[...] - L’"UOMO SUPREMO" DELLA CHIESA CATTOLICA: "Dominus Iesus": RATZINGER, LO "STERMINATORE DI ECUMENISMO". Un ’vecchio’ commento del teologo francescano Leonard Boff.
Benedetto XVI da Castel Gandolfo: "Mettano al centro delle deliberazioni le necessità delle popolazioni più bisognose. Basta speculazioni sui prezzi di alimenti ed energia"
L’appello del Papa ai leader del G8
"Si occupino di poveri e deboli"
"Occorre rilanciare un equo processo di sviluppo integrale a tutela della dignità umana"
CASTEL GANDOLFO - Il papa si appella ai capi di Stato e di governo dei paesi membri del G8, che si apre domani in Giappone, perché "al centro delle loro deliberazioni mettano i bisogni delle popolazioni più deboli e più povere" ed esorta la comunità internazionale "a prendere decisioni atte a rilanciare un equo processo di sviluppo integrale, a salvaguardia della dignità umana".
Recitando l’Angelus dalla residenza estiva sulle pendici del lago di Albano, Benedetto XVI ha salutato prima la comunità di Castel Gandolfo, "che mi riserva sempre, durante il mio soggiorno, una cordiale e premurosa accoglienza", per poi occuparsi del vertice economico che si apre nell’isola di Hokkaido in Giappone lunedì.
"In questi giorni si sono alzate numerose voci, tra cui quelle dei presidenti delle Conferenze episcopali delle citate nazioni - ha detto il papa - per chiedere che si realizzino gli impegni assunti nei precedenti appuntamenti del G8 e si adottino coraggiosamente tutte le misure necessarie per vincere i flagelli della povertà estrema, della fame, delle malattie, dell’analfabetismo, che colpiscono ancora tanta parte dell’umanità. Mi unisco anch’io - ha detto Ratzinger - a questo pressante appello alla solidarietà".
"Mi rivolgo quindi ai partecipanti all’incontro di Hokkaido, affinché al centro delle loro deliberazioni mettano i bisogni delle popolazioni più deboli e più povere, la cui vulnerabilità è oggi accresciuta a causa delle speculazioni e delle turbolenze finanziarie e dei loro effetti perversi sui prezzi degli alimenti e dell’energia. Auspico - ha concluso - che generosità e lungimiranza aiutino a prendere decisioni atte a rilanciare un equo processo di sviluppo integrale, a salvaguardia della dignità umana".
* la Repubblica, 6 luglio 2008.
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
L’"UOMO SUPREMO" DELLA CHIESA CATTOLICA: "Dominus Iesus": RATZINGER, LO "STERMINATORE DI ECUMENISMO". Un ’vecchio’ commento del teologo francescano Leonard Boff.
Per un ri-orientamento antropologico e teologico-politico ....
Alla vigilia della riunione dei Paesi industrializzati, il presidente Usa parla di economia
Apre sui temi ambientali "purchè anche Cina e India facciano la loro parte"
Bush in Giappone per i G8
"Credo nel dollaro forte"*
TOKYO - Bush in Giappone per il G8 anticipa un "ruolo costruttivo" nella lotta alle emissioni di gas serra. Ma Cina e India devono impegnarsi a fare la loro parte". Alla vigilia dell’incontro degli otto paesi più industrializzati, il presidente americano discute di Nord Corea con il premier giapponese, ma poi si dice preoccupato per l’economia americana: "Non sta crescendo in modo così robusto come vorremmo. Credo ancora in un dollaro forte". E alle Olimpiadi, presidente Bush, lei ci sarà nonostante la repressione della rivolta tibetana? gli ha chiesto un giornalista. "Alla cerimonia di apertura l’8 agosto, io ci sarò. Sarebbe stato un affronto al popolo cinese non andarci".
Le preoccupazioni di Berlusconi e Merkel. I riflessi del caro petrolio sull’economia dei paesi industrializzati è la preoccupazione costante non solo americana. Silvio Berlusconi già ieri in Giappone, l’ha detto chiaramente: "Le impennate dell’oro nero determinano un’esplosione dei prezzi anche dei generi alimentari. Serve una cooperazione tra democrazie". L’emergenza costo della vita è una priorità anche per il cancelliere tedesco Angela Merkel, che si aspetta dal G8 misure concrete contro la crisi alimentare: "Diverse misure per garantire sostentamento a tutti".
"Ruolo costruttivo contro surriscaldamento". In una giornata in cui sembrano esserci placate le contestazioni dei no global che nei giorni scorsi a Sapporo - in 5 mila - hanno manifestato contro i "big" del mondo, il presidente americano George W. Bush apre sui temi ambientali "purchè anche Cina e India accettino di fare la loro parte". Gli Usa sono responsabili dell’emissione di più di un terzo di elementi inquinanti nell’aria, ma quando è stato il momento di confermare l’adesione al protocollo di Kyoto che impone una riduzione dell’emissione di gas nocivi, Bush ritirò l’adesione inizialmente sottoscritta dal suo precedessore Bill Clinton. Anche l’India e la Cina non sono tenute a sottostare ai principi del trattato nonostante il loro sensibile contributo all’emissione di gas responsabili dell’effetto serra.
Sul problema del surriscaldamento "il mio sarà un approccio costruttivo - ha detto Bush - ma non risolveremo i problemi se i due giganti asiatici non si impegneranno per fare la loro parte nella riduzione delle emissioni nocive per l’ambiente".
"Serve denuclearizzare la Corea del Nord". Con Yasuo Fukuda, premier giapponese, il presidente americano si è intrattenuto a lungo per parlare anche del nucleare nordcoreano. Entrambi i leader concordano sulla necessaria cooperazione per arrivare alla denuclearizzazione della Corea del Nord, oltre alla soluzione alla questione legata ai rapimenti dei cittadini nipponici da parte degli agenti di Pyongyang durante gli anni della Guerra Fredda. Bush spera di risolvere presto la questione dei prigionieri prima di togliere il Paese asiatico dalla lista di Stati sponsor del terrorismo. "Gli Stati Uniti - ha assicurato a Fukuda - non lasceranno cadere la questione. Il problema dei rapimenti non sarà ignorato".
* la Repubblica, 6 luglio 2008.
Il Papa e Bush uniti negli errori
di HANS KÜNG (La Stampa, 22/7/2008)
In aprile Benedetto XVI festeggiò i suoi 81 anni con George W. Bush alla Casa Bianca. Curioso: il Papa, ambasciatore di pace e verità, che brinda con un presidente di guerra che, anche agli occhi di molti americani, con le bugie e la propaganda ha trascinato una grande democrazia in una guerra brutale, senza apparenti strategie per uscirne.
Secondo un sondaggio recente, l’80 per cento degli americani è convinto che gli Stati Uniti sono «sulla strada sbagliata». Di qui lo slogan di questa campagna elettorale per la Casa Bianca: «Cambiamento». E il Papa? A parte una tardiva ammissione di colpa per gli innumerevoli casi di pedofilia tra il clero cattolico, non ha praticamente detto una sola parola di cambiamento nella chiesa e nella società.
George W. Bush e Joseph Ratzinger sono diversi per carattere, istruzione e modo di parlare come possono esserlo un cowboy del Texas e un prelato romano. Bush non ha mai mascherato il suo atteggiamento anti-intellettuale. La sua conoscenza della storia è limitata tanto quanto la sua conoscenza della geografia, della lingue straniere e della filosofia. Una raccolta delle sue famigerate gaffe linguistiche e logiche («Bushism») ha prodotto molte risate. La sua visione del mondo è racchiusa nel modello manicheo dell’opposizione tra bene («noi») e male («loro»). All’opposto, Benedetto XVI ha goduto di un’eccellente istruzione classica e ha imparato alcune lingue straniere. Il suo pensiero è sottile, il linguaggio raffinato, le azioni prudenti. Per un quarto di secolo ha osservato attentamente le cose del mondo dalle finestre del Vaticano. Nel decidere si lascia guidare dalle usanze centenarie della Curia romana, il corpo amministrativo della Chiesa cattolica romana.
I due però hanno anche molto in comune. Entrambi amano le apparizioni pompose, siano esse su un aereo o davanti alle masse in piazza San Pietro. In occasione della visita del Papa, il Presidente tentò di competere con il cerimoniale imperiale del pontefice romano ricorrendo a una guardia d’onore e una salva con 21 cannoni. Sia il Presidente sia il Papa condividono un atteggiamento conservatore, soprattutto quando si tratta di controllo delle nascite, morale familiare, esibita devozione cristiana. Nel caso del presidente, questo atteggiamento sembra piuttosto fondamentalista; nel caso del Papa, sovraccarico di tradizione. Ovviamente, entrambi ritenevano che tutta questa ostentazione di fondamenta morali condivise avrebbe fatto guadagnare punti con il pubblico americano.
Nel suo recente viaggio di commiato nelle capitali europee, era evidente che il Presidente, che ha incontrato solo fiacca indifferenza anziché dimostrazioni ostili, è stato cancellato come un’anatra zoppa. Imperterrito, ha ripetuto il suo discorso sulla lotta per la libertà e la democrazia, per la «sicurezza» e la pace. In questo modo ha mostrato la sua personale versione di infallibilità, che lo rende incapace di imparare alcunché e gli impedisce di cogliere una qualunque occasione per ammettere la sua colpa di fronte all’immenso disastro che le sue azioni hanno creato nel mondo.
Il Papa, invece, non è un’anatra zoppa. E anche se lui, secondo una più recente dottrina romana, ha ancora una certa «infallibilità nelle questioni di fede e morale», è però capace di imparare. Dopo tutto ha concesso a me, suo critico, un’amichevole conversazione di quattro ore nella residenza estiva di Castel Gandolfo, nel corso della quale ha mostrato una sorprendente capacità di fare passi avanti nelle sue riflessioni. E nel viaggio in Turchia del 2006 ha corretto - con una visita fuori programma a una moschea e una chiara espressione di alta considerazione per l’Islam - le controverse osservazioni sull’Islam come religione di violenza, fatte qualche mese prima in Germania, all’Università di Ratisbona.
Il Papa è in carica da soli tre anni. Non potrebbe imparare, mi chiedo, dai fallimenti del presidente Bush? Alla sua grande intelligenza e alla sua sensibilità storica non possono sfuggire i segnali ammonitori per il futuro del suo pontificato.
Ne segnalo cinque:
1. Con la reintroduzione del tradizionale rito latino nella Messa, abolito dal Concilio Vaticano II e da Paolo VI in favore di una liturgia più accessibile nella lingua vernacolare, si è attirato molte critiche nell’episcopato e tra i pastori.
2. Nell’incontro con il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, a Istanbul, il Papa non ha dato segni di compromesso sui diritti legali romani medievali sulle chiese ortodosse e così non ha fatto nemmeno un passo avanti verso la riunificazione tra Est e Ovest.
3. Con le apparizioni pubbliche in sontuose vesti liturgiche nello stile di Leone X, che voleva gustare il pontificato in tutti i suoi agi e che porta la responsabilità principale per il «no» di Roma alle richieste di riforma di Lutero, Benedetto XVI ha confermato l’idea di molti protestanti che il Papa non conosce in profondità la Riforma.
4. Mantenendo rigidamente la legge medievale del celibato per il clero occidentale, porta la principale responsabilità del declino del sacerdozio cattolico in molti Paesi e del crollo delle tradizionali strutture della cura pastorale nelle sempre più numerose comunità rimaste senza prete.
5. Insistendo sulla perniciosa enciclica Humanae vitae contro qualunque forma di controllo delle nascite, il Papa condivide la responsabilità della sovrappopolazione, soprattutto nei Paesi più poveri, e dell’ulteriore diffusione dell’Aids.
Quella che il giornalista Jacob Weisberg chiama «la tragedia di Bush» non dovrebbe indurre Benedetto XVI a pensare più attentamente alle sue azioni? Mal consigliato dai neoconservatori e tenacemente appoggiato da media compiacenti, Bush voleva portare il suo Paese in una «nuova era americana». Ora finisce la sua carriera da fallito, a stento rispettato dal suo stesso partito.
«Sapienti sat» - «questo basta a chi capisce» - solevano dire gli antichi romani. Chi conosce la situazione della Chiesa non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.
«Berlusconi discusso e odiato». Gaffe della Casa Bianca al G8
Incidente democratico tra Stati Uniti d’America e Berlusconi. Tutta colpa di una biografia graffiante sul presidente del Consiglio italiano finita - ora si dice «per errore» - nel kit per la stampa con tanto di cartellina ufficiale dell’Amministrazione di Washington, una descrizione tratteggiata certo poco lusinghiera, più da affarista che da statista. Una istantanea di Silvio Berlusconi che lo descrive come «un uomo d’affari con massicce proprietà e grande influenza nei media internazionali» ma che dice anche che «è stato uno dei più controversi leader nella storia di un paese conosciuto per corruzione governativa e vizio».
«Berlusconi - si continua a leggere nel profilo - era considerato da molti un dilettante in politica che ha conquistato la sua importante carica solo grazie alla sua notevole influenza sui media nazionali finché non ha perso il posto nel 2006». E si fa notare che il Cavaliere è un uomo politico e un imprenditore «odiato da molti ma rispettato da tutti almeno per la sua bella figura (in italiano nel testo) e la pura forza della sua volontà». Poi un’altra stoccata forse più dura per la coscienza civile americana, perchè ricorda il conflitto di interesse, specialmente se messa di fila con gli altri giudizi: «Berlusconi ha trasformato il suo senso degli affari e la sua influenza in un impero personale che ha prodotto il governo italiano di più lunga durata assoluta e la sua posizione di persona più ricca del paese».
Il portavoce della Casa Bianca Tony Fratto ha inviato una lettera nella quale si scusa a nome della Casa Bianca per quello che appare come un incidente diplomatico senza precedenti: «Scrivo -si legge nella lettera - in relazione a certi documenti di background che sono stati distribuiti ai giornalisti in viaggio su Air Force One per il vertice del G8 che si tiene in Giappone.Una biografia non ufficiale del primo ministro italiano Berlusconi, inclusa nel materiale stampa, utilizza un linguaggio insultante sia nei confronti del primo ministro Berlusconi che del popolo italiano. I sentimenti espressi nella biografia non rappresentano le vedute del presidente Bush, del governo americano e degli americani». La lettera si proffonde quindi in scuse diplomatiche: « Ci scusiamo con l’Italia e con il primo ministro per questo errore davvero sfortunato. Come tutti coloro che hanno seguito il presidente Bush, il presidente ha per premier Berlusconi e per tutti gli italiani la più alta stima e riguardo». Ma la sensazione resta di due verità, una radiografia impietosa del presidente del Consiglio italiano destinata, evidentemente, dello staff operativo e un ritratto ufficiale idilliaco, tutto rose e viole, di presidenti «amichetti». Amici serpenti.
* l’Unità, Pubblicato il: 07.07.08, Modificato il: 07.07.08 alle ore 22.02
La Banca Mondiale chiede fondi, ma i leader difficilmente faranno delle scelte Senza l’assenso di Pechino e Nuova Delhi, molte decisioni saranno rinviate
Un vertice tutto in salita per i Grandi
Crisi fame, a rischio 10 miliardi
dal nostro inviato MAURIZIO RICCI *
TOYAKO - C’è il lago, i boschi appannati dalla foschia, un’impressionante apparato di sicurezza che ha fatto il vuoto intorno. Gli Otto Grandi si ritrovano per il loro appuntamento annuale di inizio estate, nel placido scenario ormai abituale, collocato, questa volta, nel nord del Giappone. Ma gli otto leader non ci sono arrivati di buonumore ed è difficile che, dalle loro discussioni, escano decisioni in grado di influenzare il corso degli eventi.
Ognuno di loro (Bush al suo ultimo G8, il giapponese Fukuda, l’inglese Brown, il francese Sarkozy e via elencando) appare oggi debole, discusso in patria e in calo di popolarità. E lo stesso format del vertice, riservato a otto paesi che, di fronte all’ascesa di Cina, India, Brasile, non rappresentano più l’élite dell’economia mondiale, appare superato dalla storia.
Se le difficoltà dei lavori preparatori saranno confermate, gli otto Grandi non produrranno, dunque, decisioni significative sui tre temi cruciali del vertice: il clima, il petrolio, il cibo. Ecco una guida per valutare i risultati dei tre giorni di discussione che iniziano oggi.
La governance mondiale. Consapevoli delle nuove forze in ascesa nel mondo, gli Otto hanno, anche quest’anno, invitato ad una seduta i principali paesi emergenti (in particolare Cina, India, Brasile, Messico e Sud Africa). Ma il nerbo della discussione rimane riservato al club esclusivo degli Otto, nonostante che, senza l’assenso di Pechino e Nuova Delhi, molte decisioni, ad esempio sul clima, siano destinate a restare senza eco. Gli europei da una parte, il Giappone dall’altra non intendono sminuire il loro ruolo allargando formalmente il vertice. Analogamente, il summit non affronterà l’urgenza di rivedere i ruoli all’interno delle grandi organizzazioni internazionali: il Fondo monetario, la Banca mondiale, lo stesso Consiglio di Sicurezza Onu.
L’effetto serra. Il vertice dell’anno scorso aveva promesso di "considerare" la necessità di dimezzare le emissioni di anidride carbonica entro il 2050. E’ possibile che il vertice di Toyako trasformi questa "considerazione" in un "accordo". Ma gli esperti giudicano una simile conclusione puramente di facciata, se non vengono contemporaneamente fissati degli obiettivi intermedi che rappresentino una tabella di marcia.
Gli scienziati Onu, ad esempio, ritengono necessario un abbattimento del 25-40 per cento già nel 2020. Europa e Giappone hanno tentato di inserire questi obiettivi intermedi nel documento finale, ma si sono scontrati ancora una volta con gli americani. Di fatto, per iniziative nuove contro l’effetto serra, tutti aspettano l’uscita di Bush dalla Casa Bianca, a fine anno.
C’è, tuttavia, in corso un tentativo insidioso per annacquare gli obiettivi. Gli accordi di Kyoto prendono come riferimento, per calcolare la riduzione delle emissioni, il 1990. Ora Fukuda chiede di prendere come riferimento il 2005. Ma, nel frattempo, le emissioni sono aumentate. Una riduzione al 2020 del 14 per cento delle emissioni giapponesi rispetto al 2005, su cui si vorrebbe impegnare Tokyo, corrisponde ad una riduzione di solo il 4 per cento sul 1990.
Il cibo. La Banca Mondiale chiede subito 10 miliardi di dollari per far fronte all’esigenza fame nei paesi poveri colpiti dai rialzi dei prezzi alimentari. Difficilmente ci sarà un impegno chiaro ed esplicito in questo senso. I Grandi lamenteranno l’ascesa dei prezzi e chiederanno ai paesi esportatori di non chiudere le frontiere. Ma non affronteranno il problema dei sussidi all’agricoltura, in particolare nei paesi ricchi, che, secondo gli esperti, è un potente fattore di distorsione del commercio agricolo.
Il petrolio. A Toyako si affronterà nuovamente chi pensa (Francia, Italia) che la corsa del greggio sia alimentata soprattutto dalla speculazione finanziaria, e chi (Usa, Gran Bretagna) sostiene che la speculazione è un fenomento marginale, rispetto alla scarsità di petrolio sul mercato. La discussione resterà in sospeso. Dal vertice, tuttavia, uscirà un nuovo appello comune al rilancio del nucleare, nonostante i suoi costi siano in aumento, e del carbone con sequestro della CO2, anche se impianti commerciali in grado di eseguirlo, ancora non esistono.
* la Repubblica, 7 luglio 2008.