[...] In uno dei passi dell’intervista pubblicata ieri su "Il Giornale", il vicepresidente dei deputati del Pdl aveva detto: "Giorgio Napolitano sta tradendo la Costituzione. La Costituzione la puoi tradire non rispettandola, oppure fingendo di rispettarla»". E ancora: "Napolitano smentisce se stesso, con un atto di incoerenza gravissima, dicendo no al voto anticipato e sì alla ricerca di un governo tecnico». Una serie di affermazioni che hanno provocato oggi la reazione del Quirinale [...]
Napolitano risponde alle accuse del Pdl
"Tradisco Carta? Chiedano impeachment"
Dura nota del Quirinale contro Maurizio Bianconi, vicepresidente dei deputati pdiellini, che in un’intervista a "Il Giornale aveva criticato il Capo dello Stato. "Da lui affermazioni gravi e avventate. Assuma iniziative se è convinto delle sue ragioni" *
ROMA - Stop a insinuazioni sul Capo dello Stato e ad indebite pressioni provenienti dal mondo politico. E’ questa la sintesi di una nota con cui il Quirinale replica ad una intervista all’onorevole Maurizio Bianconi, vicepresidente del gruppo dei deputati PDL. L’onorevole Bianconi, sostiene la nota del Quirinale, "si è abbandonato ad affermazioni avventate e gravi sostenendo che il Presidente Napolitano ’sta tradendo la Costituzione’. Essendo questa materia regolata dalla stessa Carta (di cui l’on. Bianconi è di certo attento conoscitore), se egli fosse convinto delle sue ragioni avrebbe il dovere di assumere iniziative ai sensi dell’articolo 90 e relative norme di attuazione.
Altrimenti - conclude la nota riferendosi all’intervista a Il Giornale - le sue resteranno solo gratuite insinuazioni e indebite pressioni, al pari di altre interpretazioni arbitrarie delle posizioni del Presidente della Repubblica e di conseguenti processi alle intenzioni".
In uno dei passi dell’intervista pubblicata ieri su "Il Giornale", il vicepresidente dei deputati del Pdl aveva detto: "Giorgio Napolitano sta tradendo la Costituzione. La Costituzione la puoi tradire non rispettandola, oppure fingendo di rispettarla»". E ancora: "Napolitano smentisce se stesso, con un atto di incoerenza gravissima, dicendo no al voto anticipato e sì alla ricerca di un governo tecnico». Una serie di affermazioni che hanno provocato oggi la reazione del Quirinale.
* la Repubblica, 16 agosto 2010
Sul tema, nel sito, si cfr.:
PDL
Berlusconi: "Andiamo avanti mai un governicchio di politicanti"
Intervento telefonico con la scuola di formazione poilitica a Gubbio. "La sinistra e gli antiberlusconiani non avranno mai la soddisfazione di vedere il nostro concorso nel precipitare l’Italia in una crisi politica". E attacca gli antiberlusconiani "vecchi e nuovi" *
ROMA - "A questo governo non c’e alternativa. Abbiamo il dovere di andare avanti". Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in collegamento telefonico con la scuola di formazione politica del Pdl, a Gubbio. Il premier dice no "ai governicchi" e definisce una eventuale crisi "un delitto".
"Siamo stabili. Abbiamo i piedi per terra consapevoli delle nostre responsabilità. Il Pdl è il pilastro della nostra democrazia - continua il premier - In questo periodo di crisi italia ha avuto fortuna di avere governo del fare che ha avviato riforme importanti e coraggiose, che ha avviato la strada cambiamento. Vogliamo passare alla storia come il miglior governo che l’Italia abbia avuto".
"Siamo sempre stati lontani dai giochi della politica politicante e da questo teatrino insulso e assurdo - spiega il premier -. Abbiamo lavorato anche ad agosto. La sinistra e gli antiberlusconiani vecchi e nuovi non avranno mai la soddisfazione di vedere il nostro concorso nel precipitare l’Italia in una crisi politica con il paese sospeso tra le elezioni anticipate da una parte e l’ennesimo governicchio tecnico dall’altro". Ed ancora: "’Produrre tutte le chiacchiere e le feste di partito che vogliono, ma non avranno mai la soddisfazione di vedere precipitare l’Italia. Siamo una forza politica che è nata dalla gente e per questo non giocheremo mai al tanto meglio tanto peggio come pur troppo qualcuno sta facendo".
A settembre, ricorda il premier, ci sono 56 miliardi di titoli di stato da collocare. Garantendo l’impegno dell’esecutivo per "mettere i conti pubblici in sicurezza". "L’Italia deve rimanere protagonista della politica mondiale. Abbiamo lavorato tanto per mantenere i conti pubblici in sicurezza, con la manovra abbiamo rassicurato i mercati e adesso non possiamo mettere" a rischio questo processo.
"Non so perchè ma mi viene da dire ’Forza Italia e forza Milan" chiude il presidente del Consiglio.
* la Repubblica, 11 settembre 2010
LA REPLICA AL PRESSING POLITICO
Napolitano: "Tradisco Costituzione?
Chieda l’impeachment contro di me"
Il Capo dello Stato risponde alle affermazioni del capogruppo Bianconi nell’intervista concessa domenica al Giornale di Feltri
ROMA Chi pensa che il Capo dello Stato tradisca la Costituzione, ha il potere e il dovere di chiederne la messa in stato d’accusa da parte del Parlamento, secondo quanto prevede la stessa Carta fondamentale. È il pensiero che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affida a una nota da parte del Quirinale, in risposta al pressing politico che alcuni esponenti del Pdl stanno attuando in questi giorni sul tema delle possibili iniziative del Capo dello Stato in caso di definitiva crisi di Governo. In particolare, la replica giunge il giorno dopo un’intervista intervista apparsa sul quotidiano Il Giornale domenica 15 agosto, in cui l’onorevole Maurizio Bianconi, vice-presidente del gruppo dei deputati del Pdl e componente della Commissione Affari Costituzionali e del Comitato parlamentare per i procedimenti di accusa, si è abbandonato ad «affermazioni avventate e gravi».
Il colloquio sotto accusa
Nella conversazione che ha suscitato l’indignazione del Quirinale, l’esponente del Popolo della libertà ha accusato Napolitano di aver fatto «retromarcia» dopo aver affidato a Berlusconi l’incarico di formare il governo «sostenendo che in questo sistema bipolare, col premier indicato sulla scheda, è il risultato elettorale a determinare l’assegnazione degli incarichi». «Ora, invece, Napolitano smentisce se stesso, con un atto di incoerenza gravissima, dicendo no al voto anticipato e sì alla ricerca di un governo tecnico - ha continuato Bianconi - Formando il governo, lo stesso Napolitano ha accreditato una prassi che ora non può smentire. Un altro presidente della Repubblica potrebbe farlo, lui ormai non può più tornare indietro, perchè si è autovincolato. Se tu stesso hai garantito una Costituzione materiale basata sul risultato elettorale, cercando un governo diverso in Parlamento, non stai rispettando la Costituzione ma solo contraddicendo te stesso».
L’indignazione del Quirinale
Puntuale la replica del Colle che stigmatizza il duro attacco subito. «Essendo questa materia - osserva la nota ufficiale della presidenza della Repubblica - regolata dalla stessa Carta (di cui l’onorevole Bianconi è di certo attento conoscitore), se egli fosse convinto delle sue ragioni avrebbe il dovere di assumere iniziative ai sensi dell’articolo 90 e relative norme di attuazione». «Altrimenti - conclude la nota diffusa dal Quirinale - le sue resteranno solo gratuite insinuazioni e indebite pressioni, al pari di altre interpretazioni arbitrarie delle posizioni del Presidente della Repubblica e di conseguenti processi alle intenzioni».
La norma della Costituzione chiamata in causa
L’articolo 90 della Carta afferma che «il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri». In Italia l’unico precedente risale al 1991 quando il Pci e altre forze di opposizione attivarono tale procedura contro il presidente delal Repubblica Francesco Cossiga.
IL COMMENTO
Macelleria istituzionale
di MASSIMO GIANNINI *
La macelleria politica e costituzionale del tardo-berlusconismo ha infine obbligato il Quirinale a compiere un atto irrituale ed estremo. Solo nell’Italia di oggi, destabilizzata dalle pulsioni tecnicamente eversive del capo del governo e avvelenata dalle operazioni di killeraggio mediatico dei suoi sicari, può accadere che un presidente della Repubblica debba scrivere in una nota ufficiale che chi nutre dubbi sul suo operato ha il "dovere" di chiederne l’impeachment. Come prevede la stessa Carta del 1948, che all’articolo 90 indica le modalità e le procedure della messa "in stato d’accusa" del Presidente, nei casi specifici di "alto tradimento" e di "attentato alla Costituzione".
A tanto, dunque, è stato costretto Giorgio Napolitano, per fermare "le gratuite insinuazioni e le indebite pressioni" che, nell’avvitarsi di una crisi sempre più drammatica del centrodestra, colpiscono da giorni la più alta carica dello Stato. Il suo comunicato dà la misura di quanto sia grave e pericoloso il conflitto istituzionale in atto. E solo una lettura ipocrita e riduttiva del monito lanciato dal Colle può ridimensionarne la genesi alla necessità di rispondere all’intervista che due giorni fa il vicecapogruppo del Pdl alla Camera ha rilasciato al "Giornale".
Maurizio Bianconi ha trattato Napolitano come un nemico, che "tradisce la Costituzione fingendo di rispettarla". L’ha accusato di "incoerenza gravissima", perché colpevole di dire "no al voto anticipato e sì alla ricerca di un governo tecnico". Parole inconsulte e irresponsabili, scagliate come pietre contro il massimo organo di garanzia della nazione. Ma chi ora definisce Bianconi un semplice "peone", o un "golpista da operetta", non rende un buon servizio alla verità. Non si può non vedere come questi vaneggiamenti riflettano un "sentire comune" che, nella disperata trincea del Popolo della Libertà, accomuna più o meno tutti gli esponenti dell’armata forzaleghista.
Da Alfano a Maroni, da Gasparri a Cicchitto: in queste settimane l’intera batteria dei luogotenenti del premier, sproloquiando di "ribaltoni" e di "congiure di palazzo", non fa altro che sfidare il Capo dello Stato, cercando di mettere in discussione il suo ruolo, di snaturare le sue prerogative, di condizionare le sue scelte. E non si può non vedere come queste urla riecheggino nel silenzio assordante e colpevole dello stesso presidente del Consiglio. Berlusconi tace, e dunque acconsente. Lasciando le ridicole precisazioni di prammatica ai Capezzone e ai Rotondi: tocca a loro riempire il tragico vuoto politico dell’agosto berlusconiano, replicando le intimidazioni ma rinnovando al presidente della Repubblica una "stima" e un "affetto" che suonano paurosamente vuoti, retorici e perciò falsi.
Siamo arrivati al limite estremo, alla rottura di tutti gli equilibri istituzionali. Dunque, quando Napolitano denuncia "interpretazioni arbitrarie" e "processi alle intenzioni", non è certo a Bianconi che si riferisce. Il Capo dello Stato parla a tutto il centrodestra, e rilancia la sfida al leader che ne incarna l’anima "rivoluzionaria" e ormai palesemente anti-statuale. In vista dell’ormai inevitabile showdown d’autunno, il comunicato del Colle suona quasi come una "chiamata finale", dalla quale si possono e si devono trarre alcune lezioni. La prima lezione: le istituzioni appartengono alla Repubblica, e non al Cavaliere, e dunque vivono nella reciproca autonomia e nel mutuo rispetto delle norme sancite dalla Costituzione.
La seconda lezione: la Costituzione è la casa di tutti gli italiani, e dunque non può essere piegata all’ermeneutica di parte o alla logica di partito. La Carta assegna prerogative precise e compiti tassativi al Capo dello Stato, che li esercita con la massima indipendenza e la massima responsabilità, nella normale dialettica tra i poteri e nella leale collaborazione tra gli organi di garanzia. Tutto questo vale sempre: nella fisiologia della vita politica, quando si tratta di promulgare o rinviare una legge al Parlamento, come nella patologia di una crisi, quando si tratta di sciogliere le Camere o di verificare se esistano maggioranze alternative. Questo dice la Costituzione, di cui il presidente della Repubblica è il custode e il garante.
Di qui la terza ed ultima lezione: quando rivendica le sue prerogative costituzionali, Napolitano tutela la Costituzione formale, che non può essere stravolta da una costituzione materiale introdotta surrettiziamente con la semplice iscrizione della parola "Berlusconi" su una scheda elettorale, come fosse la formula magica della modernità politica. Il premier farà bene a ricordarselo, in vista della battaglia di settembre. Per quanto svilita, la democrazia ha le sue regole. E le regole sono una garanzia per tutto il popolo italiano, non un appannaggio del solo Popolo delle Libertà.
* la Repubblica, 17 agosto 2010
intervista a Stefano Rodotà
«È stata la risposta più responsabile a una sfida eversiva»
a cura di Natalia Lombardo (l’Unità, 17 agosto 2010)
«Conosco Napolitano, per aver fatto quella nota vuol dire che è arrivato proprio al colmo dell’indignazione », commenta il giurista Stefano Rodotà.
Ci può spiegare in quali casi si applica l’articolo 90 della Costituzione?
«Nel caso di attentato alla Costituzione, un caso estremo che hanno preso in considerazione i padri costituenti, prevedendo una procedura precisa: è il Parlamento che incrimina il presidente della Repubblica, con una maggioranza qualificata. Una tale situazione determina una crisi costituzionale. Ma vediamo i dati di realtà: c’è una contrapposizione insistita, non del Capo dello Stato verso il presidente del Consiglio, ma, al contrario, un attacco del premier contro il presidente della Repubblica. Già il giorno prima dell’aggressione al Duomo di Milano, Berlusconi parlando ai Dc attaccò Napolitano e la Corte Costituzionale. Quelli contro la Consulta, con toni ignoranti della funzione e della composizione, sono proseguiti; quelli personali a Napolitano sono stati meno plateali ma sono continuati».
Fino a questi ultimi giorni, con l’intervista a l’Unità...
«Infatti, Berlusconi non ha parlato esplicitamente, ma di fronte a certe dichiarazioni da esponenti della sua maggioranza, un presidente del Consiglio che abbia il senso delle istituzioni e dello Stato sarebbe dovuto intervenire. Ecco che torniamo all’articolo 90: l’irresponsabilità politica del presidente della Repubblica esige che, di fronte agli attacchi, sia il governo a coprirlo. Ora non solo questo non avviene, ma gli attacchi vengono dal governo. Tutto ciò ci porta a una situazione eversiva, quindi è del tutto comprensibile la nota di Napolitano: un atto di grande responsabilità, di rispetto delle istituzioni e della persona. Di fronte a un tentativo eversivo il Capo dello Stato deve mettere ognuno di fronte alle sue responsabilità. E lo ha fatto».
I precedenti di impeachment in Italia?
«L’unico fu quello di Cossiga, io ero in Parlamento e sottoscrissi la richiesta di un dibattito parlamentare. Era nato dagli attacchi continui che lui portò alla Costituzione».
Il Pdl, non solo Bianconi, sostiene che valga di più una«costituzione materiale », il dettato della Carta superato dalla prassi, e su questo attaccano Napolitano. Da giurista cosa ne pensa?
«Per il fatto che Napolitano abbia dato l’incarico a Berlusconi dopo che ha vinto le elezioni? Ma si è sempre fatto così, non poteva non farlo. Il cambiamento c’è stato nella legge elettorale, ma la nostra resta una Repubblica parlamentare. Lo stesso Napolitano ha ricordato più volte che i cambiamenti avvenuti non sono arrivati al punto da trasformare la Repubblica parlamentare in presidenziale, o con un regime plebiscitario per cui l’investito dal popolo è sottratto alla fiducia parlamentare. Non basta infatti l’incarico dal Quirinale, il presidente del Consiglio deve avere la fiducia dal Parlamento. Riassumendo: l’articolo 90 è quello che è, la situazione vede il tentativo di delegittimare Napolitano quando il premier avrebbe dovuto difenderlo: tutto questo rivela la volontà di spazzare il terreno, eliminare il controllo da parte dei due massimi organi custodi della legalità costituzionale: il Capo dello Stato e la Consulta».
Pdl e Lega gridano al «golpe» nell’ipotesi di un governo tecnico.
«Se con le dimissioni di Berlusconi Napolitano sciogliesse subito le Camere, senza verificare se può esserci un’altra eventuale maggioranza, questo sì incrinerebbe il tessuto costituzionale, perché attribuirebbe al presidente del Consiglio un potere che non ha. Non siamo in Inghilterra. Napolitano ha fatto questo tentativo alla caduta del governo Prodi, Scalfaro lo fece con Berlusconi stesso nel ‘95 e lì si trovò un’altra maggioranza».
Berlusconi lo chiama «ribaltone».
«Fu un Parlamento, non un’assemblea, a sostituire un governo con un altro. E la scelta di Dini da parte di Scalfaro era avvenuta sulla base dell’indicazione di Berlusconi stesso, che allora riconosceva la legittimità di queste procedure che ora rifiuta. Tra l’altro Napolitano ha fatto notare la gravità di una crisi interna e internazionale, quindi sarebbe una forzatura sciogliere le Camere in presenza di un’altra maggioranza. Se poi questa non c’è allora è inevitabile. Insomma,il discorso va ribaltato »