L’ITALIA, SEDOTTA E MASSACRATA, MUORE COME LA VECCHIA "TROIA"!!!
Berlusconi: niente elezioni anticipate
Il Cavaliere va all’attacco: «Farabutti in giornali e tv. La Rai? Contro di me»
di R.R. *
ROMA Di rado Berlusconi aveva raggiunto in passato la vis polemica sfoderata ieri sera da Vespa nei confronti degli oppositori. Ha ripreso a chiamarli «vecchi gufi veterocomunisti», quasi battibeccando col conduttore che lo invitava a moderare i termini: «So ben io cosa voglio dire...». E ha liquidato la possibile alleanza con l’Udc, dipingendo i centristi come un partito che «pensa agli assessori e alle clientele». Casini s’è collegato in diretta per sfidarlo: «Allora vuol dire che farete a meno dell’alleanza con noi». E il Cavaliere, inflessibile: «Auguri...». Il bello è che alle prossime elezioni regionali mancano ancora sei mesi, ma già il clima è quello da corrida. Berlusconi appare inferocito con «i troppi farabutti da cui siamo circondati in politica, stampa e televisione».
La Rai? «Pagata con i soldi dei cittadini, è l’unica azienda televisiva al mondo che attacca una sola parte politica, la maggioranza di governo». Brucia al Cavaliere l’estate di rivelazioni sulla sua vita privata, dall’annuncio di divorzio in poi. Giudica «delinquenziale» sostenere che la libertà di stampa è in pericolo, lascia che sia Vespa a contrastare i critici della sua presenza nel «Porta a Porta», si limita a sostenere scherzoso che lui avrebbe preferito gustarsi in tivù la partita del Milan (che ha giocato e vinto in contemporanea). Ma poi eccolo ripartire lancia in resta contro «Repubblica», un attacco frontale che rincara le accuse contro il direttore Mauro («è dichiaratamente un evasore fiscale», sostiene il premier ignorando le secche smentite dell’interessato) e contro De Benedetti (qualificato spregiativamente come «editore svizzero»).
La querela noi confronti di quel gruppo editoriale, sostiene il premier, «è il minimo che potessi fare dopo cinque mesi di attacchi». Qui lo sfogo del Cavaliere si fa inarrestabile: «Un capo del governo che vede diffamare il proprio Paese da giornali chiaramente imbeccati, che è stato zitto per tutto il tempo senza reagire, non ha nemmeno il diritto di adire alle vie legali per sostenere che questa non è libertà di stampa ma si chiama diffamazione? Tutti lo hanno fatto, solo quando lo faccio io è uno scandalo». Vespa, a tutela degli assenti, ha ribattuto che un quotidiano potrebbe sentirsi intimidito da prese di posizione del genere. E Berlusconi, sempre più carico: «Intimidito? Lei ha un senso dell’ironia molto elevato, dottor Vespa...».
I festini? «Una volta che tutti conoscessero la realtà capirebbero che «sono stato calunniato con spazzatura che non corrispondeva al vero. Sono stato accusato di aver partecipato a festini o peggio: da quando sono nato non ho mai consentito che si svolgesse qualcosa di irregolare, incivile o inelegante: sono tutte infamie che non corrispondono al vero», Giungono nella circostanza alcuni chiarimenti politici. Su Fini, «professionista della politica» il quale ha una diversa concezione del partito. Su Bossi, che non punta alla secessione ma si limita «a carezzare i suoi elettori». Sulle elezioni anticipate, che qualcuno considera la carta di riserva del premier, ma Berlusconi nega: «Mai pensato a tornare alle urne, intendo portare avanti il mio mandato fino al termine». Sullo slancio, eccolo dichiararsi migliore di De Gasperi, «un padre della patria che ha svolto un compito difficile», certo, però sul piano delle realizzazioni concrete «non è paragonabile a quanto ha svolto il mio governo...».
Sul tema, nel sito, si cfr.:
IL SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE GENERA MOSTRI
BERLUSCONI E LA "MEZZA" DIAGNOSI DEL PROF. CANCRINI.
L’ITALIA, SEDOTTA E MASSACRATA, MUORE COME LA VECCHIA "TROIA"!!!
MOZIONE DI SFIDUCIA: DIMISSIONI IMMEDIATE PER IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO.
CHI HA PERSO LA TESTA?! BERLUSCONI COMBATTE CONTRO L’ITALIA ED EZIO MAURO ’PENSA’ (FA PENSARE) CHE COMBATTE CONTRO "la Repubblica"!!! Roba da pazzi!!! Avanti tutta: "FORZA ITALIA"!!!
Ezio Mauro: "Berlusconi ha perso la testa
Repubblica è la sua ossessione"
"Cercano di intimidire Fini con dossier a sfondo sessuale"
ROMA - "Ancora una volta ha perso la testa, definendo farabutti politici, stampa e televisione. Ed ha attaccato Repubblica, la sua ossessione da mesi". Intervistato da Repubblica TV il direttore di Repubblica Ezio Mauro replica così a Silvio Berlusconi che ha pesantemente attaccato il nostro quotidiano nel corso di Porta a Porta in onda ieri sera. Uno show partito dalla consegna delle case ad Onna e proseguito con una serie di attacchi (senza contraddittorio) contro il nostro quotidiano. "Non è in grado di rispondere alle nostre domande e chiede al giudice di bloccarle. E’ il primo leader politico al mondo che ha paura delle domande al punto di portarle in tribunale", dice Mauro ricordando le dieci domande a cui Berlusconi non ha mai risposto.
Vede un tentativo in atto per "normalizzare" Rai3, il direttore di Repubblica. Sostituire il direttore della rete e magari metterci uno "spaventapasseri di sinistra" che "decapiti i personaggi scomodi come Travaglio". Una manovra che, in questi giorni, ha visto cancellare la puntata di Ballarò e stendere un velo di incertezza su trasmissioni come Report e Annozero.
Poi l’attenzione torna su Repubblica e gli attacchi del Cavaliere. "Dice che perdiamo copie? Berlusconi è disperato e calunnia. E ieri sera il suo notaio personale (Bruno Vespa, ndr) si è ben guardato da dirgli qualcosa" continua Mauro. Che ricorda la manifestazione per la libertà di stampa che si terrà sabato a Roma.
Tocca a Fini, al suo contrasto con Berlusconi e agli attacchi subito dal Giornale diretto da Feltri e di proprietà della famiglia Berlusconi. "Quello che è evidente è che stanno cercando di intimidirlo preventivamente con minacce di dossier a sfondo sessuale - continua Mauro - Si cerca di bloccare il pensiero di chi non è conforme al berlusconismo. Per questo mi chiedo si può governare l’Italia a colpi di dossier? Si possono usare servizi segreti per preparare dossier su persone non conformi? Si può sostituire alla politica la minaccia? E’ questa la questione che riguarda la democrazia e che giustifica la manifestazione di sabato".
* la Repubblica, 16 settembre 2009
Intervista a Davide Sassoli
«In Rai situazione gravissima.
Il 19 in piazza possiamo fermare l’assalto finale»
di Andrea Carugati (l’Unità, 17.09.2009)
«Mi aspettavo che la maggioranza avrebbe cercato di fare dei rimescolamenti in Rai, ma non una blindatura di questo genere, che non ha precedenti neppure sotto i passati governi Berlusconi». David Sassoli, impegnato a Strasburgo nel voto su Barroso, guarda alla situazione in Rai: «È gravissima, la potenza mediatica del premier si sta accanendo contro tutte le voci libere».
All’europarlamento che commenti ha raccolto?
«Ci chiedono cosa sta succedendo in Italia, sono stupiti. Negli altri paesi le presenze dei politici in tv sono gestite con rigore, c’è il senso di una indipendenza delle emittenti, a partire dalla Bbc. Mentre da noi il potere del governo non trova alcun freno...».
Come valuta il comportamento del presidente Rai Garimberti, indicato dal Pd?
«Il suo è un ruolo delicato, in una situazione difficilissima. Mi sembra prematuro dare un giudizio sulla sua esperienza».
Adesso però si prepara l’assalto finale a Rai3? Il Pd cosa dovrebbe fare?
«Faremo di tutto per impedire l’occupazione dei pochi spazi di autonomia e di libertà rimasti in Rai. La manifestazione di sabato può essere molto utile per mettere Rai3 e Tg3 al riparo dagli assalti. Del resto il potere ce l’hanno loro, noi abbiamo solo l’iniziativa politica, la possibilità di mobilitare l’opinione pubblica. Con la manifestazione ma anche con il nostro congresso e con le primarie: solo con la partecipazione possiamo risvegliare un paese narcotizzato da 15 anni».
Domani (oggi, ndr) lei presenta a Roma la lista «Semplicemente democratici» a sostegno di Franceschini. Ci sono nomi di prestigio, dalla Serracchiani alla Borsellino. Qual è la vostra cifra? Il “nuovismo”?
«La discussione su nuovo e vecchio non ci interessa, l’obiettivo è scommettere su un’identità nuova e comune del Pd, che si costruisce proveniendo da storie diverse e andando oltre le forze che hanno fatto nascere il Pd. Ci saranno anche Cofferati, Stefania Pezzopane, Michele Emiliano (che precisa: «Ci sarò per David e Debora, ma rimango neutrale nel congresso nazionale»). Abbiamo scelto Franceschini per guardare avanti e non indietro, perché vuole scommettere su una nuova classe dirigente, per avere un partito forte ma anche aperto, che non rinunci alle primarie».
Nei primi congressi però è avanti Bersani...
««Il segretario verrà scelto con le primarie, i congressi servono solo per individuare i tre candidati. Che del resto ci sono già, dunque tutta questa prima fase mi pare solo un esercizio di stile: arrivare alle primarie col 40% o col 30% non fa differenza...». Che fa, critica anche lei lo statuto come fanno i bersaniani? «Critico questo meccanismo sbagliato che serve solo ad aumentare le tensioni nel partito».❖
Marco Pannella.
«I paladini della stampa sono gli stessi che hanno creato questo sistema»
Perché non vado in piazza con Rep.
di Sonia Oranges (il Riformista, 17.09.2009)
Lo storico leader radicale spiega il suo no alla manifestazione di piazza del Popolo: «Quelli che oggi urlano allo scandalo sono gli stessi che hanno creato questa situazione».
Questi o quelli, destra, sinistra o centro, poco cambia: per Marco Pannella, i paladini della libertà d’informazione che sabato hanno convocato in piazza del Popolo la voce del dissenso, sono in realtà assolutamente funzionali a un sistema antidemocratico. Che, a suo avviso, non nasce oggi, né con il premier Silvio Berlusconi. Così, i Radicali, da sempre in prima linea in qualsiasi battaglia di libertà, in piazza brilleranno per la propria assenza.
Perché? Sono felice che la gente perbene finalmente venga convocata per esprimersi su questo tema finora vero tabù con quello della giustizia. Sono 30 anni che sollecitiamo una reazione in questo senso. Il problema è che la "manifestazione di massa" è organizzata proprio da chi ha causato quel che si pretende di denunciare: ciò contro cui per quasi mezzo secolo i Radicali hanno combattuto mentre in nome dell’Antifascismo sono tornati a opprimere l’Italia, abolendo democrazia e Stato di diritto.
A che cosa si riferisce? Esattamente 35 anni fa, nel settembre del ’74, riuscimmo a ottenere, con l’appoggio dei nostri pochi iscritti e di qualche voce dissenziente, come quella di Francesco De Gregori, le dimissioni dalla Rai dell’onnipotente Bernabei, perché il servizio pubblico in realtà attentava ai diritti civili degli italiani. Da allora nulla è cambiato. Da allora la giustizia ha ritenuto di imputare di analogo attentato solamente Adriano Celentano, che disse una sciocchezza a proposito del referendum sulla caccia, e un terrorista che voleva uccidere qualcuno ma non aveva alcun progetto politico. Mentre noi continuavamo a chiedere la difesa della democrazia, in Italia morta da tempo sotto la pressione degli apparati dello Stato degni di un regime totalitario. Le condizioni in cui versano le carceri lo dimostrano bene.
Sì, ma chi sono questi "attentatori" della libertà d’informazione? Il Regime! Il Ventennio partitocratico, ora il Sessantennio. Ora la chiamano "bipolare" ma è la nuova forma del monopartitismo fascista. C’è poi il transpartito Eiar-Rai, antropologicamente ormai di mero potere anticostituzionale ed eversivo.
Eppure tre illustri giuristi hanno lanciato con successo un appello in questo senso. A loro ho scritto una lettera aperta, invitandoli a rileggere la storia che hanno vissuto, senza comprenderla. Intanto il Paese perbene è minchionato: da una parte i "buoni", gli amici, dall’altra i berlusconiani - i nemici. Peccato che siano stati proprio quei buoni a ridurre il Paese a un desolato deserto di democrazia che ha prodotto Berlusconi. Vede, a me appare del tutto chiaro i servigi che si imputavano a Bettino Craxi erano copertura di quel baratto tra Pci e Fininvest, erano un baratto strutturale tra l’area comunista, il partito della Rai, la sinistra perbene e la virtualità berlusconiana. Quelli che ora chiamano la gente in piazza contro Berlusca, col quale rubano insieme di notte e di giorno ostentano di litigare magari per la spartizione del bottino. Sono molto lieto che dopo la "diserzione" di noi Radicali, anche personalità così diverse e significative come Cesare Salvi e Raffaele Bonanni non abbiano aderito a questa parata di regime.
Insomma, ma secondo lei la libertà di stampa è in pericolo o no? Non è in pericolo, è vietata se non è di regime, partitocratica. Il sistema presceglie i propri oppositori. Per dieci anni, ad esempio, le notti "televisive" degli italiani sono state date in gestione a Rifondazione Porta a porta Comunista. In sette anni Vespa aveva invitato Emma Bonino sei volte e me cinque, di cui tre su sollecitazione del Garante. La Rai è stata sanzionata per ben 47 volte dall’autorità garante, che certo non avevamo nominato noi. E non c’è stato un solo democratico, tra quelli che sabato manifesteranno, che abbia detto una parola. Il Pdl è quello che è, ma il Partito cosiddetto democratico di Veltroni ha imposto la solitaria alleanza con Di Pietro e ha eliminato la presenza evidente di noi Radicali, che avremmo tentato quello che ci era già riuscito con la Rosa Nel Pugno, quando abbiamo fatto vincere Prodi. Il risultato è che noi siamo stati fatti fuori anche dall’Europa, mentre Tonino urla in tv senza togliere un solo voto a Berlusconi.
Però oramai siamo allo spostamento dei programmi perché tutti siano costretti a guardare il premier in tv. Il popolo italiano, dopo un sessantennio antidemocratico con tutte le caratteristiche di un regime fascista, dimostra che sui temi etici, come su quello del finanziamento ai partiti, è in sintonia con noi. Anche se non viene nemmeno più messo in condizioni di sapere se esistiamo. La gente, d’altra parte, non ha gradito affatto. Ha preferito calcio e fiction: solo tre milioni e mezzo per Berlusconi. Magra consolazione per Franceschini, lui quanti ne avrebbe avuti? Trent’anni fa inviai a Fede, che era in via del Babbuino, una livrea. Ne devo trovare un’altra, con più mostrine, da regalare a Bruno Vespa.
Ma non le sembra che ci sia un’intolleranza senza precedenti verso un pensiero un po’ diversificato? Un’intolleranza , semmai, che è invece regola assoluta con mezzo secolo ormai di precedenti. Ora è ufficiale. Fa parte del gioco trasformare delle vecchie bagasce in vergini scandalizzate. Ma non sono credibili, sembrano delle vecchie maitresse incartapecorite che pretendono di lavorare in bordelli di lusso.
Se stiamo messi così male, che cosa dobbiamo sperare? L’obiettivo dei Radicali è chiaro, preciso, dite pure folle e ridicolo. Farla finita con questo Sessantennio, prima che Berlusconi, che ha a che fare con cose ormai più grandi di lui, incapace di governarle, se ne vada e porti il Paese al macello. È il momento di preparare un Governo alternativo al regime. Un Governo di liberazione.
Sì, ma qui siamo a corto di uomini. Dissento. A ben vedere c’è solamente l’imbarazzo della scelta. Noi Radicali abbiamo un solo obiettivo: fare la Riforma "americana" e un governo alternativo, come noi già siamo per storia e capacità dimostrate.
Il capo dello Stato da Tokyo esprime il suo giudizio sulla missione italiana
"Nulla da rivedere. Nel mondo politico non vedo divisioni, almeno dalla parte del Pd"
Afghanistan, verso la transition strategy
Napolitano: "Italia manterrà i suoi impegni"
Berlusconi: "Avevamo già un progetto di riportare a casa i soldati mandati per le elezioni"
Fassino: "Avvilente che dei governanti cavalchino in modo demagogico queste emozioni"
ROMA - "Non credo ci sia nulla da rivedere nella missione italiana in Afghanistan. Manterremo gli impegni presi". Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in chiusura della visita a Tokyo, all’indomani dell’attentato di Kabul costato la vita a sei parà italiani. Aggiungendo di non vedere diviosni, "almeno dalla parte del Pd"
Alla domanda di un giornalista sulle differenti posizioni sulla missione all’interno delle forze del governo, in particolare riferendosi alle dichiarazioni dei ministri La Russa e Bossi, Napolitano ha tagliato corto invitando il reporter a riformulare la stessa domanda in una conferenza stampa del presidente del Consiglio.
Quindi, riprendendo il discorso, ha ribadito come la missione italiana a Kabul sia "un impegno condiviso, confermato e pienamente coerente delle istituzioni italiane". Napolitano ha riferito di averne discusso anche durante l’ultima riunione del Consiglio Supremo della Difesa, in cui è stato confermato "in modo molto determinante l’impegno in Afghanistan come necessità di caratterizzare il nostro contributo tanto sul piano militare quanto su quello civile". Il problema, ha proseguito Napolitano, "non è vedere come rideterminare il contributo italiano che è stato sempre concepito in modo molto equilibrato".
"Io non ho titolo - ha sottolineato il presidente - per prevedere, auspicare, considerare necessaria una discussione in Parlamento. Questo non spetta a me dirlo ma al governo e al parlamento stesso: ritengo che sia comprensibile la discussione su come rimotivare la missione delle Nazioni Unite e non solo la presenza americana in Afghanistan perché quella in Afghanistan non è una guerra americana".
Le divisioni tra le forze politiche sulla missione in Afghanistan "voi le conoscete meglio di come", ha detto Napolitano ai giornalisti che gli chiedevano un commento sulle diverse posizioni delle forze politiche sulla missione a Kabul. "Comunque - ha aggiunto il presidente - ho avuto modo di leggere in rassegna stampa un articolo di un esponente del partito Democratico, il maggiore partito di opposizione, che segue le questioni politiche internazionali, ovvero l’onorevole Fassino, da cui non trapela alcuna divisione che venga, almeno, da quella parte".
Il Pd. Il Partito democratico, in questa occasione, sembra aver ritrovato una consonanza nel dire un secco "No" al ritiro. "Speravo che almeno nel giorno del lutto e del dolore il governo riuscisse a parlare con una sola lingua e un solo accento. Ancora una volta sentiamo invece il presidente del Consiglio e il ministro Bossi esprimere posizioni dissonanti da quelle del ministro della Difesa e del ministro degli Esteri", ha detto l’ex ministro della Difesa Arturo Parisi.
"Capisco l’ondata emotiva - ha aggiunto il responsabile esteri del Pd, Piero Fassino - ma che dei governanti cavalchino in modo demagogico queste emozioni, magari inseguendo dei sondaggi, mi sembra una cosa avvilente. Penso che tutte le forze politiche debbano rifarsi al richiamo alle responsabilità pronunciato dal capo dello Stato".
Berlusconi. Stamane il premier Silvio Berlusconi nel corso di una visita al sacrario dell’Esercito a Roma è tornato a parlare della missione italiana in Afghanistan: "Noi avevamo già un progetto, sempre condiviso con gli alleati, di riportare a casa i soldati che avevamo mandato in occasione del periodo elettorale: e poi bisognerà mettere a punto una transition strategy per caricare di maggior responsabilità il nuovo governo".
La Russa. "Nel Consiglio dei ministri tutti hanno condiviso la linea che ho esposto", ha affermato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, al termine del Consiglio dei ministri di oggi. Sulle polemiche La Russa ha tagliato corto: "Ora è il momento del cordoglio, della vicinanza e della solidarietà ai nostri ragazzi che hanno sacrificato la vita per il Paese". il ministro ha spiegato che "in queste ore discutere o ipotizzare sull’onda dell’emotività exit strategy o qualsiasi altro tipo di strategia, può essere inteso da alcuni come un momento di debolezza e di vantaggio per il terrorismo. Può portare anche ad un’accresciuta azione di violenza nei confronti dei nostri soldati. Anche il ministro Frattini è d’accordo su questa posizione".
La Russa ha reso nota la linea dell’esecutivo: l’Italia non prenderà decisioni unilaterali in disaccordo con gli organismi internazionali. E’ confermato il rientro entro Natale dei 500 soldati in più inviati per le elezioni. Il rientro completo avverrà quando lo decideranno la Nato e l’Onu, ma la strada è lunga: "Siamo ancora in Kosovo, figuriamoci per l’Afghanistan".
* la Repubblica, 18 settembre 2009
La strage di Kabul e la strage della libertà di stampa
di Paolo Farinella, prete
Oggi alle 13.45
Genova 18 settembre 2009 - . I titoli di quasi tutti i giornali, dei tg e dei commentatori sono unanimi: «Strage di Italiani in Afghanistan: 6 militari uccisi». Ecco il modo ideologico di leggere e dare false notizie per vere. La «strage» riguarda 20 afghani e 6 militari, tutti uccisi nello stesso istante e con le stesse modalità; poi vi sono oltre 60 feriti afghani e 4 militari italiani. I feriti italiani sono stati rimpatriati per le cure necessarie, gli afghani sono rimasti per strada e se non interviene Emergency restano lì ad aumentare il numero dei morti afghani.
A costo di apparire cinico (e non lo sono) non riesco a piangere questi morti «italiani», isolati dal loro contesto reale. Mi dispiace e sono addolorato che qualcuno debba morire così e per le loro famiglie che adesso avranno un vuoto esistenziale e affettivo che nessuno potrà riempire: non le parole d’ordinanza della retorica politica che subito ne ha fatto degli «eroi» in appoggio ad una politica miope, demenziale e incivile che pretendeva di esportare la democrazia con le armi e assicurare la sicurezza seminando morte tra la popolazione inerme afghana. Morti inutili, morti senza senso.
No! Non ci sto! I soldati morti sapevano che potevano morire (fa parte del loro mestiere), ma sono andati ugualmente per scelta e per interesse economico, cioè per guadagnare di più. So anche che molti vanno per il brivido della guerra, per dirla alla popolana, per menare le mani e sperimentare armi nuove e di precisione. Dov’è l’eroismo nell’uccidere sistematicamente, per sbaglio o per fuoco amico, civili che a loro volta sono vittime nel loro paese e vittime degli occupanti stranieri?
Dopo 8 lunghi anni di guerra, quali risultati ha portato la peacekeeping o la peacemaking? Se si chiama «peace» lo sterminato stuolo di mutilati, di affamati, di morti, come si deve chiamare la «guerra» o per dirla alla moderna la «war»? Prima che arrivassero Bush e i suoi valvassini in Afghanistan i talebani erano considerati «occupanti»; ora dopo 8 anni di occupazione occidentale, il popolo tifa per i talebani e potenzia le divisioni tribali che hanno portato ad un aumento di potere dei «signori locali della guerra » che hanno imposto la loro legge, aumentato la coltivazione del papavero e diffuso capillarmente la corruzione.
Dopo 8 anni di «peacekeeping» l’Afghanistan si trova con un presidente fantoccio, Karzai, corrotto e corruttore, che sta lì perché ha imbrogliato almeno un milione e mezzo di schede elettorali, che per vincere e avere i voti dei capi tribù ha introdotto nel diritto «democratico», difeso dalle armi occidentali, il diritto del marito di stuprare, violentare, picchiare e anche uccidere la moglie e le donne in sua proprietà. E’ questo l’obiettivo per cui sono morti i militari italiani, inglesi, spagnoli, tedeschi, e americani? Ne valeva la pena!
Sono morti inutili, morti che dovrebbero suscitare vergogna in chi li ha mandati e lì li ha tenuti e anche in coloro che vi sono andati per scelta libera e volontaria per avere uno stipendio proporzionato. No! Non sono eroi, sono vittime come sono vittime i morti afghani, come sono vittime i talebani usati dall’occidente quando venivano comodo contro i Russi e da questi, a loro volta, armati quando servivano alla bisogna; mentre ora i beniamini di ieri sono i nemici di tutti.
I funerali di Stato di questi sventurati morti per nulla o per la vanagloria dei loro fantocci governanti, come i 19 morti di Nassiriya, sono a mio avviso l’appariscenza di una retorica vuota e colpevole perché incapace di fare politica e politica di pace. Il potere assatanato ha bisogno di carne da macello che poi copre con gli onori di Sato: tanto pagano sempre i cittadini «sovrani» che non contano nulla.
La strage di Kabul, in Italia, ha interrotto «la democrazia», facendo spostare la manifestazione a favore della libertà di stampa di sabato 19 settembre 2009 ad altra data. E’ il segno della mistificazione. Queste morti sono funzionali al governo che così raffredda la piazza, allontana un colpo di maglio sferrato dalla società e il presidente del consiglio, l’amico di Bush e Putin, riprende la scena, mostrandosi afflitto e piangente ai funerali «dei nostri ragazzi», espressione orrenda che nega la verità dei fatti e conferma le ragioni che vi stanno dietro: questi «ragazzi» sono militari di carriera che sono andati da sé in un Paese in guerra e sono andati armati. Non sono «ragazzi», sono consapevoli e responsabili delle loro scelte e delle loro morti.
Spero che i figli e le famiglie non me ne abbiano perché il modo migliore per onorare i morti è continuare a garantire i diritti di tutti, non solo quelli di qualcuno, creando le condizioni perché questi diritti possono essere esercitati. Un pilastro della democrazia è la libertà di stampa e la libertà totale di criticare il governo. La «strage» di Kabul ha colpito in Italia, a 4.000 km di distanza, uccidendo insieme agli innocenti Afghani e ai soldati italiani, quella democrazia che solo un pazzo poteva pensare di esportare. In compenso si è saputo uccidere la democrazia italiana: chi ha deciso di spostare la manifestazione del 19 settembre è diventato complice della strage di Kabul, estendendola fino a noi. Ora la guerra è totale. Poveri morti, diventati la foglia di fico di un potere inverecondo che si nutre solo di rappresentazione vacua e vuota, effimera e assassina. No! non faccio parte del coro.
Paolo Farinella, prete
* Il Dialogo, Venerdì 18 Settembre,2009 Ore: 14:10