TERREMOTO, CULTURA, POLITICA E TERRITORIO ...

LA TRAGEDIA DELL’ABRUZZO, UN SECOLO DI TERREMOTI, E IL SENSO DELLA REALTA’ PERDUTO. LA VERITA’ DA RISTABILIRE E L’ ITALIA TUTTA DA RICOSTRUIRE - MORALMENTE E FISICAMENTE. Una nota di Paolo Berdini, una riflessione di Giovanni Sarubbi, e una scheda - a cura di Federico La Sala

martedì 7 aprile 2009.
 


Un Paese e una politica dai piedi d’argilla

di Paolo Berdini (il manifesto, 07.04.2009)

Sono crollati ospedali, edifici pubblici e scuole costruiti di recente. Dovevano rispettare rigorose norme antisismiche, ma il terremoto ha tragicamente svelato una realtà che viene sistematicamente occultata: siamo il paese delle regole scritte con solennità e violate con estrema facilità. Siamo il paese in cui le funzioni pubbliche di controllo sono state cancellate o messe nella condizione di non nuocere.

Di fronte a questa realtà, il “piano casa” della Presidenza del Consiglio liberalizzava ulteriormente ogni intervento edilizio che poteva iniziare attraverso una semplice denuncia di inizio attività, e cioè in modo che la pubblica amministrazione perdesse per sempre ogni residua possibilità di controllo. Dappertutto, in zona sismica o in zona di rischio idrogeologico.

Sono poi crollate in ogni parte anche le case private. Antiche, della prima o della seconda metà del novecento. Segno evidente che anche esse sono state costruite senza gli accorgimenti che ogni paese civile richiede.

Invece di avviare questo processo, il piano casa del governo autorizzava aumenti automatici di cubatura (fino al 20%) senza contemporaneamente costringere i proprietari a rendere più efficienti le strutture. Chiunque chiude un balcone o una veranda, pur aumentando i pesi le case devono sopportare, non interviene sulle fondazioni o sulle strutture principali. E’ noto che questa anarchia e disorganicità è alla base di molti crolli e di molte vittime.

La tragedia dell’Abruzzo mostra dunque di quale cinismo e arretratezza culturale fosse stato costruito il provvedimento tento reclamizzato da Berlusconi. Cinismo perché faceva balenare in ciascuno la possibilità di incrementare la proprietà senza tener conto dell’esistenza di equilibri più complessivi, senza cioè dover rispettare i beni comuni per eccellenza: le città. Arretratezza culturale perché il terremoto ha dimostrato ancora una volta che il vero problema del nostro paese è quello di avere i piedi di argilla. In un paese ad alto e diffuso rischio sismico, infrastrutture, servizi e abitazioni non sono in grado di resistere ai terremoti.

Invece di agevolare la sistematica messa in sicurezza del territorio e del patrimonio edilizio, questo governo ha in mente una sola cultura: “aggiungere”. Nuove grandi opere, ad iniziare dal ponte sullo stretto e dalle centrali nucleari, nuove espansioni edilizie.

Invece di consolidare l’enorme patrimonio edilizio esistente e rendere sicura la vita degli italiani, si continua con lo scellerato meccanismo della rendita speculativa.

Stavolta la colpa non è di esclusiva responsabilità politica. E’ evidente in ogni settore un consenso esplicito ed entusiasta della Confindustria e della cosiddetta “classe dirigente”. Quella, per intenderci, di cui fa parte Claudio De Albertis, per molti anni presidente dei costruttori italiani e oggi presidente di quelli milanesi. In un recentissimo dibattito nella rete televisiva di La Repubblica ha avuto il coraggio di dire che in Italia mancano case popolari perché vengono costruite con troppa lungimiranza e durano troppo nel tempo. Ci dobbiamo abituare, ha aggiunto, a programmarne la vita in venti anni per poi rottamarle. Mentre tutti i paesi ad economia avanzata si interrogano su come ricostruire su basi solide un futuro possibile dopo la crisi, da noi governo e imprenditori del mattone pensano esclusivamente a nuovi affari senza farsi carico degli interessi generali. Sono così miopi da non vedere che c’è invece un altro modo per rilanciare la macchina dell’edilizia.

Basterebbero tre mosse. Prendere atto che il nostro patrimonio abitativo è fatiscente e lo Stato ha il dovere di favorirne la messa in sicurezza, attraverso norme e finanziamenti. E se ci fosse qualcuno che afferma che in questo modo si spendono soldi pubblici, si potrebbe rispondere che stiamo spendendoli per acquistare i fondi tossici delle banche. Perché non potrebbero essere utilizzati anche per non veder morire intere famiglie? Eppoi, gli interventi dentro una nuova concezione dell’edilizia favorirebbero la nascita di nuove industrie in grado di realizzare e gestire sistemi di risparmio energetico. In pochi anni i benefici complessivi supererebbero le spese di investimento iniziale: basta soltanto dare il colpo di grazia alla rendita immobiliare, come fanno in Europa.

Secondo. Prendere atto che nell’ultimo decennio si è costruito troppo e che è venuto il momento di dire basta ad ogni ulteriore consumo di suolo agricolo. Da qualche mese è nata su iniziativa del sindaco di Cassinetta di Lugagnano la rete “stop al consumo di territorio” e sono molti i primi cittadini che vogliono voltare pagina. La popolazione italiana non cresce più ed è economicamente molto più conveniente riqualificare l’esistente.

Terzo. La definizione di un grande (stavolta sì) programma di messa in sicurezza degli edifici pubblici. Il volto dello stato si vede da come si presentano le scuole dell’obbligo. L’ottanta per cento di esse è fatiscente o non rispetta le norme di sicurezza. Stesso discorso vale per gli ospedali e per gli altri servizi.

Una grande opera di ricostruzione del volto dei luoghi pubblici e delle città, che sono gli elementi portanti della convivenza civile di ogni paese civile. E se qualcuno obiettasse spudoratamente che in questo modo si spendono soldi pubblici, basterebbe mostrargli i volti dei giovani che in Abruzzo hanno perso la vita soltanto perché l’ideologia liberista ha imposto in questi anni la distruzione di ogni funzione pubblica.


La vera calamità sono le istituzioni dello Stato

di Giovanni Sarubbi *

I terremoti in Italia non sono una novità. Il nostro territorio è noto per la sua sismicità e per i ripetuti disastri che periodicamente lo colpiscono.

Ciò che colpisce, anche nel terremoto di questa mattina a L’Aquila, non è tanto il fenomeno naturale in se stesso ma il comportamento delle istituzioni preposte a quella che viene chiamata “protezione civile” e delle autorità a tutti i livelli, che sono sicuramente responsabili delle situazioni di degrado in cui vivono la generalità dei paesi soprattutto al sud. Crollano i vecchi palazzi degradati, le vecchie case di pietra ma anche le nuove costruzioni di cemento armato.

Anche in questo terremoto, infatti, registriamo il caso di decine di palazzi di cemento armato crollati come può crollare un castello di carte a fronte di un terremoto che i geologi definiscono di entità moderata. Quando ciò succede, come sanno bene i tecnici delle costruzioni, significa che quelle case sono state costruite male. Chi doveva controllare non lo ha fatto, chi doveva impedire che quelle case potessero essere abitate ha chiuso gli occhi la bocca e gli orecchi. Chi ha costruito quelle case si è sicuramente arricchito sulla pelle di chi è rimasto sotto le macerie.

E’ già successo. Anche in Irpinia nel terremoto dell’80 un ospedale, quello di Sant’Angelo dei Lombardi, pur essendo stato da poco costruito, crollò, come crollarono tantissime altre abitazioni di cemento armato costruite con poco cemento e poco ferro.

Anche in questo terremoto i danni e i morti li fa l’uomo con le sue speculazioni edilizie, con il mancato recupero delle vecchie abitazioni, con l’abusivismo edilizio e la devastazione del territorio da parte di chi non si fa tanti scrupoli a costruire dove non si dovrebbe e rubando anche sulle cose essenziali. Anche in questo caso registriamo l’assoluta impreparazione dei cittadini ad affrontare eventi sismici: ognuno viene lasciato solo con se stesso senza alcuna informazione su cosa fare.

Il vero terremoto, la vera calamità del nostro paese sono le istituzioni dello Stato a tutti i livelli, da quello comunale a quello nazionale, che tutto fanno meno che interessarsi del buon vivere dei cittadini. Istituzioni che sono tutte protese a soddisfare gli interessi delle classi più forti e ingorde della società, interessate solo al loro profitto e non certo al bene comune.

Ora assisteremo al copione di sempre in questi casi. La solidarietà della gente semplice da una parte e dall’altro lo scatenarsi degli appetiti dei soliti pescecani che tenteranno, sapendo bene di riuscirci, di mettere le mani sui fondi per la ricostruzione o sugli stessi aiuti delle prime ore. Storie già viste e vissute da tante popolazioni del nostro territorio, soprattutto al sud, come in Belice, in Irpinia, in Calabria, in Umbria e Abruzzo, dove ci sono ancora persone terremotate da 50 e più anni.

Giovanni Sarubbi

* Il Dialogo, Lunedì 06 Aprile,2009 Ore: 10:56


-   SCHEDA *

-   Un secolo di terremoti in Italia

-  Dal sisma che devastò Messina e Reggio nel 1908 alla tragedia in Irpinia *

-  MILANO - Il terribile terremoto che ha colpito l’Abruzzo si aggiunge a una lunga scia di disastri sismici che, nell’ultimo secolo, hanno colpito l’Italia. Dalla terribile scossa che in 37 ’interminabili’ secondi squassò Messina e Reggio nel 1908 fino al drammatico evento sismico che ha colpito l’Aquila e le zone limitrofe..

-  1908 (28 dicembre) Messina e Reggio (magnitudo 7,2): rase al suolo le città di Reggio Calabria e Messina e tutti i villaggi nell’area, causando quasi 100.000 morti. Si tratta della più grave sciagura naturale in Italia per numero di vittime.

-  1915 (13 gennaio) Avezzano, in Abruzzo (magnitudo 6,8): furono distrutte dal sisma Avezzano e tutto il territorio della Marsica. I morti ammontarono a circa 30.000.

-  1917 (26 aprile) Umbria e Toscana: furono distrutte dal sisma Monterchi, Citerna e Sansepolcro, e furono provocati danni a tutti i centri urbani dell’alta valle del Tevere.

-  1920 (7 settembre) Garfagnana e Lunigiana, in Toscana (magnitudo 6,5): con epicentro a Fivizzano; provocò 300 morti solo nel Comune che all’epoca contava 18.000 abitanti.

-  1930 (23 luglio) Irpinia, in Campania (magnitudo 6,7): 1.425 morti.

-  1968 (15 gennaio) Belice, nella Sicilia occidentale (magnitudo 6): rase al suolo diversi paesi del trapanese; le vittime furono almeno 300.

-  1971 (6 febbraio) Tuscania, nel Lazio (magnitudo 4,5): un terremoto semidistrusse la cittadina del viterbese, danneggiando gravemente i monumenti romanici e provocando 31 morti.

-  1976 (6 maggio) Friuli (magnitudo 6,1). Circa 1.000 le vittime.

-  1979 (19 settembre) Valnerina: il sisma provocò gravi danni a Norcia, Cascia e le aree limitrofe danneggiando i monumenti e provocando diversi morti.

-  1980 (23 novembre) Irpinia (magnitudo 6,9): devastate diverse zone tra la Campania e la Basilicata, con danni ingentissimi soprattutto nell’area del Vulture. Distrutti numerosi paesi, i morti saranno quasi 3.000.

-  1984 (7 e 11 maggio) Molise, Lazio e Campania con epicentro a San Donato Val di Comino (magnitudo 5,2), 7 morti.

-  1984 (19 ottobre): Catania con epicentro a Zafferana Etnea. Una vittima, centinaia di sfollati, danni ingenti al Palazzo Municipale e alla Chiesa Madre.

-  1990 (13 dicembre) Santa Lucia nella Sicilia sud-orientale (magnitudo 5,1): gravi danni ad Augusta e Carlentini con 16 vittime, molti danni nell’area del Val di Noto.

-  1997 (26 settembre e scosse meno forti nei giorni seguenti) Umbria e Marche (magnitudo 5,6): scosse disastrose ed edifici inagibili nelle zone di Assisi, Colfiorito, Verchiano, Foligno, Sellano, Nocera Umbra, Serravalle di Chienti, Camerino; 11 morti.

-  2002 (31 ottobre-2 novembre) Molise e Puglia (magnitudo 5,4): San Giuliano di Puglia. Crollata una scuola dove morirono 27 bambini; 30 morti in tutto.

-  2003 (11 aprile) Cassano Spinola, Alessandria (magnitudo 4,6): scossa avvertita in tutto il nord-ovest. Nei giorni successivi la provincia di Alessandria ha stimato danni tra 60 e 80 milioni di euro: 300 sfollati, 5mila case lesionate.

-  2009 (6 aprile) L’Aquila e zone limitrofe (magnitudo 5,8) tra le frazioni di Collimento e Villagrande, a 5 chilometri di profondità. Decine di vittime, molti edifici crollati, centinaia gravemente danneggiati; il sisma è stato nettamente avvertito in tutto il centro Italia fino a Napoli. La scossa principale è stata seguita da decine di scosse di assestamento. Dichiarato lo Stato d’emergenza nazionale.

* Corriere della sera, 06 aprile 2009


Sul tema, nel sito, una storia ’antica’:

-  TERREMOTO E RICOSTRUZIONE. Il dramma de L’Aquila e dei paesi abruzzesi interroga architetti e urbanisti.

-  POLITICA E URBANISTICA. ROMA E I "SETTE COLLI":
-  LO SCEMPIO DEL “TERRITORIO” E LE “CAMERE” SGARRUPATE!!!

-  Terremoto d’Abruzzo e Camorra. Saviano, cittadino onorario de L’Aquila, visita le zone del sisma e lancia l’allarme


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