Tutte queste cose sarebbe il Papa stesso che dovrebbe spiegarle al prossimo, come capo della Chiesa docente, ma é difficile che lo faccia, perché non le ha capite neanche lui. (...)
Una catechesi per il Papa
di Mario Mariotti *
Chi glielo va a spiegare, al Papa, che con l’ostensorio in mano pensa di essere il padrone della Verità, che la pace passa per la giustizia, questa per la giustizia sociale, per 1’equa1izzazione delle condizioni di vita delle persone, che l’equalizzazione necessita di un’economia di comunione, che quest’ultima é un nome nuovo per quel socialismo, per quell’utopia della fratellanza, che era il segno di Dio per l’uomo, e che é stato tradito anche da coloro che, presieduti dal sopraddetto Papa, svolgono regolare e zelante servizio a sua santità mammona, ribattezzato col nome di Dio?
Chi glielo va a spiegare, a Sua Santità Benedetto, che il cristianesimo incarnato porterebbe strutturalmente al socialismo; che la globalizzazione non ha riguardato l’allevamento dei bachi da seta o delle trote, bensì quel cancro del capitalismo, quel1’idolo del “Beati gli indefinitamente ricchi”, che costituisce la più radicale bestemmia del progetto di Dio per l’uomo, fattoci conoscere da Gesù?
Chi glielo spiega, sempre allo stesso soggetto, che la vera condizione eucaristica è il lavoro, condizione nella quale la persona spende la propria vita per il bene comune, e che la difesa del posto di lavoro è la vera chiave per difendere la famiglia, che ha bisogno di stabilità, di avere il necessario garantito, per poter pianificare il proprio futuro, l’educazione dei figli e tutto il resto? Dato che la monotonia del pesto fisso é una condizione alla quale si adeguano più che volentieri sia i politici che i banchieri, ed i ricchi in generale, come mai Benedetto non ha spiegato al pres. Monti, andato da lui a baciare l’anello anche se ha fatto finta di non farlo, che é suo compito di estendere questa monotonia del posto fisso soprattutto a quei milioni di giovani che si ritrovano in un mondo che é accogliente solo per i ricchi, per i competitivi, per le persone di successo, e loro o li lascia fuori dalla porta, e li fa lavorare all’interno di quella f1essibilità e precarietà che, una volta, quando una parola aveva un unico significato, venivano definite "sfruttamento"?
E chi glielo spiega, a colui che pensa di essere il vicario di Dio sul pianeta Terra, e questo anche per merito di tutti coloro che dovranno rendere conto del fatto di aver concepito un concetto di Dio talmente squallido da vederlo compatibile con la sequenza dei papi, alcuni dei quali sono arrivati a stringere "concordati" anche con i più schifosi dittatori che abbiano insozzato la faccia del pianeta, chi glielo spiega, dicevo, a questo Vicario, che si muove in una scenografia faraonica ricoperto d’oro e di pietre preziose, che tutto quanto eccede il necessario, e quindi la ricchezza, costituisce sostanzialmente una bestemmia della vita, perché l’accumulo é non-condivisione, é omissione di solidarietà, é servizio al1’idolo mammona?
E chi dovrebbe spiegare alla casta sacerdotale, se non il Papa stesso e non solo alla casta, ma a tutte le pecore del gregge dei fedeli, che anche le piccole vite, gli agnellini e tutte le altre bestioline, sono tutte quante miracolose espressioni del miracolo della Vita, per cui la sensibilità dei "difensori della vita", oggi estesa anche alle cellule staminali, li dovrebbe portare ad essere tutti quanti vegetariani? E chi dovrà rendere conto a Dio, se non il Papa stesso, e poi giù giù fino alla base della piramide, di un concetto di Dio, quello de1l’Esodo, quello che ha fatto sgozzare gli agnellini e segnare le porte degli Ebrei in modo che l’Angelo sterminatore mandato da Lui facesse morire solo i figli degli Egizi, che continua a venir considerato compatibile col Dio che si é fatto conoscere in Gesù, paradigma di mitezza, di non-violenza, di accoglienza, di perdono incondizionato di amore per tutti i viventi?
E chi spiegherà ai cattolici che la frequenza alla messa domenicale, se non viene accompagnata da una conversione dall’uomo vecchio all’uomo nuovo, al "giusto che ama", costituisce un’aggravante in rapporto al giudizio negativo che si vedranno appioppare nell’al di là, perché a loro era stata più che ripetutamente mandata, "missa", 1a Parola, e loro ne hanno testimoniato l’inefficacia, non avendole fatto portare frutto?
Tutte queste cose sarebbe il Papa stesso che dovrebbe spiegarle al prossimo, come capo della Chiesa docente, ma é difficile che lo faccia, perché non le ha capite neanche lui.
Noi siamo nel 2012, ma lui, come cultura, é ancora all’anno 1000, e questa non e una calunnia, ma un effetto strutturale di una ben precisa causa: il meccanismo di elezione dei pontefici (termine che rivela la contiguità col pontifex maximus degli dei romani).
Dato che, fra i tanti valori bestemmiati dalla chiesa, il più bistrattato é stato ed é quello della democrazia, siccome il papa viene eletto dal concistoro dei cardinali, e questi ultimi vengono selezionati dal papa stesso perché la pensano come lui, ecco che lo Spirito Santo si trova sbarrata la porta, i papi che si succedono sono affini gli uni agli altri, il "nuovo" di Dio resta escluso, lo Spirito continua ad alitare dove vuole, meno che al vertice di S.R.Chiesa!
Come andrà a finire questa storia, nella quale i guerci, i fedeli-credenti, si lasciano guidare dai ciechi, la casta, a diventare ciechi come loro?
Capiremo mai che la religione è un cuneo messo fra Dio e l’uomo, che questo cuneo andrebbe rimosso, che noi siamo il confine fra lo Spirito, fra Dio-Spirito e la materia, il mondo, che il mondo aspetta il nostro "si“ all’amore ed alla condivisione, cioè a Dio, perché Lui, con le nostre mani, possa saziare tutti i viventi di necessario e di gioia?
Mario Mariotti
* Il Dialogo, Sabato 05 Maggio,2012
Sul tema, nel sito, si cfr.:
VATICANO: CEDIMENTO STRUTTURALE DEL CATTOLICESIMO-ROMANO. Benedetto XVI, il papa teologo, ha gettato via la "pietra" ("charitas") su cui posava l’intera Costruzione.
OBBEDIENZA CIECA: TUTTI, PRETI, VESCOVI, E CARDINALI AGGIOGATI ALLA "PAROLA" DI PAPA RATZINGER ("DEUS CARITAS EST", 2006).
"Deus charitas est: et qui manet in charitate, in Deo manet, et Deus in eo" (1 Gv., 4.16).
SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO.
LA LEZIONE" DEL MITO DI PROMETEO, NARRATO DA PROTAGORA*
Nel "Protagora", il noto sofista di Abdera illustra la propria tesi col mito di Epimeteo e Prometeo: Zeus, per render loro possibile vivere in società, ha distribuito aidos e dike a tutti gli uomini. Gli uomini hanno bisogno della cultura e dell’organizzazione politica perché sono creature prive di doti naturali, come artigli, denti e corna, immediatamente funzionali ai loro bisogni. Tutti partecipano di queste due virtù "politiche". Ma esse non vanno viste come connaturate all’uomo, bensì come qualcosa di sopravvenuto, qualcosa che è stato trasmesso in maniera consapevole, e non semplicemente attribuito in un processo cieco, "epimeteico", del quale si può render conto soltanto ex post: per questo è possibile insegnare aidos e dike agli uomini, mentre non si può "insegnare" a un toro ad avere corna e zoccoli.
Ci fu un tempo in cui esistevano gli dei, ma non le stirpi mortali. Quando giunse anche per queste il momento fatale della nascita, gli dei le plasmarono nel cuore della terra, mescolando terra, fuoco e tutto ciò che si amalgama con terra e fuoco. Quando le stirpi mortali stavano per venire alla luce, gli dei ordinarono a Prometeo e a Epimeteo di dare con misura e distribuire in modo opportuno a ciascuno le facoltà naturali. Epimeteo chiese a Prometeo di poter fare da solo la distribuzione: "Dopo che avrò distribuito - disse - tu controllerai". Così, persuaso Prometeo, iniziò a distribuire. Nella distribuzione, ad alcuni dava forza senza velocità, mentre donava velocità ai più deboli; alcuni forniva di armi, mentre per altri, privi di difese naturali, escogitava diversi espedienti per la sopravvivenza. [321] Ad esempio, agli esseri di piccole dimensioni forniva una possibilità di fuga attraverso il volo o una dimora sotterranea; a quelli di grandi dimensioni, invece, assegnava proprio la grandezza come mezzo di salvezza. Secondo questo stesso criterio distribuiva tutto il resto, con equilibrio. Escogitava mezzi di salvezza in modo tale che nessuna specie potesse estinguersi. Procurò agli esseri viventi possibilità di fuga dalle reciproche minacce e poi escogitò per loro facili espedienti contro le intemperie stagionali che provengono da Zeus. Li avvolse, infatti, di folti peli e di dure pelli, per difenderli dal freddo e dal caldo eccessivo. Peli e pelli costituivano inoltre una naturale coperta per ciascuno, al momento di andare a dormire. Sotto i piedi di alcuni mise poi zoccoli, sotto altri unghie e pelli dure e prive di sangue. In seguito procurò agli animali vari tipi di nutrimento, per alcuni erba, per altri frutti degli alberi, per altri radici. Alcuni fece in modo che si nutrissero di altri animali: concesse loro, però, scarsa prolificità, che diede invece in abbondanza alle loro prede, offrendo così un mezzo di sopravvivenza alla specie.
Ma Epimeteo non si rivelò bravo fino in fondo: senza accorgersene aveva consumato tutte le facoltà per gli esseri privi di ragione. Il genere umano era rimasto dunque senza mezzi, e lui non sapeva cosa fare. In quel momento giunse Prometeo per controllare la distribuzione, e vide gli altri esseri viventi forniti di tutto il necessario, mentre l’uomo era nudo, scalzo, privo di giaciglio e di armi. Intanto era giunto il giorno fatale, in cui anche l’uomo doveva venire alla luce.
Allora Prometeo, non sapendo quale mezzo di salvezza procurare all’uomo, rubò a Efesto e ad Atena la perizia tecnica, insieme al fuoco - infatti era impossibile per chiunque ottenerla o usarla senza fuoco - e li donò all’uomo. All’uomo fu concessa in tal modo la perizia tecnica necessaria per la vita, ma non la virtù politica. [322] Questa si trovava presso Zeus, e a Prometeo non era più possibile accedere all’Acropoli, la dimora di Zeus, protetta da temibili guardie. Entrò allora di nascosto nella casa comune di Atena ed Efesto, dove i due lavoravano insieme. Rubò quindi la scienza del fuoco di Efesto e la perizia tecnica di Atena e le donò all’uomo. Da questo dono derivò all’uomo abbondanza di risorse per la vita, ma, come si narra, in seguito la pena del furto colpì Prometeo, per colpa di Epimeteo.
Allorché l’uomo divenne partecipe della sorte divina, in primo luogo, per la parentela con gli dei, unico fra gli esseri viventi, cominciò a credere in loro, e innalzò altari e statue di dei. Poi subito, attraverso la tecnica, articolò la voce con parole, e inventò case, vestiti, calzari, giacigli e l’agricoltura. Con questi mezzi in origine gli uomini vivevano sparsi qua e là, non c’erano città; perciò erano preda di animali selvatici, essendo in tutto più deboli di loro. La perizia pratica era di aiuto sufficiente per procurarsi il cibo, ma era inadeguata alla lotta contro le belve (infatti gli uomini non possedevano ancora l’arte politica, che comprende anche quella bellica). Cercarono allora di unirsi e di salvarsi costruendo città; ogni volta che stavano insieme, però, commettevano ingiustizie gli uni contro gli altri, non conoscendo ancora la politica; perciò, disperdendosi di nuovo, morivano.
Zeus dunque, temendo che la nostra specie si estinguesse del tutto, inviò Ermes per portare agli uomini rispetto e giustizia, affinché fossero fondamenti dell’ordine delle città e vincoli d’amicizia. Ermes chiese a Zeus in quale modo dovesse distribuire rispetto e giustizia agli uomini: «Devo distribuirli come sono state distribuite le arti? Per queste, infatti, ci si è regolati così: se uno solo conosce la medicina, basta per molti che non la conoscono, e questo vale anche per gli altri artigiani. Mi devo regolare allo stesso modo per rispetto e giustizia, o posso distribuirli a tutti gli uomini?« «A tutti - rispose Zeus - e tutti ne siano partecipi; infatti non esisterebbero città, se pochi fossero partecipi di rispetto e giustizia, come succede per le arti. Istituisci inoltre a nome mio una legge in base alla quale si uccida, come peste della città, chi non sia partecipe di rispetto e giustizia» [323]
Per questo motivo, Socrate, gli Ateniesi e tutti gli altri, quando si discute di architettura o di qualche altra attività artigianale, ritengono che spetti a pochi la facoltà di dare pareri e non tollerano, come tu dici - naturalmente, dico io - se qualche profano vuole intromettersi. Quando invece deliberano sulla virtù politica - che deve basarsi tutta su giustizia e saggezza - ascoltano il parere di chiunque, convinti che tutti siano partecipi di questa virtù, altrimenti non ci sarebbero città. Questa è la spiegazione, Socrate. Ti dimostro che non ti sto ingannando: eccoti un’ulteriore prova di come in realtà gli uomini ritengano che la giustizia e gli altri aspetti della virtù politica spettino a tutti. Si tratta di questo. Riguardo alle altre arti, come tu dici, se qualcuno afferma di essere un buon auleta o esperto in qualcos’altro e poi dimostri di non esserlo, viene deriso e disprezzato; i familiari, accostandosi a lui, lo rimproverano come se fosse pazzo. Riguardo alla giustizia, invece, e agli altri aspetti della virtù politica, quand’anche si sappia che qualcuno è ingiusto, se costui spontaneamente, a suo danno, lo ammette pubblicamente, ciò che nell’altra situazione ritenevano fosse saggezza - dire la verità - in questo caso la considerano una follia: dicono che è necessario che tutti diano l’impressione di essere giusti, che lo siano o no, e che è pazzo chi non finge di essere giusto. Secondo loro è inevitabile che ognuno in qualche modo sia partecipe della giustizia, oppure non appartiene al genere umano. Dunque gli uomini accettano che chiunque deliberi riguardo alla virtù politica, poiché ritengono che ognuno ne sia partecipe. Ora tenterò di dimostrarti che essi pensano che questa virtù non derivi né dalla natura né dal caso, ma che sia frutto di insegnamento e di impegno in colui nel quale sia presente. Nessuno disprezza né rimprovera né ammaestra né punisce, affinché cambino, coloro che hanno difetti che, secondo gli uomini, derivano dalla natura o dal caso. Tutti provano compassione verso queste persone: chi è così folle da voler punire persone brutte, piccole, deboli? Infatti, io credo, si sa che le caratteristiche degli uomini derivano dalla natura o dal caso, sia le buone qualità, sia i vizi contrari a queste. Se invece qualcuno non possiede quelle qualità che si sviluppano negli uomini con lo studio, l’esercizio, l’insegnamento, mentre ha i vizi opposti, viene biasimato, punito, rimproverato.
CL, cerchio magico intorno a papa Ratzinger
Nonostante scandali e “amici” arrestati l’organizzazione domina in Vaticano
di Marco Lillo (il Fatto, 05.05.2012)
Dopo 30 anni di assenza, un pontefice torna al Meeting di Cl a Rimini. Papa Ratzinger terrà un discorso alla grande kermesse di Comunione e Liberazione che quest’anno avrà come tema il rapporto tra l’uomo e l’infinito. Non è solo una voce ma un impegno preso nero su bianco da Benedetto XVI e dal segretario di Stato Tarcisio Bertone in un carteggio inedito che pubblichiamo. In un giorno d’estate compreso tra il 19 e il 25 agosto nei padiglioni della fiera il pontefice tedesco abbraccerà decine di migliaia di seguaci e simpatizzanti del movimento fondato da don Luigi Giussani nel 1954 e guidato dopo la morte del “Don” nel 2005 da don Julian Carron.
L’ULTIMO PAPA a partecipare al meeting è stato Giovanni Paolo II nel 1982. E proprio alla ricorrenza del trentennale si richiama la presidente del Meeting, Emilia Guarnieri, per chiedere a Benedetto XVI di tornare. La professoressa Guarnieri scrive il 23 novembre 2011 al segretario di Stato Tarcisio Bertone: “Il 1982 fu l’anno della storica visita al meeting del Beato Giovanni Paolo II. Il medesimo anno vide anche il riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione. Il2012pertantorappresenta per noi un duplice e significativo trentennale ed un contesto estremamente suggestivo per accogliere il Santo Padre”. La professoressa, nella sua lettera a Bertone ricordava un incontro del 19 giugno a San Marino, nel quale il Papa le disse: “È molto tempo che non ci vediamo! Lei lavora ancora per il Meeting? ” in memoria delle antiche partecipazioni dei primi anni novanta dell’allora cardinale Joseph Ratzinger alla kermesse. E la lettera si concludeva con una preghiera a Bertone: “Affido alla Sua paternità e alla Sua benevolenza questo invito”.
Il segretario di Stato non si è risparmiato e nel volgere di due settimane ha ottenuto il sì del Pontefice. Il 9 dicembre del 2011 Tarcisio Bertone scrive al segretario del Papa don Georg Ganswein perché annoti l’impegno: “Con la presente Ti informo che nell’Udienza a me concessa il 5 dicembre 2011, il Santo Padre ha preso visione della lettera del 23 novembre 2011 della professoressa Emilia Guarnieri, Presidente del Meeting di Rimini. Considerando i due anniversari che cadono nel 2012, il Santo Padre ha espresso il suo favore per una breve visita e un suo intervento al Meeting di Rimini in data da stabilire”.
In fondo però quella che si sta preparando da mesi è solo la consacrazione di un legame che sempre di più sta diventando un elemento caratterizzante di questo e forse persino del prossimo pontificato, se troveranno conferma le voci dell’investitura dell’arcivescovo di Milano di provenienza ciellina, Angelo Scola. Proprio il Fatto ha pubblicato nel febbraio scorso un documento anonimo nel quale si annunciava la fine del papato di Ratzinger entro novembre 2012. Un annuncio di morte reinterpretato da alcuni osservatori come una previsione certa di “dimissioni” del Papa per far posto al suo successore preferito, cioè proprio Angelo Scola.
UNA SOLUZIONE “anomala” ma possibile, secondo l’interpretazione dottrinaria che lo stesso Ratzinger avrebbe avallato in un’intervista. Vera o falsa che fosse, la profezia della staffetta tra Ratzinger e Scola ha portato allo scoperto il peso crescente di Cl negli equilibri vaticani. Non è un mistero che siano cielline le quattro signore cinquantenni che dormono nell’appartamento papale e sono ammesse a pranzare e cenare con il Pontefice tanto da formare la cosiddetta famiglia papale. Per l’esattezza sono aderenti ai Memores Domini, associazione laicale i cui membri vivono i consigli evangelici di povertà, castità perfetta e obbedienza sotto l’egida di Comunione e Liberazione. Anche l’arcivescovo di Milano Angelo Scola condivide la quotidianità con alcune signore aderenti ai Memores.
Il legame tra Cl e Scola è molto stretto. Il Fatto ha rintracciato una lettera del marzo 2011 al Nunzio Apostolico in Italia Giuseppe Bertello dal leader di Cl don Julian Carron. In questa lettera Carron suggerisce di nominare Scola anche per la sua sensibilità all’area politica di centrodestra. “Rispondo alla Sua richiesta permettendomi di offrirle”, scrive Carron “in tutta franchezza e confidenza”, ben consapevole della responsabilità che mi assumo di fronte a Dio e al Santo Padre, alcune considerazioni sullo stato della Chiesa ambrosiana”. La diagnosi del leader di Cl è spietata: “Il primo dato di rilievo è la crisi profonda della fede del popolo di Dio... perdura la grave crisi delle vocazioni... la presenza dei movimenti è tollerata, ma essi vengono sempre considerati più come un problema che come una risorsa”.
Poi Carron arriva al dunque: “dal punto di vista poi della presenza civile della Chiesa non si può non rilevare una certa unilateralità di interventi sulla giustizia sociale, a scapito di altri temi fondamentali della Dottrina sociale, e un certo sottile ma sistematico ‘neocollateralismo’, soprattutto della Curia, verso una sola parte politica (il centrosinistra) trascurando, se non avversando, i tentativi di cattolici impegnati in politica, anche con altissime responsabilità nel governo locale, in altri schieramenti”. Il nome di Formigoni non c’è ma chiunque intravede dietro queste righe la figura del governatore. “Questa unilateralità di fatto... finisce per rendere poco incisivo il contributo educativo della Chiesa al bene comune, all’unità del popolo e alla convivenza pacifica”.
Per tutte queste ragioni, conclude Carron: “l’unica candidatura che mi sento in coscienza di presentare all’attenzione del Santo Padre è quella dell’attuale Patriarca di Venezia, Card. Angelo Scola. Tengo a precisare che con questa indicazione non intendo privilegiare il legame di amicizia e la vicinanza del Patriarca al movimento di Comunione e Liberazione, ma sottolineare il profilo di una personalità di grande prestigio e esperienza... ”.
L’arcivescovo di Milano, con la raccomandazione di Cl, oggi è dato per favorito a prendere il posto di Benedetto XVI. È questo il paradosso di Cl: proprio nell’anno della sua massima potenza e della annunciata benedizione del Papa con la sua visita al Meeting, esplodono gli scandali e le indagini della magistratura.
Dopo gli arresti di due ciellini amici di Formigoni come Antonio Simone e Pierangelo Daccò e la pubblicazione delle fotografie dei resort a cinque stelle dove il presidente della Lombardia è stato in vacanza persino don Julian Carron ha scritto a Repubblica: “Sono stato invaso da un dolore indicibile dal vedere cosa abbiamo fatto della grazia che abbiamo ricevuto. Se il movimento di Comunione e Liberazione è continuamente identificato con l’attrattiva del potere, dei soldi, di stili di vita che nulla hanno a che vedere con quello che abbiamo incontrato, qualche pretesto dobbiamo aver dato”. Una lettera che finora non ha fatto cambiare idea sul suo viaggio a Rimini a Benedetto XVI.
Recitare o essere? Pensieri tra Quaresima e Pasqua
di don Angelo Casati
Viandanti (www.viandanti.org, 30 marzo 2012)
Mi succede - qualcuno la ritiene una mia ossessione - di avere in sospetto ogni parola che, poco o tanto, sembra recitata, ogni atteggiamento che, poco o tanto, sembra studiato. Si recita una parte. A volte mi sorprendo a guardarmi. E mi chiedo: "Stai recitando? Stai celebrando o recitando? Stai pregando o recitando? Stai predicando o recitando? Stai parlando o recitando?". Nella recita non ci sei. C’è una parte che indossi. Che non è la tua.
Gesù incantava
Gesù non recitava. Forse per questo o anche per questo, incantava. Era autentico, aderente la vita, non a una parte da recitare. E la gente lo sentiva vero. A differenza di altri. A differenza, per esempio, di una certa frangia - non tutti! - di farisei che "recitavano": "Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini. Allargano i loro filatteri, allungano le frange; amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare rabbì dalla gente"(Mt. 23,5-7).
Qualcuno, anche nel mondo ecclesiastico, sconcertato dalla calda umanità di Gesù, tende a presentarla come se il Signore stesse recitando, quasi non gli fosse consentito, in quanto Dio, di crescere, di essere stanco, di non sapere, di amare i banchetti, di desiderare la tenerezza di un bacio o il profumo dell’unguento, di provare paura e solitudine. Quasi recitasse, in tutto ciò una parte non sua. Gesù non ha mai recitato. Era.
Dominante è il ruolo
C’è il pericolo - lo avverto sempre più acutamente e il racconto delle tentazioni di Gesù, all’inizio della Quaresima, lo segnalava - che anche la religione diventi spettacolo, luogo in cui si recita. Strano verbo, questo "recitare", che abbiamo nel nostro linguaggio religioso legato al pregare! Si "recita" una Ave Maria o un Padre Nostro, si "recita" il rosario. È in agguato la recita. La avverti. A volte è nell’aria. A tradirla è un tono affettato, artefatto, poco naturale, studiato.
Aria strana. L’aria di certi raduni ecclesiastici. Volti impassibili, non tradiscono la benché minima emozione. Ci si parla di errori, di cedimenti o di smarrimenti, sono sempre quelli degli altri. L’inquietudine non esiste. Esiste la sicurezza. Si recita la parte di Dio. Mai uno che dica: "Ho peccato". Lo si dice nella Messa, ma per modo di dire. Nessuno che abbia mai fatto un errore. E che lo riconosca. Domina il ruolo. L’impassibilità del ruolo. Impenetrabili, drappeggiati, diplomatici. E senti la distanza. E come se mancasse gente vera. Non sono i volti che cerchi, quelli che ti incantano fuori le mura, volti che non mascherano le stanchezze e le emozioni, volti che confessano l’inquietudine e la lontananza.
Scrive Carlo Maria Martini: "Non di rado mi spavento sentendo o leggendo tante frasi che hanno come soggetto "Dio" e danno l’impressione che noi sappiamo perfettamente ciò che Dio è e ciò che egli opera nella storia, come e perché agisce o in un modo e non in un altro. La Scrittura è assai più reticente e piena di mistero di tanti nostri discorsi pastorali".
Come figli di Dio
Comunità alternativa si diventa vivendo il Vangelo, non recitando la parte del "perfetto". Alternativi diventiamo non mascherandoci dietro il ruolo o dietro il titolo, ma dando trasparenza ai rapporti. Incontrandoci come persone. Come figli di Dio. Questa la più grande dignità che ci è toccata. Non esiste, per un vero credente, altra tanto grande.
Essere Papa, essere Vescovo, essere prete, non vale l’essere figli di Dio. E, se figli, liberi, e quindi non soffocati, non mascherati, non misurati da titoli e da ruoli.Quando Papa Giovanni, poco dopo la sua elezione, si accorse che l’ Osservatore Romano introduceva le sue parole con questa formula di rito: "Come abbiamo potuto raccoglierle dalle auguste labbra di Sua Santità", chiamò il capo redattore e gli disse: "Lasciate perdere queste sciocchezze e scrivete semplicemente: Il Papa ha detto".
La grande sfida
Quale perdita per la società, se la Chiesa, che nel mondo dovrebbe apparire come lo spazio dove risplende la libertà e l’umanità dei rapporti, diventasse luogo di relazioni puramente formali, deboli e fiacche, non sincere e intense.
Rischierebbe l’insignificanza. Verrebbe meno alla grande sfida, all’opportunità che oggi le si offre di tessere in una società ampiamente burocratizzata rapporti autentici e profondi.
E non sarà che alla Chiesa di oggi, e quindi a ciascuno di noi, Dio chieda meno protagonismo, meno organizzazione, meno recite e più vicinanza, più sincerità?
Alla mente ritorna una pagina folgorante dello scrittore Ennio Flaiano, là dove abbozzava un ipotetico ritorno di Gesù sulla terra, un Gesù, infastidito da giornalisti e fotoreporter, come sempre invece vicino ai drammi e alle fatiche dell’esistenza quotidiana: "Un uomo" - scrive - "condusse a Gesù la figlia ammalata e gli disse: "Io non voglio che tu la guarisca, ma che tu la ami". Gesù baciò quella ragazza e disse: "In verità questo uomo ha chiesto ciò che io posso dare". Così detto, sparì in una gloria di luce, lasciando le folle a commentare quei miracoli e i giornalisti a descriverli".
LETTERA APERTA AL SIGNOR PAPA BENEDETTO XVI
AL SECOLO JOSEPH RATZINGER
di Paolo Farinella, prete - Genova 09-05-2012
Sig. Papa,
apprendiamo dalla stampa che lei, su istigazione del Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, andrà al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini nel prossimo mese di agosto 2012 per ricordare i trent’anni della visita di Giovanni Paolo II al Meeting e il riconoscimento pontificio di Cl. Non le nascondiamo il nostro sconcerto per questa notizia, gravida di conseguenze non buone per lei, per la Chiesa e per la stessa CL che ormai di cattolico non ha nemmeno il nome, compromessa com’è con le logiche demoniache del potere.
L’annuncio è dato contemporaneamente allo scoppio in Italia degli scandali che coinvolgono il governatore della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, uno dei «memores Domini» con voti di castità, obbedienza e povertà, ma ancora più famoso per i suoi traffici immorali con uomini corrotti che lui stesso ha contribuito a corrompere per averne utili e benefici personali a danno della sanità pubblica e dell’erario regionale. Come è testimoniato da report di stampa, egli conduce stili di vita non consoni con la castità e la povertà, ostentando lusso e nudità che ben poco si confanno ad un uomo che ogni giorno si vanta di essere cattolico di CL, il «Celeste».
Negli stessi giorni, il presidente di CL, don Julián Carrón, ha pubblicato sulla stampa italiana (la Repubblica, 1-5-2012) una lettera con cui rinnega i comportamenti del «Celeste» Formigoni e ammette che forse CL si è persa per strada, allettata dall’esercizio del potere fine a se stesso e perdendo l’ispirazione cristiana se nell’opinione pubblica si è diffusa la convinzione che la corruttela di CL sia arrivata a livelli inauditi, come gli affari condivisi anche con la criminalità organizzata pur di avere appalti e denaro a fiumi a spese dello Stato.
Noi non avevamo bisogno di don Carrón per renderci conto della deriva del movimento che lei ha consacrato da cardinale e implementato da papa. Da anni assistiamo inorriditi all’evidenza che CL sia fuori da ogni prospettiva religiosa ed evangelica, sprofondando sempre più in basso. Non si può restare immuni dopo che per quasi vent’anni si è appoggiato politicamente, sostenuto e difeso un uomo corrotto e immorale come l’ex presidente del consiglio italiano, Silvio Berlusconi, difendendolo anche quando incitava alla distruzione dello Stato di diritto e induceva le minorenni a prostituirsi a lui. Mai una voce di critica o un distinguo è venuta da CL anche quando i fatti erano palesi e non manipolabili. Uomini e donne di CL sono stati succubi, anzi beneficiari di un sistema di corruzione e di corruttela spietati, senza mai un rincrescimento e una presa di distanza. Al contrario si sono sempre affaticati a dimostrare che l’uomo più corrotto e più delinquente del mondo avrebbe dovuto essere valutato per le politiche (per altro ignobili, antiumane e irreligiose) che faceva e non per la sua condotta etica. Machiavelli a fronte era un novizio di primo pelo.
Ora noi constatiamo che il corrotto, malavitoso, ignobile, immorale e amorale Silvio Berlusconi ha sventrato la coerenza e la dirittura morale dell’intera CL che oggi deve fare i conti con i propri adepti scandalizzati e disorientati. Molti abbandonano CL perché è diventata un centro affaristico di lupi rapaci, dediti agli appalti, alla compravendita di favori, espressione di una politica che favorisce gli evasori fiscali, i trafficanti di favori e di denaro sporco, la malavita organizzata, i mafiosi che tutelano in parlamento, e complici «in solido» di un sistema senza morale che ha portato l’Italia sull’orlo dell’abisso non solo economico, ma anche etico e sociale.
In queste condizioni, la sua presenza al Meeting sarebbe una sciagura per la Chiesa e lei stesso perderebbe credibilità, disorientando ancora di più i credenti e i laici di buona volontà, come quando in pieno scandalo politrico-sessuale, lei ha voluto ricevere appositamente Silvio Berlusconi all’aeroporto togliendolo dal disprezzo generale in cui era scaduto. Le persone semplici leggerebbero la sua presenza come una «benedizione» del papa ai corrotti, ai disonesti, agli immorali, a Formigoni e sodali compagni di avventura criminosa. Si direbbe che lei benedica CL perché «paga» in termini economici (cioè dà tanti soldi) per cui «possono comprare anche il papa»; paga in potere perché in parlamento e al governo difende istanze clericali che poi si dimostrano vittorie di Pirro.
Sig. Papa,
Lei ha già sbagliato con i malati mentali lefebvriani, venendo unilateralmente loro incontro togliendo imprudentemente la scomunica senza chiedere prima l’adesione formale al magistero del concilio Vaticano II. Essi hanno capito la sua debolezza per cui ora la ricattano punto dopo punto e lei per non perdere la faccia è costretto a cedere sempre di più fino alla resa definitiva. Non faccia un altro errore irreparabile, andando al Meeting perché sarebbe accomunato alla congrega degli utilizzatori della religione in funzione di un potere spietato, politico, economico e religioso, come dimostra la lettera di don Carrón che arriva a sponsorizzare la candidatura per Milano del patriarca Angelo Scola, gettando fango sulle nobili figure degli arcivescovi Martini e Tettamanzi, che la storia ricorderà come autentici «Padri della Chiesa».
Vivendo in uno Stato estero, lontano dall’Italia, forse lei non è sufficientemente informato su quanto accade nello Stato d’Italia per cui potrebbe fare scelte avventate. Ho creduto pertanto mio dovere informarla succintamente per contribuire ad aiutarla a fare scelte oculate e ponderate perché un papa non può esporsi come capita, andando ad un consesso dove si fanno più affari che preghiere. In nome della decenza, della morale e dell’ufficio che lei rappresenta, noi la preghiamo di annullare la sua visita al Meeting di Rimini per motivi di opportunità e di etica. In nome della Verità
(seguono firme).