Milano, i pm: "Prodi e Berlusconi
ostacolano la giustizia su Abu Omar" *
MILANO - "Gli ultimi due presidenti del consiglio hanno utilizzato in modo strumentale il segreto di stato per impedire all’autorità giudiziaria l’accertamento della verità". Il pm Armando Spataro chiama in causa Silvio Berlusconi e Romano Prodi nell’aula del processo per il sequestro di Abu Omar. Un procedimento che vede imputati imputati anche l’ex direttore del sismi Nicolò Pollari e 26 agenti della Cia. Il riferimento dei pm è alle lettere con cui il premier , richiamando una precedente presa di posizione di Prodi, confermava l’esistenza del segreto di Stato sui rapporti tra servizi segreti italiani e stranieri, anche in relazione al sequestro. Il segreto di Stato, scriveva il premier, serve a "preservare la credibilità" dei servizi segreti che con la divulgazione di determinate notizie correrebbero un "rischio concreto di ostracismo informativo" da parte di intellingence straniere.
Una tesi che Spataro contesta: "Un presidente del consiglio non può decidere lui quali processi si possono fare e quali no. . Il segreto di Stato non significa impunità. Tanto più che il segreto in questione è ormai il segreto di Pulcinella". Per l’altro pm Ferdinando Pomarici "la presidenza del consiglio dei ministri utilizza il segreto di stato retroattivamente su fonti di prova già legittimamente acquisite nel processo".
I due rappresentanti dell’accusa hanno replicato così all’istanza presentata dalla difesa dell’ex funzionario del Sismi, Marco Mancini che chiedeva la revoca dell’ordinanza sull’ammissione delle prove riguardanti i testimoni dei Sismi, la sospensione del processo fino alla decisione della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato e in subordine il proscioglimento di Mancini a causa dell’esistenza del segreto di stato confermato da Berlusconi.
Secca la replica dei pm: "Ma stiamo scherzando o siamo in uno stato serio?". Sull’istanza della difesa si deciderà intorno a mezzogiorno.
* la Repubblica, 3 dicembre 2008
SUL TEMA, NEKL SITO, SI CFR.:
I confini del segreto
di CARLO FEDERICO GROSSO (La Stampa, 5/11/2009)
Gli agenti Cia sono stati condannati a pene pesanti per il sequestro di Abu Omar. Pollari, Mancini e tre altri funzionari del Sismi sono stati, invece, dichiarati non giudicabili a causa del segreto di Stato che copre la documentazione relativa all’eventuale ruolo esercitato nella vicenda.
La ragione giuridica di questa decisione è individuabile nell’art. 202 codice di procedura penale, che stabilisce che «qualora per la definizione del processo risulti essenziale quanto è coperto dal segreto di Stato, il giudice dichiara non doversi procedere per l’esistenza del segreto». Più in generale si può rilevare che, nel nostro sistema giuridico, l’opposizione del segreto di Stato, confermata con atto motivato dal presidente del Consiglio, inibisce all’autorità giudiziaria l’acquisizione e l’utilizzazione, anche indiretta, delle notizie coperte dal segreto; non è in ogni caso precluso all’autorità giudiziaria di procedere in base ad elementi autonomi e indipendenti dagli atti coperti dal segreto.
Ciò che è avvenuto nel processo a carico degli agenti Cia e dei responsabili dei servizi segreti italiani è, a questo punto, chiaro. Su determinati atti è stato opposto, e confermato dalla Presidenza del Consiglio, il segreto di Stato (come si ricorderà, il segreto era stato confermato da ben due Presidenti, ed era stato ulteriormente avallato dalla Corte Costituzionale, chiamata a decidere su di un conflitto di attribuzioni con il governo sollevato dalla Procura di Milano). Cionondimeno, la Procura ha ritenuto di potere comunque insistere nella prospettiva accusatoria, confidando nelle prove desumibili da elementi diversi dai documenti secretati. Il giudice ha ritenuto che per la definizione del processo tali documenti fossero invece essenziali.
Non conoscendo gli atti del processo, non sono in grado di dire se ha ragione il giudice o la Procura. Al di là delle valutazioni di merito, è comunque utile cogliere il significato della decisione assunta ieri a Milano ragionando sulle sue implicazioni. Al riguardo sono significative le reazioni alla sentenza manifestate dal principale imputato italiano e quelle dei suoi accusatori milanesi.
Pollari ha dichiarato di essere rammaricato dalla circostanza che, se il segreto fosse stato svelato, la sua innocenza sarebbe emersa con evidenza. La Procura ha commentato a sua volta che la sentenza dimostra che l’azione penale è stata esercitata legittimamente: non soltanto perché gli americani e gli agenti italiani processati per favoreggiamento sono stati condannati, ma anche perché Pollari e Mancini sono stati considerati non giudicabili a causa dell’essenzialità delle notizie coperte dal segreto, e non, invece, in ragione della loro estraneità ai fatti.
Ciò significa che, in ogni caso, conoscere e utilizzare gli atti coperti dal segreto di Stato sarebbe stato importante per risolvere in modo convincente il caso giudiziario in questione: nell’interesse degli imputati «non giudicati», nei cui confronti rimane comunque aperto il sospetto di avere partecipato all’azione illegale; nell’interesse della Procura, che avrebbe avuto diritto a una risposta giudiziale alle accuse formulate; soprattutto, nell’interesse della giustizia, perché l’oscurità mantenuta su di una vicenda di tanto rilievo umano e politico non può comunque soddisfare.
La questione relativa al caso Abu Omar ripropone d’altronde il tema generale dei confini del segreto di Stato in una società democratica, nella quale chiarezza e trasparenza dovrebbero essere considerati beni di importanza primaria. E’ vero che la ragion di Stato può imporre limiti e paletti a tutela della sicurezza nazionale. In quale misura, tuttavia, è consentito nascondere ai cittadini comportamenti e azioni di governo? Quanti e quali misteri d’Italia potrebbero essere finalmente svelati, da Ustica a Bologna, da Brescia alle altre stragi impunite, se il segreto sugli atti secretati fosse finalmente rimosso?
I Procuratori di Milano, nella loro requisitoria, non hanno esitato a proporre con forza il problema, affermando che la democrazia si fonda sulla salvaguardia dei principi irrinunciabili di civiltà anche nei momenti di emergenza e sostenendo che non possono essere consentiti accordi internazionali che concernano la commissione di reati. La sentenza che ha chiuso, in primo grado, il caso giudiziario, applicando il diritto vigente, su questo tema non ha potuto dare una risposta che, al di là del profilo strettamente giuridico, possa soddisfare.
In ogni caso ha risolto, questa volta in modo soddisfacente, una ulteriore questione: fino a che punto l’Italia sia disposta a tollerare azioni illegali condotte da agenti stranieri sul suo territorio. La condanna degli agenti americani costituisce, almeno su questo piano, una risposta che, finalmente, convince.
Rapimento dell’imam di Milano: non luogo a procedere per l’ex direttore del Sismi e il suo vice
Tre anni a Pompa e Seno. Condannati gli agenti della Cia, processati in contumacia
Abu Omar, "Per il segreto di Stato Pollari e Mancini non giudicabili"
Un milione di euro di risarcimento in via provvisionale alla vittima, mezzo milione alla moglie
MILANO - Il giudice di Milano Oscar Maggi ha deliberato il non luogo a procedere per l’ex direttore del Sismi Nicolò Pollari e per il suo vice Marco Mancini, a processo per il sequestro dell’ex imam di Milano Abu Omar. Sono stati invece condannati gli agenti della Cia, in gran parte a cinque anni di reclusione, mentre Robert Seldon Lady, capo della Cia a Milano all’epoca dei fatti, è stato condannato a otto anni. I funzionari del Sismi Pio Pompa e Luciano Seno accusati di favoreggiamento sono stati condannati a tre anni. Assolto invece l’ex responsabile della Cia in Italia Jeff Castelli. Tutti gli imputati ritenuti colpevoli dovranno risarcire un milione di euro all’ex imam. Alla moglie Nabila Ghali dovranno invece essere versati 500 mila euro. Queste somme sono state decise dal giudice a titolo di provvisionale, mentre l’entità del risarcimento verrà stabilito in un separato giudizio civile.
Pollari, alcuni suoi uomini e i 26 agenti Cia erano accusati di aver prelevato il religioso islamico Abu Omar, indagato dalla Procura di Milano per terrorismo internazionale, nel febbraio del 2003. Abu Omar fu poi portato in Egitto, dove fu torturato, tanto da subire lesioni permanenti. Per i dirigenti del Sismi l’accusa aveva chiesto una pena di 13 anni di reclusione.
Per Pollari il non doversi procedere è stato disposto dal giudice sulla scorta dell’articolo 202 del Codice di procedura penale: "Qualora il segreto sia confermato e per la definizione del processo risulti essenziale la conoscenza di quanto coperto dal Segreto di Stato il giudice dichiara non doversi procedere per l’esistenza del segreto di Stato". Pollari ha così commentato la sentenza: "Senza il segreto di Stato avrei dimostrato la mia innocenza". Il procuratore Armando Spataro ha a sua volta dichiarato: "La sentenza dimostra che la nostra azione è stata legittimamente promossa".
Spataro, in fase di replica, aveva ribadito la linea dell’accusa: "Pollari e Mancini non hanno assicurato la sicurezza in Italia ma , con il loro comportamento, l’hanno compromessa". Per circa due ore il pm ha replicato alle conclusioni difensive degli avvocati e, in particolare, ha negato di aver aggirato la sentenza della Corte costituzionale sul segreto di Stato rivendicando, invece, quello che a suo giudizio era "un dovere e un diritto di interpretazione". Alle affermazioni di Spataro avevano replicato i difensori degli imputati. Prima di ritirarsi in camera di consiglio, il giudice Maggi aveva rigraziato tutti, "soprattutto gli avvocati d’ufficio degli imputati latitanti che hanno reso possibile con la loro presenza la celebrazione del processo".
Nelle scorse udienze, la pubblica accusa aveva chiesto per l’ex direttore del Sismi, Nicolò Pollari, 13 anni di carcere, così come per l’ex responsabile Cia in Italia Castelli. I pm avevano chiesto la condanna a 10 anni per l’ex numero due del Sismi, Marco Mancini e per una serie di agenti Cia coinvolti nel sequestro, avvenuto il 17 febbraio del 2003 nei pressi della moschea di viale Jenner a Milano. I difensori dei funzionari o ex del Sismi avevano tutti chiesto l’assoluzione per non aver commesso il fatto dei loro assistititi oppure, in subordine, la sentenza di non luogo a procedere - che è poi stata la scelta finale del giudice.
Fu il governo Prodi ad apporre per primo il segreto di Stato, poi confermato da Berlusconi. E proprio sull’interpretazione della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha fissato i criteri dell’estensione del segreto e, di conseguenza, dell’utilizzabilità degli atti processuali, in aula si è dibattuto. Per l’accusa, non vi può essere segreto di Stato riguardo notizie relative a un "fatto reato", come, per l’appunto, il rapimento di Abu Omar. "Nulla esiste, nulla può esistere in tema di un accordo istituzionale riguardo la commissione di un reato", avevano detto più volte Spataro e il suo collega Ferdinando Pomarici che, nel corso della loro requisitoria, avevano usato quelle prove che non riguardavano, a loro dire, "i rapporti" tra il Sismi e altre intelligence straniere, come chiarito dalla Consulta. Gli imputati, per i pm, hanno fatto "grave scempio del proprio dovere di fedeltà ai principi della democrazia".
Per i suoi legali, Pollari, con il divieto di violare il segreto di Stato imposto dal governo, è "vittima del segreto di Stato". "Il generale Pollari - hanno spiegato gli avvocati Franco Coppi e Titta Madia - ha sempre detto che il segreto di Stato non copre la sua responsabilità ma copre le prove della sua innocenza", non avendo "mai impartito ordini o direttive" che autorizzassero il sequestro.
* la Repubblica, 4 novembre 2009
Il rapimento dell’ex imam nel 2003 fu un’azione «contro la sicurezza dello stato»
Abu Omar, legale chiede 10 milioni di euro
Risarcimento danni di 5 milioni per la moglie. «Avvilente assenza Stato come parte civile» *
MILANO - Gli avvocati di parte civile al processo per il sequestro di Abu Omar chiedono agli imputati di Cia e Sismi un risarcimento danni di 15 milioni (10 per l’ex imam, 5 per la moglie Nabila Ghali) spiegando che il rapimento - del religioso avvenuto nel 2003 - fu «un’azione non per la sicurezza dello Stato ma contro la sicurezza dello Stato», che ha tolto un po’ di vita ad Abu Omar, a sua moglie e ai suoi familiari. L’avvocato Carmelo Scambia, che assiste l’ex imam, ha anche definito «avvilente l’assenza dello Stato italiano», che avrebbe dovuto «essere qui come parte civile al nostro fianco»», sostenendo che le istituzioni hanno «evitato di cercare la verità».
BANDA CRIMINALE - I funzionari dei servizi segreti italiani e Usa, imputati nel processo, «hanno agito come banda criminale», ha detto l’avvocato Luca Bauccio, che assiste la moglie di Abu Omar, sottolineando che «la nostra collettività non saprà mai se Abu Omar è colpevole o innocente». Scambia ha letto il passo del memoriale in cui l’imam racconta di come le prelevarono, per poi torturarlo, affamarlo, lasciandolo in mezzo agli escrementi. Abu Omar, ricorda l’avvocato, fu costretto anche a subire per due volte violenza sessuale. «Vessazioni incredibili» sono le parole del legale che chiama in causa le istituzioni spiegando: «Hanno fatto di tutto per non far emergere la verità. Dallo Stato mai è arrivato quel segnale che aspettavamo e allora, signor giudice, lo dia lei quel segnale, affermando la responsabilità di tutti gli imputati e decidendo per il risarcimento in modo da far sapere a tutti che i princìpi del diritto esistono e vanno rispettati».
IL PROCESSO - Il processo per il rapimento del religioso vede imputate 33 ex funzionari dei servizi segreti italiani e Usa, tra cui l’ex numero uno dei Sismi Niccolò Pollari, con l’accusa di aver rapito nel 2003 Abu Omar - imputato a Milano per terrorismo internazionale in un altro procedimento - e di averlo poi inviato in una cosiddetta operazione di «rendition» in Egitto, dove il religioso sostiene di aver subito torture durante la detenzione. Il 30 settembre scorso nella requisitoria al processo, il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro ha chiesto 13 anni per Pollari e 26 condanne -- tra 10 e 13 anni -- per ex agenti della Cia, parlando di prove ineluttabili di responsabilità per Pollari e per Marco Mancini, l’ex numero due del Sismi, per il quale sono stati chiesti 10 anni di reclusione. L’11 marzo scorso la Corte Costituzionale, dirimendo un conflitto di attribuzione fra governo e magistratura, aveva stabilito che la procura di Milano non poteva utilizzare i documenti coperti da segreto di Stato, eliminando in sostanza dal dibattimento alcuni degli atti che hanno consentito i rinvii a giudizio.
SEGRETO DI STATO - I pubblici ministeri durante il processo hanno sostenuto che l’attuale premier Silvio Berlusconi e il suo predecessore Romano Prodi abbiano utilizzato il segreto di Stato per ostacolare la giustizia, accusa respinta da uno dei legali di Berlusconi che l’ha definita un «intollerabile attacco». Washington ha difeso le «rendition» come un valido strumento di anti-terrorismo che ha prodotto importanti informazioni di intelligence, e ha respinto le accuse di tortura. Gli Stati Uniti si sono anche mossi formalmente per opporre l’immunità dalle imputazioni a beneficio di un colonnello, tra i 26 americani sotto processo, in base a un accordo Nato che si applica ai presunti reati commessi oltreoceano da personale militare «nello svolgimento del proprio servizio».
* Corriere della Sera, 07 ottobre 2009
La lunga e dura requisitoria del pm Spataro al processo per il sequestro dell’ex imam
"Dieci anni per Mancini". Assoluzione per tre funzionari minori del Sismi
Abu Omar, chiesti 13 anni per Pollari
e condanne per 26 agenti della Cia *
MILANO - Tredici anni di reclusione per l’ex direttore del Sismi Nicolò Pollari, definito "il regista di un sistema criminale": questa la condanna chiesta dal pubblico ministero Armando Spataro, al termine della sua lunga requisitoria del processo per il sequestro di Abu Omar. Il magistrato ha invocato la condanna anche per i 26 agenti della Cia coinvolti nel rapimento, con pene comprese tra i 10 anni e i 13 anni di reclusione. Per l’ex capo del controspionaggio militare italiano, Marco Mancini, l’accusa ha chiesto 10 anni di detenzione. Richiesta di proscioglimento, invece, per tre funzionari minori del Sismi, Raffaele Di Troia, Luciano Di Gregorio e Giuseppe Ciorra.
Secondo la ricostruzione del sequestro fatta in aula da Spataro, il Sismi diretto da Pollari non solo offrì copertura alla Cia nel rapimento dell’ex imam, avvenuto a Milano, ma collaborò. Probabilmente senza dire nulla al governo. "Forse le autorità governative - ha affermato il pm milanese - non sono state avvertite di un accordo preso da Pollari. O almeno non c’è prova che lo abbia fatto". E questo dimostrerebbe, a suo giudizio, il "silenzio imbarazzato" con il quale i governi Prodi e Berlusconi hanno affrontato la vicenda: non hanno mai detto una parola in sede di Commissione europea, e nemmeno si sono presentati alle audizioni.
Nel corso dell’udienza Spataro ha ricostruito le indagini svolte, ha letto i passaggi principali delle dichiarazioni rese dagli indagati nel corso dell’inchiesta, ha letto ampi stralci delle intercettazioni telefoniche. Puntando il dito, in particolare, contro quella che più volte ha definito "la banda Pollari-Mancini", contro cui ci sono "prove ineluttabili". E Pollari, in particolare, viene indicato come "il principale responsabile di quello che è avvenuto, colui il quale ha detto sì illegalmente a Jeff Castelli (ex capo centro della Cia in Italia, ndr)".
In una pausa dell’udienza di oggi uno dei legali dell’ex direttore del Sismi, l’avvocato Nicola Madia, ha detto di "provare stupore per il fatto che quelle che erano le indicazioni della Consulta in tema di segreto di Stato non siano state rispettate alla lettera dal pubblico ministero".
* la Repubblica *30 settembre 2009
Prodi:"Abbiamo sbagliato tutto"
di Piero Sansonetti *
Diciotto mesi dopo la sua caduta in Senato, e cioè 18 mesi dopo la fine del centrosinistra (dell’Unione, dell’Ulivo e tutto il resto) Romano Prodi ha scritto un articolo, molto importante, per il Messaggero e ha demolito le basi politiche del suo governo e del centrosinistra. Anzi ha fatto di più: ha demolito l’intera esperienza di centrosinistra sul piano europeo e forse mondiale. E ha affermato, con grande nettezza, che è necessario, ai riformisti, cambiare del tutto strada, azzerare l’idea dei compromessi con le politiche moderate, sfidare lo stesso elettorato e prepararsi a progettare una società nuova che modifichi sostanzialmente il capitalismo e la vecchia idea di società di mercato.
L’articolo di Pordi è uscito il giorno di Ferragosto ed è passato abbastanza inosservato, ma è una vera e propia bomba, sul piano politico. Se qualcuno leggesse quell’articolo senza conoscerne l’autore, e poi gli fosse chiesto a bruciapelo: "chi l’ha scritto? , risponderebbe a colpo sicuro: Bertinotti. Non penserebbe mai che invece l’autore di una critica così feroce sia proprio il leader che guidò quella esperienza, sia nella sua prima fase, dal 1996 al 1998, sia nel tratto finale, dopo le elezioni del 2006 fino alla sconfitta definitiva del febbraio 2008. L’articolo sul Messaggero è molto significativo proprio perché è di Prodi, ed è molto interessante perché mette in discussione tutto, ma proprio tutto quello che il cosiddetto riformismo ha fatto in questi 13 anni. Mette in discussione persino la parola, la parola riformismo, contestando l’ipotesi che il riformismo abbia tentato di compiere delle riforme. No, dice Prodi, da quando è nato, e cioè subito dopo la caduta del governo Thatcher in Gran Bretagna (poco dopo il ritiro di Reagan e la sconfitta di Bush padre negli Stati Uniti) il centrosinistra europeo "ha preso decisioni che non si discostavano da quelle precedenti, sul dominio assoluto dei mercati, sul peggioramento nella distribuzione dei redditi, sulle politiche europee, sul grande problema della pace e della guerra, sui diritti dei cittadini e sulle politiche fiscali...". A pagina 4 pubblichiamo integralmente l’articolo di Prodi. Comunque la sostanza è questa. E forse la parte più interessante dell’articolo è la parte finale, nella quale Prodi incita le forze politiche che si richiamano al centrosinistra o al riformismo a gettare via tutta l’eredità del passato e a ricominciare da capo a progettare una società diversa da quella attuale. Anche a costo di di dover rinunciare a una parte del proprio elettorato e di dover cercare nuovi pezzi di elettorati in settori nuovi della società.
Cosa dice, in sostanza, Prodi? Quello che da un po’ di tempo cercano di dire gli esponenti più "illuminati" (per usare la vecchia terminologia politica) della sinistra. Azzeriamo e proviamo a ricostruire una nuova sinistra, non più divisa tra moderati e radicali e non più costretta a schiacciarsi sul centro o addirittura sulla destra. E neppure - viceversa - a invocare ogni piè sospinto la sua purezza rivoluzionaria. Facciamo saltare le vecchie barriere politiche, azzeriamo i vecchi campi degli schieramenti e delle vecchie correnti, e vediamo se possiamo mettere insieme un progetto di riforma della società che non dia per scontati i pilastri sui quali oggi si regge il capitalismo. Cioè la dittatura del mercato e il valore-competitività.
Naturalmente si può rispondere a Prodi anche con stizza. Non è stato forse lui a guidare l’esperienza, che oggi tratta persino con qualche derisione, del cosiddetto "Ulivo mondiale"? E dunque non pensa di avere qualche responsabilità nel suo fallimento, e di dover dire che aveva torto quando respingeva con sdegno le osservazioni che gli venivano da sinistra, sulla riforma del welfare, ad esempio, o sulla guerra, o sulla mancanza di strategia e di progetto del suo governo?
Però, diciamoci la verità, è abbastanza difficile trovare tra i dirigenti dei vari partiti di sinistra e di centrosinistra qualcuno che sia senza colpe, privo di responsabilità per la sconfitta. E allora, magari, possiamo anche dirci: chissenefrega, oggi, della ricerca dei colpevoli o dei "più colpevoli". E’ l’ora forse, di interrompere il processo ai responsabili e le accuse reciproche. E persino è l’ora di sospendere la tiritera sulla necessità di una nuova generazione dirigente, e sull’accantonamento dei vecchi eccetera eccetera. Se c’è una nuova generazione dirigente, benissimo, facciamogli spazio. Ma non stiamo a trasformare il rinnovamento politico in un controllo delle carte d’identità e della nate di nascita, piuttosto prendiamo per buona l’analisi di Prodi e vediamo se ci sono le forze sufficienti per rifondare un centrosinistra che rinunci alle attrazioni fatali verso Berlusconi ( il moderatismo veltroniano ) e si proponga non come pura e semplice forza di governo, ma come forza di governo del cambiamento, e cioè di un progetto politico che porti ad un ridimensionamento del mercato, a una fortissima riduzione delle differenze sociali, e ad un netto innalzamento delle libertà
* Fonte: L’Altro online, 19 agosto 2009
Grazie a Dio non c’e alcun segreto di STATO sull’attività di intelligence che stanno sporcamente e scandalosamente conducendo SISMI e SISDE contro Centri Sociali e Società del Governo Iraniano.
Il nostro Servizio Segreto Militare ci fa dono dell’ennesima figuraccia di merda mondiale proprio in concomitanza col 4 marzo; FESTA del SISMI. Il problema non è se SISMI (e SISDE) possano spiare o meno i Centri Sociali ed il Governo Iraniano. E’ che nel loro stile (stile Nicolò Pollari) lo fanno alla cazzo.
Lo si capisce benissimo dalla lettura della lettera riservata dell’agente 007 del SISMI Altana Pietro che ha inviato alle nostre autorità di governo:
http://piemonte.indymedia.org/article/3566
Si ha come la sensazione di trovarsi di fronte ad uno scritto per certi versi sconcertante, a metà strada tra il comico ed il surreale. Nel documento son descritte le variegate attività di intelligence da sviluppare contro i Centri Sociali e tutte le società controllate dal governo Iraniano residenti sul territorio Italiano (l’agente del Sismi fa il nome delle società NISCO, IRASCO, IRITEC, IRISA, TEEN TRANSPORT, IRAN AIR, etc etc). Il contenuto è di una gravità assoluta.
Pensare che solo l’11 giugno 2008 Palazzo Chigi aveva diramato il comunicato:
"SISMI e Governo Italiano non hanno mai posto in essere azioni ostili contro il Governo Iraniano".
http://www.governo.it/GovernoInforma/Comunicati/dettaglio.asp?d=39289
OCCHIO CHE CENTRI SOCIALI ED IRANIANI NON SONO POI COSÌ COGLIONI COME CREDE BERLUSCONI E NON SON COSI’ CRETINI COME CREDE FRATTINI.
(fa anche una discreta rima).
http://piemonte.indymedia.org/article/4294
Quei nicolòmachiavelli(ci) del SISMI - ora Aise - rispolverano la strategia del “bastone e la carota”
Dopo che s’è sparsa la notizia che SISMI e SISDE spiano gli iraniani il Governo Italiano tenta di correre ai ripari.
Links (*):
http://piemonte.indymedia.org/article/3566
http://piemonte.indymedia.org/article/4294
Obiettivo: uscire dall’imbarazzante spy story! Come? Con una prima teatrale performance, sotto le mentite spoglie dell’iniziativa editoriale (ma scatteranno presto altre operazioni “simpatia” e numerose altre “carinerie” mediatiche studiate a tavolino).
Si presta all’uopo il Gian Guido Folloni, presidente dell’enigmatico ISIAMED - ’Istituto Italiano per l’Asia e il Mediterraneo. Folloni è una vecchia conoscenza del SISMI. Al tempo del Rais di Baghdad, Saddam Hussein il suo nome circolò al fianco di trafficanti d’armi internazionali - del calibro di Augusto Giangrandi e Carlos Remigio Cardoen - come tra i beneficiari di generose forniture di greggio iracheno. I ben informati sostengono che grazie ai buoni uffici di Forte Braschi riuscì ad uscire indenne dall’inchiesta “Oil for Food”.
Che dice Gian Guido Folloni degli iraniani? Lo spiega lui stesso in una missiva circolarizzata presso gli ambienti giusti (che ha un oggetto che è tutto un programma):
“Leggere la rivoluzione iraniana a Roma”.
Link:
http://piemonte.indymedia.org/article/5025
Spiare e adulare. Il bastone e la carota.
Il Ministro degli Esteri Franco Frattini però (prudenzialmente) preferisce non farsi vedere dal Presidente iraniano.
A monte il meeting. Non si sa mai ...
(*) Nei links sucitati è’ pubblicata una lettera riservata inviata al presidente della Repubblica e ai 2 Direttori dei Servizi di intelligence (Sismi e Sisde) da uno 007 che si chiama Altana Pietro. Nella missiva si fa cenno ad incarichi (per conto del SISMI) relativi ad attività di intelligence contro i Centri Sociali e tutte le società controllate dal governo Iraniano in Italia (l’agente del Sismi fa il nome delle società NISCO, IRASCO, IRITEC, IRISA, TEEN TRANSPORT, IRAN AIR, etc etc).
ENI, "codice etico" e Servizi Segreti
Notizia tratta dal portale Indymedia al link:
http://piemonte.indymedia.org/article/5520
In una surreale seduta Straordinaria del Consiglio di Amministrazione dell’ ENI (che trovate trascritta ed in originale) evocato il nome d’un fantomatico giornalista (Altana Pietro) e dei nostri Servizi Segreti Italiani
Stà scritto lì, nero su bianco, nel verbale del C.d.A. dell’E.N.I.:
"... l’11 giugno 2004 Abb denuncia alcuni manager dalla sua filiale milanese di occultamento di perdite di 70 milioni di euro e rassegna al PM Francesco Greco due nomi di propri dipendenti, tali Carlo Parmeggiani e Piarantonio Prior, che sarebbero coinvolti anche anche in una tangente al manager di Enipower Larenzino Marzocchi.Mi chiedo per quanti anni ancora sarebbe andata avanti tale forma e genere di crimine se non ci fosse stata nel marzo 2004 l’indagine del professionista della stampa Altana Pietro (fonte ritenuta vicina ai Servizi Segreti) che ha fatto indagini su Enichem, Enipower, ABB; se non ci fosse stata la denuncia al Magistrato da parte di Abb, mi chiedo come possa essere motivato una tale procrastinazione di delittuoso comportamento, per altro verso una pluralità di commissionari, senza che, in più anni e sistemi di controllo aziendali interni siano riusciti ad intercettare alcunché...".
Altana Pietro: 007 del SISMI che spia centri sociali, IRANIANI, fiscalisti, alta finanza ...
Su Milano Finanza del 15 agosto 2009 è uscito un articolo a firma Marco Gregoretti (che trovate di seguito allegato pdf e ritrascritto) che parla d’un curioso agente “tuttofare” del SISMI (l’ex servizio segreto militare) che spia centri sociali, iraniani, fiscalisti, alta finanza, etc etc.
L’articolo è visionabile al link:
http://www.milanofinanza.it/giornali/preview_giornali.asp?id=1618052&codiciTestate=14&sez=edicMF&testo=&titolo=Spy%20story%20sotto%20la%20Lanterna
o anche sul sito del Ministero della Difesa Italiano al link:
www.difesa.it/files/rassegnastampa/090815/13486355.pdf
Titolo:
“Grandi Intrighi. Alla Procura di Genova un archivio dei rapporti tra politica, finanza e servizi segreti. Da cui si scopre che per anni i fiscalisti furono tenuti d’occhio dal SISMI. Con l’aiuto di una potente società armatrice. Spy story sotto la lanterna”.
Ci vorrebbe Pepe Carvalho, il celebre e disincantato investigatore privato inventato dallo scrittore spagnolo Manuel Vasquez Montalban. Solo lui, abituato come è a districare trame dove si incontrano interessi inconfessabili di imprenditori con la faccia pulita, condite da soffiate di giornalisti prestati ai servizi segreti da poliziotti intraprendenti dei reparti speciali, da addetti alle pubbliche relazioni sempre a posto, da montagne di soldi e forse anche da un po’ di terrorismo, potrebbe capire la vera intrinseca natura della magica Genova. Sembra, infatti, che sotto la Lanterna da almeno 15 anni, in un parossistico inseguirsi di date, si stiano giocando partite romanzesche, spy story da leggere con gioia sotto l’ombrellone: servizi segreti militari che spiano commercialisti e avvocati d’affari, armatori che usano la propria società come fosse la Cia, tangenti, denunce, blog militanti-militari, querele e finte bombe. Pero, è tutto vero. Gli archivi della Procura della Repubblica di Genova fanno invidia a quelli cosiddetti coperti di Pio Pompa, il potente collaboratore di Nicolò Pollari a capo del Sismi, il vecchio Servizio Segreto Militare. I fascicoli con documenti riservati, con fotografie, con filmati, con intercettazioni telefoniche e ambientali, con hard disk di computer che scottano, sulla morte in fraq di Fabrizio Quattrocchi e sulla strana storia del Dssa, quel centro studi sul terrorismo accusato di essere una sorta di polizia parallela collegata al Sismi, sono a Genova e costituiscono di fatto un archivio di intrighi tutti collegati. A cui si potrebbe aggiungere quello che sta venendo fuori dalla de-secretazione di pagine giacenti nel dimenticatoio genovese. Accuse da verificare. Una grande e prestigiosa compagnia di navigazione, la Coeclerici spa, avrebbe funzionato come una centrale di spionaggio e controspionaggio stabilmente agganciata ai servizi segreti, ma anche capace di attivare una rete informativa riservata per battere slealmente la concorrenza negli appalti e nelle commesse internazionali. “Negli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta”, rivela a MF/Milano Finanza «G-71», un agente proveniente dal Comsubin che aveva già operato all’estero per il cosiddetto Supersid di Vito Miceli e Francesco La Bruna, “usavamo le navi di Coeclerici come copertura per andare a fare operazioni nel Golfo di Guinea. Ricordo che era una donna il nostro riferimento all’interno della compagnia genovese. Non so se fosse la titolare o un alto dirigente”. Nel dicembre del 1994 Coecierici denunciò per spionaggio industriale e intercettazioni telefoniche abusive un giornalista torinese, residente a Genova, collaboratore di alcuni importanti studi di fiscalisti liguri e quindi a contatto con notizie sensiblli e riservate. Infatti, era anche un consulente fisso del Sismi: passava informazioni e a volte era anche mandato in missione, come quando, nel 2004, infiltrato con successo in alcuni centri sociali per cercare connessioni con società iraniane in odore di terrorismo islamico. Pietro Altana ha 49 anni, si professa pacifista al punto da aver fatto 15 mesi di carcere a Gaeta per obiezione di coscienza, abbozza un look militante con codino e in un documento che ha inviato alla Procura della Repubblica di Genova elenca perfino gli studi dei fiscalisti nel mirino dei controlli del Sismi: chissà perché, poi, visto che il servizio segreto militare dovrebbe occuparsi di terrorismo internazionale, finanziamenti off shore, mafia cinese... I casi sono due: o quegli studi sono sospettati di attività pericolosa internazionale o i controlli sono illegittimi. Per infiltrarsi negli archivi e nei giornali Altana usava (e usa tuttora) diversi pseudonimi. Dal recente Anonymous Remaller a Guglielmo Dabove, quello con cui lo aveva inizialmente identificato la società armatrice genovese. La denuncia del 1994 contro di lui si è trasformata in un potenziale boomerang contro Coeclerici spa e le sue controllate, nonostante i pedinamenti, le perquisizioni a casa e in ufficio effettuate da un intraprendente poliziotto della Digos. Perché il 14 agosto 1998 è il giornalista-spione-investigatore a depositare dai Carabinieri di Bolzaneto, a Genova, una querela denuncia contro i vertici di Coeclerici spa, Coeclerici Logistics spa, Coeclerici Armatori spa, Coeclerici Carbometal spa, il direttore dello studio Banchero & Costa e altri tre personaggi stranieri. Altana accusa tutti di spionaggio industriale, turbativa d’asta, concorrenza sleale. Anche se la Procura di Genova non ha agito nei loro confronti il documento descrivere la rete informativa e corruttiva che la società genovese sarebbe stata capace di mettere in piedi, dove figurano perfino personaggi di cui si conoscono l’indirizzo e il nome, Jasim, ma non il cognome. O faccendieri come una certo Berdy; con società di catering in India per copertura. La denuncia si riferisce a un contratto che “Coeclerici rincorre da tempo: il contratto denominato Hadeed Lighterage Project (prende il nome dalla omonima società Hadeed - Saudi Iron and Steel Company, che ha indetto la gara). L’ottimismo è palpabile...”. In effetti c’era l’arma segreta, l’arma letale contro cui i concorrenti in gara per quell’appalto, i norvegesi di Oslo della Torvald Klaveness Konsern As, non potevano nulla: la società di Genova era in grado di avere in anticipo tutti i dettagli dell’offerta di Klaveness. Un mese prima della final commercial dicussion di fine luglio, Coeclerici aveva già in mano le rate offerte da Klaveness, presentate in busta chiusa e sigillata appunto un mese dopo, ad Hadeed. Ecco come cominciava la lettera fax “strettamente confidenziale” di Pino Silvestri, direttore di Banchero & Costa, datata 16 giugno 1998, a Coeclerici Logistics, stando alla denuncia di Altana: “Mi ha appena telefonato Berdy da casa. Mi ha confermato che Hadeed ha chiamato Klaveness il 29 giugno e non 30 giugno. Queste sono le rate che ha offerto Klaveness...”. È un pezzetto di una grande vicenda, la classica punta dell’iceberg già denunciata due volte, nel 1995 e nel 1996, dal giornalista-agente. Ma ancora non sono del tutto chiari gli sviluppi e i ruoli dei personaggi. Per esempio perché il giornalista-agente si è trasformato in giustiziere finanziario e ora promette nuove rivelazioni su enti pubblici? E adesso che il Sismi non c’è più, Altana-Anonymous Remaller è ancora in servizio?”