Dopo una vita da leader, Fini entra nel Pdl deluso dai colonnelli e senza una carica
Dopo la fusione, probabile un incarico importante a livello europeo nel Ppe
Dai gagliardetti al modello Sarkozy Gianfranco arriva solo al traguardo
di FILIPPO CECCARELLI *
In politica la solitudine è sempre relativa, e per quanto riguarda chi si trova al potere, nel caso specifico alla presidenza di uno dei due rami del Parlamento, la nozione di isolamento lo è ancora di più. E tuttavia a nessun odierno leader, come a Gianfranco Fini, si adatta meglio il motto, o lo status, o il programma, addirittura: meglio solo che berlusconizzato.
A dire il vero, non si capisce tanto bene se si tratta di scelta consapevole o di necessitata virtù. Le due cose, oltretutto, non sono in contraddizione. Con ragionevole approssimazione si può considerare Fini come il decano onorario, il record-man dei leader di partito, avendo egli cominciato a guidarne quasi ininterrottamente dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso. E’ stato giovane segretario del Msi, poi maturo fondatore e immediato presidente di An; e ancora qualche tempo fa, per noia o per capriccio, per sfida politica o scommessa tattica, comunque per l’ennesima volta si era messo in testa di azzerare la classe dirigente, di degradare i colonnelli e di cambiare anche il nome della creatura da lui stesso generata a Fiuggi. Non che "Alleanza per l’Italia" facesse poi tutta questa differenza, politica e lessicale, ma insomma: a via della Scrofa, così come un tempo nella cupa e polverosa sede missina di Palazzo Del Drago, tra labari e gagliardetti, comandava lui. Punto e basta.
Ma è anche vero che prima di essere eletto alla guida di Montecitorio un po’ si era pure scocciato del partito. Anzi, molto. Così come è vero - anche se non sono cose che si riconoscono dalla tribuna di un congresso - che i suoi rapporti con i notabili del medesimo partito, da lui più e più volte promossi e poi bacchettati, messi al bando e quindi perdonati, denunciavano un evidente logorio, uno stress al contempo irrisolto e compresso, con relativo scivolamento in una dimensione abbastanza irreale.
Che fatica la gestione, anche psicologica, di Storace e della Mussolini, per giunta in lite fra loro. Che fastidio l’insistenza di Gasparri, l’esuberanza di La Russa, il cameratesco paternalismo di Buontempo, le chiacchiere della "Caffettiera". Che strazio la Santanché e le polemiche sulle "palle di velluto". Che pena il ciclone intercettatorio del 2006, voci captata fin dentro il cuore dell’entourage, della famiglia. Basta, basta, basta.
Bene. Il nuovo ruolo istituzionale ha consentito a Fini di tenersi alla larga da quel "patto del notaio" (Paolo Becchetti, si chiama il professionista, nonché deputato di Forza Italia nel collegio di Civitavecchia) che con qualche oscura risolutezza stabilisce che ad An tocchi il 30 per cento delle quote di potere dell’imminente Pdl. Mentre sul piano politico, ancora nel gennaio scorso, durante un pranzo con il presidente del Consiglio, lo stesso Fini gli ha fatto presente i suoi dubbi su una possibile acclamazione di Berlusconi, giacché "la scelta di un leader di partito non è uno show".
Il fatto è che quello non è più un "partito", parola desueta, ma un "Popolo", con la maiuscola addirittura; e di conseguenza non uno show si merita, questo Popolo, ma un Super-Mega-Iper e Wonder Show, già assai bene pianificato. A giudicare da un’informatissima anticipazione di Panorama, settimanale della Real Casa di Arcore, tutto sarebbe già deciso: "Il Fini-day sarà proprio sabato e forse dal suo intervento verranno gli spunti più stimolanti rispetto alla futura dialettica interna del Pdl. Qualcuno si attende scintille, ma è difficile che il presidente della Camera (destinato a essere l’ambasciatore del Pdl dentro la famiglia dei Popolari europei) voglia esibirsi in un discorso ad alto voltaggio. Ci sarà qualche scarica, ma non il cortocircuito".
Fino a prova contraria, è dunque questa la parte che da Palazzo Grazioli è stata assegnata a Fini, completa di accessoria funzione diplomatica nel Ppe. E se non prefigura la solitudine, occorre riconoscere che poco ci manca.
Di possibile delfinato non si parla più. In compenso, tra mammiferi e pesci della vita pubblica, l’altro giorno don Gianni Baget Bozzo ha ricordato che l’attuale presidente della Camera è un appassionato di immersioni subacquee e anche di squali (per un certo periodo, in effetti, Fini ha tenuto sul display del telefonino una sua foto con una terrificante femmina grigia di tre metri). Perciò squalo e non delfino: "L’immagine - notava don Gianni - non è molto rassicurante".
E non lo è. Ma vuoi mettere con il Fini che nel novembre del 2007 non solo non voleva sentir parlare di Pdl, ma menava sul Cavaliere "come un fabbro". Diceva: "Tanto con me dovrà fare i conti. Non è eterno, e io ho vent’anni di meno". La già intensa letteratura su "La svolta del predellino" (così s’intitola una ricostruzione di Laura Della Pasqua, appena uscita per Bietti) è necessariamente parca di dettagli su ciò che veramente spinse Fini, all’inizio assai riottoso, ad aderire al progetto berlusconiano.
"Alla fine le pennette tricolore non erano poi così cattive". Si potrebbe pensare: l’eterogenesi di Fini. Ma la politica, dice spesso proprio lui, "è bella perché è imprevedibile". Adesso, per dire, studia Sarkozy, i nuovi conservatori di Cameron e i nuovi moderati svedesi di Reinfeldt. Scopre le virtù del progresso. E’ quasi di sinistra. Stai a vedere che Berlusconi prima o poi si pente.
* la Repubblica, 20 marzo 2009
Sul tema, in rete e nel sito, si cfr.:
Il Popolo d’Italia (Wikipedia).
Intervento al seminario della scuola di di formazione del partito di Gubbio
"Non sono un ’compagno travestito’, e non aspiro a fare il Capo dello stato"
Fini al seminario del Pdl
"Contro di me uno stillicidio"
Punto per punto, il presidente della Camera ha ribadito le questioni sollevate da mesi
La democrazia interna, il rapporto con la Lega, gli immigrati, il biotestamento, la mafia *
GUBBIO - Il presidente della Camera partecipa a Gubbio al seminario della scuola di formazione del Pdl. E torna all’attacco: "Contro di me uno stillicidio non degno del partito". "Non è degno il dibattito in un partito con questo stillicidio di dichiarazioni basate su tre ipotesi: che sono folle, che sono un ’compagno travestito’ e che aspiro a fare il Capo dello stato". "Chiedere democrazia interna - ha proseguito - non rappresenta un reato di lesa maestà".
Punto per punto, il presidente della Camera ha ribadito le posizioni espresse da settimane, difendendole, ma anche chiarendole ulteriormente, per evitare, come aveva denunciato ieri replicando a Berlusconi, che vengano relegate al ruolo di "fraintendimenti". E, al termine dell’intervento, ha dichiarato: "Abbiamo cominciato a discutere. Quello che dovevo dire l’ho detto, ognuno tragga le sue conclusioni".
"Dal 27 marzo non si è deciso nulla". "Hanno detto che io aspiro al Quirinale ma piuttosto ambisco a fare il successore di Ban Ki Moon", ha esordito il presidente della Camera. "Ieri a Berlusconi ho detto che dal 27 marzo non si è deciso nulla ed il punto è proprio questo: non è possibile che non si sia deciso nulla, il partito non è un organigramma. Serve un cambio di marcia, un dibattito interno".
Immigrati, non solo sicurezza. Il presidente della Camera è poi entrato nel merito dei temi della discussione che intende affrontare all’interno del Pdl, a cominciare dagli immigrati". "Quando vengono respinti dei clandestini si fa bene, ma se su un barcone c’è un bambino o una donna incinta che sta per partorire e magari viene rimandata in un paese dove c’è un dittatore che la manda a morte, la sussistenza del diritto d’asilo la pretendo da un paese civile", ha ribadito, ricordando che la questione degli immigrati non può essere affrontata come "un problema di sicurezza", come vorrebbe la Lega, ma in modo globale.
Lega, "attenti ai plauditori". E a proposito della Lega, ha affermato Fini: "A Berlusconi dico: attento ai plauditori e cioè a quelli che dicono che va tutto bene e poi, quando Berlusconi non sente, dicono qualcos’altro", avverte Fini. "E’ un reato avere delle proposte, delle richieste da avanzare? Io chiedo che non soltanto non lo sia, ma che sia indispensabile per far radicare il partito e per farlo crescere".
Stragi: prima la verità. Anche in riferimento ai processi per le stragi di mafia, Fini ha manifestato un orientamento molto diverso da quello di Berlusconi: "Mai, mai, mai dare l’impressione di non avere a cuore la legalità e la verità. Sono convinto quanto voi dell’accanimento giudiziario contro Berlusconi, ma non dobbiamo lasciare nemmeno il minimo sospetto sulla volontà del Pdl di accertare la verità sulle stragi di mafia. Se ci sono elementi nuovi, santo cielo se si devono riaprire le indagini, anche dopo 14-15 anni! Soprattutto se non si ha nulla da temere, come è per Forza Italia e certamente per Berlusconi".
Biotestamento: "discutere e votare". Altra questione aperta, è quella del biotestamento: "Se un giorno ci sarà modo di discutere, il che vuol dire anche con eventuali emendamenti, con cose non collimanti con il testo del Senato, non ci sarà nulla di male se si metteranno a confronto delle posizioni, magari anche votando: sarà un momento in cui il Pdl non avrà fatto un passo indietro ma un passo in avanti o forse il primo momento in cui si sarà comportato da partito del 35-40% dei voti".
Sud, si ripristini la legalità. "Il Pdl è un partito nazionale, non può avere la testa al Nord o al Sud ed è per questo che dobbiamo discutere la questione meridionale", ha detto Fini, ricordando che nel Mezzogiorno il problema principale è quello del ripristino della legalità.
Fini incassa gli elogi di Poettering. Parole di elogio per il ruolo in Italia di Gianfranco Fini sono state pronunciate da parte dell’ex presidente dell’Europarlamento Hans-Gert Poettering: "Fini è certamente un politico molto abile, adesso è nel Pdl e certo svolge un ruolo importante nella politica italiana", ha detto l’autorevole esponente tedesco dei Popolari in un’intervista all’Adnkronos. Sul fronte Ue però, Poettering non crede che il presidente della Camera possa assumere un ruolo di leadership nel centro-destra europeo, come prefigurato a inizio estate dall’ex premier spagnolo Josè Maria Aznar: "Non è possibile che l’ex presidente di An possa diventare il leader del Ppe, questo è contro la psicologia del partito".
Frattini: "Stillicidio? E’ contro Berlusconi". Ma Franco Frattini, ministro degli Esteri, ribatte al presidente della Camera usando le sua stesse parole: "Lo stillicidio vergognoso è quello contro Berlusconi. La solidarietà umana va oltre il dubbio politico e oltre il fatto che dobbiamo parlare di più. C’è una rete internazionale che non solo vuole il male di Berlusconi ma anche dell’Italia".
An finisce senza gloria
Fini: «Per noi un passo solenne»
L’emozione c’è, «un po’». Gianfranco Fini prende la parola, il suo discorso chiude il congresso di Alleanza Nazionale, ne sancisce la fine. E l’inizio di un’altra storia. Scontata nelle premesse, tutta da verificare nei fatti a venire e negli effetti che produrrà. «Si chiude una fase della destra - spiega Fini -, non c’è stato nessun regalo, non c’è stato nessuno sdoganamento, non si sdoganano le idee. Le idee si affermano», conclude.
Ma la prossima settimana esisterà solo il Popolo della Libertà, e anche le idee a quel punto avranno comunque cambiato casa. Fini ne fa un discorso di lunga durata e di cambiamento epocale. «Oggi non siamo chiamati a cogliere il momento» come avvenne nel ’94, quando «lo spappolamento della prima Repubblica mise finalmente la destra italiana nella condizione di raccogliere consenso», oggi «siamo chiamati a costruire un momento; oggi non prendiamo un’occasione, oggi compiamo una strategia; oggi mettiamo una pietra a decidiamo, noi, coscientemente di farlo, di mettere una pietra in quello che ha rilevanza non solo per noi, ma per la nostra patria». Un passo «non solo solenne e importante per noi, ma per la storia dell’Italia».
La prima mossa, ricorda Fini, risale a Fiuggi, il congresso del 1995: «Il passaggio alla destra postideologica, da una logica del nemico a una logica dell’avversraio: come diceva Pinuccio Tatarella, il nemico o si annienta o ti annienta, l’avversario ti batte o si batte ma il giorno dopo continua la competizione». Fiuggi sottolinea fini «è stato il primo anello di una lunga catena». «Lì abbiamo fatto i conti con lo stato etico, che non fa parte della democrazia, e con lo stato corporativo, che è fuori dalla modernità. E tutto questo lo abbiamo fatto perchè ne eravamo convinti».
Poi c’è stato l’incontro interessato con Berlusconi. «Il Pdl non è nato a San Babila, questa unione tra la nostra gente e gli elettori di Forza Italia esiste da quindici anni», precisa Fini. «È un’alleanza basata su valori condivisi. Bisogna guardare con fiducia - spiega il presidente della Camera - perché i valori di riferimento sono i medesimi, quelli del Ppe». Ma valori fondati sulla laicità, chiede Fini. Il Pdl dovrà far proprio il valore della laicità dello Stato. «È un valore del Ppe, che ha smesso da tempo di essere un partito democristiano. Questo non significa negare il magistero della Chiesa o ignorare la dimensione della religione, ma collocare la religione nella sfera personale e privata e non in quella pubblica».
Il Pdl dovrà essere «un partito ampio, plurale, inclusivo, unitario. Ma unitario non vuol dire un partito a pensiero unico, c’è una contraddizione tra pensiero unico e popolo della libertà, perchè col pensiero unico manca la libertà », sottolinea poi Fini. «Il Pdl - dice ancora Fini - non potrà essere un partito di destra: certi valori di destra dovranno dare il lievito al nuovo partito, saranno un valore aggiunto».
Inoltre un appunto sui meccanismi istituzionali: il nostro sistema istituzionale «è superato», occorre che la legislatura sia «costituente». Ma la riforma non può prevedere un Parlamento al quale si chieda di «non disturbare il manovratore». Ci dovranno essere «magari meno leggi, ma ci dovrà essere più controllo». Dice Gianfranco Fini al congresso di An, e chiede di riformare «il bicameralismo perfetto» perché «non ci possiamo pernettere due Camere con gli stessi poteri».
Da Berlusconi arriva il messaggio promesso: «La nascita del Pdl ci consente di raggiungere tutti insieme un grande e storico traguardo, resterà a lungo nella storia del nostro Paese e colgo l’occasione del vostro congresso per sottolineare l’importanza del vostro ruolo», il messaggio viene letto dal coordinatore di Forza Italia Denis Verdini. «Un grande e storico traguardo», dice Berlusconi già nella premessa del testo. E ancora «un momento storico per la vita italiana» è l’incontro tra il popolo di Forza Italia e quello di Alleanza Nazionale. «Voglio salutare, uno per uno, tutti gli iscritti di AN, il cui coraggio è stato di esempio per molti», dice ancora Berlusconi che riserva un pensiero speciale a Pinuccio Tatarella «che con le sue intuizioni e la sua intelligenza tanto ha fatto perchè si giungesse a questo traguardo», oltre ovviamente a Fini e La Russa.
L’aggettivo cardine dell’operazione Pdl torna nella conclusione del messaggio, quando si dà appuntamento alla prossima settimana quando «vivremo tutti insieme, venerdì, momenti destinati a rimanere a lungo nella storia del nostro Paese». Un «atto di gratitudine e riconoscenza» nei confronti di An per quanto fatto nella costruzione del partito unico.
Sulla stessa lunghezza d’onda Verdini,«Tutti insieme venerdì vivremo una storia straordinaria che entrerà nei libri di storia. Potremo dire che c’eravamo. Il Paese - ha detto Verdini - ha bisogno di una Destra moderna e il Pdl ne ha bisogno. Noi apprenderemo molte cose da voi e voi da noi».
Il coordinatore di Forza Italia ha sottolineato che «quando parlavamo di un partito al 51% si rideva, oggi c’è invece qualche preoccupazione. È un percorso iniziato dalla sinistra, lo dobbiamo riconoscere, ma si è bloccato - ha aggiunto Verdini - ma questo non ci indebolisce nel processo disemplificazione della politica».
A invocare però «una dignità di destra», altrimenti si rischia di farsi battere dalla Lega, pur andando nel nuovo partito «senza nostalgia, né timori ma neanche facili entusiasmi» è il sindaco di Roma Gianni Alemanno. «Berlusconi - osserva - è un perno della storia, parla alla gente. Fini però rappresenta le regole, la politica, le istituzioni. Noi costruiremo - rimarca il sindaco di Roma - il nuovo partito con la militanza e la democrazia e questo compito noi lo affidiamo proprio a Fini». Il sindaco di Roma chiede che ci sia «un Parlamento senza nominati, regole e chiarezza». «Non ci deve essere nessuna nostalgia del passato, il futuro sarà più bello», conclude Alemanno. Poco prima, una lungo applauso aveva accolto quest’altra affermazione di Alemanno: «Non vogliamo un partito e un Parlamento di nominati. Non vogliamo un partito paternalista o conservatore».
Richieste e aspettative su cui dopo il discorso di Fini scende il sipario: il presidente dalla Camera ha detto quello per cui tutti sono qui: «Oggi finisce An, nasce il Pdl, continua il nostro amore per l’Italia». E cita uno slogan «della nostra gioventù»: «Se si ha paura, vuol dire che o non valgono nulla le idee in cui si crede o non vale nulla chi ha paura». Nel Pdl, aggiunge, «entri chi ci crede». Un moto di orgoglio, vecchio stampo. Poi commosso scende dal palco, e circondato dai «colonnelli» del partito, si asciuga gli occhi, riceve l’applauso della platea dei delegati che hanno ascoltato il suo commiato ad An. Tra una settimana comincerà il ricordo.
* l’Unità, 22 marzo 2009
Ansa» 2009-03-21 09:37
FINI PORTA LA DESTRA NEL PPE, ULTIMO CONGRESSO DI AN
di Milena Di Mauro
ROMA - Un coro di voci bianche aprirà con l’Inno di Mameli l’ultimo congresso di Alleanza Nazionale, prima della convergenza nel Pdl, plasticamente rappresentata con un palco a forma di ponte, che simboleggia appunto il ’passaggio’. Toccherà al ’reggente’ Ignazio La Russa parlare ai 1.800 delegati in apertura delle assise e prima degli altri big della destra.
Ma l’intervento più atteso è senz’altro quello di Gianfranco Fini, domenica a tarda mattina. La giacca da presidente della Camera resterà appesa ad un attaccapanni a Montecitorio, quando Fini prenderà la parola per decretare lo scioglimento di An nel Pdl, naturale approdo della strategia di allargamento della destra iniziata a Fiuggi.
Fini rimetterà i suoi abiti istituzionali ad una settimana di distanza, quando nella stessa location, il sabato successivo, parlerà dopo il presidente del Senato Renato Schifani alle prime assise del Pdl.
Ma al di là dei panni indossati, in entrambe le occasioni emergerà con chiarezza che Fini non si candida per i prossimi anni ad una infruttuosa guerriglia di contrapposizione con l’incontestato leader del partito che nasce, Silvio Berlusconi. Fini camminerà lungo un percorso suo, fatto di contenuti, scelte e posizioni assunte, tutte nel segno di una destra nuova, plurale, aperta, aconfessionale, includente. E lo spiegherà nelle ultime assise di An a chi ancora non ha del tutto assimilato la nuova ’svolta’, come ha di nuovo fatto parlando con i colonnelli nel giorno della vigilia.
"Vedrete", crea suspance il leader di An in chi gli chiede anticipazioni sul discorso. Nulla di scritto, solo una scaletta da sviluppare a braccio, cosa per la quale di recente è stato indicato come il migliore tra i politici italiani. Come quando chiese ai missini di "lasciare la casa del padre con la certezza di non farvi più ritorno", Fini spronerà la destra ad andare verso il Pdl senza difendere nicchie minoritarie, ma allargando, includendo, avvicinando anche chi è estraneo al progetto con proposte ed idee. Altro che ’corrente’ di An nel Popolo della Libertà. "Non preoccupiamoci dell’identità della destra, ma dell’Italia dei prossimi 20-30 anni", è stato del resto il messaggio della vigilia al partito, dal bianco salotto di ’Porta a Porta’.
Niente più "copertina di Linus" del partito identitario, niente esitazioni nel proseguire il passo iniziato a Fiuggi. Se c’é un invito a restare uniti, a non disperdersi nel grande nuovo contenitore politico, è per dare più forza alle idee della destra. "L’Italia ha bisogno di un grande progetto per affrontare i temi globali", ha spronato il leader negli ultimi giorni. Il Pdl è indispensabile, serve alla destra a crescere ancora, a calarsi nelle sfide dei nostri tempi, a realizzare una vocazione oggi maggioritaria. In fondo non è che la realizzazione, quasi vent’anni dopo, di quell’andare ’oltre il Polo’ prospettato da Pinuccio Tatarella. E ancora prima, azzarderà qualcuno al congresso, dal leader missino Giorgio Almirante quando lanciò la "Destra nazionale" in doppiopetto. "Probabilmente mi commuoverò, c’é sempre un cuore oltre al cervello", ha detto Fini in vista dell’appuntamento.
Apre La Russa. Illustrerà la mozione che scioglierà An e spiegherà i passaggi essenziali dello statuto del Pdl che, dopo estenuanti riunioni Fi-An, è prossimo a vedere la luce.