La Sacra Unione di fatto
di Enzo Mazzi *
«Sacra Unione di Fatto», questa è la giusta definizione del modello cristianamente perfetto di ogni famiglia, incarnato da quella che tradizionalmente viene chiamata "Sacra Famiglia". Potrebbe sembrare una battuta spiritosa e dissacrante. È invece una reale contraddizione teologica irrisolta che il cristianesimo si porta dietro da quando è divenuto religione dell’Impero.
Costantino si convertì al cristianesimo ma al tempo stesso il cristianesimo si convertì a Costantino. La nuova religione dovette cioè farsi carico della stabilità dell’Impero accettando di sacralizzarne alcuni capisaldi e fra questi proprio la famiglia. Fu un compromesso fatale.
Il cristianesimo non era nato per difendere la famiglia. Anzi all’inizio fu un movimento di superamento del concetto patriarcale di famiglia. La cultura e la teologia predominanti nella esperienza da cui sono nati i Vangeli è di un "radicalismo etico", quasi una rivoluzione, che si propone di oltrepassare la cultura e la teologia tradizionali: «Vi è stato detto..., io invece vi dico... » afferma Gesù in contraddittorio con sacerdoti, scribi, farisei. «Si trattò all’inizio di un movimento di contestazione culturale e di abbandono delle strutture della società» (G. Theissen, La religione dei primi cristiani, Claudiana, 2004).
Basta pensare alla reazione di Gesù, in un episodio del Vangelo di Matteo: «Ecco là fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti. Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: "E chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre"».
Un orizzonte nuovo di valori universali si apre in realtà nel Vangelo col superamento del concetto patriarcale di famiglia: da tale oltrepassamento nasce la comunità cristiana, la nuova famiglia, "senza padre" o meglio con un solo padre «quello che è nei cieli». «Nessuno sia tra voi né padre né maestro... » dice infatti Gesù. Se è vero che «la realizzazione pratica dell’ethos del diritto naturale non è possibile senza la vita della grazia», come ha sostenuto di recente il teologo della Casa pontificia, Wojciech Giertych al Congresso internazionale sul diritto naturale promosso dall’Università del papa, la Lateranense, se cioè bisogna rivolgersi alle scelte della grazia di Dio per sapere che cos’è la natura, allora bisogna concludere che Dio privilegia "l’unione di fatto" e non la famiglia.
Insomma per dirla con parole semplici prima viene l’amore, l’unione, la solidarietà e poi viene il patto, la legge, il codice. Questa sembra l’essenza più profonda della natura umana. Lo dice plasticamente il Vangelo: «Il sabato (cioè la norma) è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato». Il compromesso con l’Impero portò alla attenuazione se non al fatale capovolgimento di un tale etos evangelico.
È questa una intrigante contraddizione per le gerarchie ecclesiastiche del "Non possumus" e della rigida Nota anti-Dico, per i preti, i cattolici e i laici del Family-day.
Una traccia vistosa e significativa di tale contraddizione si trova ancora oggi nel celibato dei preti, religiosi e religiose. Il dogma cattolico mentre considera biblicamente il matrimonio come «segno sacro dell’Alleanza nuova compiuta dal Figlio di Dio, Gesù Cristo, con la sua sposa, la Chiesa», d’altro lato ha bisogno di un segno opposto e cioè la verginità e il celibato per significare «l’assoluto primato dell’amore di Cristo» (cf. Compendio del Catechismo 340-342).
Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 338 pone la domanda: «Per quali fini Dio ha istituito il Matrimonio?». La risposta è questa: «L’unione matrimoniale dell’uomo e della donna, fondata e strutturata con leggi proprie dal Creatore, per sua natura è ordinata alla comunione e al bene dei coniugi e alla generazione ed educazione dei figli». Il fine della "generazione/procreazione" fa parte strutturale della natura del matrimonio. Se esclude il fine della procreazione il patto matrimoniale è nullo.
Al n. 344 e 345 lo stesso Catechismo dice: «Che cosa è il consenso matrimoniale? Il consenso matrimoniale è la volontà, espressa da un uomo e da una donna, di donarsi mutuamente e definitivamente, allo scopo di vivere un’alleanza di amore fedele e fecondo... In ogni caso, è essenziale che i coniugi non escludano l’accettazione dei fini e delle proprietà essenziali del Matrimonio».
Addirittura al n. 347, il rifiuto della fecondità viene additato come peccato gravemente contrario al Sacramento del matrimonio: «Quali sono i peccati gravemente contrari al Sacramento del Matrimonio? Essi sono: l’adulterio; la poligamia, in quanto contraddice la pari dignità tra l’uomo e la donna, l’unicità e l’esclusività dell’amore coniugale; il rifiuto della fecondità, che priva la vita coniugale del dono dei figli; e il divorzio, che contravviene all’indissolubilità».
La contraddizione si avviluppa su se stessa e si incattivisce: Maria e Giuseppe escludendo dal loro matrimonio la fecondità naturale, per amore della verginità di Maria, secondo il Catechismo cattolico compiono un grave peccato.
Il Diritto Canonico conferma il dogma in modo apodottico in vari canoni. Specialmente il canone 1101 sancisce che è nullo il matrimonio di chi nel contrarlo «esclude con un positivo atto di volontà» la procreazione.
È in base a queste enunciazioni dogmatiche e normative che il Tribunale della Sacra Rota emette quasi ogni giorno dichiarazioni di nullità del matrimonio, perché anche uno solo degli sposi può provare di aver escluso per sempre la procreazione al momento del consenso matrimoniale.
I cattolici che si battono per la difesa e la valorizzazione della "famiglia naturale" e si preparano addirittura a scendere in piazza per scongiurare il riconoscimento delle unioni di fatto e l’approvazione dei Dico molto probabilmente non hanno mai riflettuto su queste contraddizioni, non le conoscono o le allontanano dalla loro coscienza e dall’orizzonte della loro fede. Esse invece sono invece parte integrante della stessa fede. Vediamo meglio perché.
Il Vangelo di Matteo racconta che «Giuseppe, come gli aveva ordinato l’angelo del Signore, prese in sposa Maria che era incinta ed ella, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù». Il dogma cattolico aggiunge che Maria aveva consacrato in perpetuo la sua verginità al Signore e quindi nello sposare Giuseppe aveva escluso in maniera assoluta la procreazione, essendo Giuseppe pienamente consenziente con tale esclusione. "Maria sempre vergine", nell’intenzione e nei fatti.
Così dice il dogma. Chi lo nega è eretico. Ma con questa esclusione positiva ed assoluta della prole, per lo stesso dogma cattolico e per il Diritto Canonico il matrimonio di Maria con Giuseppe è invalido.
Maria e Giuseppe erano una coppia di fatto che oggi il Diritto Canonico non può riconoscere come vero matrimonio. Dio nel momento in cui decide di farsi uomo sceglie di crescere e di essere educato da una coppia, Maria e Giuseppe, che per il dogma e per il Diritto cattolico era unita di fatto in un matrimonio non valido e quindi non era vera famiglia: era appunto una Sacra Unione di fatto.
Dietro una spinta così forte proveniente del Vangelo, da anni ci siamo impegnati, come tanti altri, e con forti conflitti, a immedesimarsi nelle discariche umane prodotte nella "città delle famiglie normali". E lì abbiamo trovato bambini abbandonati per l’onore del sangue, ragazze madri demonizzate e lasciate nella solitudine più nera, handicappati rifiutati, carcerati privati della parentela, gay senza speranza, coppie prive di dignità perché fuori della norma, minori violentati dai genitori, mogli stuprate dietro il paravento del "debito coniugale".
La "misericordia" del Vangelo ci ha imposto di non demonizzare anzi di accogliere la ricerca di forme di convivenza meno distruttive. Per purificare lo stesso matrimonio, non certo per distruggerlo. Quei bambini abbandonati, quelle ragazze madri, quegli handicappati, quei carcerati, quei gay, quelle vittime di violenze intrafamiliari, hanno avuto bisogno di "unioni di fatto", magari cosiddette "case famiglia", che se ne facessero carico. Poi anche le famiglie si sono aperte alle adozioni e agli affidamenti. Ma la breccia è stata aperta da "unioni di fatto".
Fine della famiglia tribale e delle sue discariche? Macché. Nuove emergenze incombono. La competizione globale, questa guerra di tutti contro tutti, riporta a galla il bisogno di mura. Il mondo del privilegio non accetta la condivisione e non ne conosce le strade se non nella forma antica della elemosina che oggi è confusa impropriamente con la solidarietà; conosce molto bene però l’arte dell’arroccamento. E di questo bisogno di blindatura approfittano i crociati della famiglia.
Guardando bene al fondo, in nome di che si ricacciano in mare gli extra-comunitari? Sono estranei alla nostra famiglia e alla nostra famiglia di famiglie. La difesa a oltranza della famiglia canonica oggi è fonte di esclusione verso i dannati della terra. L’opposizione al riconoscimento delle nuove forme di solidarietà è nel profondo radice di violenza verso gli esclusi. La crociata contro le famiglie di fatto oggettivamente è egoista, oltre i bei gesti e le belle parole e oltre le stesse intenzioni, al di là delle apparenze. Non basta difendere la famiglia naturale. Bisogna ancora una volta guarirla.
È necessario riscoprire il primato dell’amore e della solidarietà oltre i confini di razza, etnia, famiglia, quell’amore responsabile e quella solidarietà piena che sono sacre in radice e rendono sacro ogni rapporto in cui si incarnano. Bisogna ritrovare le strade dell’apertura planetaria della famiglia, di una famiglia purificata e guarita, già annunciate dal Vangelo, nelle attuali esperienze delle giovani generazione e dei nuovi soggetti, con prudenza creativa, senza nascondersi limiti e pericoli, ma anche senza distruttive demonizzazioni.
* l’Unità, Pubblicato il: 12.04.07, Modificato il: 13.04.07 alle ore 14.11
Sul tema, nel sito, si cfr.:
DONNE, UOMINI, E L’ALLEANZA "PREISTORICA" DELLA MADRE ("MARIA") CON IL FIGLIO ("GESU"): "L’ORDINE SIMBOLICO DELLA MADRE". CANTA ANCORA LA MESSA, QUESTA IDEOLOGIA "TEBANA" DELLA GRECIA ANTICA?!!. Un commento di Lea Melandri, all’apertura "femminista" del Vaticano
PER L’ITALIA, "DUE SOLI". Per "una sana laicità", un sano cristianesimo!!! Come MARIA: "FIGLIA DEL TUO FIGLIO", Così GIUSEPPE: "FIGLIO DEL TUO FIGLIO"!!! Dante non "cantò i mosaici" (Carlo Ossola) dei faraoni, ma la Legge del "Dio" di Mosè, del "Dio" dei nostri "Padri" e delle nostre "Madri". L’Amore che muove il Sole e le altre stelle ... e la fine del cattolicesimo costantiniano!!!
Omosessuali e figli.
La scienza è neutra e solida, non sempre i suoi portavoce
di Maurizio Patriciello (Avvenire, mercoledì 27 ottobre 2021)
Lunedì scorso, Stefania si è laureata. Alla fine della festicciola, tra l’altro, ha ringraziato i genitori anche perché «mi hanno insegnato che tra scienza e fede non c’è contrasto», come qualcuno avrebbe voluto farle credere nei suoi anni di studio. Mi sembra un bel traguardo. Mente e cuore meritano di camminare insieme. Guai a separarli. «La via più breve tra due piazze della città non è la più corta ma la più bella», ha scritto martedì su questo giornale, Ferdinando Camon. Poche parole che aprono un abisso.
A Piero Angela siamo tutti debitori, ha fatto entrare, con semplicità, la scienza in casa nostra. Ci ha fatto capire che non c’è niente che non possa essere compreso anche dai bambini e dalle nonne, se solo abbiamo la pazienza e la capacità di spiegarglielo. Piero Angela, giornalista, divulgatore scientifico, uomo di cultura, mai è venuto meno alla severità del dato squisitamente scientifico. Per farlo, negli anni, ha invitato nei suoi programmi esperti di ogni tipo. Loro, dall’alto del loro sapere, si sforzavano di spiegare fenomeni complessi, non a tutti comprensibili, snocciolavano dati, numeri; lui, stimolava la riflessione con le stesse domande che avrebbero fatto gli operai, le casalinghe, i ragazzi che trovavano in quei programmi un ottimo aiuto per la scuola. Era difficile, anche per i suoi più acerrimi critici, trovare sbavature in quelle trasmissioni. Le registrazioni erano ben preparate e curate; lui, sempre elegante, pesava e misurava le parole, i gesti, gli esempi.
Mai e poi mai, Piero Angela, avrebbe permesso a chicchessia di dire che i pulcini nascono come nascono i gattini e i cangurini. La scienza è una cosa seria e va maneggiata con estrema serietà, su questo punto, Angela non ha mai ceduto. Gli anni passano per tutti e tutti, lentamente, ci avviciniamo a quella linea di demarcazione che chiamiamo morte. Interrogato a riguardo, il nostro, l’ha paragonata a una mitragliatrice. Man mano che si avanza nella vita ci avviciniamo a essa.
È triste pensare alla morte come a una sventagliata che ti spazza via. Preferisco riflettere sulle parole di Teresa di Lisieux che poco prima di lasciare questo mondo, sorridendo, disse: «Non sto andando incontro alla morte, ma allo Sposo». Non è questo, però, il punto su cui vorrei riflettere.
Lunedì, ospite di Fabio Fazio, parlando dei fratelli e delle sorelle omosessuali, Angela ha detto tra l’altro: «Spesso viene vista l’omosessualità come un rapporto fisico, contronatura, in realtà le coppie omosessuali fanno esattamente lo stesso percorso: attrazione, innamoramento, gelosia, vita di coppia, figli... Bisogna capirlo bene». Un discorso non propriamente scientifico e nemmeno razionale.
Un conto è parlare di affettività e vita di coppia, altra cosa è parlare di figli. Strano. Il severo divulgatore scientifico, ormai più che novantenne, ha affermato qualcosa che mai avrebbe permesso a nessuno di dire nei suoi studi.
Dall’unione di due maschi o di due donne mai e poi mai nascerà un bambino. Non è questione di fede o di cultura ma di scienza. Non lo dice il prete o la religione, ma la realtà, l’esperienza, la medicina, la genetica... Lo dice la vita che si trasmette da miliardi di anni. La cosa, naturalmente, non è passata inosservata e in tanti hanno fatto le loro osservazioni.
E anche qui, come sempre senza acrimonie, e solo col desiderio di capire ci facciamo qualche domanda: come mai il severo uomo di cronaca e di scienza che tutti conosciamo ha ceduto in modo tanto grossolano a questa imprecisione? È stata una scivolata, facilmente perdonabile in un signore ultranovantenne o una miccia volutamente accesa proprio alla vigilia del nuovo approdo nell’aula del Senato del controverso ddl Zan? Non abbiamo risposta.
Abbiamo capito, però, che questo è il pensiero di Piero Angela. Pensiero che fa a pugni con la scienza e con l’esperienza. Si conferma, quindi, se ancora ce ne fosse bisogno, che se la scienza è neutra, mai lo è lo scienziato e il cultore di scienza, che, come tutti i mortali, deve lottare, per non rimanere imbrigliato nelle sue convinzioni, nelle sue credenze, in una data filosofia di vita e nelle sue ideologie.
Nota della Presidenza CEI sul Ddl Zan.
Troppi i dubbi: serve un dialogo aperto e non pregiudiziale *
La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, riunitasi lunedì 26 aprile, coerentemente a quanto già espresso nel comunicato del 10 giugno 2020, nel quadro della visione cristiana della persona umana, ribadisce il sostegno a ogni sforzo teso al riconoscimento dell’originalità di ogni essere umano e del primato della sua coscienza. Tuttavia, una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna.
In questi mesi sono affiorati diversi dubbi sul testo del ddl Zan in materia di violenza e discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere, condivisi da persone di diversi orizzonti politici e culturali. È necessario che un testo così importante cresca con il dialogo e non sia uno strumento che fornisca ambiguità interpretative.
L’atteggiamento che è stato di Gesù Buon Pastore ci impegna a raggiungere ogni persona, in qualunque situazione esistenziale si trovi, in particolare chi sperimenta l’emarginazione culturale e sociale.
Il pensiero va in particolare ai nostri fratelli e sorelle, alle nostre figlie e ai nostri figli, che sappiamo esposti anche in questo tempo a discriminazioni e violenze.
Con Papa Francesco desideriamo ribadire che «ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza» (Amoris Laetitia, 250).
Alla luce di tutto questo sentiamo il dovere di riaffermare serenamente la singolarità e l’unicità della famiglia, costituita dall’unione dell’uomo e della donna, e riconosciamo anche di doverci lasciar guidare ancora dalla Sacra Scrittura, dalle Scienze umane e dalla vita concreta di ogni persona per discernere sempre meglio la volontà di Dio.
Auspichiamo quindi che si possa sviluppare nelle sedi proprie un dialogo aperto e non pregiudiziale, in cui anche la voce dei cattolici italiani possa contribuire alla edificazione di una società più giusta e solidale.
La Presidenza della CEI
28 Aprile 2021
* Fonte: Chiesa Cattolica Italiana
Omofobia.
In Spagna arcivescovo indagato per una frase. Caso che fa riflettere
Il rischio è di introdurre nel nostro ordinamento il cosiddetto "reato di opinione", anche chi afferma verità affermate dalla Chiesa cattolica da sempre
di Marcello Palmieri (Avvenire, mercoledì 10 giugno 2020)
La cosiddetta Legge Mancino, recepita negli articoli 604 bis e 604 ter del codice penale, punisce «con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi».
Non solo. Lo stesso testo normativo istituisce la pena della «reclusione da sei mesi a quattro anni» per «chi in qualsiasi modo incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». Sono ben precise e tassative - come d’altronde impone il diritto penale - le fattispecie punite, in quanto i concetti di discriminazione o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi risultano pacificamente chiari alla stragrande maggioranza dei cittadini.
Lo stesso non può dirsi per le fattispecie che vorrebbero essere incluse in questa legge: locuzioni come "identità di genere" e "orientamento sessuale" - contenuti nei testi in discussione presso la commissione Giustizia della Camera - rimandano a concetti tutt’altro che definiti, sui quali anche la comunità scientifica non si è ancora pronunciata in modo univoco. E il rischio, qualora queste proposte diventassero legge, sarebbe quello di introdurre nel nostro ordinamento il cosiddetto "reato di opinione", per la cui commissione basterebbe riferire un pensiero personale.
Né più né meno di quanto successo nel 2014 all’arcivescovo di Malaga (Spagna), indagato penalmente per aver affermato che la sessualità è destinata alla procreazione, evidentemente impossibile all’interno di una coppia omosessuale: una situazione, insomma, che si porrebbe in evidente contrasto il diritto alla libertà di pensiero sancita dalla nostra Costituzione. Affermare questo, tuttavia, non significa voler negare una doverosa tutela a quelle persone che, per via delle loro tendenze omo, si trovassero oggetto di qualsiasi tipo di violenza.
Già ora, infatti, il nostro ordinamento punisce penalmente chi uccide una persona, oppure la percuote, la diffama, la riduce o la mantiene in schiavitù, la sequestra, la violenta, la minaccia, la obbliga a fare o non fare una cosa, oppure ancora la rende vittima di stalking. Anche in questo caso, si tratta fatti (odiosi e delittuosi) ben chiari. Non di (liberi) pensieri, per di più su concetti tutt’altro che condivisi.
Il Papa attacca convivenze e coppie gay
di Roberto Monteforte (l’Unità, 10 marzo 2012)
«La convivenza è un peccato grave di cui, però, non si ha adeguata consapevolezza». «La differenza sessuale è essenziale per il matrimonio»- . Questo scandisce Papa Benedetto XVI ad un gruppo di vescovi statunitensi ricevuti ieri in visita «ad limina». Così il pontefice torna a difendere la famiglia tradizionale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e invita i vescovi a fare altrettanto. Le altre forme di unione, aggiunge, «danneggiano la stabilità sociale».
Sotto accusa sono i matrimoni gay, sui quali si è divisa la Chiesa anglicana, e le altre forme di unioni. Il Papa invita a contrastare le «potenti correnti politiche e culturali» che negli Usa intendono alterare la «definizione legale» della famiglia fondata sul matrimonio.
Chiede di dare battaglia contro le lobby che sono in procinto di strappare il placet della Casa Bianca ai matrimoni gay. Sotto accusa sono anche la messa in discussione dell’«indissolubilità del matrimonio» e il rifiuto ad una «sessualità responsabile».
Ratzinger insiste. Ribadisce i punti fermi sul matrimonio: «una istituzione naturale che consiste in una specifica comunione di persone, essenzialmente radicate nella complementarietà dei sessi e orientata alla procreazione». Quindi «le differenze sessuali non possono essere considerate irrilevanti nella definizione del matrimonio». Per il Papa, difendere l’istituzione del matrimonio come realtà sociale rappresenta «una questione di giustizia, poiché comprende la salvaguardia del bene dell’intera comunità umana, i diritti dei genitori e quelli dei figli».
Ai vescovi chiede un impegno concreto nella loro azione «pastorale e liturgica» che dia «testimonianza inequivocabile degli obblighi oggettivi della moralità cristiana». Insiste nel chiedere di richiamare la società a non «considerare come irrilevante la differenza sessuale per la definizione del matrimonio», come pure invita ad opporsi «all’indebolirsi dell’indissolubilità del patto matrimoniale e di una comprensione matura del fondamento etico della castità, che ha portato a seri problemi sociali e a immensi costi umani ed economici».
Politica - Dibattito sulle posizioni della CEI
RESISTENZA E PACE
di Raniero La Valle *
La Chiesa in piazza
Se Gesù di Nazaret fosse stato così malevolo verso le convivenze di fatto, noi non avremmo una delle più belle pagine del Vangelo, quella della samaritana, che aveva avuto cinque mariti e quello con cui stava non era suo marito. Invece è proprio lei che attinge l’acqua dal pozzo per Gesù e ne ha in cambio l’acqua viva, e poi corre al villaggio ad annunziare a tutti, compresi i suoi compagni e mariti, di aver visto il messia.
Se il celibato di Gesù fosse stato tanto arcigno e schizzinoso, così da assurgere a insuperabile presidio della legge salica di successione nella Chiesa, per cui da Dio Padre al Figlio maschio unigenito ai successori degli apostoli si va per linea maschile fino all’ultimo degli accoliti, non avrebbe consentito che da lui si trasmettesse una forza all’emorroissa né si sarebbe fatto bagnare di pianto i piedi da una donna, né si sarebbe fatto cospargere di nardo né avrebbe avuto per loro parole di vita.
Se la Chiesa di Giovanni fosse stata così ansiosa e zelante come quella di Luca, che nel suo Vangelo non ha voluto includere l’episodio del perdono di Gesù all’adultera, per non indebolire il principio della fedeltà matrimoniale, noi non sapremmo, come invece sappiamo dal Vangelo di Giovanni che se n’è fatto carico, che le adultere non si uccidono, e che perfino la legge mosaica che lo prescriveva è scritta come col dito sulla sabbia, e basta una folata di vento, del vento della grazia, a spazzarla via.
Se la Chiesa che fu di Ruini non fosse così convinta che dove non basta la predicazione ci vuole il deterrente di una legge restrittiva, e che se i cattolici non obbediscono in casa sono tenuti ad obbedire almeno in Parlamento, non manderebbe le folle in piazza con preti e parroci in testa per dire “famiglia, famiglia”, e in realtà per cambiare la politica del Paese. Si rompe così l’unità del presbiterio, e si divide la Chiesa in fazioni. Per “supplicare” che essa non facesse un simile errore, Giuseppe Alberigo ci si è giocata la vita.
Ci fu un’altra volta in cui la Chiesa tentò un’operazione del genere, e fu quando fece scendere a Roma trecentomila militanti della Gioventù cattolica, con un uniforme berretto verde sul capo, perciò soprannominati “baschi verdi” (non c’era ancora la Lega), per una manifestazione di anticomunismo (che era il grande coagulante di allora). Quando De Gasperi li vide sfilare, disse: gridano per il papa, ma marciano contro di me. Da quel trauma la Chiesa si riebbe solo col Concilio, e Carretto andando nel deserto.
Certo, è molto umano che quando non ci si riesce da una parte, ci si provi dall’altra. Se non si riesce con la fede, proviamo col progetto culturale, con la politica, con la natura. E siccome la Chiesa sa cos’è la natura, non dice alla politica “segui me”, ma “segui la natura”: la famiglia naturale, la natura umana del materiale genetico che diventa uomo già sul vetrino, le relazioni naturali e perfino, com’è accaduto, la conformità alla natura della pena di morte, purché non dell’innocente. Tutte cose che varrebbero lo stesso, come diceva Grozio, “anche se Dio non ci fosse”.
Per l’appunto Dio ha fatto lo sforzo di incarnarsi quando ha visto che con la “natura” l’uomo non andava troppo lontano. Ci voleva dell’altro, ed è per quest’altro che è nata la Chiesa.
Del resto neanche alla politica basta seguire la natura. Questo lo credeva Aristotele, che pensava alla politica come all’attuazione di una scienza, di una verità, che “sta sopra” (l’epistéme), per cui sarebbe secondo natura, e necessario, che ci sia “chi comanda e chi è comandato” e che il maschio comandi sulla femmina, essendo “l’uno per natura superiore, l’altra inferiore” (vedi alla voce “politica” del Dizionario di teologia della pace, EDB). Invece la politica è un artificio, è un prodotto della cultura. Un artificio è la democrazia, e infatti rischiamo ogni momento di perderla. Ma un artificio è anche lo Stato: e perciò non può essere “perfetto”, cioè del tutto autosufficiente, come pretendeva lo Stagirita; anzi è proprio questa idea di avere per natura tutti i mezzi necessari e di non aver bisogno di nessuno, che ha fatto dello Stato un “sovrano” in guerra contro gli altri Stati.
E artificiali sono i regni. Non c’è niente di più innaturale di un re. Ma intanto, se gli uomini non si fossero inventati il re (e Dio non voleva, come disse a Samuele) Gesù non avrebbe potuto usare quella metafora per annunciare il “regno di Dio”: nella natura, oltre la natura, nonostante la natura.
* WWWW.ILDIALOGO.ORG, Martedì, 17 aprile 2007
Riceviamo da Enrico Peyretti (per contatti: e.pey@libero.it) questo articolo che uscirà su Rocca, rocca@cittadella.org, nel n. del 1 maggio, nella rubrica di Raniero La Valle