L’hit-parade dell’amore
di Massimo Gramellini (La Stampa, 24 giugno 2011)
Il dottor Veronesi sostiene che l’amore più puro è quello omosessuale, perché non è finalizzato alla procreazione. Lo sostiene in risposta a quel sindaco che aveva definito l’omosessualità un’aberrazione genetica. Veronesi mostra di aver letto il Simposio di Platone (il sindaco si è fermato a Playboy). Ma forse l’illustre oncologo ha dimenticato il finale, altrimenti si ricorderebbe che l’amore non prevede classifiche di genere.
All’origine, narra Platone, esistevano maschi, femmine e androgini dotati di entrambi gli organi sessuali. Ma quando gli uomini vollero scalare il cielo, gli dei li punirono spaccandoli in due.
Da allora ciascuno cerca la sua metà perduta: i maschi dimezzati sono diventati gay, le femmine lesbiche e gli androgini etero. Nessuno è più puro o aberrante dell’altro. E tutti possono procreare, anche se l’unione fra le due metà dello stesso sesso partorisce solo idee e non corpi.
La differenza, spiega Platone, non la fanno dunque i sessi, ma la qualità dei sentimenti: la «scala dell’amore», che va dalla bellezza fisica a quella divina. L’amore è l’energia dell’universo con cui l’uomo riesce a entrare in sintonia soltanto quando ama. L’oggetto dell’amore non è poi così importante. Può essere un maschio, una femmina, un figlio, un animale, una pianta, una montagna, un sogno, un progetto, un ideale. Quel che conta è la pulsione spirituale che l’amante esprime nell’amare.
Chiedo umilmente scusa al professor Platone se duemilaquattrocento anni dopo non abbiamo ancora imparato la lezione
Sul tema, nel sito, si cfr.:
PERVERSIONI di Sergio Benvenuto. UN CORAGGIOSO PASSO AL DI LA’ DELL’EDIPO
FLS
ANTROPOLOGIA FILOSOFIA E PSICOANALISI: A TEATRO, A TEATRO! Per "aprire gli occhi" (Freud) e ricomprendere il senso dell’amore di Platone, rileggere il "Simposio" e riascoltare i poeti: ripartire da Shakespeare!
LA "REPUBBLICA" DI PLATONE: "C’È DEL MARCIO IN DANIMARCA"("AMLETO"). A seguire le indicazioni filologiche (più che i manuali di storia della filosofia, forse, si può meglio comprendere il gioco e il giogo di Platone: appropriarsi di "tutta" la "forza" ("sos-kratos") di una figura del "demos" (popolo), il famoso e saggio "So-crate", e restaurare e ripresentare tutta la forza ("sos-kratos") della vecchia aristocrazia terriera come l’arché, il principio, il fondamento dell’intera società ateniese e... di tutta la Terra.
IL "SIMPOSIO", FONDAMENTO DEL PLATONISMO PER IL POPOLO (Nietzsche): "COME VI PIACE". Per ben orientarsi e comprendere il senso del racconto di Diotima narrato da Socrate sulla figura di Eros, l’amore platonico, vale la pena riflettere su quanto già dice Shakespeare circa quattrocento anni fa:
"HANG UP PHILOSOPHY"("ROMEO E GIULIETTA", III, 3, 57):"L’AMORE NON E’ LO ZIMBELLO DEL TEMPO" (Sonetto 116). A commento di "queste parole" pronunciate da Rosalinda, la "donna più arguta", Harold Bloom scrive: "Shakespeare non consente a nulla che assomigli alla suprema intelligenza di Rosalinda di interferire con l’autentico rapimento di Giulietta [...] Shakespeare fa in modo che Giulietta pronunci la più nobile dichiarazione d’amore romantico mai scritta in inglese:
Dobbiamo valutare il resto dell’opera in base a questi cinque versi, mirabili per il loro giusto orgoglio e la loro intensità [...] Credo di non essere il solo a sostenere che l’amore condiviso da Romeo e Giulietta sia la passione più sana e costruttiva regalataci dalla letteratura occidentale" (H. Bloom, "Shakespeare. L’invenzione dell’uomo", Rizzoli, Milano 2001, pp.62-63).
Sentimenti
Il re degli dei divise i corpi degli androgini. Leopardi ci spiega che cosa vuol dire
Da Zeus la formula del desiderio : l’altra metà non ci apparterrà mai
di Ilaria Gaspari (Corriere della Sera, La Lettura, 28.08.2016)
Prendete un foglio di carta e una matita, e provate a disegnare un essere fatto così: un blocco di un pezzo unico, con dorso e fianchi disposti in tondo; quattro mani e quattro braccia, quattro gambe e quattro piedi. Un collo tondeggiante su cui stanno due facce identiche, ma una testa sola. Quattro orecchie, e genitali doppi.
Molto probabilmente concluderete di essere pessimi disegnatori. Eppure è così, secondo quel che Aristofane racconta nel Simposio di Platone, che apparivano gli androgini, le creature più compiute mai concepite. Questi esseri primordiali partecipavano di nome e di fatto della natura del maschio e di quella della femmina; e quando camminavano di fretta, come acrobati saltellavano su tutte le estremità a disposizione, per un totale di otto fra gambe e braccia. L’immaginazione è costretta ad arrancare, quando tentiamo di dare una forma plausibile alla buffa sagoma sferica dell’androgino.
Ma nella goffaggine di questi scarabocchi potrebbe essere nascosta una chiave per capire come funziona il desiderio. Zeus gli androgini li tagliò in due per punire la loro arroganza, come si tagliano le albicocche per fare le marmellate: voleva indebolirli. È in quella mutilazione che nasce il desiderio - nello struggimento di voler essere una cosa sola con chi si ama, e nel sapere che si tratta di una fantasia irrealizzabile. Proprio l’amputazione imposta agli androgini ci permette di immaginarli e capirli: sappiamo figurarci facilmente la camminata di esseri incompleti che cercano la propria metà su due gambe, mentre non sappiamo fare altrettanto con le strane parabole circolari descritte da quelle coppie di individui fusi insieme, che saltellavano su quattro.
Aveva per l’appunto solo due gambe, e due piedi - di cui uno sollevato quasi verticalmente a sfiorare il terreno nella grazia inconsapevole di un passo disegnato nella pietra - la Gradiva di cui si innamora Norbert Hanold, archeologo, in una celebre novella di Wilhelm Jensen scritta nei primi anni del Novecento, che appassionò Freud. Da una lontananza di secoli, l’incedere della ragazza, colto nel dettaglio di quel piede alzato, scatena in Hanold un desiderio prossimo all’ossessione. E non importa che la Gradiva fosse una figura scolpita in un bassorilievo pompeiano; la storia di questo amore impossibile, di questa fantasia dolorosa, ha molto da dire sugli amori fra esseri in carne e ossa.
Marcel Proust, grande mistagogo dei tormenti del desiderio, ha scritto che le attrattive di una qualsiasi passante sono in genere in rapporto diretto con la rapidità del passaggio, con l’intuizione di una vita che non ci appartiene, di cui cogliamo al massimo un bagliore. Perché nasca il desiderio basta un dettaglio insignificante, spesso spiato, se ci colpisce nell’istante che retrospettivamente sarà chiamato il momento giusto: in genere, quando non ci si sente preparati, quando non si sta attenti, quando non si aveva niente da fare.
Non aveva molto da fare, probabilmente, nella Parigi del Secondo Impero, un certo dandy di nome Swann il pomeriggio in cui - racconta Proust nel primo libro della Recherche - un po’ per curiosità e un po’ anche per noia, va a trovare una piccola cocotte con un nome da gran dama che suona falso come un gioiello d’ottone, Odette de Crécy; la vede piegarsi in un gesto noncurante e imbronciato. E mentre lei si china per guardare da vicino un’incisione, lui - che l’aveva già incontrata, e covava un sottile fastidio per le imperfezioni della sua pelle e la sua aria malaticcia - si sorprende a rivedere in lei una somiglianza con la ninfa Sefora in un affresco di Botticelli.
L’istante del colpo di fulmine rimane fissato come una cesura nella memoria di chi lo vive ed è destinato a essere costruito e ricostruito nel ricordo, con tutte le falsificazioni del caso. Giacomo Leopardi nello Zibaldone lo associa allo spavento che nasce, nel primo concepimento del desiderio, dalla prefigurazione della sua insaziabilità: «E lo spavento viene da questo, che allo spettatore o spettatrice, in quel momento, pare impossibile di star mai più senza quel tale oggetto, e nel tempo stesso gli pare impossibile di possederlo com’ei vorrebbe; (...) perché neppure il possedimento carnale (...) gli parrebbe poter soddisfare e riempere il desiderio ch’egli concepisce di quel tale oggetto; col quale ei vorrebbe diventare una cosa stessa (...); ora ei non vede che questo possa mai essere». E non sarà per caso se nello stesso brano Leopardi riconosce quanto sia profonda la descrizione «scherzevole» che Aristofane fa degli androgini.
È un destino inevitabile, quello prefigurato nello Zibaldone: perché un desiderio completamente appagato non è già più un desiderio. Chi ha visto molte stelle cadenti e per ognuna ha espresso un desiderio sa bene che, quando questo si realizzerà, sarà già cambiato qualcosa in lui, o in lei, rispetto alla notte d’estate in cui ha visto la scia luminosa nel cielo.
Però, molto probabilmente, a ogni nuovo San Lorenzo se lo dimenticherà, e continuerà a esprimere desideri, e a concepirne molti di più di quelli che poi esprime. Il desiderio non conosce il principio dei vasi comunicanti o altri equilibri meccanici di riempimento e svuotamento; il solo fatto di desiderare cambia la persona che desidera e questo può generare grandi delusioni. Lo scrittore americano Truman Capote scelse di intitolare il suo libro di memorie Answered Prayers , da una frase di Teresa d’Avila: «Niente è più tremendo di una preghiera esaudita». Il libro è rimasto incompiuto.
È sempre con il senno di poi che riviviamo l’istante in cui il desiderio si è acceso, portando a conseguenze allora imprevedibili: per questo abbiamo la tentazione - e l’abitudine - di applicare a quello stesso istante un fatalismo che non gli appartiene, di rileggerlo in maniera quasi superstiziosa. Non c’è niente di fatale, invece: un colpo di fulmine non obbedisce a nessuna predestinazione.
È vero, spesso ci si innamora senza farci caso, in un attimo di disattenzione; questo non significa, però, che in quei momenti si sia meno presenti a se stessi. Lo si è, anzi, di più: Swann era più che mai se stesso quando, facendo visita a Odette con la mezza scusa di mostrarle un’incisione che sapeva non interessarla troppo, ritrovava in sé l’occhio del collezionista innamorato di arte rinascimentale. Quando non ci si sovraccarica di aspettative e non si rincorre niente - neppure l’immagine di sé che si vuole mostrare agli altri - è allora che si è più vicini alla propria essenza. L’attimo in cui intravvediamo distrattamente una vita che non potrà mai appartenerci del tutto - perché non sarebbe più la vita di un altro ma una proiezione della nostra o, nel migliore (peggiore?) dei casi, un suo prolungamento - non è per forza un segno di vulnerabilità, anche se possiamo raccontarcelo così.
È il momento in cui smettiamo di fissare la ferita inferta dal coltello di Zeus e ci accorgiamo della presenza reale di un altro: e proprio lo slancio verso quell’altro ci fa muovere, sulle due gambe che ci restano.
La terapia del cuore
di Natalia Aspesi (la Repubblica, 12.10.12)
Come poeta (La confusione è precisa in amore, nottetempo) cita Robert Frost, Un poema è l’arresto del disordine. Come psicoanalista (La personalità e i suoi disturbi, Il Saggiatore) cita film come Spider di David Cronenberg per illustrare ai suoi studenti la schizofrenia. Come autore di Citizen gay (Il Saggiatore), il saggio che viene ripubblicato alla fine di ottobre, cita Michel Foucault: “Se si vedono due omosessuali, o meglio due ragazzi che se ne vanno insieme a dormire nello stesso letto, in fondo si tollera, ma se la mattina dopo si svegliano col sorriso sulle labbra, si tengono per mano, si abbracciano teneramente e affermano così la loro felicità, questo non glielo si perdona”.
Vittorio Lingiardi, 52 anni molto eleganti, medico psichiatra e psicoanalista, direttore della Scuola di specializzazione in Psicologia Clinica alla Sapienza, darà una delle dieci “Lezioni d’amore” (ideate da Ginevra Bompiani e David Riondino), iniziate il 27 settembre al Teatro Tor di Nona.
«La mia lezione, dedicata all’amore platonico, sarà il 7 novembre e partendo dal Simposio tratterà il tema dell’omoerotismo. Si sa che nel Simposio è una donna-sacerdotessa, Diotima, a dare a Socrate lezioni d’amore, e io userò questo espediente narrativo per riflettere sui sentimenti di amicizia, e talvolta d’amore, che spesso uniscono donne eterosessuali e uomini anche apertamente gay. Una storia affascinante che ha per protagonisti per esempio, Maria Callas e Pier Paolo Pasolini, Dora Carrington e Lytton Strachey, Ingeborg Bachmann e Hans Werner Henze, Patti Smith e Robert Mapplethorpe.
«Strane coppie, di cui il cinema racconta spesso il legame di amicizia profonda e solidale, che può anche avere risvolti romantici se non addirittura sessuali, e portare pure al matrimonio, al diventare genitori, oltre la barriera delle preferenze sessuali.
«Penso al sadomasochismo di tenebra di Riflessi in un occhio d’oro tra Liz Taylor e Marlon Brando, ed era il 1967, quando l’omosessualità non veniva rappresentata apertamente, al triangolo di tormenti di Domenica maledetta domenica, 1971, tra Glenda Jackson, Peter Finch e Murray Head, all’amicizia travolgente e un po’ frivola tra Ruzienti pert Everett e Julia Roberts in Il matrimonio del mio migliore amico, del 1997. Queste coppie, poco studiate dalla psicanalisi, oggi sono popolari anche nelle fiction televisive, come “Commesse”, “Il bello delle donne”, “Girls who likes boys who likes boys”. Come scrive John Ramster nel romanzo Un uomo per amica, “Un uomo gay, single, non misogino, con un quoziente di intelligenza superiore a 95, trascorre la maggior parte del tempo con donne etero”. La strana coppia aiuta a riflettere su identità e sessualità che non seguono la regola patriarcale, e mette in crisi i ruoli di genere tradizionali, il noto binarismo maschile/femminile, attivo passivo, contribuendo a raccontare le infinite pluralità della femminilità e della mascolinità».
La relazione paziente-terapeuta, la necessaria costruzione di un’alleanza e di un legame tra di loro, può avere i tempi e modi di un innamoramento?
«Come tutte le relazioni a due, anche questa può sfiorare modi e ritmi del di- scorso amoroso. Freud parlava di “forze assolutamente esplosive” alle quali dobbiamo “prestare un’attenzione scrupolosa, come un chimico”. Sono forze che possono esprimere sentimenti affettuosi ma anche affetti erotizzati che, se riconosciuti e non “agiti”, aiutano a capire anche bisogni e desideri attuali del paziente. La psicoanalisi è in parte nata sull’amore di pazienti donne per i loro analisti, come racconta A dangerous method di Cronenberg ».
Perché è proibito l’amore tra psicoterapeuta e paziente?
«Sarebbe un tradimento della psicoanalisi, l’azione che prende il posto dell’analisi dei sentimenti e delle loro ragioni. La stanza della terapia è un laboratorio per comprendere se stessi e la propria storia, non per vivere una vita parallela, alternativa a quella che non si riesce a vivere fuori dall’analisi. L’analista non deve “amare” il o la paziente, ma capire con lui o lei di che cosa parla quando parla d’amore. La psicoanalisi è una “professione impossibile” che deve saper tenere insieme intimità e astinenza: se una di queste posizioni viene tradita, non siamo più nel campo dell’analisi».
Se durante la terapia il paziente si innamora (non del terapeuta, ovvio), è un bene o un male?
«Un obiettivo del lavoro analitico è “imparare ad amare”. Spesso è “imparare a lasciarsi amare” cosa forse più difficile. Si potrebbe dire che uno dei compiti dell’analisi è accogliere un amore prigioniero del passato per trasformarlo nell’amore per una nuova relazione».
Cosa è la “terapia riparativa”?
«E’ una brutta espressione che descrive il lavoro di sedicenti terapeuti che vogliono “riparare” qualcosa che non è né rotto né sbagliato, il paziente o la paziente omosessuale, per farlo diventare eterosessuale. Si tratta di interventi basati su pregiudizi morali o religiosi che non hanno nulla di scientifico e che partono dalla convinzione che l’omosessualità sia una patologia da curare, mentre, come la definisce l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è “una variante naturale del comportamento umano”. Tutte le associazioni scientifiche ne condannano la pratica che oltre a rivelarsi molto dannosa per la salute psicologica del paziente, non ha alcuna possibilità di successo. Il sito noriparative. it raccoglie le firme di migliaia di studiosi».
Alla sua formazione scientifica, fa orrore la cosiddetta “posta del cuore”?
«Leggo con curiosità la posta del cuore proprio perché psicoanalista. L’analista deve stare nella stanza di analisi, sapendo che la pratica si svolge lì e solo lì. Ma, come dice James Hillman, deve saper tenere una finestra sempre aperta sul mondo, stare in dialogo tra interno ed esterno. E poi si sa, il discorso amoroso è fatto di frammenti, e li possiamo trovare e decifrare ovunque. Anche nella posta del cuore o in una canzone di Mina».
Non pensa che si parli troppo d’amore?
«Forse sì. L’amore, che spesso ama il silenzio, sembra sempre più protagonista, forse sostituisce la povertà della politica di oggi. Ma pensandoci meglio, credo che il discorso che ora ci appassiona, al cinema come in psicoana-lisi, è un discorso amoroso e politico al tempo stesso. Basta pensare alla centralità che ha il tema dei diritti affettivi di gay e lesbiche, come coppia e come genitori. Quindi è su un tema “amoroso” che si gioca una grande partita politica e forse anche molte elezioni, e gli Stati Uniti lo dimostrano. Per dirla con la filosofa Martha Nussbaum, è il passaggio dalla politica del disgusto a quella dell’umanità».
STATI UNITI
New York, sì alle nozze tra omosessuali
al Village scoppiano i festeggiamenti
La decisione storica: è il sesto stato, e il più popoloso, ad aprire alle coppie omosessuali.
Le norme approvate al Senato 33 voti contro 29
dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI *
NEW YORK - “Grazie Cuomo!” . L’urlo si è alzato alle dieci di sera dal Greenwich Village, dove una folla era accalcata nei bar, davanti agli schermi tv: non per una finalissima di baseball, ma per seguire in diretta le operazioni di voto al Senato dello Stato di New York.
FOTO LA FESTA
Roccaforte storica delle battaglie per i diritti civili degli omosessuali, il Village era già addobbato a festa per il weekend del Gay Pride. Quest’anno la festa dell’orgoglio coincide con una riforma storica. 33 sì, 29 no, quattro defezioni decisive dal campo repubblicano: il matrimonio fra omosessuali è diventato legge nello Stato di New York, una vittoria che segna uno spartiacque e cambia il volto dell’America.
Il Senato di Albany, la capitale dello Stato di New York, ha approvato la riforma che aveva seccamente respinto nel 2009. In due anni i movimenti per i diritti dei gay hanno promosso con efficacia la loro causa: i senatori repubblicani più intransigenti sono finiti nel mirino di campagne mirate, a rischio di perdere il seggio.
Il nuovo governatore dello Stato, il democratico Andrew Cuomo, si è battuto a favore della riforma senza riserve, compattando i ranghi del suo partito e incassando già il sì della Camera. Con il voto favorevole alla legalizzazione anche al Senato, New York diventa il sesto Stato Usa, e di gran lunga il più popoloso, a ratificare le nozze gay: legali alla stregua del matrimonio eterosessuale. Una sconfitta per la Chiesa cattolica, potente a New York in particolare tra le comunità italo-americane, irlandesi e polacche. La conferenza dei vescovi si era battuta contro, fino all’ultimo. Ma i fautori della parità per i gay hanno spostato alcuni consensi decisivi anche nelle comunità dei credenti, grazie a una concessione importante: il diritto all’obiezione di coscienza per tutti quei religiosi che vorranno astenersi dal celebrare nozze gay: in base alla legge possono farlo senza esporsi a sanzioni legali.
Il matrimonio gay fino a ieri era legale negli Stati del Massachusetts, Connecticut, Vermont, New Hampshire, Iowa, oltre che nella capitale federale Washington. Con l’aggiunta di New York la popolazione di questi Stati arriva al 10% del totale degli Stati Uniti.
Dietro i cambiamenti legislativi c’è una profonda evoluzione nel costume e nelle convinzioni: secondo l’ultimo sondaggio Gallup ormai il 53% degli americani è favorevole alla legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Sul fronte legislativo è da più di un decennio che imperversa la battaglia sui matrimoni omosessuali, diventati un punto di scontro tra due culture e due visioni etiche alla pari dell’aborto. La legalizzazione ha conosciuto avanzate e battute d’arresto, tra voti nelle assemblee legislative degli Stati, referendum e sentenze dei tribunali. Le chiese protestanti si sono spaccate su questo tema. Barack Obama, pur senza pronunciarsi apertamente in favore, ha fatto una cauta apertura in direzione della legalizzazione: nel febbraio 2011, con una svolta nella politica della Casa Bianca, ha ordinato al suo dipartimento di Giustizia di non difendere più il Marriage Act di fronte ai ricorsi in tribunale. Poiché il Marriage Act è la legge che mette al bando i matrimoni fra omosessuali, la decisione di Obama ha messo per la prima volta il governo federale in una posizione di non interferenza.
A livello federale i repubblicani, che hanno la maggioranza alla Camera, hanno più volte annunciato di voler mettere al bando i matrimoni gay, che tuttavia sono considerati per lo più una questione di competenza dei singoli Stati. Una battuta d’arresto a sorpresa si era verificata in California nel novembre 2008, quando un referendum popolare abrogò i matrimoni gay già legalizzati.
* la Repubblica, 25 giugno 2011