DOPO L’ANNO DELLA PAROLA (2008), L’ANNO DEL SACERDOTE DI "MAMMONA" ("CARITAS"), SECONDO LA TRADIZIONALE TEOLOGIA "VAN-GELICA" VATICANA (Benedetto XVI, "Deus caritas est", 2006)!!!

Anno sacerdotale, 2009 avanti Cristo. Sulla lettera ai preti di Benedetto XVI, un intervento di Nicole Sotelo ("Non ditelo al papa") - a cura di Federico La Sala

martedì 23 giugno 2009.
 

-  AI CERCATORI DEL MESSAGGIO EVANGELICO. Una nota sulla "lettera" perduta.



Non ditelo al papa

di Nicole Sotelo *

Papa Benedetto ha confermato il 19 giugno come l’inizio dell’Anno Sacerdotale. Ha proclamato che "senza il ministero presbiterale non ci sarebbe Eucaristia, non ci sarebbe missione, né chiesa". Mi secca essere l’unico ad informarlo che l’Eucaristia, la missione e la chiesa esistevano già molto prima che ci fosse il prete.

Secondo il Vangelo, Gesù non era un prete e neanche i suoi discepoli lo erano. Troviamo riferimenti a Gesù come prete nella Lettera agli Ebrei. L’autore usa questo termine per riferirsi a Gesù come il nuovo ed ultimo "Sommo Sacerdote", segnando la fine della lunga serie di leader giudei. L’autore inoltre conferma che i preti non sono più necessari poiché non lo sono i sacrifici. Gesù è stato l’ultimo sacrificio ed è il nostro ultimo sacerdote.

Forse il papa ha dimenticato che Gesù non era attento al presbiterato, ma al ministero. Egli chiamava le persone ad amministrare insieme a lui, a prescindere dal loro status sociale. Egli ha chiamato pescatori e pubblicani, nonché una donna con sette demoni. Tutti erano responsabili dell’edificazione del regno di Dio. Tutti erano invitati ad amministrare ed a farlo secondo i titoli attribuiti dalla stessa comunità sulla base dei carismi.

Alcuni erano chiamati profeti, altri maestri ed altri ancora apostoli. Solo più tardi iniziamo a vedere la nascita di una struttura ministeriale formale con una relativa terminologia, quando i seguaci di Gesù vennero influenzati ed integrati nell’Impero Romano. Fino al 215 non ci furono ordinazioni rituali di vescovi, preti o diaconi.

La creazione della struttura clericale comportò la divisione dei cristiani in "clero" e "laici". Nei primi anni del cristianesimo, tuttavia, Paolo ricordava ai seguaci di Gesù "Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Gal 3,28). Dopo la nascita dell’ordinazione e del presbiterato, si è sviluppato l’ordine gerarchico tra i fedeli. Il termine "ordinazione" deriva dal latino "ordinare" che significa "fare ordine".

Si è sviluppato dall’usenza romana del termine "ordines" che si riferiva alle classi del popolo di Roma distinte a seconda della eleggibilità ai ruoli governativi. I laici sono diventati "di-ordinati" rispetto al clero. Il termine "laico" deriva dalla parola "laikoi" che si riferisce a quelli che nella società Greco-Romana non erano "ordinati" nell’ambito di una struttura politica prestabilita.

Il termine "clero"deriva da "kleros" che significa "gruppo separato". Mentre molti cristiani continuarono ad amministrare all’interno della chiesa, e perfino alcune donne acquisivano il titolo di diacono, prete o vescovo, molti a cui era attribuito questo titolo facevano parte di un gruppo ristretto di uomini appartenenti ad un particolare contesto socio-politico o ordine religioso.

Questo è perdurato fino al 1964 quando il Vaticano II ha ricordato alla chiesa che il ruolo di ministro, o prete, non era limitato agli ordinati, ma era una chiamata per tutti i battezzati. Il documento Lumen Gentium, proclamava che i laici sono stati "resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano" (31). Il presbiterato, che deriva dalle basi dei ministeri primitivi dei seguaci di Gesù, è stato restituito a tutti i cristiani. Tutti sono nuovamente chiamati al ministero.

Tutti i cristiani sono chiamati a far parte dei ruoli profetici, sovrani e, sì, anche presbiterali relativi la missione della chiesa.

Quindi mentre il papa esorta i preti ordinati alla riflessione in questo Anno Sacerdotale, la chiamata arriva a tutti noi, affinché riflettiamo su come stiamo vivendo il nostro ministero per la chiesa e per il mondo. Non mi preoccuperei di dire al papa che l’Eucaristia, la missione e la chiesa esistevano già molto prima dei preti, e neanche che l’Anno Sacerdotale dovrebbe essere un anno dedicato a tutti i laici, piuttosto mi preme che siamo noi a capirlo.

Questo Anno Sacerdotale è una opportunità per tutti i fedeli cristiani per riflettere sul ministero presbiterale, e attraverso di esso, riprenderci il nostro.

-  Testo reperito da Patrizia Vita
-  Traduzione di Stefania Salomone

* il Dialogo, 18.06.2009


TESTO ORIGINALE:

Don’t tell the pope

by Nicole Sotelo on Jun. 11, 2009

Pope Benedict has declared June 19 as the beginning of the Year of the Priest. He has proclaimed that “without priestly ministry, there would be no Eucharist, no mission and even no church.” I hate to be the one to inform him, but Eucharist, mission and church existed long before the rise of priesthood.

According to the Gospels, Jesus was not a priest, nor were his disciples. We do see reference to Jesus as a priest in the Letter to the Hebrews. The author uses the word to refer to Jesus as the new and last “High Priest,” ending a long line of Jewish leaders. The author claims that priests are no longer necessary because no more sacrifices are needed. Jesus was the ultimate sacrifice and is our final high priest.

Perhaps the pope has forgotten that Jesus was not focused on priesthood. He was focused on ministry. He called people to minister alongside him, regardless of their status in society. He called out to fishermen and tax collectors and the woman with seven demons. Everyone was responsible for engendering the kingdom of God.

All were invited to minister and they did so with various titles given to them by the community based on their gifts. Some were called prophet, others teacher and still others apostle. It was only later that we begin to see the emergence of a formal ministry structure and corresponding terminology as the followers of Jesus were influenced and integrated into the Roman Empire. It is not until 215 A.D. that we have evidence of an ordination ritual for bishop, priest and deacon.

The emergence of the clerical structure eventually led to a division of the Christian faithful into “clergy” and “laity.” In the early years of Christianity’s emergence, however, Paul reminded Jesus’ followers, “There is no longer Jew or Greek, there is no longer slave or free, there is no longer male and female; for all of you are one in Christ Jesus” (Galatians 3:28).

After the rise of ordination and priesthood, there develops a hierarchical order among the faithful. The word “ordination” derives from the Latin “ordinare” which means “to create order.” It developed from the Roman usage of the words “ordines” that referred to the classes of people in Rome according to their eligibility for government positions.

The laity became “dis-ordered” from the clergy. The word “laity” originates from the word “laikoi” that referred to those in Greco-Roman society who were not “ordered,” or “ordained” within the established political structure. The word “clergy” comes from the word “kleros,” meaning “a group apart.”

While many Christians continued to minister within the church and even some women carried the titles of deacon, priest and bishop, most carrying this title were part of a limited group of men commissioned within the context of a particular socio-political and religious order.

This endured until 1964 when the Second Vatican Council reminded the church that the role of minister, or priest, was not limited to the ordained, but was a call to all the baptized. The document, Lumen Gentium, proclaimed that the laity were “made sharers in the priestly, prophetical and kingly functions of Christ; and they carry out for their own part the mission of the whole Christian people in the Church and in the world” (31).

Priesthood, which arose out of the foundation of the early ministries of Jesus’ followers, was now returned to all Jesus’ faithful. All people are called to ministry again. All Christians are meant to share in the prophetic, sovereign and, yes, even priestly roles within the mission of the church.

So while the pope is exhorting ordained priests to reflection in this Year of the Priest, the call goes out to all of us to reflect on how we are living out our ministry in the church and world.

I wouldn’t worry about telling the pope that Eucharist, mission and church existed long before the priesthood, nor that the Year of the Priest should really be a year dedicated to all the laity. Instead, we need to understand this ourselves.

The Year of the Priest is an opportunity for the entire Christian faithful to reflect on priestly ministry, and in so doing, to claim our own.

Nicole Sotelo is the author of Women Healing from Abuse: Meditations for Finding Peace, published by Paulist Press, and coordinates www.WomenHealing.com. A graduate of Harvard Divinity School, she currently works at Call To Action.



-  LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM".
-  Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!



Ansa» 2009-06-18 13:23

PAPA: DEPLORIAMO INFEDELTA’ PRETI MA RICORDIAMO QUELLI FEDELI

CITTA’ DEL VATICANO - Le "infedeltà" dei sacerdoti non sono "mai abbastanza deplorate": è "la Chiesa stessa a soffrirne" ed "é il mondo a trarne motivo di scandalo e di rifiuto". Ma, ricorda il papa chiamando tutti i preti cattolici a una "forte e incisiva testimonianza nel mondo di oggi", ci sono anche tanti preti veri e non "é tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri che può giovare alla Chiesa". Benedetto XVI ricorda così la "fedeltà coraggiosa di tanti sacerdoti che, pur tra difficoltà e incomprensioni, restano fedeli alla loro vocazione".

Nella lettera che ha indirizzato a tutti i sacerdoti del mondo in occasione dell’anno sacerdotale che inaugurerà domani, papa Ratzinger ha sottolineato anche "le numerose situazioni di sofferenza in cui molti sacerdoti sono coinvolti, sia perché partecipi della esperienza del dolore nella molteplicità del suo manifestarsi, sia perché incompresi dagli stessi destinatari del loro ministero: come non ricordare - scrive il papa - i tanti sacerdoti offesi nella loro dignità, impediti nella loro missione, a volte anche perseguitati fino alla suprema testimonianza del sangue?".

La lettera ai preti di tutto il mondo serve al papa per tracciare l’identikit del parroco e della sua missione e giunge dopo che nelle scorse settimane Benedetto XVI ha tenuto due vertici in Vaticano, con la Chiesa irlandese e con quella austriaca, in cui sono state affrontate alcune "infedeltà" dei sacerdoti, in particolare la pedofilia per l’Irlanda e i preti concubini per l’Austria. Oltre al ricordo dei preti "martiri" e alla condanna delle infedeltà (la pedofilia non è mai citata esplicitamente) papa Ratzinger, a partire da ricordi personali come l’incontro con il suo primo parroco che aiutò dopo l’ordinazione e dal confronto con la figura del curato d’Ars, evangelizzatore della Francia dell’Ottocento, definisce "doveroso estendere sempre più gli spazi di collaborazione ai fedeli laici, con i quali - rimarca - i presbiteri formano l’unico popolo sacerdotale...".

Se il Concilio, ricorda il pontefice, ha chiesto di riconoscere "la dignità dei laici", i preti "siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, considerando con interesse fraterno le loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi della attività umana, in modo da poter insieme riconoscere i segni dei tempi". Solo preti "incarnati" e capaci "di una profonda vita spirituale", raccomanda il pontefice, possono "trasformare il cuore e la vita di tante persone", facendo loro percepire "l’amore misericordioso di Dio". A un buon prete, suggerisce, non deve mancare la Parola di Dio, unica in grado di evitare che "nasca un vuoto esistenziale in noi e sia compromessa la fiducia nel nostro ministero". E, come disse Paolo VI, ricordiamo che il mondo contemporaneo "ascolta più volentieri i testimoni che i maestri".

Nella lettera, il papa accenna anche alla necessità che i preti vivano in comunità, accolgano con fiducia i movimenti ecclesiali e siano obbedienti ai vescovi. Chiede anzi una "fraternità sacerdotale effettiva e affettiva": "solo così - commenta - i sacerdoti sapranno vivere in pienezza il dono del celibato e saranno capaci di far fiorire comunità cristiane nelle quali si ripetano i prodigi della prima predicazione del Vangelo".

’’PRETI NON RASSEGNATEVI AI CONFESSIONALI VUOTI’’ - "I sacerdoti non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli" verso il sacramento della confessione. Lo raccomanda il papa nella lettera ai tutti preti del mondo in occasione dell’anno sacerdotale che inaugurerà domani. Benedetto XVI, invitando i preti a ispirarsi all’esempio del curato d’Ars, patrono dei parroci, (che stava in confessionale fino a 16 ore al giorno, ndr) chiede ai sacerdoti di imparare, di "mettere al centro delle nostre preoccupazioni pastorali" il sacramento della confessione, imparando dal curato "una inesauribile fiducia nel sacramento della penitenza".

Ai tempi del curato d’Ars Jean-Marie Vianney, nella Francia postrivoluzionaria, osserva il papa, "la confessione non era né più facile, né più frequente che ai nostri giorni, dato che la tormenta rivoluzionaria aveva soffocato a lungo la pratica religiosa. Ma egli cercò in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenza sacramentale, mostrandola come un’esigenza intima della Presenza eucaristica. Seppe così dare il via a un circolo virtuoso. Con le lunghe permanenze in chiesa davanti al tabernacolo - racconta il pontefice - fece sì che i fedeli cominciassero ad imitarlo, recandovisi per visitare Gesù, e fossero, al tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco, disponibile all’ascolto e al perdono. In seguito, fu la folla crescente dei penitenti, provenienti da tutta la Francia, a trattenerlo nel confessionale fino a 16 ore al giorno". Riscoprire la penitenza, raccomanda il papa, significa ricordarsi della "misericordia di Dio".

La lettera si conclude con un forte incoraggiamento: "nonostante il male che vi è nel mondo" Cristo ci dà "la forza per guardare con fiducia al futuro". Da qui i preti devono partire per essere "nel mondo di oggi messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace".



IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA DEL PAPA PER L’APERTURA DELL’ANNO SACERDOTALE

SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:

-  SINODO DEI VESCOVI 2008. L’ANNO DELLA PAROLA DI DIO: AMORE ("CHARITAS") O MAMMONA ("CARITAS")?! Fatto sta che la prima enciclica di Papa Benedetto XVI (Deus caritas est, 2006) è per Mammona.

-  UN FALSO FILOLOGICO, ANTROPOLOGICO E TEOLOGICO. DIO e’ AMORE ("CHARITAS") non MAMMONA ("CARITAS"), COME SCRIVE BENEDETTO XVI ("Deus caritas est", 2006).
-  Così "il Dio del denaro" inganna Papa Ratzinger, e Papa Ratzinger inganna gli uomini.... e rende cieco anche Enzo Bianchi

-  AI CERCATORI DEL MESSAGGIO EVANGELICO. Una nota sulla "lettera" perduta.

-  DAL DISAGIO ALLA CRISI DELLA CIVILTA’: FINE DEL "ROMANZO FAMILIARE" EDIPICO DELLA CULTURA CATTOLICO-ROMANA.

-  BUONA NOVELLA: "DIO NON E’ CATTOLICO" (Carlo Maria Martini). DIO E’ AMORE (Charitas), NON MAMMONA (Benedetto XVI, "Deus caritas est", 2006).
-  CACCIARI E VATTIMO CONTRO IL CATTOLICISMO DI PAPA RATZINGER. Il Dio ("Charitas") di Gesù non è il Dio ("Caritas") del Denaro e della carità (elemosina) della gerarchia del cattolicesimo-romano

PER HANS KUNG E BENEDETTO XVI, UN ’RICORDO’ DELLA LEZIONE DI SIGMUND FREUD. IL CELIBATO DEI PRETI E’ UN "ANACRONISMO" (COME RIPETE "LE MONDE"), MA E’ IL PILASTRO STESSO DELLA PRE-EVANGELICA ED EDIPICA "SACRA FAMIGLIA" VATICANA, DELL’ORDINE SIMBOLICO DI "MAMMASANTISSIMA" E DI "MAMMONA"!!!



[I Corinthii 13] *

13:1 Si linguis hominum loquar, et angelorum, charitatem autem non habeam, factus sum velut æs sonans, aut cymbalum tinniens.

[...]

13:13 Nunc autem manent, fides, spes, charitas: tria hæc. maior autem horum est charitas.

* Biblia Sacra: Epistola Ad Corinthios Prima


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