[...] Parole di conforto, ma anche spunto di riflessione quelle scritte dall’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, in un libro che uscirà nei prossimi giorni dal titolo "Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito", edizioni Centro Ambrosiano, 24 pagine, 3 euro [...]
MILANO, FESTA DI SANT’AMBROGIO. TETTAMANZI: LA CITTA’ DEVE CAMBIARE ROTTA.
DIVORZIATI: CHIESA VI E’ VICINA
Anticipazioni del libro che sarà in libreria nei prossimi giorni
Roma, 20 gen. (Apcom) - Una ’Lettera agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione’ per fargli sapere che per la Chiesa sono "sorelle e fratelli amati e desiderati", che dalla Chiesa non sono guardati "come estranei che hanno mancato a un patto, ma che la Chiesa si sente partecipe delle domande che vi toccano intimamente".
Parole di conforto, ma anche spunto di riflessione quelle scritte dall’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, in un libro che uscirà nei prossimi giorni dal titolo "Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito", edizioni Centro Ambrosiano, 24 pagine, 3 euro.
Sul sito della diocesi di Milano sono presenti alcune anticipazioni della lettera nella quale l’arcivescovo si mette nei panni di chi sta per prendere, o ha già preso, una decisione comunque difficile: "Immagino che prima di questa decisione abbiate sperimentato giorni di fatica a vivere insieme - scrive il cardinale -, nervosismi, impazienze e insofferenza, sfiducia reciproca, a volte mancanza di trasparenza, senso di tradimento, delusione per una persona che si è rivelata diversa da come la si era conosciuta all’inizio. Queste esperienze, quotidiane e ripetute, finiscono con il rendere la casa non più luogo di affetti e gioia, ma una pesante gabbia che sembra togliere la pace del cuore". Poi, l’ammissione: "La Chiesa sa che in certi casi non solo è lecito, ma addirittura inevitabile prendere la decisione di una separazione: per difendere la dignità delle persone - scrive il cardinale - evitare traumi più profondi, custodire la grandezza del matrimonio, che non può trasformarsi in un’insostenibile trafila di reciproche asprezze".
Sul tema, nel sito, si cfr.:
MILANO, FESTA DI SANT’AMBROGIO. TETTAMANZI: LA CITTA’ DEVE CAMBIARE ROTTA.
VERONA 2006. PROLUSIONE DEL CARD. DIONIGI TETTAMANZI
"Deus caritas est": sul Vaticano, in Piazza San Pietro, il "Logo" del Grande Mercante
Tettamanzi, luci a Milano
di Aldo Maria Valli (Europa, 5 dicembre 2009)
Che cosa fa veramente grande una città? Forse le infrastrutture? Forse i grattacieli? Forse le opere d’arte? Certo, tutte queste cose sono necessarie per fare più bella e funzionale una città, ma per farla grande occorre altro. Occorre, precisamente, un’anima. E se la città in questione è Milano, occorre che riscopra le sue qualità universalmente riconosciute ma ormai piuttosto sbiadite: generosità e solidarietà.
La festa di sant’Ambrogio del sette dicembre è tradizionalmente il momento in cui l’arcivescovo di Milano si rivolge alla città con un messaggio a vasto raggio, e quest’anno il cardinale Dionigi Tettamanzi ha deciso di intitolarlo così: Milano torni grande con la sobrietà e la solidarietà, titolo che contiene sia l’obiettivo da porsi sia la strada da seguire per raggiungerlo.
Dice Tettamanzi: «Non possiamo stancarci di parlare di solidarietà, una solidarietà non a parole ma a fatti. La solidarietà è inseparabile dalla giustizia, ha una destinazione sociale. Alla sua radice ci sono sempre gli altri». Nessuno di noi può pensare di fare da solo. Sono principi certamente cristiani, ma il cardinale si premura di ricordare che sono principi anche costituzionali.
Tra i principi fondamentali della nostra Carta fondamentale viene infatti affermato il legame tra i «diritti inviolabili dell’uomo» e «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (articolo 2). È questo il patto sociale che mantiene in vita una città, e «qui è in gioco la giustizia!».
Ora per il cardinale la domanda è: Milano è una città solidale, all’altezza della sua tradizione? È, per esempio, solidale con i bambini che hanno bisogno di asili nido, scuole materne e parchi gioco? È solidale con i ragazzi che hanno bisogno di opportunità educative per prevenire il disagio? È solidale con i giovani nel momento in cui offre loro «un lavoro quasi sempre precario, quasi a voler sfruttare le loro necessità»? È solidale con le tante famiglie alle prese con problemi economici? È solidale con gli anziani «senza relazioni e prospettive per il futuro»? È solidale con gli immigrati «spesso confinati, per chiusura o rifiuto, nei propri gruppi etnici»?
Il cardinale non gira attorno alle parole. Milano offre ancora molti esempi di solidarietà, specie a opera del volontariato e della Chiesa, ma ciò che occorre è «una solidarietà che sia in grado di animare il corso delle istituzioni».
Un esempio calzante è il comportamento nei confronti dei nomadi: «La risposta della città e delle istituzioni alla presenza dei rom non può essere l’azione di forza senza alternative e prospettive, senza finalità costruttive».
Per Tettamanzi la solidarietà si costruisce nella sobrietà. «Nella nostra città c’è chi sta molto bene, mentre sempre più aumenta il numero di chi fa più fatica». La sobrietà «ci aiuta a costruire la giustizia», perché «agisce secondo la giusta misura, superando sempre eccessi e sprechi ». La sobrietà, in quanto istanza etica, non danneggia l’economia e non è contro il mercato, «ma è a favore di una realizzazione sapiente dell’economia perché mette al centro la persona e le sue esigenze vere ».
Milano ha davanti a sé un appuntamento importante, l’Expo 2015, il cui tema, Nutrire il pianeta, energia per la vita, si presta a una riflessione proprio sulla sobrietà. La sfida presuppone un ripensamento circa l’uso delle risorse e i modi di produrle e scambiarle. E bisogna partire proprio dalla città. Milano è conosciuta come la città del fare. La sobrietà può essere un modo per ridare sostanza a questo appellativo, «un risultato che si raggiungerà eliminando ciò che è vuota apparenza, spreco di risorse», perché si ha la sensazione che «si punti a campagne di comunicazione e immagine, nascondendo la consistenza dei problemi, più che alla loro soluzione e all’offerta di servizi efficienti».
Chi è chiamato a operare per gli altri, come l’uomo delle istituzioni, «deve essere sobrio per mettere al centro delle proprie attenzioni i problemi delle persone e per risolverli». Occorre «un sussulto di moralità e spiritualità nei nostri stili di vita». Milano è coinvolta in progetti di sviluppo che esigono grandi quantità di denaro «e per i quali sono possibili infiltrazioni di criminalità organizzata ». Per questo è urgente da parte di tutti «il rispetto di norme semplici, chiare ed efficaci», nel «confronto con la coscienza morale, la rettitudine nell’agire, la gestione corretta del denaro pubblico».
Lunedì in libreria la lettera «Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito»Tettamanzi scrive a separati e divorziati
«La Chiesa è vicina al vostro travaglio»
Il cardinale: «Non siete guardati come estranei. Non allontanatevi dalla vita di fede»
MILANO - Una lettera agli sposi «in situazione di separazione, divorzio o nuova unione». Per dire a quelli che hanno «il cuore ferito» che la Chiesa e la comunità cristiana hanno riguardo del loro «travaglio umano». A scriverla l’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi. Ventitrè pagine («Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito», tre euro, Centro Ambrosiano e sarà da lunedì in libreria) per dire che la fine del matrimonio «è anche per la Chiesa motivo di sofferenza e fonte di interrogativi pesanti» ma che non può essere motivo di esclusione. «Anche la Chiesa sa - scrive ad un certo punto Tettamanzi - che in certi casi non solo è lecito ma può essere addirittura inevitabile prendere la decisione di una separazione: per difendere la dignità delle persone, per evitare traumi più profondi, per custodire la grandezza del matrimonio, che non può trasformarsi in un’insostenibile trafila di reciproche asprezze».
«NON SIETE ESTRANEI» - Parole di conforto dunque per separati e divorziati «sorelle e fratelli amati e desiderati», che dalla Chiesa non sono guardati «come estranei che hanno mancato a un patto» dal momento che la comunità cristiana «si sente partecipe delle domande» che «toccano intimamente» queste persone. E infatti nella lettera Tettamanzi si rivolge anche a quanti «hanno fatto esperienza di qualche durezza nel rapporto con la realtà ecclesiale» e a queste persone in particolare il cardinale esprime il suo «dispiacere».
«FIGLI PROTAGONISTI INNOCENTI» - Tettamanzi avverte come necessario non «prendere decisioni affrettate» ma soprattutto dedica un passaggio ai bambini (e anche ai figli più grandi) che «sono spesso tra i protagonisti innocenti ma non meno coinvolti»: «Voglio raccomandare a tutti i genitori separati di non rendere la vita dei loro figli più difficile, privandoli della presenza e della giusta stima dell’altro genitore e delle famiglie di origine». Ma il porporato pone anche la domanda su che spazio c’è nella Chiesa per gli sposi che vivono la separazione, il divorzio e una nuova unione. E risponde che è per obbedienza alla parola di Gesù («il legame sponsale tra un uomo e una donna è indissolubile>) che la Chiesa «ritiene impossibile la celebrazione sacramentale di un secondo matrimonio dopo che è stato interrotto il primo legame sponsale» così come è impossibile «accedere alla comunione eucaristica».
«NON ALLONTANATEVI» - Ma «la norma della Chiesa non esprime un giudizio sul valore affettivo e sulla qualità della relazione che unisce i divorziati risposati. Il fatto che spesso queste relazioni siano vissute con senso di responsabilità e con amore nella coppia e verso i figli è una realtà che non sfugge alla Chiesa e ai suoi pastori»; insomma non c’è «un giudizio sulle persone e sul loro vissuto». La norma sull’accesso alla comunione, ricorda, non si riferisce ai coniugi separati nè a chi «ha dovuto subire ingiustamente il divorzio ma considera il matrimonio celebrato religiosamente come l’unico della propria vita». Però tutti possono partecipare alla vita della Chiesa, alla celebrazione eucaristica pur senza la comunione. E, anzi, chiude con un’esortazione: «chiedo a voi, sposi divorziati risposati, di non allontanarvi dalla vita di fede e dalla vita di Chiesa».
* Corriere della Sera, 20 gennaio 2008 (ultima modifica: 21 gennaio 2008)