La visita del Papa ad Aparecida
Teologia della Liberazione è sempre viva, affermano Boff e Casaldáliga
(Traduzione di Fausto Marinetti) *
Estadão 05 maggio 2007
RIO - La Teologia della Liberazione, che Benedetto XVI ha combattuto prima di essere eletto, continua viva, così come persistono ancora le disuguaglianze dell’America Latina che l’hanno generata. L’attualità di tale teologia d’ispirazione marxista, che ha messo i poveri come la priorità della Chiesa cattolica in America Latina, viene evidenziata dai suoi rappresentanti più significativi: Leonardo Boff e mons. Pedro Casaldáliga. Per il segretario generale del Forum Mondiale della Teologia e Liberazione, il cappuccino Luiz Carlos Susin, la Teologia della Liberazione non solo è viva, ma si è estesa in Africa e in Asia.
Questa corrente, adottata dai sacerdoti dell’America Latina, ebbe il suo auge negli anni 70, specialmente nei paesi con gravi problemi di povertà o che erano sotto la dittatura o in guerra civile. Il Vaticano, preoccupato per l’inspirazione marxista del movimento, lottò fortemente contro questa tendenza attraverso la Congregazione della Dottrina della Fede, capeggiata dal Papa attuale, che visita un Brasile, nel quale la Teologia della Liberazione si suppone che abbia perso la sua forza iniziale. "Come tutti i movimenti, ha avuto un momento per nascere, crescere, indebolirsi e sparire", afferma l’arcivescovo di São Paulo, Odilio Scherer, il quale dà ad intendere che il movimento è finito. Ma Boff dichiara: "Lo stesso Vaticano sa di aver perso la battaglia. I due documenti del 1984 e 1986 non hanno frenato il movimento. E’ nato ascoltando il grido degli oppressi e oggi questo grido si è trasformato in clamore.
Casaldaliga afferma che l’opzione della Chiesa per i poveri non perde la sua attualità in un’America Latina che ha ancora 205 milioni di sventurati: "Credo fermamente che la Teologia della Liberazione continua ad essere viva in molte menti, testi e in molte comunità. Sono convinto che si sta rinnovando con nuovi apporti. Adesso, oltre ai poveri, la Chiesa ha fatto propria anche la causa del negro, dell’indio, della donna". Susin ritiene che si è ramificata non solo per includere questi nuovi "soggetti storici", ma anche altri orizzonti: Cina, India e Africa. "La Teologia ha acquisito tematiche speciali, che dialogano tra loro".
Per Casaldáliga, che ha scelto di restare in Amazzonia per stare vicino ai poveri, nonostante l’età, la Teologia potrà ricevere nuovo impulso nella 5ª Conferenza del Celam, evento inaugurato da Benedetto XVI ad Aparecida, S. Paolo. "La recente notifica del Vaticano a Jon Sobrino e la preparazione del Celam hanno rimesso tale Teologia sulle prime pagine. E’ possibile procedere (ad Aparecida) e la affermeremo di nuovo con chiarezza, con convinzione, preparati a tutte le conseguenze". Sobrino, gesuita spagnolo che vive a El Salvador, e che con i suoi testi sul Gesù storico e umano si è trasformato in uno dei principali teologi della liberazione, è stato recentemente ammonito dal Vaticano. Ma, al contrario di quello che succedeva quando l’attuale pontefice dirigeva la Congregazione della Dottrina della Fede, questa ammonizione non include una punizione. "La notificazione contiene delle osservazioni, ma non proibisce niente. La stiamo interpretando al meglio, perfino come un invito al dialogo. Ci aspettiamo che ci possa essere una discussione e pare che il papa abbia già detto, in due o tre occasioni, che è favorevole a un dibattito teologico", dice Susin. Boff non la pensa così: "Abbiamo paura che ad Aparecida il papa rinnovi i suoi avvertimenti alla Teologia della Liberazione. Come cristiani rispetteremo sempre la figura del Papa. Ma sappiamo che ha condannato più di cento teologi e ha scritto dei testi duri, quasi fondamentalisti sulle chiese e le religioni e ha controllato le conferenze episcopali progressiste. Per questo è difficile amarlo".
* IL DIALOGO. Mercoledì, 16 maggio 2007
Sul tema, nel sito, si cfr.:
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"Così il cardinale Ratzinger prese di mira i progressisti e lasciò impuniti i pedofili" *
di Federico Rampini (la Repubblica, 3 luglio 2010)
Joseph Ratzinger, quando da cardinale dirigeva la Congregazione per la dottrina della fede, fu «parte di una cultura di non-responsabilità, negazionismo, e ostruzionismo della giustizia» di fronte agli abusi sessuali commessi da sacerdoti. Lo afferma il New York Times sulla base di documenti interni alla Chiesa, interviste a vescovi ed esperti di diritto canonico. Dal reportage emerge una versione molto diversa, sul ruolo di papa Benedetto XVI, rispetto alla descrizione ufficiale fornita dalla Chiesa.
Tra le rivelazioni spunta un vertice segreto avvenuto in Vaticano nel 2000 tra Ratzinger e i vescovi delle nazioni anglofone più colpite dagli scandali di pedofilia: Stati Uniti, Irlanda, Australia. Secondo il vescovo Geoffrey Robinson di Sidney, che partecipò all’incontro segreto, Ratzinger «impiegò molto più tempo a riconoscere il problema degli abusi sessuali, rispetto a quel che fecero alcuni vescovi locali». Nell’intervista al New York Times il prelato australiano si chiede: «Perché il Vaticano era così tanti anni indietro?».
Il New York Times smonta la linea di difesa che la Santa Sede ha tenuto sull’attuale pontefice. Il Vaticano ha descritto come una svolta la decisione del 2001 di dare alla Congregazione diretta da Ratzinger l’autorità di semplificare le procedure e affrontare direttamente i casi di pedofilia.
Dopo quella decisione, annunciata con una lettera apostolica di Giovanni Paolo II, il cardinal Ratzinger sarebbe emerso come uno dei più coraggiosi nel riconoscere la minaccia degli abusi sessuali per la reputazione della Chiesa. Tutto questo viene confutato nella ricostruzione del giornale americano. In realtà la Congregazione aveva già gli stessi poteri dal 1922, secondo diversi esperti di diritto canonico interpellati. La lettera del 2001 non segnò affatto una svolta. Al contrario, la Chiesa si decise ad agire solo in grande ritardo, sotto la pressione di alcuni vescovi anglofoni in prima linea negli scandali.
«Per i due decenni in cui ebbe la guida della Congregazione», scrive il New York Times, «il futuro Papa non esercitò mai quell’autorità. Evitò di intervenire anche quando le accuse e i processi stavano minando la credibilità della Chiesa in America, Australia, Irlanda, e altri Paesi».
Ancora oggi, prosegue l’articolo, «molti decenni dopo che gli abusi sessuali da parte dei sacerdoti sono diventati un problema, Benedetto XVI non ha istituito un sistema di regole universali» per affrontarlo. Al contrario permane tuttora «una confusione dilagante tra i vescovi, sul modo di affrontare le accuse».
Eppure i segnali d’allarme per il Vaticano vengono da lontano. Nel 1984 il reverendo Gilbert Gauthé di Lafayette, Louisiana, ammise di avere molestato 37 minorenni. Nel 1989 uno scandalo enorme scoppiò in un orfanatrofio cattolico del Canada. Nella prima metà degli anni Novanta 40 fra preti e monaci australiani erano sotto processo per abusi sessuali. Nel 1994 cadde un governo in Irlanda per avere negato l’estradizione di un prete pedofilo. A quel tempo il cardinal Ratzinger aveva consolidato la sua autorità al vertice della Congregazione, dove era stato nominato nel 1981.
«È lui», sottolinea il New York Times, «che avrebbe potuto avviare azioni decisive negli anni Novanta, per impedire che gli scandali diventassero una metastasi, diffondendosi da un Paese all ’altro». Ma le sue priorità erano altre. Fin dal 1981 Ratzinger aveva identificato «la minaccia fondamentale per la fede della Chiesa»: la teologia della liberazione, il movimento dei preti progressisti che si stava affermando in America latina. «Mentre padre Gauthé (il pedofilo, ndr) veniva processato in Louisiana, il cardinal Ratzinger stava sanzionando pubblicamente i preti del Brasile e del Perù per aver sostenuto che la Chiesa doveva impegnarsi a favore dei poveri e degli oppressi. I suoi strali colpirono poi un teologo olandese favorevole a dare funzioni ecclesiali ai laici, e un americano che sosteneva il diritto al dissenso sull’aborto, il controllo delle nascite, il divorzio e l’omosessualità».
Per reprimere ogni velleità di autonomia delle Chiese nazionali, Ratzinger usò la sua autorità per affermare che le Conferenze episcopali «non hanno un fondamento teologico, non appartengono alla struttura della Chiesa». Un’offensiva fatale, scatenata proprio nella fase in cui alcune conferenze episcopali nei Paesi anglofoni avevano cominciato ad affrontare gli scandali in modo aperto, e chiedevano di poter sanzionare i preti pedofili senza aspettare le lungaggini dei processi canonici.
Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione
di ADISTA *
Importante iniziativa di Adista che ha tradotto e messo a disposizione gratuitamente il libro "Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione" edito dalla Commissione Teologica Internazionale della ASETT, Associazione Ecumenica dei Teologi/ghe del Terzo Mondo, in risposta alla notificazione vaticana sulle opere di Jon Sobrino.
Care lettrici, cari lettori,
segnaliamo un’importante novità sul nostro sito. Si può leggere finalmente anche in italiano, scaricandolo gratuitamente dalla home page di www.adista.it, il libro digitale "Bajar de la cruz a los pobres: cristología de la liberación" ("Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione") della Commissione Teologica Internazionale della ASETT, Associazione Ecumenica dei Teologi/ghe del Terzo Mondo.
La traduzione italiana, curata da Adista, dell’originale spagnolo (che, insieme alla traduzione in inglese, è disponibile agli indirizzi www.eatwot.org/TheologicalCommission e http://www.servicioskoinonia.org/LibrosDigitales) è presentata dal teologo Carlo Molari e presenta due contributi in più: di Aloysius Pieris e dello stesso Molari (è possibile leggere l’originale )
Il libro della Asett è la risposta di circa 40 teologi della liberazione alla Notificazione vaticana sulle opere di Jon Sobrino (autore dell’epilogo del libro), ma non solo: è una difesa, appassionata e potente, della cristologia della liberazione, quella che Leonardo Boff, nel prologo, definisce "una teologia militante che lotta per ’far scendere dalla croce i poveri’".
È questa voce potente quella che è oggi offerta anche al pubblico italiano, attraverso un nuovo metodo che l’Asett ha voluto sperimentare: quello di un libro digitale, libero e gratuito, che, scrive José María Vigil, coordinatore della Commissione Teologica Internazionale della Asett/Eatwot, "può essere regalato e inviato da chiunque per posta elettronica e che potrà anche essere stampato su carta mediante il procedimento della "stampa digitale", un metodo che permette di stampare su carta quantità minime di esemplari (5, 10, 20...), a un prezzo praticamente uguale a quello di un libro normale".
Per scaricare il libro, clicca qui
* IL DIALOGO, Mercoledì, 06 giugno 2007
In onore di Francesco e Chiara d’Assisi, dei Francescani (Dante Alighieri, compreso!) ... e di Leonard Boff
IGNOTI A SE’ STESSI ...ED ESPORTATORI DI ’CRISTIANESIMO’ E DI ’DEMOCRAZIA’!!!
di Federico La Sala *
La ’lezione’ (di Nietzsche e) di un aborigeno canadese ai ’registi’ della politica ’cattolica’ (e ’laica’).
Credo che ormai siamo proprio e davvero al capolinea - nella totale ignoranza di se stessi i componenti della Gerarchia della Chiesa ’cattolica’ si agitano ... alla ’grande’!!! Non hanno proprio più nulla da dire, evidentemente! Sono scesi in campo ... ma contro Chi?!, contro che cosa?! Contro lo spirito francescano!!!
In segno di solidarietà, qui ed ora - 2005 dopo Cristo, con i francescani in carne ed ossa, oggetto di un richiamo, con un Motu proprio, da parte dell’ex- prefetto ’kantiano’ Ratzinger, il papa Benedetto sedicesimo, forse non è inutile un breve commento a margine... per cercare di stare svegli e di svegliarci, possibilmente - tutti e tutte!
Dennis McPherson, un aborigeno (che ormai "ci" conosce bene, evidentemente!) canadese, ecco cosa (sapientemente e sorprendentemente - per noi, occidentali!!!), alla domanda - “qual è l’essenza dell’essere umano? E’ una creatura speciale con una missione speciale?” - di un’antropologa-intervistatrice, ha risposto:
“ Ha mai sentito parlare di Emanuele Kant? Certo che sì! Sa qual è l’asserzione più importante di Kant? E’ che non può: Kant = can’t (gioco linguistico tra il nome del filosofo e il verbo inglese, che hanno lo stesso suono). Questo sta cercando di fare lei. Sa perché? Perché sta cercando di capire la cultura aborigena! Siete lontano migliaia di anni, siete nell’età dell’oscurantismo”(Rita Melillo, Tutuch (Uccello tuono). A colloquio con gli aborigeni del Canada, Presentazione di D. A. Conci, Mephite s.r.l., Atripalda (AV) 2004, p. 211 e p. 217).
Se teniamo presente le famose parole “De nobis ipsis silemus [...]”(di Francesco Bacone), messe da Kant sopra (come una pietra tombale) e prima di iniziare il suo discorso della e nella Critica della ragion pura, si può dire che il ’nostro’ aborigeno ha capito e visto più che bene - e meglio di tutti i filosofi e teologi dell’Occide[re]nte!!! E ’ce’ lo ha detto in faccia - ’papale’, ’papale’: basta!!!
Noi che non conosciamo ancora noi stessi (Nietzsche) .... e che navighiamo nel più grande “oscurantismo” - quello (più importante!!!) relativo a noi stessi, vogliamo pure dare lezioni ed esportare ’cristianesimo’ e ’democrazia’ in tutto il mondo!? “Mi”!?, e “Mah”!!!?
Federico La Sala
* www.ildialogo.org/filosofia, Martedì, 22 novembre 2005
Lasciamo perdere lo "spirito francescano". San Francesco e Chiara d’Assisi che, a quanto pare...è assai poco compreso.
E’ questione di Carl Marx qui, non di San Francesco...
Buona serata... Maurizio.