potestà di governo (1333 1,2°). Tali provvedimenti penali hanno effetto dal giorno in cui il Decreto risulta intimato. La sospensione viene inflitta a tempo indeterminato, fino a che il sacerdote non dimostra di ravvedersi".
"ADESSO ASPETTO LA SCOMUNICA"
"Adesso aspetto di ricevere la scomunica, questi aspetti della sospensione sono solo atti burocratici", commenta Don Sante Sguotti, per nulla sorpreso della sospensione. "Era cosa che mi aspettavo ancor prima - dice all’ANSA - e adesso tutto continua come prima. Era prevista e non penso di fare ricorso perché è una perdita di tempo. Nella mia vita non cambia nulla. Io resto sacerdote".
Don Sante aggiunge che deciderà lui se e quando fare altre dichiarazioni relative al suo innamoramento per una donna, mentre è deciso per quanto riguarda la questione, di fatto mai chiarita, su una sua presunta paternità: "Sto sempre aspettando le prove rispetto a chi sostiene che io sono padre di un bambino". L’ex parroco muove quindi critiche alla Diocesi di Padova che nei suoi confronti si sarebbe basata solo su quanto hanno riportato in questi mesi i giornali: "non ho più avuto incontri con il vescovo - dice - perché voleva solo che mi dimettessi. Le sue prove si basano su quello che scrivono i giornali e sulle voci di paese. Di cosa parliamo? In nessun testo viene fatto il nome e cognome della mia presunta fidanzata o del bimbo. Mi danno condanne su condanne ma ci si basa sui giornali".
Don Sante non nega comunque di aver più volte dichiarato di essere innamorato "ma nessuno ha dimostrato che io abbia rapporti con questa donna, che poi non si sa chi sia, né che io abbia avuto un figlio" Riguardo alla sua permanenza a Monterosso, don Sante rileva che se ne andrà entro il 31 dicembre prossimo: "avevo detto che me ne sarei andato quando sarebbero state raccolte 40 firme in tal senso tra i parrocchiani. A ottobre sono state raccolte e entro la fine di dicembre andrò via". "Nel vicentino, a Lovertino, - dice - vado solo a dormire in una casa di fatto diroccata: Mi cercherò un’ufficio vicino ad Abano". A metà novembre proprio ad Abano dovrebbe svolgersi un convegno da lui promosso sulla riammissione dei divorziati risposati "nella comunione della chiesa. E’ questa - conclude - la mia battaglia e continua".
CHIESA: SOSPESO A DIVINIS DON SANTE, IL PRETE INNAMORATO
Don Sante Sguotti, il sacerdote padovano che ha rivelato la scorsa estate di essere innamorato di una donna, con la quale ha anche un bambino, non potra’ piu’ celebrare messa. Giovedi’, rende noto la diocesi di Padova, e’ stato firmato dal vescovo di Padova mons. Antonio Mattiazzo il decreto di sospensione a divinis, che e’ stato notificato ieri al sacerdote. Il decreto, che segue quello di rimozione da parroco della parrocchia di Monterosso (8 ottobre 2007) e quello di avvio di un processo penale e amministrativo (17 ottobre 2007), e’ stato firmato dal vescovo Mattiazzo, dopo la discussione - insieme a due sacerdoti assessori - delle prove e degli argomenti e dopo aver esaminato ogni elemento in merito alla situazione del sacerdote interessato,cosi’ come previsto dalla disciplina canonica. La sospensione, che ha effetto immediato ed e’ a tempo indeterminato, stabilisce che "Il presbitero diocesano Sante Sguotti, e’ sospeso dall’esercizio della potesta’ di ordine e di governo. Nello specifico, cio’ comprende tutti gli atti della potesta’ di ordine, fermo restando quanto stabilito dal can. 976, e tutti gli atti della potesta’ di governo. Tali provvedimenti penali hanno effetto dal giorno in cui il Decreto risulta intimato. La sospensione viene inflitta a tempo indeterminato, fino a che il sacerdote non dimostra di ravvedersi".
la Repubblica, Padova, 10:55
«Voglio fare il prete senza l’obbligo del celibato»
Don Sante non si arrende e si appella al Papa
Fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=11142&sez=HOME_INITALIA
MILANO (15 ottobre) - Don Sante Sguotti, il sacerdote di un paesino del padovano allontanato dalla sua parrocchia per una relazione con una donna, non si arrende vuole rivolgersi a papa Benedetto XVI. "«Chiederò al Papa di essere dispensato dall’obbligo del celibato pur restando prete», ha detto oggi ai microfoni Radio R101 il discusso prete. «In tutta questa storia, prima mi hanno giudicato colpevole e poi è stato avviato il processo a mio carico», si è sfogato il parroco di Monterosso. «Eppure anche nel diritto canonico dovrebbe valere la regola per cui prima si viene processati e poi si subisce la pena», ha sottolinato ancora don Sante che non ha mai ammesso né smentito del tutto di essere padre di un bambino.
«Mi hanno tolto la patente per confessare prima del processo canonico, si tratta di un abuso di potere da parte del vescovo», attacca Don Sante, che poi denuncia: «Anche nella Chiesa ci sono stati aborti per evitare lo scandalo. Ad ogni modo, penso che non sia obbligatorio sposarsi per fare figli, basta che nascano in un contesto di accoglienza e amore».
nei giorni scorsi, dopo l’ordine di allontanamento del vescovo Antonio Mattiazzo, don Sante aveva fatto sapere che non avrebbe lasciato la sua parrocchia. «Non lascio Monterosso, sarò il parroco morale della gente del paese che non accetta una imposizione di questo tipo, mi appello al diritto del popolo di decidere chi sia il suo pastore», aveva ribadito don Sante.
* Il dialogo, Martedì, 16 ottobre 2007
DON SANTE: NON LASCIO MONTEROSSO *
VICENZA - "Non lascio Monterosso, sarò il parroco morale della gente del paese che non accetta una imposizione di questo tipo, mi appello al diritto del popolo di decidere chi sia il suo pastore". Don Sante Sguotti, conosciuto ormai come il ’prete ribelle’, riceve uno stuolo di giornalisti, operatori tv e fotografi nel retro diroccato di una casa al numero 27 di via Castello a Lovertino, frazione di Albettone (Vicenza), dove di fatto fa capire di essersi al momento trasferito dopo aver ricevuto la sospensione da parroco. Moralmente però la sua radice è a Monterosso.
A Lovertino, forse in una casa poco lontana, vivrebbe la donna di cui si è innamorato. Sulla porta un cartello con la scritta ’Chiesa Cattolica dei Peccatori’ e mentre i suoi amici inalberano un cartello che annuncia, dal 16 al 18 novembre prossimi, un convegno ad Abano, don Sante aggiunge un nuovo capitolo ad una vicenda personale e religiosa che è diventata un caso nazionale. Riguardo alla scritta, che sembra avere un carattere ironico, don Sante spiega di sentirsi peccatore ma ricorda "chi è senza peccato scagli la prima pietra. Ciò che è più grave è voler giudicare". Chiede scusa a Papa Benedetto XVI e precisa di non aver mai detto che i preti siano falsi.
"Non ho mai ammesso di avere un figlio, ma sono innamorato da due anni - dice don Sante, davanti ad una selva di microfoni - due anni vissuti comunque castamente. L’unica regola trasgredita, quindi, è quella relativa all’innamoramento, niente altro". Le regole sono regole, ammette il sacerdote, ma quando sono contro la dignità, l’uomo è chiamato a cambiarle. Nell’assemblea dell’altra sera con i suoi parrocchiani, il parroco ora sospeso ha ricordato che i veri cristiani hanno subito il martirio per la loro fede e che lui sente il dovere di dar voce a quelle migliaia di sacerdoti che vivono le loro relazioni d’amore nascosti e timorosi delle conseguenze.
"Quelle conseguenze che ora io sto affrontando - ha spiegato - dal momento che sono senza una casa, senza stipendio e costretto quindi a trasferirmi a Lovertino, lì dove c’erano una stalla e un porcile. Ho già portato un letto e qualche libro, poi penserò a trovarmi un lavoro. Ho la patente per guidare i camion e cercherò di convincere il comune di Monselice a darmi un posto da camionista". Don Sante non risparmia critiche al vescovo di Padova, Antonio Mattiazzo, che lo ha sospeso: "Non hanno aspettato di leggere la mia memoria difensiva, hanno ascoltato chi mi accusa, ma mai coloro che hanno chiesto udienza per difendermi. Appena arrivati in parrocchia hanno dato la caccia ai soldi, prendendo possesso del conto corrente e bloccando anche quello del fondo di solidarietà ecclesiale". Per questo don Sante ha mostrato ai giornalisti un bauletto pieno di monetine.
"Con questo ho pensato - ha detto - di organizzare una caccia al tesoro su queste colline". Ma come vede il suo futuro? "Sono un parroco sospeso, il mio avvocato presenterà ricorso a Roma nell’arco di dieci giorni e se vincerò, come spero, potrò tornare al mio posto. Del resto le accuse contro di me sono ridicole e potrò dimostrarlo. Collaborerò al massimo con don Giovanni Brusegan, mandato a reggere la parrocchia. Non potrò dire messa, ma almeno concelebrare spero di si."
Non parla della sua compagna, non parla del figlio, dice che gli piacerebbe conoscere monsignor Milingo e conferma che sta scrivendo un libro. "Mi piacerebbe molto - conclude don Sante - che tutti potessero sentirsi liberi di servire Dio, con o senza una famiglia. Mi batterò comunque sempre contro le ingiustizie, e il convegno di Abano servirà a porre la questione di tutti coloro che la Chiesa esclude dalla confessione e dalla comunione perché sono divorziati".
* ANSA» 2007-10-10 17:41
Caro "Bellarmino"
consolati - il Galileo ha vinto, tu hai perso!!! Quello che hai conosciuto non era altro che la chiesa cattolico-romana, quella di Costantino - con Gesù Cristo non ha niente a che fare, soprattutto ora dopo Wojtyla. Ricorda i suoi funerali: il Libro (vi) è stato chiuso (in faccia) ... e lo Spirito soffia dove vuole!!!
Se hai tempo e voglia, sul sito, cfr.:
MEMORIA DI FRANCESCO D’ASSISI: "VA RIPARA LA MIA CASA".
"Deus caritas est": la verità recintata!!!
IL VAN GELO DI RATZINGER E’ IL VANGELO DELL’IMPERATORE COSTANTINO
SULLA VIA DELLA VERITA’, NON DELLA MENZOGNA!!!
M. cordiali saluti
Federico La Sala
Giovanni Paolo II e quel segno dal fuoco
CITTA’ DEL VATICANO - Perché non dovrei credere che il Papa vuole salutare i suoi antichi parrocchiani che pregano per lui? Miracolo? Certo che no, ma un segno forte certamente si. La notizia è “scoppiata” domenica 14 ottobre, a due giorni dall’anniversario dell’elezione di Giovanni Paolo II al Soglio di Pietro. I fatti risalgono al 2 aprile. La gente di Niegovic si riunisce per pregare proprio nelle ore dell’agonia e della morte di Giovanni Paolo II. Un ragazzo, un operaio, fa delle foto. E’ andato ad accompagnare i familiari, la sua è una fede tiepida. Scatta una immagine dopo l’altra. Il fuoco cambia forma. Poi una immagine nera e subito dopo quella chiara nitida di Giovanni Paolo II. Il timer della macchina fotografica segna 21.37. Conosco padre Jarek da anni e collaboro con lui nella realizzazione del Vatican Service News. Non amiamo i sensazionalismi, ma la le storie vere. Le testimonianze di fede della gente semplice. Non ho mai sentito Jarek parlare di “miracolo”. Ma di segno sì, e di un segno forte, chiaro. Un richiamo alla santità. Non solo del Servo di Dio Giovanni Paolo II, ma nostra, di ognuno di noi. Il giovane Gregorio, il fotografo, di fatto ha riscaldato la sua fede con le fiamme di quel falò. La Fede non ha certo bisogno di prodigi, e neanche di miracoli, apparizioni o altro. Ma gli uomini sono povera cosa e hanno bisogno di tutto per arrivare a Dio. Dio lo sa. Perché non dovrebbe lasciare che un Santo saluti e ringrazi la sua gente? Qualche tempo fa padre Jarek ha consegnato queste foto al segretario particolare del Papa. Nessun commento, ovvio, ma sono sicura che Benedetto XVI le abbia viste. Sono sicura che oggi le stia riguardando. Perché non dovrebbe apprezzare il saluto di un vecchio amico? Non c’è da gridare al miracolo, e nessuno ne ha mai parlato, ma c’è da ricordare la chiamata alla santità di ognuno di noi. C’è da ricordarsi che ognuno di noi deve essere Santo, deve testimoniare l’Amore di Dio, deve essere amico di Gesù come ripete sempre Benedetto XVI. In fondo i “segni” servono a questo: indicare la strada da percorrere. Grazie a Padre Jarek e al Vatican Service News che diffonde “buone notizie”.
di Angela Ambrogetti, www.papanews.it
Carissimo Biasi
che sorpresa!!! E che "bella notizia"!!! Molte grazie per l’informazione. Ti meriti proprio una bella medaglia!!!
Accogli il nostro premio. Sei nominato sul campo "Agente Segreto"!!!
Sei stato eccezionale e bravissimo!!! Quello che ci hai inviato è decisamente importante e prezioso.
Ad ogni modo, siccome è anche materiale "esplosivo", ti raccomandiamo, per non cadere in tentazione e restare all’inferno, leggi, rileggi la "Divina Commedia", , e guarda le stelle - il cielo stellato!!!).
E ricordati che - nel documento inviatoci - Karol J. Wojtyla non c’entra proprio niente. E’ solo il "tuo" benedetto partito (ricorda "i voti") preso che porta direttamente nelle braccia del "Dio" del "tuo Papa" ("Deus caritas est")., che non ha proprio niente a che fare con il tuo Papà e con la tua Mamma!!!
Il din don dan è per gli apprendisti stregoni come il "tuo amico" fotografo: "un’immagine dopo l’altra. Il fuoco cambia forma. poi una immagine nera e subito dopo quella chiara nitida di Giovanni Paolo II. Il timer della macchina fotografica segna 21.37". Ciò che qui hai inviato è semplicemente il resoconto della lezione di un’azione terroristica ... del fondamentalismo van gèlico!!!
La tua "foto" della "foto" non serve proprio a nulla, se non ... a indicare a quelli come "te" la strada da percorrere, per conto del Vatican Service News che diffonde - come scrivi - queste "buone notizie" di zolfo puro.
Sei stato proprio bravo. Grazie molto. Come vedi l’abbiamo subito pubblicata, per farti fare una "bella figura" ... e una "bella carriera".
"Buon lavoro"
Federico La Sala
CARO DON SANTE...
di Franco Barbero *
10 ottobre 2007
Caro don Sante,
prima di tutto voglio esprimere a te e alla tua comunità la mia più affettuosa solidarietà.
1) State decidendo insieme come muovervi, come proseguire il cammino o come porre la parola fine alla vostra esperienza.
Questo metodo delle decisioni condivise è davvero prezioso.
E’ l’opposto dell’operato della curia che, com’è sua norma, procede senza ascoltare i fratelli e le sorelle di una comunità.
La struttura cattolica ha questa impronta autoritaria ed era prevedibile che l’intervento del vescovo, dopo la finzione del dialogo, si traducesse in un diktat. Se ricorrete in vaticano non dimenticate che vescovo e vaticano sono la stessa “società”.
2) Ora io penso particolarmente a te, a Laura, al bimbo. Penso che sia tanto difficile quanto necessario mantenere o ritrovare la calma.
I problemi sono tanti: la casa, il lavoro, la vita quotidiana. Non avendo mai avuto soldi dalla chiesa, conosco bene che cosa vuol dire vivere, pagare le bollette e sopravvivere.
Però è possibile... se non ti isoli.
3) Forse si tratta, se vuoi mantenere il tuo ministero, di prepararti ad una vera e propria reinvenzione del ministero.
Quando fui cacciato dall’insegnamento in seminario e successivamente lasciai la parrocchia, dapprima temetti di trovarmi in una desolata solitudine. Certo, l’istituzione ufficiale cattolica tentò di fare terra bruciata attorno a me, ma l’operazione non riuscì.
Ringrazio Dio ogni giorno del fatto che alcuni amici mi sostennero e iniziarono con me un piccolo cammino comunitario.
Riuscivo a stento ad arrivare a fine mese, ma stavo reinventando un modo nuovo di essere prete.
4) Capii allora che non dovevo perdere troppo tempo nella lotta antiistituzionale (che pure è doverosa per denunciare le patologie della struttura più che non i soprusi delle persone) e mi buttai a studiare, pregare, approfondire le conoscenze bibliche, storiche, esegetiche, ermeneutiche.
Coltivai una forte spiritualità biblica e mi radicai nella vita quotidiana in compagnia dei più deboli e dei più emarginati.
Sempre a corto di denaro, avvertivo però che davanti a me si apriva un terreno nuovo con nuovi amici ed amiche, con persone desiderose di nuovi sentieri di umanità e di fede. La rabbia lasciò sempre più spazio alla costruttività e, superato ogni risentimento, mi sono sentito progressivamente più disponibile al cammino comunitario, all’incontro con le persone, alla gioiosa sperimentazione di un ministero “altro” che per me è molto più vasto fuori da uno canonico.
Oggi mi sento prete in una dimensione ecumenica e la gerarchia è l’ultimo mio pensiero.
Quando analizzo le strutture dell’oppressione gerarchica, mi sento lontano da ogni risentimento e, proprio per questo, più libero di lottare e lavorare in positivo.
5) Non ti ho scritto queste righe per darti consigli, ma per comunicarti una mia esperienza con la quale potrai, se vorrai, confrontarti.
Oggi sento che mantenere un forte ancoraggio nelle Scritture e aver coltivato in profondità la relazione con Dio e con le persone con cui si fa strada, mi ha permesso di non finire nella frustrazione, nella solitudine e nell’abbandono del ministero.
Con tutti i miei limiti, sono un prete felice che sente sopra la propria piccola vita il caldo sorriso di Dio e vivo in un intreccio di gruppi, di contatti, di impegni, di relazioni che davvero mi inondano il cuore.
Caro don Sante, sappi che ti sono vicino. Un forte abbraccio.
don Franco Barbero
* Il dialogo, Mercoledì, 10.10.2007, ripresa parziale
RIMOSSO DON SANTE , IL PARROCO ’RIBELLE’ *
PADOVA - Finora l’ha chiamata pubblicamente Laura, come l’ispiratrice del Petrarca che nel padovano aveva casa, ma il nome della donna di cui don Sante Sguotti, ex parroco della chiesa di San Bartolomeo di Monterosso (Padova), non ha rinnegato l’amore - dichiarandolo anzi ai parrocchiani che tuttora gli sono vicini - è un altro. Quel nome fa parte del privato di questa coppia, nella quale don Sante Sguotti non si comporta farisaicamente come il Mastroianni de "La moglie del prete", interpretata da Sophia Loren. Il suo amore per Laura, anzi, sarebbe coronato dalla presenza di un bambino, che oggi ha un anno.
L’"outing" che gli è costato la rimozione con effetto immediato dall’ufficio di parroco ha motivi che per il momento il sacerdote non ha spiegato compiutamente. Don Sante ha annunciato però che parlerà nel corso di una conferenza stampa indetta per mercoledì prossimo, a mezzogiorno, in una casa di Lovertino (Vicenza). Un’abitazione di sua proprietà, nella quale Laura vivrebbe da tempo, assieme al figlioletto. Per lasciare la casa parrocchiale di Monterosso, dove ha finora vissuto, don Sante ha tempo fino a sabato prossimo. Al sacerdote rimosso è stata anche revocata la facoltà di udire le confessioni, pertanto non può impartire validamente l’assoluzione sacramentale.
Nel frattempo c’è stata una stretta di mano tra il parroco uscente, che ha passato la giornata in parrocchia a riordinare gli effetti per il passaggio di consegne, e il nuovo amministratore parrocchiale di San Bartolomeo, don Giovanni Brusegan, delegato vescovile per l’ecumenismo e la cultura, che ha celebrato la sua prima messa in una chiesa quasi deserta. Nominato dal vescovo di Padova mons. Antonio Mattiazzo, don Brusegan ha reso noto che non si trasferirà a Monterosso, ma cercherà di conciliare gli impegni presso la Diocesi di Padova con quelli della nuova parrocchia. "Cercherò di valorizzare al massimo il lavoro che ha fatto fin qui chi mi ha preceduto", ha detto. Da parte sua, don Sante ha scritto una lettera ai parrocchiani, che incontrerà stasera a cena in un ristorante della zona. Fa appello alla loro coscienza per decidere in modo collegiale, con tutta la comunità religiosa di Monterosso, l’eventuale ricorso al decreto di rimozione da presentarsi entro dieci giorni alla Congregazione del Clero.
* ANSA» 2007-10-08 20:04
La decisione del vescovo di Parma sul sacerdote che aveva chiesto la dispensa per fidanzarsi: "Lasci la chiesa il più presto possibile"
Rimosso il parroco innamorato
"Non potrà neppure confessare"
PADOVA - Niente da fare: la mobilitazione del paese; l’invocazione a cambiare parere; la petizione con 800 firme. Per il vescovo di Padova, il parroco di Monterosso che ha chiesto la dispensa per fidanzarsi deve andarsene al più presto possibile. Non poteva essere altrimenti. Non c’è spazio per i preti fidanzati nella Chiesa cattolica. Già da oggi don Sante Sguotti è sollevato dall’incarico di reggente della chiesa e non potrà più esercitare la funzione di ascoltare le confessioni e impartire l’assoluzione.
Chiaccherato e amatissimo, don Sante ammise pubblicamente di essersi innamorato di una donna ma "non in maniera biblica". "Laura la conosco da più di otto anni", disse durante la conferenza stampa convocata per chiarire le voci che lo volevano padre di un bambino. "Sono innamorato di lei, l’ho aiutata a scegliere il nome del bambino e ci fidanzeremo in forma casta, se lei vorrà, il prossimo 2 dicembre". Ma allora, il figlio è suo o no? gli domandarono. "E’ stata tutta una finta", rispose il sacerdote. "A me piace giocare. Se sono il padre del bimbo decidetelo voi".
Il paese ha sempre sostenuto il suo parroco: anche una petizione con 800 firme, più o meno quanti sono gli abitanti del piccolo centro, era stata inviata al vescovo Antonio Mattiazzo per sospendere l’ordine di dimissioni. "Se il parere dei fedeli non interessa Mattiazzo, ai fedeli non gliene frega niente", era scritto su un telo bianco affisso lungo la strada principale del paese a fine agosto quando dello scandalo don Sante volle parlare ai fedeli radunati per festeggiare il santo patrono.
Tutto inutile: il vescovo ha già nominato alla guida della comunità parrocchiale un nuovo religioso, don Giovanni Brusegan, delegato vescovile per l’ecumenismo e la cultura. "Don Sante Sguotti - ha scritto categorico il vescovo nel decreto di rimozione - deva lasciare la parrocchia entro e non oltre il 13 ottobre".
* la Repubblica, 8 ottobre 2007.
lettera aperta- don sante sguotti
Note in margine al caso di don Sante Sguotti
di (fausto marinetti e umberto lenzi) *
Si è detto e scritto di tutto. Soprattutto dagli incompetenti. Ma perché non si ascoltano, una tantum, i diretti interessati, coloro che queste vicende le vivono sulla loro pelle, primo fra tutti il prete in questione?
Per esempio, è da superficiali affermare: "Il vescovo, che in base all’ordinamento cattolico non può, neanche se volesse, lasciarlo" in parrocchia. Sarebbe voler risolvere la questione prima di affrontarla. Sarebbe non vedere i fatti, specie quel fatto nuovo, che smentisce la versione ufficiale, per la quale il prete con donna e figlio va "eliminato", perché "è motivo di scandalo per i fedeli". A Monterosso di Abano 800 fedeli non solo non ne sono scandalizzati, ma sostengono, solidarizzano, si dichiarano anch’essi "figli" di don Sante.
Le domande da porsi, quindi, non sono sul codice, sul diritto del vescovo, sul dovere del prete di dimettersi, ecc. ma ben altre: che cosa si può leggere tra le righe di questa porzione di "popolo di Dio"? Che cosa suggerisce questa "vita nuova"? Perché e per come si è venuta a creare tale situazione? Quali circostanze hanno contribuito ad innalzare il livello di maturità dei fedeli? Non vuol forse dire che il prete è entrato nel loro spirito come "vino nuovo"? Non più e non solo come "funzionario del culto", ma come "persona"?
Se si andasse ad "ascoltare" quella gente, magari si scoprirebbe che la sa più lunga di certi giornalisti, i quali non sanno neppure che nei primi mille anni della cristianità preti, vescovi e 49 Papi erano sposati. E, quindi, non si fa che ripetere i soliti luoghi comuni: "da una parte c’è un prete e i suoi parrocchiani, dall’altra la chiesa istituzione con le sue leggi". Non è esatto. L’immagine della realtà è un’altra: da una parte c’è Golia con tutto l’apparato delle sue istituzioni (la corazza del CIC, le armi dei castighi, repressioni, eliminazioni) e dall’altra Davide con una fionda e quattro sassi: la sua capacità di amare come padre, la fidanzata (il nuovo amore), il figlio (frutto dell’amore), i figli-parrocchiani (che ricambiano l’amore ricevuto).
Una situazione di conflitto tra chi si trincera dietro le leggi canoniche e chi si rifiuta di essere imprigionato nella camicia di forza delle norme umane. Quanti don Sante hanno fatto fagotto e se ne sono andati in punta di piedi (100/150mila nel mondo)! Quanti hanno preferito seguire la prassi consigliata "ufficialmente" di vivere da amanti, di occultare il loro amore come se fosse qualcosa di "sporco"! Quanti figli di preti senza padre ci sono in giro? Quante donne amate e ripudiate, umiliate, ridotte ad amanti, si accontentato di scampoli di tempo e d’amore furtivo? Quanti/e si sono suicidati/e? Senza parlare delle suore rimaste incinta dal prete e costrette ad abortire (si veda il film "Padre Amaro")...
La storia pare quella di sempre, ma c’è un elemento nuovo: don Sante non vuole mettere il silenziatore al suo amore; non vuole uscire di scena dalla porta di servizio; ritiene che non c’è nulla di cui vergognarsi; che l’amore fecondo non può venire che da Dio e, quindi, ha il diritto di viverlo alla luce del sole; che non c’è conflitto tra le varie forme di amore, perché una sola è la sua sorgente. I non addetti ai lavori non vanno per il sottile: "vuol vivere due vite, prete e marito-padre, e non tiene conto che ognuna di queste vite esclude l’altra. Lui pensa che siano compatibili [...] È una posizione insostenibile".
Ed è "sostenibile", contro i dettami dell’ONU, ingaggiare e coltivare nell’apartheid del seminario dei minorenni, che resteranno emozionalmente immaturi per tutta la vita? E’ sostenibile che un ragazzo plagiato fino a 25/30 anni possa decidere del futuro della sua vita, senza sapere a cosa è forzato a rinunciare, che cosa è la solitudine, la paternità, ecc.? Ed è sostenibile la posizione dei vescovi, che hanno spostato i preti notoriamente pedofili da una parrocchia all’altra? Che hanno occultato alla polizia i delinquenti, collaborando a distruggere migliaia di bambini, 11.000 solo negli USA (quelli emersi, ma sarebbero molti di più, anche 100mila)? E’ sostenibile che è meglio ricevere la santa comunione dalle mani consacrate di un don Cantini, di don Dessì, di padre Geoghan (200 stupri), di un padre Macial Marcel Degollado, piuttosto che da quelle di don Sante?
"C’è un codice, e il vescovo non fa che applicarlo". Certo! Ma non è proprio con il codice alla mano che le autorità religiose hanno fatto crociate, inquisizioni, conquiste, roghi, silenzio nella shoà, ecc. ecc.? Non è con la legge del celibato che si consuma la strage degli innocenti, si antepone un norma umana (celibato) ad una legge divina, il diritto del figlio ad avere un padre? La chiesa non dovrebbe semmai imporre al prete con figlio di obbedire alla legge naturale di fargli da padre? Oppure dovrà riconoscere che a forza di parlare di "paternità spirituale" non sa, non ha ancora capito che cosa sia la "paternità materiale"? Infatti quanto "disprezzo clericale" per il figlio della ragazza madre, della prostituta e del carcerato, tutti figli di Dio costretti dalla chiesa a portare il marchio dell’infamia. Non si diceva (e non si continua a pensarlo) che il figlio nato fuori dal matrimonio è "figlio del peccato"? Don Zeno ironizzava: "Mai sentito che il diavolo sappia fare dei figli"!
Quante ingiustizie in nome della legge umana ed ecclesiastica, per giunta!
Si afferma: "Un prete che ha una moglie e una famiglia, è un mezzo prete, è uno come tutti che incidentalmente fa il prete, e ha una famiglia a cui badare".
"Mezzo prete"? La chiesa gerarchica dovrebbe rivoltarsi, ripudiare e condannare tali affermazioni come diffamatorie, perché offendono e discriminano il clero cattolico di rito orientale, il quale da sempre è libero di prendere moglie (preti uxorati, diaconi uxorati anche nel rito latino). Non ha accolto più di cento pastori protestanti convertiti al cattolicesimo, i quali esercitano il ministero pur mantenendo la loro famiglia? (cf la Provvisione Pastorale emanata negli anni ’80 da Giovanni Paolo II). Oppure i preti con famiglia delle chiese clandestine dell’est ordinati durante la seconda guerra mondiale? E’ aberrante dire che tutti costoro sono "mezzi preti"; che si "vuol vivere due vite"; che "ognuna di queste vite esclude l’altra"; che non "si può essere buon prete e buon marito e padre di famiglia". La famiglia dei diaconi e preti uxorati non può impedire loro di amare il popolo, altrimenti il colpevole sarebbe Dio stesso che l’ha inventata. Quante dichiarazioni conciliari e pontificie hanno superato la vecchia discriminazione tra matrimonio e scelta di castità, affermando che non si tratta di un di più e un di meno, ma di due modi, due vie ugualmente sante di amare Dio e i fratelli. Si riconosca, almeno, che nei documenti ufficiali c’è ancora qualcosa di fluido, sopravvive una specie di contraddizione interna, per cui ci sono delle alternanze, degli avanzamenti e dei rinculi (per esempio: tra il CIC/"Pastores dabo vobis" e il "Presbiterorum Ordinis"/ Codice di diritto canonico delle chiese orientali. "Ci si può legittimamente chiedere com’è possibile che uno stesso soggetto magisteriale riguardo a uno stesso oggetto faccia simultaneamente - seppure in contesti diversi - affermazioni incompatibili". Cf Basilio Petrà, Preti sposati per volontà di Dio? EDB, Bologna, 2004, p. 201).
Paragonare il sacerdote con la suora non ha senso. Questa fa un "voto", il prete diocesano, una promessa. Non si sono letti i documenti pontifici, nei quali ormai non si mette più in contraddizione il sacramento del matrimonio con quello dell’ordine presbiterale? E allora come ci si arroga il diritto di parlarne e dettar legge, appellando a dei luoghi comuni superati da un pezzo? Il "sotterraneo movimento di preti che vorrebbero la fine del celibato" non è poi tanto invisibile e sotterraneo dal momento che solo in Italia ci sono 10/12mila preti sposati. E nel mondo sarebbero 100/150 mila, uno su quattro, un "esercito di riservisti", pensionati anzitempo... E si piange sulla scarsità delle vocazioni, di cui Dio sarebbe così avaro! Se non si è informati neppure sui numeri, chissà sulle ragioni di fondo.
E’ "il popolo di Dio" di Monterosso, che rifiuta l’ipocrisia dei "sepolcri imbiancati"; non vuole applicare un "codice" freddo e sterile alla lettera; gli sta bene il prete con donna e figlio; vuole il prete al suo fianco così com’è. Che male c’è ad ammettere che cominciano a venire meno certi miti? che sono i clericali che si "scandalizzano" non i laici, padri e madri di famiglia, i quali sanno meglio dei prelati che "l’amore fecondo" viene da Dio non dal diavolo? che ogni uomo/donna ha il diritto di vivere e cantare il suo "Cantico dei cantici"? Come cambiano, come si trasformano le leggi ecclesiastiche? Come tutte le leggi umane, perché la storia produce esempi, fatti nuovi, che non cadono dall’alto, ma vengono dalla esperienza viva delle persone.
La Chiesa non deve forse stare in ascolto dei segni dei tempi, scoprire le tracce dello Spirito che soffia sempre dove vuole e non coincide con il vento romano?
In base a quali argomenti si può sostenere che una Chiesa Cattolica con preti sposati "Se verrà, quella sarà una Chiesa diversa, meno «al servizio», meno legata a Cristo e più al mondo"? E allora perché non fare una bella inchiesta per quantificare quanti sono i preti con l’amante, con figli nascosti, alcolizzati, in cura dallo psichiatra, pedofili, gay, ecc.? E’ meglio mantenere una facciata d’ipocrisia, piuttosto che tornare alle origini quando il prete non era un funzionario del culto, tanto meno una casta, ma veniva scelto dalla comunità tra gli anziani di provata virtù e doveva essere un modello come capofamiglia? S. Paolo raccomanda: "Il pastore sia irreprensibile, marito di una sola donna; sobrio, prudente, decoroso, ospitale, pacifico e disinteressato" (1Tm 3, 2). Non è abbastanza chiara la rivendicazione paolina al diritto degli apostoli di essere "accompagnati da una moglie" (1 Cor 9,5ss)? La prassi apostolica non è una norma collaudata, più efficace della "legge canonica" valevole solo per i cattolici di rito latino? Perché ciò che vale per la chiesa di rito orientale non è valido per quella di rito latino?
I giornalisti sanno che nella Scrittura non si parla mai di preti, ma di ministri; mai di sacerdozio, ma di ministeri, di una gerarchia di servizio, nient’affatto verticista, sacrale, patriarcale, schierata con i potenti? Per "essere" la Chiesa di Cristo non può accontentarsi di qualche opera di carità e del culto spettacolare, devozionale, impedendo agli uomini di vedere la giustizia e le potenzialità del vangelo! Forse che il prete con famiglia non potrebbe essere un esempio, un riferimento pratico per valorizzare quanto l’istituzione non ha mai valorizzato: sessualità (visione ereditata dai pagani), famiglia aperta, figliolanza estesa agli abbandonati, amore coniugale come espressione dell’amore di Dio, ecc. ecc.?
Forse il caso di don Sante è un granellino, una goccia, un "soffio" che grida l’ora di Dio: l’ora di passare da una chiesa concepita come un museo di fossili ad una chiesa più umana che cresce in umanità e in grazia come tutte le realtà soggette al cammino della storia?
* Il dialogo, Sabato, 01 settembre 2007
A MENO DI UNA SETTIMANA DALL’EVENTO DI LORETO .... E DEI DUE GIORNI DI "Montorso", FORSE SAREBBE MEGLIO ( E BELLO) che IL PAPA - "ORSO" SI RECASSE IN visita a MONTEROSSO a salutare don Sante, la Madre, il Bambino, e tutta la sua lieta, forte e feconda (di fede, di pensiero, e di opere) comunità!!! Che l’ "Orso" trovi il suo coraggio e che il Dio (Charitas) dei nostri Padri e delle nostre Madri lo aiuti!!! Così sia!!! Amen.... (fls)
VERSO L’AGORA’
«In ascolto dei giovani perchè crediamo in loro»
La grande attesa del dialogo con il Papa, l’attenzione ai «ragazzi fuori dal giro». A meno di una settimana dall’evento di Loreto, le riflessioni di monsignor Paolo Giulietti responsabile del servizio Cei per la pastorale giovanile
Da Roma Mimmo Muolo (Avvenire, 27.08.2007).
Il dialogo del Papa con i giovani. L’italian style della proposta di fede. L’inserimento in un cammino triennale. Ma soprattutto il segnale di fiducia che viene dato a tutto il Paese: la Chiesa italiana crede nei giovani, cioè nel futuro, e investe in essi. Secondo monsignor Paolo Giulietti, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale giovanile della Cei, sono questi i tratti fondamentali della carta d’identità dell’Agorà dei giovani. A meno di una settimana dall’evento di Loreto, il direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale giovanile ne ricorda i tratti principali e rivolge un nuovo invito ai giovani di tutta Italia: «Venite ad incontrare il Papa. È un’occasione da non perdere».
A Montorso Benedetto XVI risponderà alle domande dei giovani. Perché questa scelta?
«Perché quando incontra i fedeli, è questo lo stile che predilige e lo ha già dimostrato sia con i giovani e con i bambini, sia con i sacerdoti. Ma poi c’è anche un altro motivo. L’Agorà giunge a conclusione dell’anno dell’ascolto dei giovani. E Benedetto XVI ha voluto che anche in questa occasione la voce dei giovani si sentisse chiaramente. Le domande che verranno poste al Papa nasceranno, infatti, dalle esperienze maturate e in un certo senso ripercorreranno la vicenda di Maria, soprattutto la sorpresa dell’incontro con Dio, anche nelle situazioni difficili della vita. Così il Pontefice potrà declinare il messaggio evangelico in relazione alla vita dei giovani».
Che cosa è emerso in questo primo anno del "triennio giovane" della Chiesa italiana dall’ascolto delle realtà giovanili?
«Soprattutto la positiva sorpresa di chi si è impegnato per raggiungere i ragazzi "fuori dal giro" nel trovare disponibilità al dialogo. I giovani non sono chiusi alla proposta del Vangelo e la distanza di certi luoghi di aggregazione tipicamente giovanili è minore di quello che si pensava. Ma questa distanza chiede di essere colmata non solo con proposte episodiche, ma con progetti strutturati».
Tutto questo lavoro, oltre che nel dialogo tra il Papa e i giovani, come rifluirà sull’Agorà di Loreto?
«Tutto l’evento - anzi tutto il triennio, poiché l’Agorà non è figlia unica, ma avrà un seguito anche nel 2008 con la Gmg di Sidney e nel 2009 con il confronto culturale - è caratterizzato secondo la duplice prospettiva dell’ascolto e della risposta missionaria. Ci siamo fatti guidare dalla dinamica dell’Annunciazione. Ed a questa dinamica sono ispirati anche i diversi momenti».
Vediamo di ripercorrerli insieme, allora.
«In un certo senso possiamo dire che si parte proprio con un bilancio delle esperienza di ascolto dell’anno pastorale appena trascorso. Dal 29 al 31 agosto, infatti, l’accoglienza dei giovani nelle diverse diocesi avrà anche questo scopo, dato che tutti saranno chiamati a mettere in comune le proprie esperienze».
E i due giorni di Montorso?
«Il tema dell’ascolto sarà protagonista ancora del sabato, grazie alla Veglia con il Papa, la serata delle testimonianze e la notte delle Fontane di luce, cioè gli otto spazi di confronto su altrettanti temi ai quali i giovani potranno accedere nel corso della nottata tra sabato e domenica. Qui viene in primo piano la dinamica dell’Annunciazione. Di fronte alla proposta dell’Angelo Maria rimase turbata e noi vogliamo rappresentare questo turbamento (che prende ognuno di noi quando Dio irrompe nella nostra vita), sia nella serata delle testimonianze, sia tramite le Fontane di luce».
Perché Fontane?
«Nella tradizione apocrifa il primo incontro tra Maria e l’Angelo avviene non nella casa, ma alla fontana di Nazareth. Abbiamo preso spunto da questa tradizione, per dare corpo al turbamento, che non va inteso solo in senso negativo, ma anzi rappresenta un momento di riflessione e di crescita».
Qual è, invece, il significato della domenica?
«La Messa con il Papa sarà come il sì di Maria. Anche attraverso il mandato missiona rio conferito a 72 ragazzi i giovani di Montorso accetteranno di farsi evangelizzatori dei loro coetanei. E l’atto di carità a favore della diocesi di Emdeber in Etiopia come la visita ad Elisabetta».
Che cosa ci si deve attendere da Loreto 2007?
«Questo evento sarà il vero lancio del triennio. Farà cioè capire che la Chiesa italiana sta investendo fortemente sui giovani i quali, come ha detto qualche giorno fa il presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco, sono il futuro anche del Paese, oltre che della Chiesa. È un messaggio di grande importanza anche sociale, specie in un’Italia che tende a invecchiare e che non sempre tiene in debito conto le esigenze dei giovani».
Per meglio comprendere la sollecitazione e l’invito all’ORSO di recarsi a MONTEROSSO,
si legga l’art. completo (cliccare sulla zona rossa) relativo allo Stemma di Papa Benedetto XVI:
PARROCO DIVENTA PAPA’, VORREI RICOMPORRE CON CURIA *
PADOVA - "Domani spiegherò qual’é il mio progetto per il futuro. Ma io intendo con tutte le mie forze ricomporre il rapporto con la Curia, con la Chiesa. Non voglio creare fratture". Così Don Sante Sguotti, il parroco padovano che un anno fa sarebbe diventato papà di un bimbo, anticipa all’ANSA quella che sarà la sua difesa nella conferenza stampa che terrà domani mattina nella parrocchia di Monterosso. "Domani - ha detto - spiegherò da dove secondo me bisogna partire per cercare di sbrogliare questa matassa".
Don Sante arriverà all’incontro con i giornalisti con dei punti già preparati per il suo discorso. "Diffonderò anche dei testi scritti - aggiunge - sorta di ’comunicati’ a disposizione dei presenti. Poi parlerò delle cose che vorrei fare nei prossimi mesi". Ma allora, da dove bisogna ripartire, secondo don Sante, per spiegare la storia del parroco-papà: "ci sono questioni che riguardano la mia vita privata - risponde - e si potrebbe andare indietro anche di 10-15 anni (il sacerdote è da 8 anni nella comunità di Monterosso). Poi ci sono delle cose molto pratiche, vicine nel tempo, e basta guardare ad uno-due anni". Come veda il suo immediato futuro nella parrocchia padovana, dopo l’invito del vescovo Mattiazzo a lasciare entro il 10 settembre, il sacerdote 41enne tuttavia non lo svela. "La mia situazione - afferma - è legata al vissuto dei miei parrocchiani. Con loro farò un assemblea il 4 settembre prossimo, e insieme decideremo che percorso si può intraprendere. Ma io, se possibile, non voglio rotture con la Chiesa".
Ancora più stretto è il riserbo del sacerdote sul nocciolo della questione: la sua storia sentimentale con una donna, e la paternità di un bimbo. "Qualcuno ha letto una sorta di ’confessione’ - rileva - nelle parole dell’omelia che ho tenuto venerdì scorso, salvo poi vedere una specie di ’marcia indietro’ nell’omelia di domenica. Posso dire solo che c’é un genere letterario che io uso spesso: la provocazione, ma bisogna saper distinguere quando si tratta di una provocazione, anche forte, e quando si fanno affermazioni". Qualcuno allora ha preso un enorme granchio? "Ne parleremo domani..." conclude il sacerdote. Intanto a Monterosso, la comunità di 800 anime alle porte di Abano Terme, la don Sante-story comincia a fare emergere qualche divisione. I parrocchiani sono pressoché tutti con il loro prete, pronti a difenderlo e a rivendicarne la permanenza a Monterosso, pur contro il volere della Curia. Ma sui alcuni muri la scorsa notte sono comparse alcune scritte offensive a spray: "prete falso doc".
DON SANTE: SE SONO PADRE DEL BIMBO DECIDETELO VOI *
MONTEROSSO (PADOVA) - "Io non ho nessuna giovane donna e non ho nessun figlio che ha da poco compiuto nove mesi": don Sante Sguotti, incontrando i giornalisti nella parrocchia di Monterosso sembre voler così smontare il ’giallo’ sulla sua paternità. Alla successiva domanda dei cronisti sulla presunta relazione con una parrocchiana madre di un bambino, don Sante risponde: "Laura la conosco da più di otto anni, ma non in maniera biblica. Sono innamorato di questa donna, l’ho aiutata a scegliere il nome del bambino, e ci fidanzeremo in forma casta, se lei vorrà, il prossimo 2 dicembre".
Di fronte all’insistenza dei giornalisti che gli hanno chiesto di rispondere con un sì o con un no alla domanda se lui sia o no il padre del bambino, non ha chiarito i dubbi: "E’ stata tutta una finta, a me piace giocare. Se sono il padre del bimbo decidetelo voi".
Nel corso della conferenza stampa, durata più di due ore, il parroco ha avanzato critiche alla Curia padovana (legate alle polemiche sulla destinazione di un terreno adiacente alla parrocchia) e ha lanciato un appello ai religiosi che vivono relazioni sentimentali, invitandoli ad "uscire dall’ombra", sottolineando però che lui, al momento, è rimasto nella penombra. Qualcuno gli ha chiesto anche se incontrerà mons.Milingo: "So che sarà a Roma ad ottobre, mi farebbe piacere incontrarlo", ha risposto don Sante, che ha ribadito più volte di voler continuare a fare il prete e di voler restare all’interno, anche se ’al limite’, delle regole dettate dal diritto canonico.
PARROCO DIVENTA PAPA’: GIORNO DELLA VERITA’ O ENNESIMA BEFFA? *
PADOVA - Doveva essere il tanto atteso giorno della verità e invece si è trasformato in quello dell’ ennesima beffa. Ad attendere il "verbo" di don Sante Sguotti, padre o non padre di un piccolo di un anno, in rotta o meno con la diocesi, erano in tanti nella piccola chiesa di Monterosso, una frazione di Abano (Padova), di cui è parroco.
Ma la verità non è arrivata: in 47 minuti di conferenza stampa quello di Don Sante è stato un continuo nascondersi tra messaggi più o meno criptici, parziali ammissioni e immediate retromarcia, fatte utilizzando un linguaggio che ha mescolato parole comuni e frasi da interpretare in senso biblico.
Passata la sagra del santo patrono, che doveva essere il punto di arrivo di una carriera da sacerdote e l’avvio di quella di padre in senso materiale e non spirituale, Don Sante lascia tutti nel dubbio: da Enrico Lucci de "Le iene" al vescovo di Padova Antonio Mattiazzo. L’alto prelato - che oggi avrebbe dovuto incontrare il prete-papà, che si è però negato - ha mantenuto per giorni la dovuta distanza dalla vicenda, limitandosi a richiamare don Sante, attraverso i canali ufficiali, ai doveri pastorali. Oggi invece è intervenuto con una nota scarna ma significativa in cui afferma che "la misericordia che è una grande virtù cristiana", ma ciò non toglie, però, "il dovere di fare luce sulla verità". Sostiene di condividere la sofferenza dei preti, dei laici, della comunità cristiana e si dichiara vicino ai genitori del sacerdote.
I messaggi ’confusi’ di Don Sante, che avrebbero dovuto essere chiarificatori ma di fatto hanno accresciuto ancora di più i dubbi sulla vicenda, passano attraverso le sue parole: "io non ho nessuna giovane donna e non ho nessun figlio che ha da poco compiuto nove mesi" dice. Poi precisa: "conosco Laura (che in realtà dovrebbe chiamarsi Tamara, divorziata, che abita a Lovertino di Vò Euganeo, a pochi chilometri da Monterosso) da circa otto anni". "Credo che, se Laura vorrà - si spinge ad annunciare don Sante - potremo fidanzarci ufficialmente e in maniera casta la prima domenica di Avvento, il 2 dicembre". "La frequento da un po’ - chiarisce senza convincere -, ha un figlio di nome Pietro, stiamo assieme, poi ognuno va a dormire a casa sua". Fine del primo messaggio.
Poi, però, interviene sul celibato dei preti: "come mai quando la chiesa cattolica vuole conquistare chiese, fedeli e territori, in Inghilterra concede ai preti anglicani sposati di diventare preti cattolici sposati?" si interroga. "Molti mi chiedono in questi giorni di non far soffrire il Papa, il vescovo e non mettere in crisi i fedeli cristiani - sottolinea poi don Sante - ma la mia voce è anche la voce soffocata di migliaia di preti, religiosi, ex seminaristi, di migliaia di persone che sono state umiliate e non hanno mai avuto voce".
* ANSA» 2007-08-28 19:56
Don Sante fa qualche ammissione, ma glissa sulla paternità
«Sono innamorato da otto anni
E la mia donna ha un figlio»
di Gianni Biasetto *
«Se lei sarà d’accordo ci fidanzeremo ufficialmente il due dicembre prossimo E nell’occasione inviterò anche il vescovo Milingo che sarà in Italia»
ABANO. Don Sante è un sacerdote innamorato. Da otto anni frequenta una donna che ha un figlio. Lei si chiama Laura mentre il piccolo, che il parroco dice di aver preso più volte in braccio, Pietro. Nomi indicati a caso dalla stesso sacerdote. «Se Laura sarà d’accordo, domenica 2 dicembre, prima domenica d’Avvento, ci fidanzeremo pubblicamente - attacca il sacerdote - magari qui in parrocchia a Monterosso. Mi farebbe piacere ci fosse anche il vescovo Milingo che in quei giorni sarà a Roma. Il codice di diritto canonico non prevede alcuna sanzione per i preti che s’innamorano. E io sono un prete innamorato».
E’ questa, alla fine, la frase forte della conferenza stampa tenuta ieri mattina in chiesa a Monterosso da don Sante Sguotti. Frase che, come il resto del suo lungo intervento da sotto il tabernacolo, da dove era stata opportunamente tolta l’Eucarestia, non chiarisce nulla sulla sua paternità. Anche alla domanda più esplicita: «Lei, don Sante, è o no papà di un figlio?», il sacerdote ha glissato.
A Enrico Lucci delle «Iene» che gli ha chiesto se il piccolo Pietro gli assomigliasse ha risposto: «Sì, forse mi assomiglia, perché i miei occhi, come vedete, hanno lo sguardo di un bambino». Don Sante, insomma, non ha né smentito né confermato la notizia che nei giorni scorsi aveva provocato uno «tsunami» nel piccolo borgo di Monterosso. Quella che è papà di un bimbo di un anno avuto da una donna separata che fino a poco tempo fa viveva a Monterosso e che ora si è trasferita in un paesino del Vicentino. Il parroco ha parlato a lungo dell’innamoramento e del celibato nella chiesa. «La Chiesa - ha detto - preferisce perdere persone squisite. E’ sbagliato vietare agli studenti di uscire dai seminari, di andare in discoteca, di vivere collegati all’ambiente esterno. Si trovano spaesati dopo, quando vengono a contatto col mondo. E’ capitato anche a me, ricordo l’emozione fortissima del mio primo abbraccio con una donna. Era un’animatrice del Grest, avevamo litigato e, per fare pace, ci siamo abbracciati. Un abbraccio che avrei voluto non finisse mai, lo sento ancora sulla pelle».
L’incontro con i giornalisti inizia alle 10 in punto. Don Sante esordisce ricordando che è la ricorrenza di Sant’Agostino. «Donnaiolo, convivente, sposo, vescovo e santo», dice. Poi rivela anche che a Monterosso sono state girate alcune scene del film «La moglie del prete». Quindi parte attaccando duramente la Curia che non lo asseconderebbe sul problema di un terreno edificabile della parrocchia. «Sul quale da tempo - dice - ha messo gli occhi un ricco professionista di Montegrotto, che vuole realizzare una villetta». Durissimo anche l’attacco del parroco alla Diocesi sulla gestione del Seminario di Tencarola. «E’ diventato una cloaca - ha affermato - Chiederò di far parte di un comitato che verifichi le responsabilità. E’ giusto che chi ha sbagliato paghi. Com’è giusto che paghino i preti che molestano. In questi anni in confessionale ho sentito più di una testimonianza di donne che hanno avuto relazioni sentimentali con i preti o che sono state molestate dagli stessi. Le ho sempre invitate a presentare denuncia». La prossima puntata della «don Sante-story» è fissata per la sera del 4 settembre, quando incontrerà i parrocchiani di Monterosso. Vescovo permettendo.(
Caro Alessio
fai bene a chiedere. Perché qui la questione non riguarda il prete, ma ... "tuo padre" e "tua madre" - "Adamo ed Eva" ... e il "serpente", o "Maria" e "Giuseppe" e "Dio" - l’ Amore (Charitas) di Gesù.
Il prete di Monterosso ha detto basta alla logica della del vecchio "patto" e - coerentemente al buon-messaggio - ha posto all’o.d.g. la necessità di smetterla con le menzogne: nessuno è senza padre e senza madre sulla Terra!!!
Ora - caro Alessio (ma questo vale per lo stesso Papa e tutti i preti) - si tratta di decidere: vuoi essere figlio di esseri umani ("Maria" e "Giuseppe") e di Amore, o fiiglio di esseri umani ("Adamo" ed "Eva") che tradiscono se stessi e accettono come loro "Dio" il "serpente" (il Mentitore) e "Mammona" ("Deus "caritas" est - è il titolo in latinorum dell’enciclica del Papa!!!).
Come vedi - spero sia chiaro - questa non è una questione di preti o di lana "caprina", ma una questione antropologica che riguarda tutti e tutte, tutta la nostra società, e la nostra sana e robusta Costituzione.
La Chiesa cattolico-romana propone la casta sacerdotale e, così, ogni prete come un Gesù figlio di Maria .... senza Giuseppe!!!, e di un "Dio" (Mentitore, e "Mammona"!!!). Imbroglia tutto e ... invece di darci una bella-notizia (eu-angelo), ci vuole portare solo all’inferno (van - gelo). Che confusione e che bordello!!!
Perciò il caso "don Sante" è importante - e, a mio parere, va seguito e sostenuto: per la chiarezza ("claritas") e l’amore ("charitas"), che dobbiammo a noi stessi, prima che agli altri, e all’Amore stesso!!! O no?!
Che ne pensi?
M. cordiali saluti,
Federico La Sala