Riforme: Pannella, a Berlusconi
Dico Si’ a Presidenzialismo Americano
(ASCA) - Roma, 21 ott - ’’Noi Radicali siamo da decenni in lotta per la riforma ’americana’ dello Stato Italiano. Presidenzialista, federalista, uninominalista, onestamente referendaria, antipartitocratica...oggi impegnata dal presidente Obama per conquistare un Welfare davvero universalistico, come urge assicurare all’Italia e conquistare con gli Stati uniti europei, e anche la Riforma Americana dell’Ue. Silvio Berlusconi dal 1994 al 1996 era, fu, ufficialmente d’accordo. Noi lo restiamo, piu’ che mai. Unica nostra condizione: che questa nuova Costituzione, questa rivoluzione liberale entri in vigore non prima del 2015! D’accordo?’’. Lo dice il leader Radicale Marco Pannella.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
"PUBBLICITA’ PROGRESSO": L’ITALIA E LA FORZA DI UN MARCHIO REGISTRATO!!!
L’Anpi: no al presidenzialismo, difendiamo la Carta
di Alessandro Rubenni (l’Unità, 08.06.2012)
«La chiamiamo festa, ma è una iniziativa politica. E per farla abbiamo scelto un luogo che parla da sé, con un concentrato simbolico fortissimo», annuncia il presidente nazionale dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia, Carlo Smuraglia. E di incontri e forum di carattere politico è ricco il programma della terza festa nazionale dell’Anpi, che quest’anno si svolgerà a Marzabotto dal 14 al 17 giugno. In quella terra di memoria dove in una settimana, nel ‘44, furono uccisi più di 700 civili, e dove da giovedì prossimo si attendono migliaia di persone, soprattutto tanti giovani, chiamati a raccolta intorno ai valori dell’antifascismo, della Costituzione e della democrazia.
«La memoria batte nel cuore del futuro» è infatti il titolo scelto come manifesto della festa, e non solo di questa. «Rafforzare la memoria insististe Carlo Smuraglia, che ieri a Roma ha presentato l’appuntamento insieme al sindaco di Marzabotto è un processo di grande attualità. La storia ci ha dimostrato come nelle fasi di crisi il distacco dalla politica possa sfociare nell’autoritarismo. Nei primi del Novecento fu la crisi economica e sociale a portare alle grandi dittature. E quello che sta succedendo oggi in Slovacchia, così come i rigurgiti neonazisti in Grecia, sono un campanello d’allarme».
Un tema, questo, che sarà al centro dell’appuntamento di Marzabotto con le iniziative organizzate per lanciare quella che l’Anpi vuole che diventi una grande campagna politica e culturale di contrasto ai rigurgiti di fascismo che si stanno manifestando anche nel nostro Paese. Questo insieme a una nuova riflessione su legalità e lotta alla mafia, affiancata alla richiesta di verità e giustizia per le vittime delle stragi nazifasciste in Italia. Con gli occhi puntati sull’udienza preliminare che si terrà il prossimo 15 giugno presso il tribunale militare di Roma per la strage di Cefalonia. Ben oltre 60 anni dopo.
«Migliaia di vittime ripete il presidente dell’Anpi non hanno ancora ottenuto giustizia, i procedimenti giudiziari sono stati bloccati dall’occultamento di documenti. Naturalmente è difficile pensare ormai che i risarcimenti possano essere individuali, ma noi continuiamo a chiediere giustizia e vorremmo che fossero utilizzati per progetti utili alla comunità, per corsi di formazione».
Ma la prossima quattro giorni (il programma è consultabile su www. festa.anpi.it) sarà anche l’occasione per parlare dei temi più attuali di politica interna. «Ultimamente in Parlamento c’è chi vuole il presidenzialismo e lo vuole far passare senza che nel Paese se ne parli o ci sia una vera discussione. A parte il fatto che in questo modo si sconvolgerebbe il nostro sistema, senza sapere bene come modificare i contrappesi costituzionali, ho l’impressione che più che altro questo sia un modo per non occuparsi della riforma elettorale. Noi non sentiamo l’esigenza del presidenzialismo, difendiamo l’architettura costruita attraverso la nostra Costituzione. Piuttosto occorre lavorare per cambiare il Porcellum», rilancia Smuraglia, che poi torna sulla data del 2 giugno e le polemiche annesse: «Parlamentari del Pdl propongono di accorpare la festività a quella del 25 aprile, ma è dimostrato come sia un luogo comune, usato in modo strumentale, dire che questo sarebbe utile all’economia. Mentre si tratta di festività sempre più sentite dalla gente».
Il sindaco di Marzabotto Romano Franchi, intanto, si prepara ad accogliere, dentro la festa, anche un incontro con diversi sindaci dei centri terremotati dell’Emilia.
Presidenzialismo parlamentare
di Giovanni Sartori (Corriere della Sera, 26.02.2012)
L’imprevisto governo dei tecnici ha riaperto tutti i giochi, ivi incluso quello (necessarissimo) della riforma elettorale. Difatti i maggiori partiti (Lega esclusa) si stanno già incontrando per accordarsi su una nuova legge per votare. Ma dai primi incontri sono emerse soltanto, per ora, stramberie che anch’io stento a capire. Aspettando idee migliori, è tempo di realizzare che noi abbiamo già sviluppato e stiamo già praticando un costituzionalismo anomalo che dirò «presidenzialismo parlamentare». Che non ha bisogno di essere spiegato ai lettori del Corriere perché questa formula trova nel mio collega Angelo Panebianco un inventore di straordinaria perseveranza e bravura. Il che mi consente di entrare subito in argomento.
Ripartendo dall’inizio, noi abbiamo una costituzione parlamentare «pura» il cui difetto di nascita è di essere nata nel 1948 e quindi con la paura del «troppo potere» (uscivamo da una dittatura e già si intravedeva, nel Pci, un temibile partito comunista). Questo difetto di nascita non ha creato problemi finché è durata l’egemonia democristiana; ma con la sua fine è presto diventato evidente che il nostro era un potere di governo troppo debole. Difatti il grosso dei nostri costituzionalisti da gran tempo suggerisce due rinforzi: l’adozione del voto di sfiducia costruttivo vigente in Germania (un governo non può essere rovesciato se non è già concordato il nuovo premier) e, secondo, l’attribuzione al premier del potere di cambiare sua sponte i ministri del suo governo.
Io e molti altri si accontenterebbero di queste due piccole e semplici riforme. Ma Panebianco e il gruppo al quale appartiene persegue da tempo un altro disegno: quello di trasformare il nostro sistema parlamentare in un sistema di potere presidenziale diretto e pressoché incontrollato (molto più forte del presidenzialismo americano, perché non sarebbe intralciato dalla divisione dei poteri tra esecutivo e legislativo).
Non posso illustrare qui l’intero disegno; basterà ricordarne qualche aspetto. Intanto, uno spauracchio: attenti, rischiamo di perdere il nostro bipolarismo. Ma questa perdita non dipende, se avviene, dal sistema elettorale (maggioritario o proporzionale che sia) ma semmai dalla frammentazione-polverizzazione del sistema partitico. Secondo, la dottrina del ribaltone. Un reato che non è contemplato da nessun sistema parlamentare, perché la caratteristica di questi sistemi è, appunto, la loro flessibilità e cioè di consentire cambiamenti di governo e di maggioranze. L’ultima trovata, la più recente, è di conferire al premier (togliendolo al capo dello Stato) il potere di sciogliere le Camere. Una proposta che mi sembra inaccettabile, visto che darebbe al premier un potere sui parlamentari che è davvero uno strapotere.
GOVERNO
Berlusconi: "Con Monti democrazia sospesa"
E su Napolitano: "Ci trattava come bambini"
Davanti ai senatori del Pdl l’ex premier non usa mezzi termini e attacca il nuovo esecutivo: "La decisione finale ci è stata praticamente imposta. Durerà finché vorremo noi". E sulle elezioni e l’incognita Casini: "Faremo ragionare il ragazzo al momento giusto, con le buone o le cattive" *
ROMA - Il governo di Mario Monti rappresenta una "sospensione certamente negativa della democrazia". Sono le parole che Silvio Berlusconi ha usato, parlando ai senatori del Pdl, davanti ai quali ha parlato del nuovo governo, dei punti del programma che non gradisce e di elezioni: "Non possiamo lasciare il paese alla sinistra. E poi a chi? a Di Pietro, Vendola e Bersani. Gli italiani non sono così cretini da dare il voto a questi qua".
Attacco a Monti e Napolitano. L’ex premier non usa mezzi termini e attacca duramente il nuovo esecutivo: "la decisione finale ci è stata praticamente imposta, con i tempi voluti dal presidente della Repubblica". Ce n’è anche per il capo dello Stato: "Come presidente del consiglio mi sentivo impotente, potevo solo suggerire disegni di legge. Anche i decreti, quando arrivavano al Quirinale, il presidente della Repubblica diceva no a 2 su 3 - sottolinea Berlusconi -. Ci correggeva con la matita rossa, come una maestra con i bambini delle elementari".
No alla patrimoniale. Davanti ai senatori del suo partito, l’ex presidente del Consiglio sottolinea che la durata del nuovo esecutivo dipende anche dal Pdl, decisivo anche nella nuova maggioranza e insiste perché il nuovo premier chiarisca il suo programa: "Monti ha parlato di sviluppo e crescita, ma non ci ha detto nulla di preciso sul suo progamma. Abbiamo parlato a grandi linee degli impegni presi con l’Europa - ha detto Berlusconi, che ha ribadito il no del Pdl alla patrimoniale perché sarebbe una misura depressiva.
Legge elettorale e regime intercettazioni. L’ex primo ministro non ha tralasciato l’argomento elezioni: se si andasse al voto oggi, ha detto, ci sarebbe "L’incognita del Terzo Polo, l’incognita di Casini. Ma non vi preoccupate: faremo ragionare il ragazzo al momento giusto, con le buone o le cattive...". Poi, sulla legge elettorale: "Monti non cambierà la legge elettorale, ma siamo d’accordo che va cambiata. Abbiamo un gruppo di esperti che sta valutando quella migliore, va modificata prima delle prossime elezioni", ha spiegato, ribadendo il suo no per ora al voto anticipato: "Affrontare ora una campagna elettorale, sotto la pressione negativa e l’assedio dei media, sarebbe stato un errore". L’ex premier, poi, ha affrontato anche il tema delle intercettazioni: "Quella delle intercettazioni è una vergogna. Io ho deciso che di non avere più il cellulare", ha detto e ha sottolineato la necessità entro la fine della legislatura di mettere mano al regime delle intercettazioni e alla giustizia.
* la Repubblica, 17 novembre 2011
Verso il baratro
di Marco Pannella (il Fatto, 01.09.2010)
Presidente Berlusconi, ascoltando le tue dichiarazioni a e con Gheddafi, ho provato un empito di vergogna. Ripetendo a più riprese, come hai fatto, che, non solo i due Stati, ma anche i “due popoli”, l’Italiano e il Libico, sono oggi uniti per festeggiare l’intesa tra la Repubblica italiana e la Jamaria, ti qualifichi come erede, semmai, dei “Graziani” di quella Italia, estraneo perfino a questa partitocratica, non democratica, che gestisci.
In tal modo tu rappresenti il popolo italiano tanto quanto Gheddafi quello libico. Non adontarti di questa equazione: è tua! Se un feroce dittatore, per te, rappresenta il suo popolo tanto quanto il premier di una Repubblica dalla Costituzione democratica, ravvivi il ricordo di quell’individuo per il quale il Fascismo offriva vacanze non male ai suoi oppositori: dai Matteotti ai Carlo e Nello Rosselli, dagli Ernesto Rossi agli Altiero Spinelli, ai Pertini e migliaia di altri vacanzieri antifascisti.
Della Libia si sa così poco, da non sapere se le vittime del tuo grande amico personale siano di meno o di più di quelli uccisi da noi Italiani. Comunque ci sono come anche altri Africani, spesso Eritrei, Somali, Etiopi, i cui genitori conobbero anch’essi la civiltà di quel colonialismo.
Voglio precisare che qui non discuto affatto, come in Parlamento, il principio e modalità importanti imprenditoriali e commerciali, anche di per loro positivi, dell’accordo. Ma del costo gravissimo e superfluo, e francamente intollerabile, che tu imponi ai danni di standard internazionali democratici e più semplicemente civili, morali.
Presidente, lo so che anche per D’Alema la Libia è “strategica”; ma mi chiedo fin dove tu sia, ormai, capace di intendere e di volere più o diversamente da un Gheddafi o da un “Graziani” qualsiasi. Sei davvero divenuto uno di quei capaci davvero, ma davvero proprio di tutto. Categoria, questa, che finisce per far precipitare nel vuoto di ragionevolezza, di democrazia e legalità i suoi eroi.
Temo che tu sia in questa condizione e che rischi di precipitare anche tu con la sola forza accelerata di gravità in questo baratro. Faremo - lo sai - tutto il possibile per impedirti di finire - e farci finire - come fanno in genere costoro. Con la nostra nonviolenza e tolleranza confido che ci riusciremo. Evitando pure che ti e vi seguiamo nello stesso destino anche noi, vostri popoli, il libico l’africano e l’italiano.
Emma la ribelle: tutto pur di non fare la fine di Capezzone
di Pino Corrias (Il Fatto, 08.02.2011)
ALLA BELLA ETÀ di 62 anni, pronunciando quel tenue “no, di Berlusconi non mi fido”, Emma Bonino si sta forse liberando del padre padrone Marco Pannella che dall’altro secolo la tiene prigioniera in quella setta incantata che ha la forma psicanalitica della rosa stritolata in un pugno.
Da un paio di settimane il vecchio Pannella, che lei chiama “il mio caro scimmione”, è in piena frenesia da sottopotere. Gira tra Arcore e Palazzo Grazioli: ha fiutato l’animale morente. E rimboccandogli le coperte gli offre servigi, un po’ di voti, frutta cotta, la scheggia di uno specchio dentro cui elogiarlo.
Esperto in maquillage politici, arzigogola interviste in cui “non può escludere” un accordo con l’amico Silvio “forse, vedremo”, magari “per il bene della disastrata Repubblica”. L’aveva già fatto con l’agonizzante Craxi, anni ’92-’94, che fece pure finta di dargli retta, mentre preparava le valigie e il malloppo per la latitanza tunisina.
Lui spinge, Emma frena: non era mai successo. Non in pubblico almeno, in nome di una convivenza nutrita da mille ricatti, mille scenate.
Non sarà la compassione, stavolta, a farle accettare senza combattere, il miserrimo destino di un altro Capezzone.
Governo, da Bonino stop a Pannella
"Io non mi fido di Berlusconi"
Il vicepresidente del Senato è scettica sull’apertura al dialogo del leader dei Radicali: "Il premier non mi pare in grado di gestire alcunché politicamente parlando"
ROMA - "Comprende" il tentativo di dialogo che Pannella vuole intraprendere con il presidente del Consiglio, ma la poca fiducia nel premier non le consente di condividere la scelta. Emma Bonino, radicale, vicepresidente del Senato, in un intervento a Radio Radicale ha espresso apertamente ill suo dissenso: "Capisco questa iniziativa di Marco quando dice che bisogna scommettere il pochissimo probabile contro il molto possibile. Ma io rispetto a lui ho meno fiducia, Berlusconi non mi pare più in grado di gestire alcunché politicamente parlando, non lo ha fatto nemmeno in periodi meno turbolenti, e non vedo perché dovrebbe farlo adesso".
La Bonino ha, poi, spiegato, che "non si tratta di entrare al governo o in maggioranza". Piuttosto è una questione di ’prudenza’: "Se, per esempio, arrivasse un’amnistia ci manca pure che i radicali non lo votano. Consiglierei prudenza a chi grida ai tradimenti, è già stato fatto prima del 14 dicembre e poi i voti a Berlusconi sono arrivati da qualche transfuga dell’Idv e del Pd, non da noi, così come sull’ultima votazione sulla perquisizione per il caso Ruby. Capisco che la gente possa essere un po’ sconcertata perché è tutto polarizzato su Berlusconi sì o no, ma prima di parlare di tradimenti consiglierei un po’ di prudenza perché è già stato detto e non è avvenuto, né penso che avverrà".
Poca fiducia nel premier. La Bonino è convinta che Berlusconi non sia cambiato rispetto al passato e che il suo legame con la Lega sia immutato: "Continuo a pensare che uno nel futuro è quello che è stato nel passato, e in questa situazione così totalmente dipendente dalla Lega che ha una sua impostazione su sicurezza e giustizia antitetica a quella che noi proponiamo, proprio perché ho meno speranza su Berlusconi, dico però che le altre alternative sono una peggio dell’altra, cioè il Cln o le elezioni anticipate. Questo è il dramma del Paese", conclude.
* la Repubblica, 07 febbraio 2011
Il puttaniere radicale
di Marco Bracconi (la Repubblica, 7 FEB 2011)
Su Facebook sostiene che è “un dovere aiutare le istituzioni”. Poi ammette di stare trattando con il Cavaliere e dichiara che “tra il puttaniere Berlusconi e il casto Formigoni non si può stare che col primo”.
Marco Pannella si prepara (e prepara i suoi) all’ennesima giravolta della sua lunga carriera. Ha un pugno di deputati che valgono oro per il premier, e poco importa che siano stati eletti nelle liste del Pd. Vuole rientrare in gioco. E il gioco che va alla grande è allargare la maggioranza. O tenerla per le palle, direbbe con una delle sue abituali perifrasi.
Sulla mossa del sovrano la monarchia radicale sembra perplessa. Emma Bonino, che nel regno svolge le funzioni di Regina madre, dice che non si fida di Berlusconi. Mentre dai militanti, vagamente disorientati, arrivano centinaia di messaggi per niente gentili.
Ma il meglio deve ancora venire.
Chissà con quali ardite circonlocuzioni Pannella spiegherà ai suoi che bisogna sostenere un esecutivo che si appresta a imporre idratazione e alimentazione forzata a tutti i Welby italiani, presenti e futuri.
Marco lo sa benissimo, ma fa finta di niente. Meglio non dire adesso che il Cavaliere è quel genere di puttaniere che prima pecca e poi compra le indulgenze da Bertone e Bagnasco.
Tanto nemmeno costano soldi, solo qualche voto giusto in Parlamento.
Pannella: chi punta a gestire il patatrac dovrà fare i conti con noi radicali *
ROMA - «Silvio Berlusconi non si deve toccare. Deve essere battuto con e nella democrazia che si deve conquistare. Non nella partitocrazia di sinistra, centro o destra». A sostenerlo è Marco Pannella, che definisce questo «l’inverno più difficile dal 1955» per l’Italia. Ci sono, sostiene, forze interessate «al patatrac: quelle forze dovranno fare i conti con la nostra resistenza», dice il leader radicale. Che continua: «Berlusconi non è un genio, ma non è neanche un genio del male. Lui è un prodotto della nostra partitocrazia. Il clima è simile al 1980 e come allora vogliono cancellare e zittire i radicali».
* la Repubblica, 17.12.2009
Incontro Berlusconi-Pannella a Palazzo Chigi
ROMA Marco Pannella e’ stato ricevuto a palazzo Chigi e, a quanto si apprende, ha avuto un lungo colloquio con il premier Silvio Berlusconi. Il leader radicale, e’ arrivato nella sede del governo al termine del Consiglio dei ministri ed e’ stato ricevuto nello studio del Cavaliere. Presente, a quanto si apprende, solo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Il colloquio sarebbe durato circa 45 minuti.
* Ansa.it , 13.02.2011
La questione Pannella
di Furio Colombo (il Fatto, 13.02.2011)
Caro Colombo, quando si scriverà la storia di questi anni disgraziati gli storici non potranno non attribuire merito per la tenacia, la passione, la lucidità con cui hai denunciato i guasti micidiali provocati da Berlusconi e dal berlusconismo al vivere civile e costituzionale italiano. Dovranno però detrarre dai tuoi meriti il colpevole, acritico accreditamento con cui hai indicato ai giovani lettori del “Fatto” quel cattivo ragazzo che è stato ed è Pannella Giacinto detto Marco. Paolo Cimarelli
HO INDICATO, come non faccio quasi mai, il nome completo dell’ autore della lettera (qui un po’ accorciata) perché il tema è affrontato in modo molto personale e mostra un intento di pubblico dibattito di cui sono grato e che non posso ignorare. Comincio con il dire che, scrivendo a uno che scrive su questo giornale, Paolo Cimarelli colpisce nel momento più critico del parlare di Pannella, specialmente al modo amichevole ma anche di stima e di sostegno che mi è tipico in queste pagine.
Infatti sono fra coloro che non capiscono di che cosa possa Pannella dialogare con Berlusconi in questo momento, che è il peggiore per l’Italia del dopoguerra e il peggiore persino per Berlusconi, che pure è noto per una serie di fatti e misfatti pessimi anche in un Paese come il nostro, non fortunato con la politica. Io non so che cosa mi sentirò di dire quando sapremo di più del dialogo e del perché proprio adesso.
So però perché ho parlato di Pannella in queste pagine. È una questione che risale indietro nel tempo. Quando, tanti anni fa, ero giornalista alla Rai, ricordo di avere spesso pensato: se dirigerò qualcosa qui dentro farò subito parlare, con tutti gli altri, anche i Radicali, anche Pannella. Non lo conoscevo, allora , ma non trovavo alcun senso o spiegazione nel bando assoluto che ha sempre escluso i Radicali da tutto. Prima che grave, mi pareva ridicolo. Non mi è mai accaduto di dover decidere qualcosa in quella azienda, ma mi sono sempre ricordato di quella strana e assoluta proibizione e ciò, fatalmente, ha moltiplicato la mia attenzione per questa strana banda di esclusi.
Mi sono accorto che intere parti di questioni pubbliche e sociali, come i diritti umani e civili, le prigioni, le malattie disabilitanti, l’esclusione dei senza potere, la persecuzione di minoranze nel mondo, erano affrontate con ostinata ripetitività solo dai radicali. Perché avrei dovuto non dirlo, non scriverlo, non dare una mano quando possibile? Qualcuno, nella politica italiana, si occupa davvero di problemi del mondo come ceceni e islamici cinesi perseguitati? Se sì, ne parlo volentieri, subito.
Qualcuno si è posto il problema, vero, tecnico, diplomatico, del come fermare Blair e fermare la guerra in Iraq attraverso la rimozione di Saddam Hussein, senza morte e distruzione? Se sì, avrei aggiunto il mio impegno. Ma, con tutti i suoi tremendi difetti, c’era solo Pannella. E anche accanto a Luca Coscioni, a Piergiorgio Welby, agli abbandonati nelle carceri .
Ho visitato il Centro di Identificazione e di Espulsione di Ponte Galeria, a Roma, insieme a Staderini, giovane segretario del Partito Radicale e su iniziativa di Rita Bernardini, che lavora con me alla Camera.
E insieme, i Radicali e alcuni deputati Pd ,siamo stati fra i pochi a batterci in tutti i modi per impedire il trattato politico, economico e militare con la Libia, cioè con un paese che nega tutti i diritti di tutti e ha il compito di affondare in mare le imbarcazioni di migranti che sperano soccorso in Italia.
Ora che Marco Pannella dialoga con Berlusconi gli dico che proprio non capisco e che mi pare una iniziativa sbagliata. Ma la vita non è una lavagna da cui si cancellano di volta in volta le righe “sbagliate”. Il vissuto resta tutto. E nel caso che stiamo discutendo non è così male