Il Papa in una parrocchia romana evoca la figura del demonio. Gli scenari delineati nel nuovo Catechismo
"Non se ne parla ma l’Inferno c’è"
Ratzinger: pene eterne per chi non si pente
di ORAZIO LA ROCCA *
CITTÀ DEL VATICANO - "L’Inferno esiste ed è eterno, anche se non ne parla quasi più nessuno". Papa Ratzinger torna a rilanciare il luogo della dannazione eterna evocato da secoli dalla tradizione cristiana, declassato, però, negli ultimi tempi ad argomento di serie b nell’immaginario collettivo del popolo dei credenti.
Il posto scelto per ribadire l’attuale "pericolosità" di Satana non è la scenografica basilica di San Pietro, ma una anonima parrocchia della periferia romana - la chiesa di Santa Felicita e Figli Martiri della borgata di Fidene - visitata ieri mattina da Benedetto XVI nella sua veste di vescovo di Roma.
Nell’omelia, come un vecchio parroco, il pontefice tiene una ferma lezione di teologia partendo dal significato del "perdono cristiano così come ci è stato insegnato nel Vangelo attraverso la parabola dell’adultera", la donna salvata dalla lapidazione dalla famosa frase "chi è senza peccato scagli la prima pietra" rivolta da Gesù ai suoi accusatori. Uno dei più noti episodi evangelici dal quale il Papa parte per mettere in guardia i cattolici dalle "insidie" del demonio "se non si pentiranno dei peccati e non chiederanno il perdono divino".
"La fede cristiana - è il ragionamento di Ratzinger - è un annuncio, una offerta all’uomo, mai una imposizione". Ogni persona - "se vuole", sottolinea il Pontefice - può "accettarla spontaneamente" con "tutta la sua carica salvifica che ci viene da Dio, il nostro Padre misericordioso che è sempre pronto ad aiutarci, ad accoglierci, anche quando sbagliamo". "Perdono e salvezza divina" intesi, quindi, come "doni" che ogni uomo nel corso della sua vita ha la possibilità di accettare, a patto che - avverte Ratzinger - "ammetta le sue colpe e prometta di non peccare più".
E quanti continuano a peccare senza mostrare nessuna forma di pentimento? Per questi - rammenta Benedetto XVI - la prospettiva è la dannazione eterna, l’Inferno, perché "l’attaccamento al peccato può condurci al fallimento della nostra esistenza".
jTragico destino che spetta a chi "vive nel peccato senza invocare Dio" perché - è la spiegazione del Papa - "solo il perdono divino ci dà la forza di resistere al male e non peccare più". Ecco perché Benedetto XVI ricorda, a conclusione dell’omelia nella parrocchia periferica romana, che "Gesù è venuto per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l’Inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore".
Si tratta - in sostanza - degli stessi scenari previsti nel Compendio del nuovo Catechismo della Chiesa cattolica alla voce Inferno firmato da Ratzinger poco tempo dopo la sua elezione pontificia. L’Inferno - vi si legge tra l’altro - "consiste nella dannazione eterna di quanti muoiono per libera scelta in peccato mortale" e "la pena principale dell’Inferno sta nella separazione eterna da Dio". Su questo insegnamento si è sempre mosso il teologo Joseph Ratzinger, sia da vescovo che da cardinale. In perfetta sintonia con papa Wojtyla, che durante il suo lungo pontificato in più occasioni ha invitato i cattolici "a pregare Dio perché nessuno sia o vada all’Inferno", spiegando che al luogo della dannazione eterna sono destinati coloro i quali "usano male la libertà offerta loro da Dio". Ma uno dei più grandi teologi del secolo scorso, Urs Hans von Balthasar, ha teorizzato che "l’Inferno c’è, ma potrebbe anche essere vuoto" perché "la misericordia di Dio è infinita come il suo perdono".
* la Repubblica, 26 marzo 2007
Sul tema, nel sito, si cfr.:
GUARIRE LA NOSTRA TERRA: VERITÀ E RICONCILIAZIONE. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro Abramo"
MAGISTERO DI BENEDETTO XVI: DEUS CARITAS EST, 2006: L’errore più grande (un "diabolico" perseverare nell’errore da duemila anni!!!) è quello di continuare a "pontificare" sull’Amore, come "Caritas" senza acca!!!
Testimonianze di esorcisti, confessioni di ex posseduti, saggi di demonologia: in libreria torna l’interesse per Belzebù.
Ma quale spazio ha il Principe del Male nella teologia e nella predicazione?
Parlano gli esperti: «Serve equilibrio, evitiamo censure nelle omelie e non enfatizziamo la paura»
Fiori: «Prevale la divulgazione» Biscontin: «Corsi appositi nei seminari» Dianich: «Meglio parlare di Cristo liberatore»
DI LORENZO FAZZINI (Avvenire, 03.03.2010)
Avvertenza: faciloni astenersi da lettura. Perché chi pensa che il diavolo non esista dovrebbe rispolverare Charles Baudelaire: «La più grande astuzia del demonio è far credere che egli non esiste». Ma che fine ha fatto il Maligno nella teologia e nella predicazione? Tra gli scaffali Belzebù si è - in maniera variegata - ripresentato. Si trovano testimonianze di chi, per missione, si occupa di spiriti maligni. Memorie di un esorcista (Piemme) è il nuovo titolo di padre Gabriele Amorth, intervistato da Marco Tosatti. Matt Baglio, cronista americano, ha da poco dato alle stampe Il Rito. Storia vera di un esorcista di oggi (Sperling&Kupfer). Gino Oliosi, esorcista di Verona, ha spiegato Il demonio come essere personale (Fede&Cultura). Io combatto il demonio gli fa eco don Ferruccio Sutto (Biblioteca dell’Immagine). Sutto afferma che in 13 anni ha ricevuto dal Triveneto 9 mila persone «che ritenevano di essere oggetto di attenzioni da parte di Satana ». Recente è l’agghiacciante resoconto A tu per tu con il diavolo. Una famiglia perseguitata dal maligno (San Paolo), opera di due autori anonimi. Più spirituale San Francesco di Sales e la sua lotta contro il diavolo di Gilles Jeanguenin (Paoline). Oggi sono circa 300 gli esorcisti in Italia: al Pontificio Ateneo Regina Apostolurum di Roma vi è un corso per allontanatori del Principe delle tenebre; proprio oggi a Palermo si apre un corso per esorcisti in Sicilia.
C’è chi del demonio si occupa scientificamente. Come padre Moreno Fiori, domenicano, specialista in satanismo, il cui ultimo lavoro è Spiritismo, satanismo, demonologia, edito da Aleph. Ed è Fiori, residente a Cagliari, a dar fuoco alle polveri: «La maggior parte dei libri recenti sulla demonologia non si possano ritenere di rilevante valore scientifico e di indiscutibile incidenza teologica». Come mai? «Molte di queste pubblicazioni sono di carattere divulgativo, con uno scarso apparato critico e una bibliografia spesso abborracciata. In alcuni casi poi, per esempio il teologo specializzato in demonologia Josè Antonio Fortea, redige il suo Trattato di Demonologia più completo al mondo (sic!) senza una nota critica né un riferimento al Magistero o ad opere precedenti. Il Trattato è presentato come un ’libro che ci trasporta, in pieno XXI secolo, nell’universo ancestrale della possessione diabolica e ci insegna come affrontare e sconfiggere la parte più tenebrosa della Creazione’. Come ritenere un’opera simile un trattato scientifico?».
Ma parlare del diavolo «fa male» alla fede? «Le pubblicazioni divulgative sul diavolo, demoni, possessioni ed e- sorcismi, possono fuorviare i lettori meno attenti e più semplici dal depositum fidei tramandato dal Magistero. Alcuni scritti contengono affermazioni contrarie alla dottrina della Chiesa: ad esempio la negazione dell’essere personale del diavolo, l’esasperazione del suo potere sull’uomo e nel mondo insinuano, con tale pandemonismo, perniciose credenze superstiziose che ingenerano paure».
Colpa del silenzio dal pulpito? Ovvero: quale prete parla del diavolo in un’omelia? «È vero, non si affronta questo tema che crea imbarazzo. Oppure lo si approccia in maniera retrò, non più consona al nostro tempo». Don Chino Biscontin, docente di omiletica alla Facoltà teologica del Triveneto, è esplicito nel mettere in guardia da due estremi: «Negare l’esistenza del diavolo a causa della difficoltà postmoderna di pensarlo. Ed evitare una religione dualista per cui vi è una divinità maggiore, Dio, e una minore, il diavolo, con la sua autonomia. E invece il maligno, dopo la resurrezione di Cristo, non possiede l’autonomia di prima». Ma perché parlare di più del Maligno? «Per un guadagno: si possono sgravare le spalle degli uomini dalla responsabilità del male del mondo».
Don Biscontin suggerisce un’idea: «Nell’iter teologico di formazione dei futuri preti l’insegnamento sul diavolo andrebbe reso autonomo, mentre oggi è inserito nell’antropologia teologica. Così i predicatori di domani eviteranno di dire fesserie». Ma in una predica come spiegare che il diavolo opera? «Quando si sente di adulti che schiavizzano i bambini come soldati in Africa, se si pensa alla violenza gratuita della guerra nei Balcani, in questo vedo il diavolo in azione come una forza più grande degli uomini». Don Severino Dianich, tra i più noti teologi italiani, evidenza che «a livello teologico oggi la presentazione sul diavolo è corretta. Invece è squilibrata nell’opinione pubblica, dove tale interesse è cresciuto molto: esorcismi, esoterismo e mistero aggrovigliano molte persone, e questo è un serio problema». Dianich boccia l’ipotesi di corsi teologici ad hoc sul diavolo: «Si darebbe un’importanza sproporzionata a questo tema ».
Secondo don Dianich sono due le necessità impellenti: «Un’interpretazione teologica che butti acqua sul fuoco: bisogna parlare più di Dio che in Cristo ci ha liberati dal diavolo». E poi? «È necessaria una certa critica a questa tendenza esoterica, che alla fine è un dato gnostico: rappresenta un allontanamento dalla cristologia storica del fatto-Gesù».
IL MAGISTERO
IL MALIGNO SECONDO TRE PAPI
Gli ultimi pontefici hanno affrontato il tema di Satana, non disdegnando affermazioni politicamente scorrette in una società dove il male viene reso impalpabile.
Paolo VI nel 1972 pronunciò parole molto precise: «Il male non è più solo una deficienza, ma un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore».
Giovanni Paolo II dedicò alcune catechesi all’aldilà nel luglio 1999 e disse: «L’inferno è il rifiuto definitivo di Dio».
Mentre da teologo Joseph Ratzinger descriveva così Satana: «È un essere personale al modo della nonpersona ».
E divenuto Papa, dialogando coi parroci di Roma nel 2009, ha affermato: «Questo sarebbe l’inferno: coloro che non hanno più in se stessi un minimo di capacità di amare». (L. Fazz.)
"Il Diavolo abita anche in Vaticano"
Padre Amorth, l’esorcista più famoso del mondo, racconta la sua lotta contro il maligno. -E rivela: "Si è infiltrato anche in Vaticano"
di Marco Ansaldo (la Repubblica, 10.03.2010)
Beelzebul, Zago, Astarot, Asmodeo, Jordan. Quanti sono i nomi e le trasformazioni del Maligno? La stanza del mistero è spoglia. L’atmosfera fredda. Però padre Gabriele Amorth, l’Esorcista con la "e" maiuscola, settantamila casi affrontati in nemmeno 25 anni, sorride serafico. Lui è abituato a porte che sbattono, sedie che si rovesciano, occhi che roteano, bestemmie che volano. Ma parlare di demonio nella casa del Papa mette i brividi lo stesso. Anche se l’Esorcista non si tira indietro di fronte all’Avversario. E il Santo Padre? «Oh, Sua Santità crede in pieno nella pratica dell’esorcismo. Perché il diavolo alberga in Vaticano. Naturalmente è difficile trovare le prove. Ma ho confidenze di persone che lo confermano. E, del resto, se ne vedono le conseguenze. Cardinali che non credono in Gesù, vescovi collegati con il demonio. Quando si parla di "fumo di Satana" nelle Sacre stanze è tutto vero. Anche queste ultime storie di violenze e di pedofilia».
Beelzebul, Zago, Astarot, Asmodeo, Jordan. Quanti sono i nomi e le trasformazioni del Maligno? La stanza del mistero è spoglia. L’atmosfera fredda. Però padre Gabriele Amorth, l’Esorcista con la "e" maiuscola, settantamila casi affrontati in nemmeno 25 anni, sorride serafico. Lui è abituato a porte che sbattono, sedie che si rovesciano, occhi che roteano, bestemmie che volano. Ma parlare di demonio nella casa del Papa mette i brividi lo stesso. Anche se l’Esorcista non si tira indietro di fronte all’Avversario.
Ha guardato in faccia il diavolo. O almeno le sue incarnazioni terrene. Padre Gabriele Amorth ha affrontato 70 mila indemoniati (veri o presunti) in 24 anni di esercizio. "Il Papa crede in questa pratica" assicura. Anche perché "il Maligno alberga in Vaticano, e se ne vedono le conseguenze" Un esempio? Le ultime storie di pedofilia Il sacerdote, che lavora a Roma, è il più famoso "liberatore di anime" al mondo "Il nostro compito principale è affrancare l’uomo, soprattutto dalla paura di Satana" "Il 90 per cento delle vessazioni diaboliche è la conseguenza di malefici" "La notte di Natale il Nemico ha provato a colpire Ratzinger cercando di buttarlo a terra"
E il Santo Padre? «Oh, Sua Santità crede in pieno nella pratica della liberazione dal Male. Perché il diavolo alberga in Vaticano. Ho confidenze di persone che lo confermano. Naturalmente è difficile trovare le prove. E, comunque, se ne vedono le conseguenze. Cardinali che non credono in Gesù, vescovi collegati con il demonio. Quando si parla di "fumo di Satana" nelle Sacre stanze è tutto vero. Anche queste ultime storie di violenze e di pedofilia. Anche la vicenda di quella povera guardia svizzera, Cedric Tornay, trovata morta con il suo comandante, Alois Estermann, e la moglie. Hanno coperto tutto. Subito. Lì si vede il marcio».
Tutti lo conoscono come l’Esorcista. Molti ne chiedono l’assistenza. Perché Gabriele Amorth, sacerdote paolino nato a Modena, laureato in Giurisprudenza, ex partigiano, medaglia al valor militare, democristiano di scuola dossettiana ed ex direttore del giornale mariano Madre di Dio, è il più famoso liberatore del demonio al mondo.
Ma a 85 anni settantamila casi si fanno sentire. E don Amorth è appena convalescente. «Da un improvviso crollo», dice lui. «Un qualcosa di inspiegabile», rivela confidenzialmente l’amico don Francesco che, a 90 anni, don Gabriele considera come «il bastone della mia vecchiaia». Sebbene sia in pigiama, attorniato dalle medicine sul tavolo, da immagini della Madonna, da una copia di Avvenire che accenna al suo nuovo libro da poco in libreria ("Memorie di un esorcista", intervista di Marco Tosatti, edito da Piemme), lo sfidante di Satana mostra un piglio energico. Osserva la propria foto in copertina ed esclama: «Che faccia da bulldozer. Invece, quando sono tranquillo, i tratti del mio volto si distendono e divento un altro. Forza, parliamo, che di là ho dei casi che mi aspettano».
Padre Amorth, com’è il diavolo? «È puro spirito, invisibile. Ma si manifesta con bestemmie e dolori nelle persone di cui si impossessa. Può restare nascosto. O parlare lingue diverse. Trasformarsi. Oppure fare il simpatico. A volte mi prende in giro. Io però sono un uomo felice del mio lavoro, una nomina inaspettata giunta 25 anni fa dal cardinale Poletti. E né gli indemoniati, che a volte sei o sette dei miei assistenti devono tener fermi, né i chiodi o i vetri che escono dalla bocca dei posseduti, e conservo in questo sacchetto, mi spaventano. So che è il Signore a servirsi di me».
Il Maligno può manifestarsi con violenza. Nella stanza prescelta - padre Amorth ha girato 23 sedi diverse, cacciato ovunque perché i confratelli erano stufi di sentire urla fino a tarda sera, finché non ha trovato stabile dimora nel quartier generale delle edizioni San Paolo - c’è un lettino con le corde per legare l’indemoniato. E una poltrona per le persone che non urlano, e stanno tranquillamente sedute durante le preghiere di esorcismo. «Dalla bocca può uscire di tutto - racconta - pezzi di ferro lunghi come un dito, ma anche petali di rosa. Certi posseduti hanno una forza tale che nemmeno sei uomini riescono a trattenerli. Così vengono legati. Mi aiutano i miei assistenti laici, che pregano con me. Quando gli ossessi sbavano, e allora bisogna pulire, lo faccio anch’io. Vedere la gente vomitare non mi dà nessun fastidio».
Sulla pratica dell’esorcismo, dentro la Chiesa, esistono opinioni diverse. Diffidenze. Resistenze. Dubbi. «Ma il Papa ci crede - ribadisce padre Amorth - tanto è vero che in un discorso pubblico ha incoraggiato e lodato il nostro lavoro. Gli ho scritto, e mi ha promesso che chiederà alla Congregazione per il Culto divino un documento per raccomandare che i vescovi abbiano almeno un esorcista in ogni diocesi, come minimo. Ho avuto modo di parlargli più volte anche quando era prefetto alla Congregazione per la Dottrina della fede, ci ricevette proprio come Associazione degli esorcisti. E non scordiamo che, sia del diavolo sia delle pratiche per allontanarlo, parlò moltissimo lo stesso Wojtyla». Alcuni, addirittura, ricordano ancora la dichiarazione fatta nel 1972 da Papa Montini, quando Paolo VI parlò del "fumo di Satana", cioè delle sètte sataniche, entrato nelle Sacre stanze. Una frase che creò un caso, seguito da un nuovo discorso papale tutto incentrato sul demonio.
Ma il Maligno può colpire anche il Pontefice? «Ci ha già provato. Lo fece nel 1981, con l’attentato a Giovanni Paolo II, lavorando su coloro che armarono la mano di Ali Agca. E anche adesso, la notte di Natale, con quell’ultima matta che ha buttato per terra Benedetto XVI. In fondo, è quel che accadde a Gesù attraverso Giuda, Ponzio Pilato, il Sinedrio». Don Amorth si fa serio. Riflette in silenzio per qualche secondo, alza la testa e dice gravemente: «Altroché. Altroché se il demonio alberga nella Santa Sede. C’è un volume, "Via col vento in Vaticano" (Kaos edizioni, ndr), che parla appunto delle lotte di potere in Curia e del "fumo di Satana". Bene, il 99 per cento di quel che è scritto lì è vero. I vescovi non parlano per timore di critiche di altri vescovi. E sì che su questo tema le Sacre scritture sono le più salate, perché i comandi di Gesù appaiono molto chiari: "Andate, predicate il Vangelo, cacciate i demoni". Secondo me, quando un vescovo non nomina l’esorcista commette un peccato mortale».
Tante le figure di santi che, senza esserne investiti, erano noti come liberatori dal demonio. San Benedetto, che era un monaco. Santa Caterina da Siena, di cui si narrano effetti portentosi. Padre Pio, che secondo i fedeli liberava dall’influenza del maligno. Pure Don Bosco occasionalmente si prestava. «Io lavoro sette giorni su sette, Natale e Pasqua compresi - dice don Gabriele - e non posso materialmente correre ovunque mi chiamano. Perciò spiego a tutti che anche i laici possono operare esorcismi con successo. È scritto in Marco, XVI, 17: "Coloro che credono in me cacceranno i demoni". Ci sono formule ufficiali. Si può dire: "Satana, vattene". Ma c’è anche molta libertà, con preghiere semplici: il Padre Nostro - che contiene già in sé un esorcismo: "e liberaci dal Male" - l’Ave Maria, il Salve Regina, il Credo. Poi raccomando le orazioni quotidiane, la messa, il rosario, la confessione, la comunione, il digiuno».
Un tema, quello della figura antitetica al Messia, che per altri aspetti muove fior di scienziati. L’altro ieri a Roma, nei locali della Sapienza prima e in quelli dell’Università Roma Tre più tardi, si è svolto un convegno dal titolo "L’ultimo nemico di Dio". Cioè l’Anticristo, il personaggio che incarna l’avversario della divinità, presente nell’immaginario giudaico e cristiano relativo agli ultimi tempi del mondo. Approccio scientifico, impronta storica, studiosi di calibro internazionale: Enrico Norelli, Jean-Daniel Kaestli, Marco Rizzi, Gian Luca Potestà, Alberto D’Anna.
«Il ruolo della figura dell’Anticristo - spiegava al pubblico la docente Emanuela Valeriani, una dei coordinatori dell’evento - a prescindere dalle diverse posizioni assunte dagli studiosi, è senza dubbio un tassello tematico fondamentale all’interno del grande mosaico degli studi relativi all’identità cristiana. L’attenzione alla strana e, diciamo pure, spettacolare fisionomia dell’Anticristo è un tema ben rappresentato nelle apocalissi cristiane di epoca più tarda, contribuendo all’elaborazione anche leggendaria di questa figura escatologica. La prima testimonianza si trova in un’opera del III secolo, "Il Testamento siriaco del nostro Signore Gesù Cristo". Ma se, in linea generale, il terribile aspetto dell’Anticristo si può ricondurre alla tradizione precedente al cristianesimo, che identifica l’avversario escatologico con esseri mostruosi, nel caso specifico del nostro testo, esso assume una rilevanza teologica derivante dal confronto con la visione di Dio. Se prendiamo la sezione degli "Acta Iohannis", un testo scritto probabilmente nel secondo secolo, vediamo che lì si afferma che Gesù può essere visto sotto diverse forme (bambino, giovane adulto, vecchio) e apparire contemporaneamente anche a più testimoni».
Nella sua stanza al terzo piano della sede paolina, padre Amorth si prepara ad affrontare il Nemico nell’ennesimo caso difficile. Ma il diavolo chi sceglie di colpire? «Non lo sappiamo - risponde - eppure al 90 per cento le vessazioni diaboliche sono conseguenze di malefici, cioè sono causate da persone che per vendetta o per rabbia si rivolgono a maghi e occultisti legati a Satana i quali, pagati profumatamente, si attivano per far intervenire il maligno. È dunque la cattiveria degli uomini a chiamare il Male. Un’ultima cosa: il diavolo non è così diffuso. Quando c’è, è doloroso. E noi interveniamo. Ma il compito principale dell’Esorcista è uno solo: liberare l’uomo, soprattutto dalla paura del demonio».
di Giancarlo Zizola (la Repubblica, 10.03.2010)
Negli ultimi anni la dottrina cattolica sull’esistenza del diavolo è stata messa in dubbio da più di un teologo. Urs Von Balthazar diceva di credere nell’Inferno ma anche che lo riteneva vuoto. E Borges azzardava che forse i teologi, che avevano esagerato i vantaggi del Paradiso non essendoci mai stati, non avrebbero potuto giurare che i reprobi all’Inferno fossero sempre infelici: come immaginare che una fabbrica così sadica, vendicativa e inarrestabile di tortura dei dannati, una Auschwitz eterna possa essere compatibile con l’idea cristiana di un Dio misericordioso? Il minimo che si esigeva dalla teologia era di rimodellare l’idea della Geenna, destinata ai malvagi.
Soprattutto tenendo in maggiore considerazione il ruolo di salvezza assegnato alla figura di Gesù: i Vangeli raccontano le sue lotte contro i demoni, ma anche le loro disfatte e le guarigioni operate sugli indemoniati. Il Credo cristiano dice che dopo morto egli scese tre giorni agli Inferi con altrettanta potenza liberatoria ma una lettura pigra di quell’evento sembra trattenerlo agli Inferi per molto più tempo.
La maggior parte dei biblisti pensa che non sia possibile, o comunque sia piuttosto rischioso, negare l’esistenza di spiriti maligni. Molti temono che una cerimonia troppo disinvolta di addio al diavolo potrebbe far parte della sua tattica. Citano Baudelaire: "L’astuzia più raffinata del diavolo è di persuadervi che non esiste". Il licenziamento teologico del diavolo produrrebbe l’insignificanza del male nei contemporanei ma questa censura non sembra abbia l’effetto di porre fine al suo evidente successo.
Nel 1972 Paolo VI è il primo a lamentare che il "fumo di Satana" si sia infiltrato da qualche fessura anche «nel tempio di Dio». Si rompe l’incantesimo post-conciliare su un approccio indiscriminato della Chiesa al mondo moderno. Il Papa reagisce a una interpretazione del dialogo con la cultura dei Lumi che potrebbe risolversi in una liquidazione delle soglie critiche della coscienza cristiana di fronte al mondo e dunque in una omologazione della Chiesa ai "poteri del male". Sulla stessa linea Wojtyla lancia dal Monte Gargano, mitico luogo di lotte anti-demoniache, la sfida ai cattolici a sguainare di nuovo la spada di San Michele Arcangelo «contro il dragone, il capo dei demoni, vivo e operante nel mondo».
I suoi segni non sono più le corna, il piede caprino, l’odore dantesco di zolfo ma «consumismo, sfruttamento disordinato delle risorse naturali, voglia sfrenata di divertimento, individualismo esasperato». Negli stessi anni il cardinale Ratzinger ricorda «a certi teologi superficiali» che il diavolo è per la fede cristiana «una presenza misteriosa ma reale, personale, non simbolica, una realtà potente, una malefica libertà sovrumana opposta a quella di Dio». Rivendica al cristianesimo di avere introdotto in Occidente «la libertà dalla paura dei demoni» ma teme che «se questa luce redentrice di Cristo dovesse spegnersi il mondo con tutta la sua tecnologia ricadrebbe nel terrore e nella disperazione». Segnali di ritorno di forze oscure, secondo il futuro Papa, sono i culti satanici in aumento nel mondo secolarizzato, l’espansione del mercato della pornografia e della droga, «la freddezza perversa con cui si corrompe l’uomo, l’infernale cultura che persuade la gente che il solo scopo della vita siano il piacere e l’interesse privato».
Sono i primi tentativi della dottrina cattolica per far uscire la descrizione del diavolo da un linguaggio tradizionale ormai incomprensibile dalla stragrande maggioranza dei contemporanei. Il diavolo esiste ma assume le nuove forme delle ingiustizie e delle alienazioni. Il suo teatro non è solo il cuore umano ma anche la struttura sociale. Un teologo come Bernard Haring raccomandava molta cautela considerando il modo fantasioso con cui era stata riprodotta la dottrina sul diavolo: «Oggi lo psichiatra si mostra competente nella maggior parte dei casi nei quali si usava far intervenire l’esorcista - dice -. La Scrittura non conosce quel tipo di discorso alienante sul diavolo che è stato coltivato nei secoli dai cristiani delle diverse Chiese sotto l’influsso di culture in cui si realizzava una spaventosa alienazione». E Karl Barth rispondeva a chi chiedeva se dubitasse del diavolo: «Esiste pure quella bestia. Ma quando interviene la fede in Cristo mette la coda tra le gambe e non si fa più vedere».
Incontro tradizionale del Pontefice con i parroci di Roma nel periodo penitenziale "Nei giorni che precedono Pasqua serve silenzio per riaprire il nostro cuore"
Papa Ratzinger: "L’inferno esiste
In Quaresima digiuno dai media" *
ROMA - L’inferno esiste e non è vuoto. Benedetto XVI lo riafferma nel tradizionale incontro di inizio Quaresima con i parroci romani, sottolineando che la salvezza non è automatica, non arriverà per tutti, e l’inferno è una possibilità reale. Il papa teologo ha anche avanzato una proposta: se il periodo che precede la Pasqua deve essere di digiuno dal cibo, lo sia anche dalle parole e dai media. "Abbiamo bisogno di uno spazio senza il bombardamento permanente delle immagini, di crearci spazi di silenzio e anche senza immagini, per riaprire il nostro cuore all’immagine vera e alla parola vera".
E’ durato un’ora e quaranta minuti l’incontro del Papa con il clero di Roma. I parroci hanno rivolto al pontefice diedi domande a cui Ratzinger ha risposto secondo lo schema di una conversazione. Sulla Quaresima, "tempo di digiuno e penitenza iniziato ieri", papa Ratzinger ha invitato ad estendere il digiuno anche ai media: "Serve un digiuno dalle immagini e dalle parole. Abbiamo bisogno di un po’ di silenzio. Abbiamo bisogno di uno spazio senza il bombardamento permamente delle immagini, di crearci spazi di silenzio per riaprire il nostro cuore".
Era stato il teologo svizzero Urs Von Balthasar, grande amico oltre che collega di Ratzinger, a ipotizzare che l’inferno fosse vuoto. Ribadendo un concetto che espresse anche recentemente durante la visita alla parrocchia Santa Felicita nella periferia romana, Benedetto XVI ha ripetuto oggi, con parole ferme e chiare, la verità sulla punizione eterna: l’inferno c’è.
Rispondendo a un sacerdote che gli chiedeva della necessità, per la Chiesa, di tornare a parlare delle "cose ultime", come peccato, inferno, vita dopo la morte, papa Ratzinger ha detto che non bisogna dare per scontato che la salvezza sia una cosa gratuita e che ’’non tutti ci presenteremo uguali al banchetto del Paradiso’’ ma sarrano anzi invece molti quelli che dovranno purificarsi. Citando la sua ultima enciclica Spe Salvi, il pontefice ha ricordato infatti la realtà del Giudizio ultimo e, a questo proposito, ha accennato ai totalitarismi del XX secolo che, volendo cambiare solo il mondo, hanno rischiato di distruggerlo: "Chi non lavora per il paradiso non lavora neanche per il bene degli uomini sulla terra: nazismo e comunismo che volevano cambiare solo il mondo, lo hanno distrutto".
* la Repubblica, 7 febbraio 2008.
Lungo il Novecento: banalità del male e profondità del bene *
di Goffredo Fofi (Avvenire, 31.03.2007)
Subito dopo la seconda guerra mondiale, non sembra che siano stati molti i filosofi, romanzieri, teologi che si sono messi a riflettere a fondo sulla "questione del male", di cui si erano avuto episodi così massicci e tremendi: per gli esempi più estremi di tutti, Auschwitz e Hiroshima. Ricordo però certi testi di Jaspers, per esempio La bomba atomica e il destino dell’uomo, o di Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz, o di Jean Améry, Intellettuale ad Auschwitz, o di Albert Camus, La peste, e certe memorie come quella di Primo Levi Se questo è un uomo, e le poesie di Paul Celan, e certi pamphlet filosofici che erano come invocazioni a intervenire, come Essere o non essere di Anders. Questi libri non incisero molto, sul momento, per il motivo che, in anni di ricostruzione, si aveva fiducia nonostante tutto.
Negli ultimi tempi invece coloro che si interrogano sulla presenza del male nella storia e nell’uomo sono sempre più numerosi, e possiamo spiegarcelo pensando a un fattore nuovo e decisivo come la coscienza della possibile fine dell’uomo e delle civiltà che egli ha edificato. Non sono né un poeta né un filosofo e tanto meno un teologo (e forse è tra i teologi che l’argomento è stato affrontato con più rigore), ma posso ricordare alcune opere che, dopo quelle citate, mi hanno davvero sconvolto, come alcuni film, di Bresson soprattutto, o Sacrificio di Tarkovskij, o certi film di David Lynch, eccetera.
E segnalare alcune libri recentissimi. Per esempio il complesso e ampio saggio di François Fejto Dio, l’uomo e il diavolo, che ha per sottotitolo Meditazioni sul male nel corso della storia (traduzione di Andrea Fezzi Price, prefazione di Maurizio Serra, Sellerio, pagine 242, euro 16,00) che critica l’insistenza sul diavolo come un modo che ha l’uomo di scaricarsi dalle sue responsabilità. Un saggio provocatorio, fatto per essere discusso.
Più documentario e in qualche modo circoscritto è il saggio storico di Charles Liblau su I Kapo di Auschwitz (a cura di Frediano Sessi, traduzione di Camilla Testi, con una bella prefazione di Enzo Traverso, Einaudi, pagine 156, euro 10,00), che mi ha ricordato il bellissimo film di Andrzej Monk La passeggera, uno dei primi ad approfondire questa figura così inquietante. E segnalo infine, ma si potrebbe continuare, un piccolo libricino di Nottetempo, la lettera di Gershom Scholem e la risposta della Arendt (Due lettere sulla banalità del male, pagine 40, euro 3,00).
Alle critiche di Scholem la Arendt risponde che è a partire dal suo saggio sul processo Eichmann che si è cominciato a parlare di «banalità del male». La sua autodifesa è convincente in specie quando dice che «oggi, il mio parere è che il male non sia mai radicale, che sia solo estremo, e che non possieda né profondità né dimensione demoniaca. Esso può invadere tutto e devastare il mondo intero precisamente perché si propaga come un fungo... È qui la sua banalità». E poi aggiunge: «Solo il bene ha profondità e può essere radicale». C’è ancora di che discutere, oggi più che mai.
Il Papa abolisce il limbo: i bimbi non battezzati vanno in paradiso
Pubblicato un documento della Commissione teologica internazionale*
CITTA’ DEL VATICANO Il Papa abolisce ufficialmente il limbo. Dopo lunghi anni di studio, un documento della Commissione teologica internazionale pubblicato oggi, stabilisce che il limbo - il luogo che accoglie i bambini non battezzati - riflette una «visione eccessivamente restrittiva della salvezza». Ad anticipare il documento è l’agenzia dei vescovi americani, Catholic News, Cns.
Si tratta, per il Vaticano, di «un problema pastorale urgente», perchè il numero dei bimbi morti senza battesimo «è in aumento» e anche perchè in molti casi di troviamo di fronte a «vittime di aborti». Il documento era in discussione alla Commissione teologica dal 2004, quando era il cardinale Joseph Ratzinger a presiederla. È stato l’attuale presidente, il cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, a presentare al Papa il documento, lo scorso 19 gennaio. Benedetto XVI ha approvato il testo e ne ha autorizzato la pubblicazione.
Nel testo si spiega che «la misericordia di Dio vuole che tutti gli esseri umani siano salvati» e che «la Grazia ha priorità sul peccato». Il testo è di 41 pagine ed è intitolato «La speranza di salvezza per i bimbi che muoiono senza essere battezzati».
* La Stampa, 20/4/2007 (21:11)