[...] "In politica ci si scontra ma si rispetta l’arbitro e si rispettano le regole del campionato". Sottolinea la necessità nella politica italiana di "avere dei valori condivisi". Parlando all’università della Calabria, il presidente della Camera rileva: "Nella politica servono valori condivisi e la parola avversaria è tipica del gergo sportivo. Come in Milan-Inter o Roma-Lazio ci si scontra ma si rispettano l’arbitro e le regole del campionato" [...]
"PUBBLICITA’ PROGRESSO": L’ITALIA E LA FORZA DI UN MARCHIO REGISTRATO!!!
Il premier insiste: "Costituzione da cambiare e niente elezioni anticipate"
Il presidente della Camera Fini: "L’arbitro deve essere rispettato"
Berlusconi: "Ce l’hanno tutti con me Napolitano pensi alle toghe politicizzate"
ROMA - Berlusconi insiste. Dopo l’intervento al congresso del Ppe con le dure accuse alla Consulta e al capo dello Stato, da Bonn torna a mettere nel mirino la Costituzione, a polemizzare con Napolitano e a negare elezioni anticipate. Si parte dalla Costituzione: "E’ vecchia, la cambieremo". Poi tocca a Napolitano che aveva parlato di "attacchi violenti": "Semmai sono io a subirli, Napolitano pensi all’uso politico della giustizia contrario alla democrazia e alla libertà". Infine l’ipotesi elezioni anticipate che in molti attribuiscono al Cavaliere: "Non ci ho mai pensato".
Nel frattempo Gianfranco Fini, che ieri aveva bacchettato il premier, torna a parlare. "In politica ci si scontra ma si rispetta l’arbitro e si rispettano le regole del campionato". Sottolinea la necessità nella politica italiana di "avere dei valori condivisi". Parlando all’università della Calabria, il presidente della Camera rileva: "Nella politica servono valori condivisi e la parola avversaria è tipica del gergo sportivo. Come in Milan-Inter o Roma-Lazio ci si scontra ma si rispettano l’arbitro e le regole del campionato".
Berlusconi, però, non molla di un centimetro. Convinto di essere al centro di un attacco su più fronti, si sarebbe sfogato così con i giovani del Ppe incontrati ieri sera: "’Avete visto quante me ne hanno dette, me ne hanno dette di tutti i colori, me ne hanno dette dal presidente della Camera al presidente della Repubblica al presidente del Pd. Ce l’hanno tutti con me’’.
Toni diversi da quelli che Fini riserva alla platea dei giovani calabresi. Per il presidente della Camera la politica italiana "non è capace di vedere al di la del naso. E’ concentrata sul presente, attratta dal rischio di ripiombare in passati recenti o antichi con polemiche continue. Spesso è aspro confronto su cosa fare oggi, ma quasi mai riesce ad immaginare che cosa sarà domani. C’è un eccesso di propaganda e un deficit permanente di dibattito culturale".
Attorno a Berlusconi, invece, si schierano i fedelissimi. Che rilanciano le parole del premier. "E’ doveroso un riequilibrio tra i poteri dello Stato che rispetti la sovranità popolare" dice il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola. Mentre per Sandro Bondi, pur senza citarlo, replica a Fini: "Berlusconi ha aperto uno squarcio di verità. Alcune reazioni e precisazioni che sono scattate puntualmente anche oggi in Italia sono apparse molto discutibili e perfino provinciali".
Ma dall’opposizione il segretario del Pd Pierluigi Bersani avverte il Cavaliere: "Chi ha un consenso non diventa un padrone ma deve confrontarsi con altri poteri che sono istituzionali e costituzionali e deve rispettarli".
* la Repubblica, 11 dicembre 2009
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
"PUBBLICITA’ PROGRESSO": L’ITALIA E LA FORZA DI UN MARCHIO REGISTRATO!!!
Il videomessaggio di Fini *
Il discorso del presidente della Camera sulla vicenda della casa di Montecarlo: "Mai sfiorato da sospetti, se la casa è di Giancarlo Tulliani lascio la presidenza"
"Lo spettacolo offerto dalla politica è deprimente: non si parla dei problemi del paese. E’ stata un’ossessiva campagna giornalistica per costringermi alle dimissioni". Poi continua: "Io non urlo contro la magistratura. Ho chiesto a Tulliani di lasciare la casa e l’ho fatto con toni tutt’altro che garbati"
Fini conclude: "Per quanto mi riguarda, posso dire di avere la coscienza a posto"
* (Cliccare per ascoltare ->: la Repubblica, 25 settembre 2010.
CRISI PDL
Farefuturo attacca Berlusconi
"Solo slogan, editti e killeraggio"
Duro attacco della fondazione vicina al presidente della Camera: ci eravamo sbagliati sui casi Biagi, Luttazzi e Santoro. Della Vedova risponde al premier: "Nessuna campagna acquisti. Serve un accordo tra il premier e il presidente della Camera". L’apertura di Urso: ok alla giustizia tra i 4 punti programmatici, favorevoli anche un lodo per il premier. *
ROMA - Slogan, editti e killeraggio. E’ questa la vera natura del berlusconismo. L’affondo al presidente del Consiglio arriva dalla fondazione "Farefuturo". E sembra destinato ad animare la vigilia del vertice del Pdl di Palazzo Grazioli, che domani dovrà fare chiarezza sulle mosse future della maggioranza. "Nessuno ci potrà più convincere che il berlusconismo non coincida con il dossieraggio e con i ricatti, con la menzogna che diventa strumento per attaccare l’avversario e distruggerlo". E’ l’attacco della fondazione vicina al presidente della Camera, che sul suo periodico online accusa il berlusconismo di nutrirsi anche "di propaganda stupida e intontita, di slogan, di signorsì e di canzoncine ebeti da spot pubblicitario".
Ne esce completamente stravolto il giudizio sul presidente del Consiglio: "abbiamo difeso per anni Berlusconi, sperando nella sua capacità di spiccare il volo e diventare un grande politico, uno statista". Una decisione motivata con una certezza che oggi sembra crollare: "Berlusconi non era il caimano descritto dagli antiberlusconiani di professione; Berlusconi era un leader atipico ma liberale; Berlusconi non era uno da "editti bulgari"; certo, Berlusconi aveva tante questioni personali e aziendali (quante se ne potrebbero elencare) ma era comunque un leader con una sogno, una lucida follia; Berlusconi, insomma, non era come lo descrivevano i suoi nemici".
Così, continua l’articolo, "il pensiero corre agli eventi passati, all’editto contro Enzo Biagi, contro Daniele Luttazzi, contro Michele Santoro. Il pensiero corre ai sensi di colpa per non aver capito prima, per non aver saputo e voluto alzare la testa. E oggi che gli editti toccano da vicino, è fin troppo facile cambiare idea. Oggi ha ragione chi dice: perché non ci avete pensato prima? non c’è una risposta che non contempli un pizzico di vergogna. Un vergogna che, però, non prevede ora il silenzio, il ripetersi di un errore".
I finiani: il premier sbaglia strategia. Non ci sono i margini per una campagna acquisti ad personam. I finiani escludono che possa andare in porto l’operazione affidata ai suoi da Silvio Berlusconi 1, per convincere i parlamentari moderati di "Futuro e Libertà" a rientrare nei ranghi. La risposta degli uomini vicini al presidente della Camera è affidata oggi a al vicepresidente dei deputati di Fli, Benedetto Della Vedova. "Se Berlusconi pensa di affrontare la questione a settembre", dice il vicecapogruppo, "con una campagna acquisti ad personam tra i finiani ha sbagliato totalmente analisi e strategia".
Inutile anche ogni tentativo di di provare a dividere il gruppo. Della Vedova ci tiene a sottolineare che "non esiste nessuna possibilità di catalogare i finiani in falchi e colombe: c’è un gruppo compatto di parlamentari che insieme hanno reagito a ciò che è all’origine di tutta questa vicenda, l’espulsione di Fini e dei finiani in base ad un documento irricevibile e contraddittorio, per cui giocoforza abbiamo dovuto dare vita a nuovi gruppi parlamentari".
Se poi, ragiona Della Vedova, "il premier vuole perseguire la strategia dell’autoribaltone espellendo i finiani oltre che dal partito anche dalla maggioranza, lo fa a suo rischio e pericolo". Bocciata insomma l’ipotesi di un riassorbimento, che non passi da un nuovo patto tra i due leader, Berlusconi e Fini. "Questa sarebbe, appunto, una non-strategia. L’unica possibilità - spiega il vicecapogruppo Fli - è quella di un patto tra ex amici, che possa garantire qualche semestre di riforme all’Italia. Il resto sono chiacchiere. Bisogna sedersi al tavolo, oggi, con un attore in più, che è Futuro e Libertà".
I dubbi di Pisanu. Non è bastata una cena con il presidente del Consiglio a dissipare i dubbi di Giuseppe Pisanu sulla linea portata avanti dal Pdl nelle ultime settimane. Ai giornalisti che dopo i funerali del presidente emerito Francesco Cossiga, gli chiedevano se avesse cambiato idea, il presidente della Commissione Antimafia ha risposto: "Io sono molto testardo di mio e oltre tutto sono sardo: per farmi cambiare idea ci vuole moltissimo".
La lettera di Granata. Caro presidente recuperi me. E’ la provocazione contenuta in una lettera aperta scritta da Fabio Granata al premier. "Caro presidente Berlusconi, ho letto della sua volontà di recupero, sotto la sua ala magnanima e protettrice, dei ’finiani moderati’....A parte che lei (ed è la sua parte, mi creda, che maggiormente apprezzo) non è mai stato moderato in niente e riconoscendo in questo qualcosa che ci accomuna profondamente, so per certo che i moderati non le stanno simpatici neanche un pò. E allora, mi ascolti", scrive il vicepresidente della commissione Antimafia, "recuperi i falchi. Mi recuperi!". Nella lunga missiva il deputato di Fli indica tutta le mosse che dovrebbe fare il presidente del Consiglio per riconquistare il suo consenso: fondamentale, ovviamente, è chiedere scusa al presidente della Camera Gianfranco Fini.
Apertura a lodo per premier. Intanto da un altro degli uomini vicini al presidente della Camera, il viceministro allo Sviluppo Economico, Adolfo Urso, arriva un’apertura su uno dei fronti più "delicati" tra i due gruppi: la giustizia. "Noi non solo diciamo che potrebbe esserci ma che debba esserci anche la giustizia", dice Urso, "nel programma per rilanciare l’attività del governo". Nessuna preclusione anche a un nuovo lodo per la tutela del premier. "Una riforma sui tempi dei processi, assolutamente importante anche per gli investimenti esteri nel nostro Paese, e all’interno della riforma della giustizia certamente può esserci un capitolo che tuteli le più alte cariche dello Stato. Siamo favorevoli ad un lodo per il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio. Non pensiamo sia invece necessario per i ministri".
* la Repubblica, 19.08.2010
IL CASO
"Ecco come gli uomini del premier hanno manovrato la macchina del fango"
I finiani: mossi anche i Servizi. Hanno isolato otto questioni "decisive per capire" e il direttore del Secolo Perina le ha ordinate come se fossero domande. Il presidente della Camera ha avuto la certezza che la casa di Montecarlo non è del cognato
di GIUSEPPE D’AVANZO *
Ora, tra Berlusconi e Fini, tutto ritorna in alto mare. Come prima. Se è possibile, peggio di prima. Molto peggio. Va per aria la pace concordata per scrivere insieme una legge immunitaria costituzionale e quindi la road map che avrebbe consentito al governo di vivacchiare per lo meno fino ai primi mesi del 2012 quando il referendum confermativo avrebbe dovuto decidere il destino della legislatura. Che cosa è accaduto? Perché il presidente della Camera ha chiesto ai suoi "ambasciatori" Italo Bocchino e Giulia Bongiorno di chiudere ogni canale di comunicazione e trattativa con il ministro della Giustizia Alfano e l’avvocato del Cavaliere Ghedini? Quali evidenze hanno convinto Fini che quella trattativa politico-legislativa è una falsa trattativa, una trappola, soltanto un modo per temporeggiare in attesa che si concluda il character assassination; una parentesi tattica per dar modo agli "assassini politici" di concludere il lavoro sporco di demolizione di ogni affidabilità pubblica del co-fondatore del Popolo della Libertà? La risposta che si raccoglie negli ambienti vicini al presidente della Camera non è ambigua: "Fini ha qualche prova e la ragionevole certezza che le informazioni distruttive che ogni giorno vengono pubblicate da il Giornale e Libero, controllati dal presidente del Consiglio, sono fabbricate in un circuito che fa capo direttamente a Silvio Berlusconi".
Fini, nel pomeriggio di ieri, può dire ai suoi "ambasciatori" che quel che gli viene riferito, quel che gli viene mostrato, quel che ha accertato con indagini private non lascia spazio al dubbio. Gli uomini più esposti nell’aggressione riferiscono passo dopo passo del loro lavoro e delle loro mosse al Cavaliere. Che martedì, alla vigilia del titolo "Fini ha mentito, ecco le prove", ha incontrato Vittorio Feltri e Alessandro Sallusti, i "sicari" del Giornale, e ieri Amedeo Laboccetta, il parlamentare del Pdl, vecchio esponente napoletano di An, capace di "muovere le cose" nei Caraibi grazie all’influenza di Francesco Corallo. Altro nome chiave - Francesco Corallo - di questa storia. Figlio di Gaetano, detto Tanino, latitante catanese legato al boss di Cosa Nostra Nitto Santapaola, Francesco Corallo è nei Caraibi "l’imperatore di Saint Maarten", dove gestisce con attività collegate a Santo Domingo alberghi, un giornale, quattro casinò con l’Atlantis World, multinazionale off-shore, partner dei nostri Monopoli di Stato nel business (complessivamente 4 miliardi di euro) delle slot machines ufficiali. Le mani che s’intravedono nella "macchina del fango" che muove contro Fini da mesi sono di Berlusconi, Feltri, Angelucci (editore di Libero), Laboccetta (Corallo), dicono senza cautela gli uomini del presidente della Camera.
"Non è più il tempo della prudenza. Abbiamo sufficienti informazioni per poter ricostruire che cosa è accaduto e per responsabilità di chi". Gli uomini di Fini hanno isolato otto questioni "decisive per capire" e Flavia Perina, direttora del Secolo d’Italia, le ha ordinate come se fossero domande. "È vero, come ha scritto Libero che c’è un rapporto personale tra l’ex primo ministro di Santa Lucia e Silvio Berlusconi che "deve far tremare Fini" (nell’isola di Santa Lucia è registrata la società proprietaria dell’appartamento di Montecarlo affittato dal cognato di Fini, ndr)? È vero, come ha scritto il Giornale il 17 settembre scorso che sono stati inviati a Santa Lucia agenti dei Servizi e della Guardia di finanza, e chi li ha mandati? È vero che a Santa Lucia ci sono, e da tempo, inviati della testata di Paolo Berlusconi, il Giornale e del mondadoriano Panorama? E’ vero che la lettera di Rudolph Francis, con la dicitura "riservata e confidenziale" è stata fatta filtrare alla stampa estera attraverso un sito di Santo Domingo, località di residenza - guarda caso - di Luciano Gaucci? E’ solo una coincidenza che Gaucci sia la "mina vagante" della stagione dei talk show, indicato negli scorsi giorni come possibile ospite eccellente di Matrix, l’Ultima Parola e persino Quelli che il calcio? Cosa significa l’ambigua nota in coda alla lettera di Francis "le nostre indagini restano in corso in una prospettiva di una determinazione finale"? E ancora, come è immaginabile che il ministro di un paradiso fiscale giudichi "pubblicità negativa" la segretezza delle società off-shore, posto che essa è il principale motivo per cui il suo Paese sta in piedi? Dice niente a nessuno il fatto che l’attuale editore di El National, Ramon Baez Figueroa, sia anche proprietario di diverse reti televisive come Telecanal e Supercanal?".
Gli otto dubbi retorici consentono di ricostruire il puzzle che, benché ancora monco, Gianfranco Fini ha sotto gli occhi. Indagini private gli hanno confermato che Giancarlo Tulliani non è il proprietario dell’appartamento di Montecarlo. Sospiro di sollievo: il giovane cognato avrebbe sempre potuto mentirgli ostinatamente, e fino ad oggi. Con la certezza dell’estraneità di Tulliani, Fini ha potuto sistemare meglio le altre tessere del mosaico. Si è chiesto: ma è ragionevole che un’isola (Santa Lucia) che vive con la leva della sua legislazione offshore si dia da fare per svelare i nomi dei proprietari di una società registrata in quel paradiso fiscale? Un non-sense. Epperò perché il ministro di Giustizia scrive che è Tulliani il proprietario delle sue società sospette? Ma è vero che questo ha scritto quel ministro? E’ autentica quella lettera o su carta intestata (autentica) è stata sovrapposto un testo apocrifo?
La lettera se la sono rigirata a lungo tra le mani, ieri, Giulia Bongiorno e Italo Bocchino e hanno concluso che o la lettera è del tutto falsa o, anche se non lo è, non aggiunge nulla di nuovo a quel che si sa perché conferma che, secondo fonti monegasche, Giancarlo Tulliani è il "beneficiario dell’appartamento" che potrebbe voler dire soltanto che Tulliani è - bella scoperta, a questo punto - l’affittuario dell’immobile. Gianfranco Fini è apparso più interessato a ricostruire, con le informazioni che ha a disposizione, lungo quale canale e con quali protagonisti quella lettera manipolata si sia messa in movimento consapevole che il mandante dell’assassinio politico provochi la fuga di notizie rimanendo al di fuori della mischia. Dicono che sul tavolo intorno a cui Fini ha incontrato i suoi collaboratori sia rimasto a lungo un foglio, presto annotato con nomi, frecce, connessioni. Lo si può ricostruire così.
Uomini dei servizi segreti o della Guardia di finanza raggiungono Santa Lucia (la notizia è del Giornale). Devono soltanto sovrintendere che "le cose vadano nel verso giusto", che quel ministro di Giustizia dica quel che deve o fornisca le lettere con intestazione originale che necessitano. E’ stato lo stesso Silvio Berlusconi a predisporre le cose potendo contare sul "rapporto personale tra l’ex ministro di Santa Lucia e il nostro presidente del Consiglio". Un legame (notizia di Libero) che "deve far tremare Fini". Bene, viene confezionato il falso. Ora deve arrivare in Italia senza l’impronta digitale del mandante. Bisogna seguire le frecce sul foglio dinanzi a Gianfranco Fini. Da Santa Lucia la lettera farlocca (o ambigua) arriva su un sito e poi nelle redazioni di due giornali di Santo Domingo. Da qui afferrata come per una pesca miracolosa dal sito Dagospia. Ora - gli uomini di Fini chiedono - chi ispira Dagospia? Credono di saperlo. Anzi, dicono di saperlo con certezza: "Dagospia, sostenuto dai finanziamenti di Eni ed Enel, è governato nelle informazioni più sensibili da Luigi Bisignani, il piduista, l’uomo delle nomine delicate, braccio destro operativo di Gianni Letta dal suo ufficio di piazza Mignanelli". Da Dagospia l’informazione manipolata slitterà sulle prime pagine di Giornale e Libero. Che potranno dire: abbiamo rilanciato soltanto una notizia pubblicata dalla stampa internazionale.
Una menzogna che tace e copre e manipola quanto ormai è chiaro a tutti dal character assassination di Veronica Lario, Dino Boffo, Raimondo Mesiano, Piero Marrazzo e ancora prima di Piero Fassino. Il giornalismo, diventato tecnica sovietica di disinformazione, alterato in calunnia, non ha nulla a che fare con queste pratiche che non sono altro che un sistema di dominio, un dispositivo di potere. Uno stesso soggetto, Silvio Berlusconi, ordina la raccolta del fango, quando non lo costruisce. Dispone, per la bisogna, di risorse finanziarie illimitate; di direzioni e redazioni; di collaboratori e strutture private; di funzionari disinvolti nelle burocrazie della sicurezza, magari di "paesi amici e non alleati". Non ha bisogno di convincere nessuno a pubblicare quella robaccia. Se la pubblica da sé, sui suoi media, e ne dispone la priorità su quelli che influenza per posizione politica. È questa la "meccanica" che abbiano sotto gli occhi da più di un anno e bisogna scorgere - della "macchina" - la spaventosa pericolosità e l’assoluta anomalia che va oltre lo stupefacente e noto conflitto d’interessi. Quel che ci viene svelato in queste ore ancora una volta, con l’"assassinio" di Gianfranco Fini, è un sistema di dominio, una tecnica di intimidazione che minaccia l’indipendenza delle persone, l’autonomia del loro pensiero e delle loro parole. Il presidente della Camera sembra determinato a spezzare il gioco e, saltato il tavolo della non belligeranza, la partita appare soltanto all’inizio e sarà la partita finale.
* la Repubblica, 23 settembre 2010
Il governo "blinda" la manovra, il presidente dei deputati attacca
"Scelta tutta politica che impedisce all’Aula di esprimersi sulla Manovra"
Finanziaria, fiducia alla Camera
Di nuovo scontro Fini-Tremonti
Calderoli: "Pensi ad applicare il regolamento"; Bondi: "Così non aiuta la distensione"
E la terza carica dello stato ripete il suo giudizio al telefono con il Cavaliere *
ROMA - Il governo ha posto la questione di fiducia sulla Finanziaria. Ed è di nuovo scontro tra Fini e l’esecutivo. Ad annunciare la decisione in aula è stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito. La fiducia, ha spiegato, "è sull’articolo 2 del testo approvato in commissione". In precedenza i deputati avevano approvato l’articolo 1.
A stretto giro arriva il duro commento del presidente della Camera, Gianfranco Fini: "La decisione di porre la fiducia sulla legge Finanziaria è legittima", ma "deprecabile perché di fatto impedisce all’Aula di esaminare gli emendamenti". Fini ha ricordato di aver prolungato i termini per consentire un dibattito approfondito e dare alla commissione il tempo di approvare un testo per l’Aula, aggiungendo che "non vi era stato da parte dell’opposizione nessun atteggiamento ostruzionistico".
Spiegando che gli emendamenti da votare oggi erano in tutto 64, di cui 55 dell’opposizione, Fini ha aggiunto gli interventi contingentati avrebbero consentito di approvare la legge, anche senza fiducia, nei tempi previsti e compatibili con l’esame del Senato.
’’La scelta di porre la questione di fiducia - ha detto ancora Fini- è costituzionalmente legittima e rientra nelle prerogative dell’esecutivo"; non può, però, ha aggiunto Fini, che "essere considerata come una decisione attinente esclusivamente a ragioni di carattere politico, rientranti non già nel rapporto tra governo e opposizioni ma unicamente all’interno del rapporto tra la maggioranza e il governo ed è la ragione per la quale la Presidenza della Camera considera deprecabile la decisione" del governo "perché di fatto impedisce all’aula di pronunciarsi sugli emendamenti’’.
Le sue parole sono state accolte da molti applausi, non solo dai banchi dell’opposizione e i relatori di Pdl e Lega hanno rinunciato a intervenire. Le critiche a Fini sono arrivate a seduta sospesa e dai banchi della maggioranza. Il ministro Roberto Calderoli: "Dalla presidenza della Camera ci si attende l’applicazione dei regolamenti, non certo valutazioni sul fatto se sia deprecabile o meno una richiesta di fiducia, la cui valutazione di merito spetta all’esecutivo". E poi Sandro Bondi, ministro e coordindatore nazionale del Pdl:"La decisione e la valutazione espressa" da Fini "sono destinate a non aiutare l’apertura di un clima politico nuovo di cui l’Italia ha bisogno, anzi rischiano di rinfocolare immediatamente le polemiche".
Inseguito arriverà anche una nota del capogruppo Pdl Cicchitto e di quello leghista Cota, che a Fini dicono che "la questione di fiducia è sempre stata una decisione politica e come tale appartiene alla competenza e alle valutazioni del governo e della maggioranza". "Il confronto di merito - continuano Cicchitto e Cota - è avvenuto in Commissione, con un iter intenso e proficuo. La scelta della fiducia è un segnale politico di conferma della forte condivisione da parte del governo e della maggioranza sul merito del testo licenziato dalla Commissione Bilancio". Una nota che il ministro Tremonti dice di condividere "pienamente".
La telefonata Fini-Berlusconi. In serata la terza carica dello Stato avrebbe ripetuto il suo giudizio sulla scelta di Tremonti e del governo anche al Cavaliere. Al quale, inoltre, avrebbe espresso tutta la sua perplessità anche sui toni usati da Fabrizio Cicchitto durante il dibattito sull’aggressione al premier: "Parole incendiarie".
* la Repubblica, 15 dicembre 2009
Salvaguardare l’arbitro sarebbe interesse di tutti
di MARCELLO SORGI (La Stampa, 31.12.2009)
È senz’altro una scommessa, la decisione di Napolitano di porre anche su Internet, su «You tube», il suo tradizionale messaggio di Capodanno, che come tutti gli anni viene trasmesso stasera in tv. Mentre infatti in televisione il Presidente viene mandato in onda a reti unificate, nella larghissima platea di una particolare prima serata, in cui tutti o quasi tengono il televisore acceso anche come indicatore del tempo che manca al brindisi di mezzanotte, il Capo dello Stato, on line, si sottoporrà ad un particolare indice di gradimento: sarà interessante vedere quanti saranno i cliccatori e a che ritmo cresceranno.
Non è un mistero che, nel tempo, il messaggio abbia visto cambiare la sua funzione. Quando i Presidenti «regnavano» in una condizione di quasi assoluto riserbo, l’apparizione dell’inquilino del Quirinale, nel suo studio, alla sua scrivania, intento a cercare un dialogo con i cittadini e con le famiglie, riunite in un momento di serenità, aveva la forza di un evento eccezionale. Di qui l’attenta esegesi e le accurate interpretazioni che se ne facevano sui media, e le reazioni generalmente di consenso che lo accompagnavano.
Da quando invece il Paese è impantanato nella sua transizione infinita, quello del Presidente è diventato un mestiere infernale. Anche se i suoi poteri formali sono molto limitati, il Capo dello Stato è chiamato quasi tutti i giorni ad arbitrare e a cercare di moderare il livello di scontri politici ormai divenuti intollerabili e che spesso degenerano in veri e propri duelli istituzionali, tra governo e Parlamento, tra governo e magistratura o tra giudici e politici a prescindere dalla loro collocazione partitica.
Napolitano cerca di farlo con misura, tentando di indirizzare, nel contempo, le forze politiche a un confronto in positivo, che non si riduca solo a uno scambio continuo di veti o di insulti. Ma va detto che è un’opera assai ardua. Negli ultimi tempi è anche venuto meno quella sorta di rispetto istituzionale che tendeva a tenere fuori il Presidente dai giudizi contingenti dei partiti. Napolitano, in questi suoi tre anni e mezzo di presidenza, è stato attaccato da destra e da sinistra, senza remore. Dovrebbe essere interesse di tutti salvaguardare l’arbitro, specie in un periodo in cui lo scontro si fa sempre più duro. Se invece non lo si fa, vuol dire che la situazione è davvero oltre il livello di guardia.