IL VANGELO DI PAPA RATZINGER E DI TUTTI I VESCOVI E IL "PANE QUOTIDIANO" DEL "PADRE NOSTRO", VENDUTO A "CARO PREZZO", MOLTO CARO (= "CARITAS")!

ULTIMA CENA ED ECONOMIA VATICANA: LA CARESTIA AVANZA!!! Benedetto XVI "cambia la formula dell’Eucarestia"! «Il calice fu versato per molti», non «per tutti»!!! Note di Gian Guido Vecchi e di Armando Torno - a c. di Federico La Sala

EUCHARISTIA EVANGELICA E TRADIZIONE CATTOLICO-ROMANA. "Le parole della tradizione liturgica, comunque, riprendono il greco perì pollòn e il latino pro multis, che sono un calco del semitico la-rabbîm: il quale significa «per le moltitudini» o anche «per tutti». Tradurre con «molti» ci sembra improprio rispetto all’originale ebraico" (Armando Torno).
domenica 6 maggio 2012.
 

L’EU-CHARISTIA. "La parola «Eucaristia» deriva dal verbo greco «eu-charistèō/rendo grazie» che a sua volta proviene dall’avverbio augurale «eu-...-bene» e «chàirō-rallegrarsi/essere contento»" (Paolo Farinella, prete).

IL NOME DI DIO, SENZA GRAZIA ("CHARIS")! L’ERRORE FILOLOGICO E TEOLOGICO DI PAPA BENEDETTO XVI, NEL TITOLO DELLA SUA PRIMA ENCICLICA. Nel nome della "Tradizione"

TUTTO A "CARO-PREZZO" ("CARITAS"): QUESTO "IL VANGELO CHE ABBIAMO RICEVUTO". IL VANGELO DI RATZINGER, BERTONE, RUINI, BAGNASCO E DI TUTTI I VESCOVI.

PER RATZINGER, PER IL PAPA E I CARDINALI, UNA LEZIONE DI GIANNI RODARI. L’Acca in fuga

SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO (Federico La Sala)


«Il calice fu versato per molti»

Cambia la formula dell’Eucarestia

di Gian Guido Vecchi (Corriere della Sera, 25 aprile 2012)

La lettera di cinque pagine è rivolta alla conferenza episcopale tedesca ma riguarda ogni vescovo, a cominciare dagli italiani che ne discuteranno nell’assemblea di maggio. Benedetto XVI spiega le ragioni per cui si dovrà cambiare la formula dell’Eucarestia nella messa.

Nell’ultima cena Gesù spezza il pane («questo è il mio corpo») e poi prende il calice del vino, e qui durante la messa il sacerdote ripete parole che i fedeli sanno a memoria: «Questo è il mio sangue... versato per voi e per tutti in remissione dei peccati». Solo che nei Vangeli non si legge «per tutti». E il pontefice vuole che si torni alle parole di Gesù: «Versato per molti».

Lo stesso Papa ricorda i riferimenti testuali. Nel vangelo più antico, Marco (14,24) si legge upèr pollôn, in quello di Matteo (26,28) c’è scritto un analogo perì pollôn, insomma il «per molti» è la traduzione letterale dal testo originale greco. Assente in Giovanni, in Luca (22,19) c’è «per voi» (upèr umôn). L’indicazione era già contenuta in un documento della Santa Sede firmato nel 2006 dal cardinale Francis Arinze. Ma ha incontrato resistenze, dalla Germania agli Usa all’Italia.

L’espressione «per tutti» venne introdotta dopo il Concilio con la riforma di Paolo VI, nel ’69, il messale latino aveva «pro multis». Il timore di tanti vescovi è che si interpretasse la modifica come l’esclusione di alcuni dalla salvezza, una reazione preconciliare. Così il Papa ha scritto ai vescovi tedeschi, chiarendo che le cose non stanno affatto così: l’«universalità» della salvezza non si discute, anche San Paolo scrive che Gesù «è morto per tutti». Il senso non cambia: negli anni Sessanta, ricorda, gli esegeti giustificavano il passaggio a «per tutti» citando Isaia 53 («il giusto mio servo giustificherà molti») e dicendo che «molti» è «un’espressione ebraica per dire la totalità». Solo che Gesù usa «molti». Bisogna guardarsi da traduzioni «interpretative» che hanno portato a «banalizzazioni» e «autentiche perdite», scrive: «Mi accorgo che tra le diverse traduzioni a volte è difficile trovare ciò che le accomuna e che il testo originale è spesso riconoscibile solo da lontano».

Questione di «fedeltà» alla «parola di Gesù» e alla Scrittura. Il Papa invita tuttavia a preparare preti e fedeli: «Fare prima la catechesi è la condizione fondamentale per l’entrata in vigore della nuova traduzione». La sua stessa lettera, come una catechesi, dà voce ai dubbi («Cristo non è morto per tutti?», «Si tratta di una reazione che vuole distruggere l’eredità del Concilio?») per fugarli.

In Italia si continua a dire «per tutti» ma presto la Cei concluderà la discussione sul nuovo messale. I timori non mancano, ma un grande teologo come il vescovo Bruno Forte spiega: «Il problema non è teologico, ma pastorale. Il Papa mette in luce che la redenzione oggettiva, per tutti, passa attraverso l’adesione libera di ciascuno. Dire "per molti" non esclude ma anzi esalta la dignità e l’assenso umano. Tuttavia la gente è abituata a "per tutti": per questo, dice il Papa, il cambiamento va fatto dopo una lunga catechesi che ne faccia capire il valore».


I dubbi sull’originale ebraico

di Armando Torno (Corriere della Sera, 25 aprile 2012)

Le parole dell’Ultima Cena, allorché Gesù invitò a bere il suo sangue, ricordano che veniva versato «per molti» o «per tutti»? Il Vangelo di Giovanni non le cita, ma i sinottici - Matteo, Marco e Luca - le riferiscono con varianti.

Il testo, anche se Gesù parlava con i discepoli in aramaico, ci è giunto in greco e si è diffuso in Occidente nella versione di Gerolamo, la Vulgata latina. Se «per molti» fa discutere e taluni preferiscono «per tutti» (lo suggerì la riforma di Paolo VI del 1969), va detto che il Vangelo di Matteo (26,28) riporta perì pollòn (diventò pro multis); Marco (14,24), invece, sceglie uper pollòn che Gerolamo rende di nuovo con pro multis.

Le due espressioni greche possono avere in italiano - lo suggerì Luciano Canfora anni fa, durante i dibattiti sul caso - significati quali «per molte ragioni» (Matteo) o «in difesa di molti» (Marco). Luca (22,17) si esprime con uper umòn, che nella Vulgata diventa pro vobis e non contrasta con l’italiano «per voi».

Le parole della tradizione liturgica, comunque, riprendono il greco perì pollòn e il latino pro multis, che sono un calco del semitico la-rabbîm: il quale significa «per le moltitudini» o anche «per tutti». Tradurre con «molti» ci sembra improprio rispetto all’originale ebraico.



Messale di San Pio V:

(...) Hic est enim calix sanguinis mei, novi et aeterni testamenti: mysterium fidei: qui pro vobis et pro multis effundetur in remissionem peccatorum. Haec quotiescúmque fecéritis, in mei memóriam faciétis.
-  (Questo infatti è il calice del mio sangue, del nuovo ed eterno testamento: Mistero della fede: che per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati. Tutte le volte che farete questo, lo farete in memoria di me)

Messale di Paolo VI

(...) Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me.

Messale ambrosiano

(....) Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Diede loro anche questo comando: ogni volta che farete questo lo farete in memoria di me: predicherete la mia morte, annunzierete la mia risurrezione, attenderete con fiducia il mio ritorno finché di nuovo verrò a voi dal cielo.



ZEUS MOLTO PIU’ SAGGIO DEL DIO DI RATZINGER

UNA "LEZIONE" DAL MITO DI PROMETEO, NARRATO DA PROTAGORA*

"Allorché l’uomo divenne partecipe della sorte divina, in primo luogo, per la parentela con gli dei, unico fra gli esseri viventi, cominciò a credere in loro, e innalzò altari e statue di dei. Poi subito, attraverso la tecnica, articolò la voce con parole, e inventò case, vestiti, calzari, giacigli e l’agricoltura. Con questi mezzi in origine gli uomini vivevano sparsi qua e là, non c’erano città; perciò erano preda di animali selvatici, essendo in tutto più deboli di loro. La perizia pratica era di aiuto sufficiente per procurarsi il cibo, ma era inadeguata alla lotta contro le belve (infatti gli uomini non possedevano ancora l’arte politica, che comprende anche quella bellica). Cercarono allora di unirsi e di salvarsi costruendo città; ogni volta che stavano insieme, però, commettevano ingiustizie gli uni contro gli altri, non conoscendo ancora la politica; perciò, disperdendosi di nuovo, morivano.

Zeus dunque, temendo che la nostra specie si estinguesse del tutto, inviò Ermes per portare agli uomini rispetto e giustizia, affinché fossero fondamenti dell’ordine delle città e vincoli d’amicizia. Ermes chiese a Zeus in quale modo dovesse distribuire rispetto e giustizia agli uomini: «Devo distribuirli come sono state distribuite le arti? Per queste, infatti, ci si è regolati così: se uno solo conosce la medicina, basta per molti che non la conoscono, e questo vale anche per gli altri artigiani. Mi devo regolare allo stesso modo per rispetto e giustizia, o posso distribuirli a tutti gli uomini?« «A tutti - rispose Zeus - e tutti ne siano partecipi; infatti non esisterebbero città, se pochi fossero partecipi di rispetto e giustizia, come succede per le arti. Istituisci inoltre a nome mio una legge in base alla quale si uccida, come peste della città, chi non sia partecipe di rispetto e giustizia»"

* Platone, Protagora, 323.

Federico La Sala


LA GRAZIA DEL DIO DI GESU’ E’ "BENE COMUNE" DELL’INTERA UMANITA’, MA IL VATICANO LA GESTISCE COME SE FOSSE UNA SUA PROPRIETA’. Bruno Forte fa una ’predica’ ai politici, ma non ancora a se stesso e ai suoi colleghi della gerarchia. Una sua nota, con appunti


IL PAPATO DI BENEDETTO XVI: SETTE ANNI DI OFFESE ALLA CHIESA E ALL’ITALIA. Una nota su un incontro del 2005 e sugli eventi successivi, fino ad oggi


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