[...] In occasione della sua visita pastorale nelle parrocchie del centro storico, il presidente della Cei e arcivescovo di Genova ha incontrato una quindicina di transessuali nell’appartamento delle suore del Movimento contemplativo missionario padre de Foucauld in vico Untoria. "E’ stato molto cordiale, ha stretto la mano a tutti", racconta Regina Satariano dell’associazione Transgenere che ha partecipato all’incontro insieme a Lucrezia, vicepresidente dell’associazione Princesa, creata recentemente per difendere i diritti delle trans del centro storico [...]
[...] E proprio non c’è scandalo, in quello scatto che allinea le sorelle di Charles de Foucauld e la porpora di Bagnasco con i boa di struzzo di Regina e delle altre: perché andare tra gli uomini, tra i giusti e i peccatori, è il mestiere della Chiesa e dei suoi pastori. Il suo antico, misericordioso mestiere. Fra gli uomini, in mezzo a loro, senza distinzioni fra chi è "a posto" e chi no. Fin da quando, e son passati duemila anni, gli "onesti" del tempo - ce ne sono purtroppo in ogni epoca - si scandalizzavano perché quel tale, quel Gesù, sedeva a tavola con certa gente, e non scacciava le prostitute, anzi le trattava con una misericordia più grande [...]
L’APPELLO DI “CRISTIANI PER L’UGUAGLIANZA”, L’EVANGELO, E LA COSTITUZIONE.
Martedì 9 Febbraio 2010 *
L’incontro dell’arcivescovo di Genova con un gruppo di trans del centro storico: "Non siamo credenti di serie B"
GENOVA-Il Cardinal Angelo Bagnasco fotografato con un gruppo di transessuali. E non è un ricatto. Nell’appartamento delle suore di padre Foucauld in vico Untoria, nel vecchio Ghetto di Genova, a due passi da via del Campo, il capo dei vescovi italiani ha parlato con alcune trans delle associazioni Trans Genere e Princesa, quest’ultima presieduta da Don Andrea Gallo.
L’incontro, non previsto dal protocollo, “Ci ha restituito il cardinale nella sua dimensione dolce di pastore”, ha detto Regina Satariano, vicepresidente di Transgenere, “lontano dall’ostilità di altri vescovi, come monsignor Scatizzi”. Rimangono comunque delle divergenze: “Non ha accettato il mio essere omosessuale, però mi ha ascoltato. Magari tra cent’anni verremo riabilitati come Galileo”. Il cardinale poi ha accettato di farsi fotografare concludendo “Dopo tutto non sta a me giudicare, siamo tutti figli di Dio”. Contraddicendo quanto detto alcuni mesi fa dal cardinale Barragan: secondo il prelato messicano i gay non avevano accesso al regno dei cieli. Dimenticandosi un passo del Vangelo di Matteo: “In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi precederanno nel Regno di Dio”.
* La Sestina: Matteo Muzio
Bagnasco incontra le trans
"Anche nei vicoli c’è luce" *
Durante la visita pastorale del cardinale nelle chiese del centro storico, l’arcivescovo è stato raggiunto da un gruppetto di trans. "E’ stato molto cordiale, ha stretto la mano a tutti", racconta Regina Satariano dell’associazione Transgenere. L’incontro nell’appartamento delle suore del Movimento contemplativo missionario padre de Foucauld in vico Untoria. "Abbiamo parlato del riconoscimento di Galileo Galilei da parte della Chiesa, della scelta del vescovo emerito di Pistoia di non dare la comunione agli omosessuali e di chiesa di base". Al termine, il presidente della Cei ha accettato di fare una foto ricordo
In occasione della sua visita pastorale nelle parrocchie del centro storico, il presidente della Cei e arcivescovo di Genova ha incontrato una quindicina di transessuali nell’appartamento delle suore del Movimento contemplativo missionario padre de Foucauld in vico Untoria. "E’ stato molto cordiale, ha stretto la mano a tutti", racconta Regina Satariano dell’associazione Transgenere che ha partecipato all’incontro insieme a Lucrezia, vicepresidente dell’associazione Princesa, creata recentemente per difendere i diritti delle trans del centro storico.
"Sicuramente non ha condiviso la naturalezza del mio essere omosessuale - ha detto Regina - ma siamo riusciti a dialogare. Vorrà dire che aspetteremo magari cent’anni, come secoli ha atteso Galileo prima che di essere accettato dalla Chiesa. Siamo convinte di essere nel giusto".
"Si è parlato del riconoscimento di Galileo Galilei da parte della Chiesa - ricordano le transessuali - degli errori degli uomini, della scelta del vescovo emerito di Pistoia di non dare la comunione agli omosessuali e di chiesa di base. Molte di noi trans sono credenti".
Un incontro con il cardinale, gli omosessuali l’avevano già chiesto a giugno, in occasione del Gay Pride, ma allora l’arcivescovado non rispose. Anche oggi l’appuntamento non era previsto dal protocollo, ma l’arcivescovo ha accettato comunque di fare una foto con le suore, le trans e alcuni abitanti della zona, osservando che "nei vicoli, anche nei più stretti, c’è ancora tanta luce"
* la Repubblica/Genova, 08 febbraio 2010
Il cardinal Bagnasco, la gente dei caruggi genovesi, i trans
Parola e ascolto tra la gente anche nei vicoli più bui
Come foto di gruppo può sembrare inconsueta: il cardinale Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, assieme alle suore missionarie di Charles de Foucauld e a un gruppo di transessuali sorridenti nei loro abiti femminili.
di Marina Corradi (Avvenire, 10 Febbraio 2010)
È successo che una visita pastorale ha portato Bagnasco in quella comunità contemplativa missionaria nei caruggi del vecchio Ghetto, e che - oltre a rappresentanti di extracomunitari e senzatetto - anche dei transessuali hanno chiesto di incontrarlo. Bagnasco ha detto di sì. Si è parlato, si è cantato un inno alla Madonna della Guardia. Alla fine quella foto, che forse scandalizzerà qualche benpensante: il cardinale, le suore e delle signore molto bionde, molto truccate, in quella ostentazione di femminilità propria di chi sogna d’essere nato donna.
O forse, dalla parte opposta, qualcuno sorriderà: ben gli sta, a questi cattolici sessuofobi, lo "scherzo" di una foto col presidente dei vescovi insieme a «Regina», «Lucrezia» e le loro amiche. Ma non c’è "scherzo", e non c’è scandalo. Non c’è scherzo, perché i trans hanno portato seriamente le loro ragioni all’arcivescovo.
Hanno detto che sono credenti e che soffrono nel sentirsi discriminati; che sono nati così, e non c’è stata per loro alcuna scelta. E, vera o no che sia questa affermazione, soggettivamente per qualcuno almeno del popolo dei caruggi può essere sincera. Comunque, era in realtà una domanda: ci siamo anche noi, noi fatti così, ascoltateci. E l’arcivescovo si è seduto, e ha ascoltato.
E proprio non c’è scandalo, in quello scatto che allinea le sorelle di Charles de Foucauld e la porpora di Bagnasco con i boa di struzzo di Regina e delle altre: perché andare tra gli uomini, tra i giusti e i peccatori, è il mestiere della Chiesa e dei suoi pastori. Il suo antico, misericordioso mestiere. Fra gli uomini, in mezzo a loro, senza distinzioni fra chi è "a posto" e chi no. Fin da quando, e son passati duemila anni, gli "onesti" del tempo - ce ne sono purtroppo in ogni epoca - si scandalizzavano perché quel tale, quel Gesù, sedeva a tavola con certa gente, e non scacciava le prostitute, anzi le trattava con una misericordia più grande.
Quel Gesù che diceva di non essere venuto per i giusti, ma per i peccatori. (Cioè, per noi tutti). Il cardinale nei caruggi ha dunque sentito le ragioni di Regina, e ha intuito, nelle parole, nelle facce, la lunga sofferenza e la silenziosa vergogna di quei ragazzi che nell’età della adolescenza si scoprono diversi. E cercano di affermare di essere donne coi più vistosi segni di una esasperata femminilità: in vite spesso poi di grande solitudine, spese sull’angolo di una strada. Il cardinale ha ascoltato, poi ha fatto quella prima carità cristiana che è la verità: siamo figli del peccato originale, ha detto, e quindi peccatori. Ha chiamato, dunque, le cose con il loro nome, fuor dalla nebbia del politicamente corretto e del facile buonismo. Poi, ha detto la cosa più importante: che Cristo è morto per tutti.
Che le porte di Dio sono aperte a tutti. Formidabile, antica parola in quella casa nei vicoli di Genova. Cristo morto per tutti. La Sua misericordia abbraccia chiunque lo domandi. E solo Lui sa davvero cosa c’è, in fondo ai cuori. E se sono migliori gli onesti che si scandalizzano e accusano - quanti, anche oggi, sulle pagine dei giornali - o i più conclamati peccatori. Quella foto inconsueta da Genova, che bella. Il pastore che va fra la sua gente, e non dice di no a nessuno. Che sta a ascoltare, afferma la verità, ma annuncia la misericordia. Che fa il grande, straordinario mestiere della Chiesa. Portare Cristo fra gli uomini: anche in fondo ai vicoli più bui.
Marina Corradi
Nov 02, 2009 *
Il 2 ottobre scorso, l’associazione gay-lesbo “I-ken”, presieduta da Carlo Cremona, aveva chiesto un incontro con il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe. La risposta non si è fatta attendere e il 24 ottobre alcuni rappresentanti della comunità gay si sono incontrati con il cardinale. E’ la prima volta che, volontariamente, accade qualcosa del genere in Italia, tra figure religiose e gruppi omosessuali. Ma del resto, fino a poco tempo fa, lo stesso religioso era al passo dei tempi, con un suo profilo Facebook, aperto a tutti per discutere e confrontare opinioni diverse. E la riunione in questione, tenutasi in Curia, a Napoli, ha avuto il sapore del dialogo, del confronto di due punti di vista differenti ma rispettosi l’uno dell’altro. Una nota dell’Arcivescovado è stata divulgata:
“Sono state illustrate a sua eminenza le finalità dell’associazione della quale fanno parte persone che vivono un diverso orientamento sessuale. A tale riguardo è stato evidenziato che tale alterità si impatta spesso con interpretazioni culturali e sociali assolutamente superficiali e prevenute, che non poche volte si traducono in atteggiamenti di dileggio e di offesa, se non addirittura di aggressione e violenza, anche in forma grave e delittuosa, come purtroppo si è potuto registrare soprattutto in questi ultimi tempi.”
Sul tema, nel sito, si cfr.:
L’APPELLO DI “CRISTIANI PER L’UGUAGLIANZA”, L’EVANGELO, E LA COSTITUZIONE.
Chiesa e omosessualità. Cenni di ripensamento
di Luigi Bettazzi (Adista - Segni Nuovi - n. 18, 27 febbraio 2010)
Al termine di una conferenza sul Concilio promossa all’inizio di febbraio dal gruppo di omosessuali credenti “Il Guado” di Milano (v. Adista n. 14/10, ndr), , la discussione è finita ben presto sui temi legati a questi specifici problemi. La prima domanda riguardava la notizia che un vescovo emerito italiano avrebbe dichiarato che non si può dare la Comunione agli omosessuali. Ho risposto che quella dichiarazione andrebbe inserita nel suo contesto, ma potrebbe anche esprimere l’opinione diffusa che omosessuale sia sempre chi condivide la vita sessuale fisica con una persona dello stesso sesso, e che, se la morale sessuale cristiana non ammette l’uso pieno della sessualità se non nel matrimonio, che consacra l’unione piena - spirituale e fisica - di due persone, ovviamente non l’ammette per due persone dello stesso sesso. Questa immediata identificazione con un’omosessualità attiva sembrerebbe confermata, ad esempio, dalla recente determinazione vaticana che esclude gli omosessuali dai seminari. Anche in questo caso gli uomini della Chiesa danno l’impressione di condividere la mentalità diffusa che, in campo sociale, tende a discriminare ed emarginare chi è giudicato diverso.
Credo, più che mai in questo caso, che si debba tener conto del maturare della conoscenza e della cultura. Nell’antichità si riteneva che l’omosessualità fosse una scelta fatta arbitrariamente per motivi pratici (in tal modo i filosofi - secondo lo stesso Socrate - potevano evitare le complicazioni del matrimonio e della famiglia) o per soddisfare la passionalità (erano noti in alcuni templi, accanto alle prostitute sacre, anche i prostituti sacri), da cui derivavano allora le dure condanne della Bibbia e della Chiesa. Oggi risulta che la radice dell’omosessualità può trovarsi nella stessa struttura fisiologica o in situazioni di fatto che hanno inciso inconsciamente nella costituzione personale.
Ora, se perfino nel matrimonio si è arrivati a sottolineare che il fine primario è l’amore e che la procreazione ne è la conseguenza più significativa, perché non riconoscere ad amicizie omosessuali gradi di affettività e di amore di intensità tali da costituire entità significative nella società umana?
Che poi questi legami possano talvolta portare a situazioni riprovevoli (quello che moralmente viene chiamato peccato) sarà un problema per le singole coscienze (come lo è anche per gli eterosessuali nell’esercizio della loro sessualità), ma non potrà portare a riprovare automaticamente la caratteristica di “omosessuale”.
Dobbiamo riconoscere che forse certe manifestazioni organizzate per rivendicare la dignità degli omosessuali contro la diffusa antica “omofobia” (quella che portava il nazismo, ed oggi certi Paesi islamici, a condannare l’omosessualità come reato) possono esprimersi in forme così chiassose e provocatorie (anche contro la Chiesa) da risultare controproducenti, da corroborare cioè l’atteggiamento di diffidenza e di condanna; ma toccherà proprio ai cristiani, pur nella chiarezza delle proprie convinzioni, farsi testimoni di rispetto e di amore.
Ci sono nella Chiesa cenni di ripensamento; penso, ad esempio, alla Diocesi di Torino che ne ha fatto argomento di specifica riflessione, con un volumetto (con prefazione addirittura del cardinale arcivescovo) che suggerisce le modalità di una pastorale concreta.
Credo che dobbiamo abituarci a considerare gli omosessuali come fratelli e sorelle, con i loro problemi (come tutti li abbiamo), aiutandoli a vivere serenamente la loro vita, senza discriminarli a priori, correggendo con prudenza e carità quanto emergesse pubblicamente di meno accettabile, ricordando sempre l’antico detto: “Unità nelle cose necessarie e doverose, libertà e rispetto in quelle opinabili, ma in tutto e sempre carità”.
* Vescovo emerito di Ivrea, già presidente di Pax Christi
Coppie di fatto: mons. Casale ’benedice’ nozze lesbo, no a cancelli di chiusura
Roma, 27 feb. - (Adnkronos) - "Non mettiamo cancelli di chiusura nei confronti delle coppie omosessuali". A ragionare in questo modo, con parole di apertura nei confronti delle coppie gay che progettano una vita insieme e’ un vescovo.
Interpellato dall’ADNKRONOS a proposito del matrimonio simbolico che avverra’ oggi tra due ragazze torinesi alla presenza del sindaco Sergio Chiamparino, monsignor Giuseppe Casale, arcivescovo emerito di Foggia, afferma: "nei confronti di queste persone che vivono l’omosessualita’ non bisogna lanciare anatemi. Che vivano la loro vita di relazione nel migliore dei modi possibili".
Praticamente una ’benedizione’ quella che monsignor Casale manda ad Antonella e Debora, la coppia lesbica che oggi si unira’ in nozze simboliche: "noi non possiamo interpretare il pensiero di Dio sul tema - argomenta ancora il presule -. Ormai, da un punto di vista generale, si interpreta l’omosessualita’ come una malattia, una devianza ma queste persone vanno affidate alla misericordia di Dio senza condanne". Certo il vescovo e’ ben consapevole che "civilmente e religiosamente le nozze gay non hanno alcun valore. E per ora - dice - teniamoci pure queste disposizioni".
Monsignor Casale pero’ fa un discorso di costruzione per il futuro. "Bisogna seriamente riflettere perche’ questo e’ un campo aperto, insidioso. Non mettiamo cancelli di chiusura e per l’avvenire teniamo conto dell’evoluzione della sessualita’ e del modo di interpretarla e viverla. Non si puo’ ignorare l’evoluzione che la societa’ ha avuto. Percio’ dico a questa coppia di vivere la loro vita di relazione nel migliore dei modi possibili". (Dav/Pn/Adnkronos)
“Nessuno vi può escludere dalla chiesa”.
La visita di mons. Bettazzi ai
gay credenti di milano
di Adista - Notizie, n. 14 del 20 febbraio 2010
Quando all’interno del gruppo di omosessuali credenti di Milano “Il Guado” si era fatta strada l’idea di invitare mons. Luigi Bettazzi a parlare del Concilio Vaticano II qualcuno aveva espresso la perplessità che un incontro del genere potesse mettere in ombra la questione della presenza degli omosessuali nella Chiesa e le difficoltà che molti omosessuali incontrano di fronte a una gerarchia che sembra ormai incapace di accogliere e di comprendere l’esperienza dei gay credenti. Ma alla fine, l’incontro con il vescovo emerito di Ivrea, il 6 febbraio scorso, presso il teatro parrocchiale di S. Maria Bartrade, ha fugato ogni timore.
Testimone privilegiato dell’evento conciliare (una “grazia - queste le sue parole - per cui ancora oggi ringrazio Dio”), un’esperienza vissuta per di più a stretto contatto con un protagonista assoluto di quell’evento, il card. Lercaro (di cui, in quegli anni, era vescovo ausiliare), Bettazzi ha incarnato la novità del Vaticano II dentro la realtà dei gruppi ecclesiali che tentano, con fatica, di mantenere la loro specificità di genere con la propria appartenenza ecclesiale. Nella sua relazione, il vescovo, ha indicato alcuni insegnamenti importanti - che ci vengono da quell’esperienza e che possono essere letti come un paradigma interpretativo dell’attualità - e li ha organizzati partendo da tre delle quattro Costituzioni che il Concilio stesso ha approvato a grandissima maggioranza.
Ha iniziato parlando della Gaudium et Spes, la costituzione con cui la Chiesa sceglieva in maniera solenne di non avere più come unici interlocutori solo i cattolici, bensì tutti gli uomini e tutte le donne “di buona volontà”. Questa scelta ha segnato in maniera definitiva il magistero stesso: non a caso, da allora, non c’è un’enciclica in cui questa scelta di considerare tutti gli uomini degli interlocutori non venga fatta. Chi crede in Cristo sarà salvato!, è il titolo di un libro che lo stesso Bettazzi ha pubblicato qualche anno fa riprendendo un versetto del Vangelo di Giovanni (3,15).
Durante l’incontro lo stesso Bettazzi ha fatto osservare come quello stesso versetto possa essere letto in due modi molti diversi: il primo (“Chi crede in Cristo, sarà salvato”), che mette l’accento sull’adesione di fede a Cristo, vede nell’adesione alla Chiesa l’unica strada per la salvezza; il secondo (“Chi crede, in Cristo sarà salvato”) che mette invece l’accento sulla serietà con cui noi rispondiamo alla nostra vocazione umana, vivendola con la fedeltà di chi “crede”, di chi cioè si assume la responsabilità di tener conto, nelle sue scelte, di quelle che sono le esigenze e i bisogni di quanti condividono la sua umanità.
Letta alla luce di questo messaggio, che mons. Bettazzi ha voluto quindi ricordare con forza, la condizione omosessuale acquista davvero un significato radicalmente nuovo che spazza via anche le polemiche che, in questi ultimi giorni, hanno visto vescovi emeriti come mons. Simone Scatizzi (Pistoia), mons. Giacomo Babini (Grosseto) e mons. Francesco Zerrillo (Lucera) fare affermazioni molto dure nei confronti degli omosessuali, bollando come “aberrante” la loro condizione e prospettandone l’allontamento dalla Chiesa e dai sacramenti. Solo chi si dimentica dell’insegnamento ribadito dal Concilio Vaticano II nella Gaudium et Spes, ha invece affermato Bettazzi, può pensare che l’omosessualità sia in se stessa un motivo che può allontanare le persone dalla Grazia e che si possa, dall’esterno, giudicare lo stato di Grazia di una persona che non nasconde la propria omosessualità, negandole a priori l’accesso ai sacramenti.
Dopo aver analizzato, attraverso la Sacrosactum concilium, l’importanza del recupero della centralità della liturgia nella vita non solo della Chiesa, ma anche dei singoli credenti, per realizzare anche un rapporto diverso tra istituzione ecclesiastica e vissuto degli individui, Bettazzi ha dedicato qualche riflessione alla Dei Verbum, invitando a non considerare la Parola di Dio come qualche cosa di estraneo alle nostre vite, ma nella direzione di un ascolto attento e responsabile del testo biblico per arrivare a quel discernimento richiesto da tutte le situazioni specifiche.
In questo senso, anche la storia di tanti omosessuali credenti si inserisce, come la storia di tutti gli uomini e come la storia di ciascun uomo, in un percorso di cui il Concilio stesso non è stato altro che un capitolo particolarmente significativo e particolarmente importante: la storia di un Dio che si comunica e si racconta all’uomo e che, usando gli strumenti che l’uomo può intendere, chiama l’umanità intera alla salvezza. Una storia in cui nessuno di noi deve più sentirsi come l’utilizzatore finale di un servizio che altri gli confezionano, ma deve sentirsi come il protagonista della storia d’amore con cui Dio stesso, in Gesù Cristo, in modo mirabile l’ha chiamato all’esistenza e, in modo ancora più mirabile, l’ha chiamato alla salvezza.
LA QUESTIONE "CATTOLICA" E LO SPIRITO DEI NOSTRI PADRI E E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI. Per un ri-orientamento antropologico e teologico-politico.________________________________________________________________ Matrimoni tra gay, la rivolta dei vescovi
di Paolo Griseri (la Repubblica, 14 febbraio 2010)
Vescovi contro la legge sui matrimoni gay. Con due distinte prese di posizione il cardinale di Bologna, Carlo Caffarra, e quello di Torino, Severino Poletto, hanno polemizzato con quei politici che vogliono regolamentare la materia in Parlamento.
L’intervento più duro è quello dell’arcivescovo di Bologna che ha scelto la forma solenne della «Nota dottrinale» per il suo altolà. Secondo Caffarra, l’equiparazione tra unioni civili e matrimonio avrebbe «una conseguenza devastante». Il politico che si dichiara favorevole a una legge simile compie un atto «gravemente immorale» poiché «se l’unione omosessuale fosse equiparata al matrimonio, significherebbe che il compito procreativo ed educativo non interessa allo Stato». Dunque «è impossibile ritenersi cattolici se si riconosce il diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso». L’Arcigay ha replicato subito con durezza: «Quello del cardinale è un gesto grave e provocatorio».
Che per la Chiesa il matrimonio sia finalizzato alla procreazione non è una novità. Il punto è piuttosto quanta libertà di coscienza le gerarchie intendano lasciare ai politici cattolici che si trovano a legiferare a nome di tutti gli italiani.
Seguendo una strada più prudente di quella di Caffarra, il cardinale di Torino, Severino Poletto, ha ricordato ieri la dottrina della chiesa senza lanciare anatemi: «I diritti dei singoli vanno tutelati ma le unioni di fatto non devono essere equiparate al matrimonio tra uomo e donna». E al sindaco di Torino, che il 27 febbraio parteciperà all’unione tra due donne, Poletto ha risposto: «Chiamparino mi ha detto che in questo modo vuole dare un segnale al Parlamento. Non credo che sia il modo per farlo».