Stato e Chiesa. Il magistero del "latinorum" e di "Mammona" ("caritas") di papa Benedetto XVI ("Deus caritas est", 2006) non è il magistero né di Atene, né di Gerusalemme né di Roma né della Mecca, e non di Amore ("Charitas")!!!

VOLTAIRE, LA CHIESA DEL POTERE E IL DIO A UNA DIMENSIONE (DELLA "CARITAS" SENZA "H") DI PAPA RATZINGER. Una lettera formidabile di Francesco Natarelli e una risposta banale di Umberto Galimberti - a cura di pfls

sabato 29 marzo 2008.
 

[...] Benedetto XVI: "No, non posso andare. Non temo per me, ma per quei ragazzi. Mi dispiace tanto dover rinunciare, ma come si fa?" (la Repubblica 17/1/08).

Il Santo Padre non ha avuto paura per sé; proprio lui che aveva scritto l’Enciclica "Dio è amore", ha avuto paura di amare. Forse troppa "Scienza e Fede" ha impedito l’ascolto di quella scienza del cuore che a Giovanni XXIII aveva saputo dettare l’indimenticabile discorso della luna: "Date una carezza ai vostri bambini, dite che gliela manda il Papa". "Non habemus papam", la scritta sopra l’ingresso della facoltà di fisica, sembrava allora che gemesse: non abbiamo un padre. La "lectio magistralis" dell’amore avrebbe giovato anche al rettore Guarini, Padre della Sapienza, che prima aveva invitato il Papa senza ascoltare il senato accademico e poi non si è preso cura dell’onorabilità offesa dei suoi 67 professori che avevano esercitato il legittimo diritto di opinione. Triste è quel Paese dove il sonno dei padri genera la Veglia dell’ateo devoto Giuliano Ferrara e l’adunata a piazza San Pietro convocata da Camillo Ruini, colui che amò Welby fino alla morte [...]


Risponde Umberto Galimberti *

La chiesa del potere

Perseguitato dall’idea che le sue spoglie potessero avere una sepoltura "sconsacrata", persino Voltaire fece pervenire al vescovo di Parigi una lettera in cui tra l’altro si legge: "Muoio adorando Dio, amando i miei amici, non odiando i miei nemici e detestando la superstizione".

In relazione alla vicenda Pontefice/ La Sapienza, propongo le seguenti considerazioni. Troppo preso forse dalle sue molteplici funzioni, il Papa ha ignorato proprio quella adeguata all’occasione: la funzione paterna. Visto che è anche Santo Padre, sarebbe stato bello se egli, lasciato lo Stato del Vaticano a Bertone, il vescovado a Ruini, smessi i panni del professore, si fosse recato all’università per andare a cercare come un pastore le pecorelle che lo contestavano e ascoltarle, un centinaio di studenti su 150mila. Gesù a Simon Pietro: "Simone, mi ami tu?". "Sì, o Signore, tu lo sai che ti amo". "Pasci le mie pecore" (Gv 21).

Benedetto XVI: "No, non posso andare. Non temo per me, ma per quei ragazzi. Mi dispiace tanto dover rinunciare, ma come si fa?" (la Repubblica 17/1/08).

Il Santo Padre non ha avuto paura per sé; proprio lui che aveva scritto l’Enciclica "Dio è amore", ha avuto paura di amare. Forse troppa "Scienza e Fede" ha impedito l’ascolto di quella scienza del cuore che a Giovanni XXIII aveva saputo dettare l’indimenticabile discorso della luna: "Date una carezza ai vostri bambini, dite che gliela manda il Papa". "Non habemus papam", la scritta sopra l’ingresso della facoltà di fisica, sembrava allora che gemesse: non abbiamo un padre. La "lectio magistralis" dell’amore avrebbe giovato anche al rettore Guarini, Padre della Sapienza, che prima aveva invitato il Papa senza ascoltare il senato accademico e poi non si è preso cura dell’onorabilità offesa dei suoi 67 professori che avevano esercitato il legittimo diritto di opinione. Triste è quel Paese dove il sonno dei padri genera la Veglia dell’ateo devoto Giuliano Ferrara e l’adunata a piazza San Pietro convocata da Camillo Ruini, colui che amò Welby fino alla morte.

Un’adunata come "gesto d’amore" per riparare l’offesa al Pastore; mentre il direttore di Radio Maria, sempre ben informato, dava notizia che "intorno ai contestatori si sente certo l’odore del diavolo". Psicopatologia di una vita ruiniana (Sigmund Freud). La cattolica adulta Rosy Bindi, che non è neuropsichiatra infantile come la cattolica Paola Binetti, fiutato l’odore di sulfureo, non ha risposto all’appello di Ruini, anzi ha considerato "tragico" il farlo. Matteo 6, 5: "E quando pregate, non fate come gli ipocriti i quali hanno piacere di pregare in piedi sugli angoli delle piazze, per essere veduti dagli uomini". Anche col maxischermo da piazza San Pietro a piazza del Duomo a Milano.

-  Francesco Natarelli
-  Pescara
-  m.natarelli1@virgilio.it

Lei sa, come tutti sanno, che esiste una chiesa del potere e una chiesa dell’amore. La chiesa del potere mi pare si concentri nello Stato del Vaticano dove anche la liturgia diventa scenografia della potenza. La chiesa dell’amore è sparsa ovunque: dalle missioni nelle lande abitate dai disperati della terra alle parrocchie di periferia abitate, tra gli altri, anche da chi, per vergogna, giunge persino a nascondere la propria abissale indigenza.

Il problema è di vedere se la chiesa dell’amore avrebbe la possibilità di esistere e di esprimersi se non avesse una qualche connessione con la chiesa del potere. Io penso di no. Perché l’amore è scarsamente identificabile come testimonianza di una fede, se quella fede non è proposta e resa manifesta dallo splendore della potenza. L’amore è un gesto noto solo a chi lo porge e a chi lo riceve. Nessuna telecamera si ferma a registrarlo, nessun giornale gli dedica una pagina. Inoltre l’amore può essere una prerogativa sia di chi crede sia di chi non crede, quindi è difficilmente attribuibile a un’appartenenza religiosa, di cui, invece, la chiesa del potere ha massimamente bisogno per segnalarsi nella sua identità.

Ancora, se la chiesa dell’amore è in grado di seguire la regola kantiana secondo la quale "la morale è fatta per l’uomo e non l’uomo per la morale", che poi riproduce la massima di Gesù "il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato", la chiesa del potere non può che subordinare l’uomo alla morale, perché senza principi immutabili e di continuo ribaditi, perderebbe la sua identità, e con l’identità la sua influenza e i confini dell’appartenenza.

Il risultato è la doppia coscienza che viene a configurarsi nei "fedeli": un’adesione esterna ai valori, a più riprese ribaditi come "non negoziabili" dalla chiesa del potere, e una condotta che, senza smentire gli enunciati di principio, negozia ogni cosa invocando la fragilità della carne e implorando il perdono. I principi vengono enunciati ogni domenica dal pulpito, le deroghe perdonate il sabato in confessionale. In questo modo tutto si tiene, salvo l’integrità della coscienza, che professa ad alta voce le regole e segretamente pratica le deroghe. Ma le assicuro, l’amore è un gesto fragile (pur essendo l’unica condizione per cui si riesce a vivere), ma senza la chiesa del potere come si potrebbe riconoscere nell’amore l’"amore cristiano"?

* la Repubblica/D, 29.03.2008


Sul tema, nel sito, si cfr.:

"Deus caritas est". Il Logo del Grande Mercante....

IL LOGO DELLA "SAPIENZA", L’UMANITA’, E L’ACQUA....

AL DI LA’ DELL’EDIPO... SULL’USCITA DALLO STATO DI MINORITA’, OGGI.

BASTA CON LE ROBINSONATE...


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