LA PSICOANALISI, LA BANALITA’ DEL MALE, E IL NAZISMO. “Come fu possibile la hitlerizzazione dell’Imperativo Categorico di Kant? E perché è ancora attuale oggi?” (Emil L. Fackenheim, "Tiqqun. Riparare il mondo").

CONTRO KANT (E MOSE’), UN FREUD CIECO. Negata la lezione del “Tu devi” di Kant, Freud riesce a liberarsi a stento dal “Super-Io” Faraonico. Alcune note - di Federico La Sala

Come ha fatto con Popper-Linkeus (sempre nel 1932) , così ora con Kant: un saluto, al suo busto marmoreo ai giardini pubblici - là dove i bambini vanno a giocare!
domenica 20 giugno 2010.
 

Ciò che segue è la QUINTA parte di un piccolo percorso di indagine. Per le prime QUATTRO, si cfr. in nota qui *

FREUD, KANT, E LA RIVOLUZIONE COPERNICANA. Se Freud concede talvolta a Kant l’onore di qualche riferimento o citazione, la cosa è più di superficie che di piena condivisione del suo punto di vista critico. Egli ne coglie la vicinanza e la consonanza con il suo progetto, ne segnala il punto di contatto. ma non va oltre e non approfondisce. Nella “Metapsicologia” (1915), nel saggio più lungo intitolato “L’inconscio” (cfr. S. Freud, La teoria psicoanalitica, Boringhieri, Torino 1979, p. 139), Freud cosi scrive: “L’ipotesi psicoanalitica di un’attività psichica inconscia ci appare da un lato, come un’ulteriore sviluppo dell’animismo primitivo che ci induceva a ravvisare per ogni dove immagini speculari della nostra stessa coscienza, e dall’altro lato come la prosecuzione della rettifica operata da Kant a proposito delle nostre vedute sulla percezione esterna. Come Kant ci ha messo in guardia contro il duplice errore di trascurare il condizionamento soggettivo della nostra percezione e di identificare quest’ultima con il suo oggetto inconoscibile, così la psicoanalisi ci avverte che non è lecito porre la percezione della coscienza al posto del processo psichico inconscio che ne è l’oggetto. Allo stesso modo della realtà fisica, anche la realtà psichica non è necessariamente tale quale ci appare”.

Ma subito proseguendo, con un balzo di sorprendente tracotanza, così scrive: “Saremo tuttavia lieti di apprendere che l’opera di rettifica della percezione interna presenta difficoltà minori di quella della percezione esterna, che l’oggetto interno è meno inconoscibile del mondo esterno”.

E con toni non diversi, se pure con giusto orgoglio, qualche anno dopo, quando nella prima serie delle lezioni di “Introduzione alla psicoanalisi” (1916-17) parlerà delle tre “grandi mortificazioni” dell’umanità (in astronomia per opera di Copernico e in biologia per opera di Darwin), del suo lavoro egli dice e scrive sicuro di sé: “Ma la terza e più scottante mortificazione, la megalomania dell’uomo è destinata a subirla da parte dell’odierna indagine psicologica, la quale tende a dimostrare all’Io che non solo egli non è padrone in casa propria, ma deve fare assegnamento su scarse notizie riguardo a quello che avviene inconsciamente nella sua vita psichica” (S. Freud, Introduzione alla psicoanalisi, Boringhieri, Torino 1969).

Che le cose non stiano e non saranno così semplici, lo si vede già pochi anni dopo - e le conseguenze saranno pesanti sul piano di tutto il suo percorso sia personale sia scientifico. Di certo, l’autoanalisi non è finita - e molti sono i problemi ancora aperti. Il problema decisivo, il più importante, è proprio quello posto e affrontato dal padre della rivoluzione copernicana in filosofia, in particolare, dal Kant della “Critica della ragion pratica”, quello del “Tu devi”, della “legge morale dentro di me”. Quando Freud comincia ad affrontare a fondo il problema del Super-Io (“Uber-Ich”), emerge in tutta la sua portata la mancanza di un serrato confronto con Kant. Ostacoli enormi lo tratterranno fino alla fine nell’orizzonte materialistico e positivistico, che pure ha decisamente rotto con coraggio agli inizi del suo lavoro, e gli impediranno di essere più lucido e più coerente con le basi copernicane della sua stessa pratica terapeutica!

In “L’Io e l’Es” (1922), dove la questione del tema “Super-Io (Ideale dell’Io)” comincia ad essere affrontata con forza e la prospettiva è già predeterminata dall’ipotesi avanzata in “Totem e tabù” (1912-13), sono già poste le premesse della incomprensione della lezione del filosofo della interpretazione dei “sogni di un visionario spiegati con i sogni della metafisica” e del filosofo del “l’uscita dallo stato di minorità”.

Paradossalmente Freud, pur sapendo chiaramente che “quando il tentativo dell’Io di padroneggiare il complesso edipico risulta mal riuscito, l’investimento energetico riferentesi a questo complesso e derivante dall’Es torna all’opera nella formazione reattiva dell’ideale dell’Io” (p.309), resta fermo alla sua ipotesi ( avanzata sul piano storico in Totem e tabù) che religione, morale e sentimenti sociali, “furono in origine una cosa sola. [...] furono acquisiti filogeneticamente a partire dal complesso paterno: la religione e le limitazioni etiche mediante il superamento del complesso edipico vero e proprio, i sentimenti sociali per la necessità di dominare la rivalità residua fra i membri della giovane generazione” (S. Freud, L’Io e l’Es, in “La teoria psicoanalitica”, cit., pp. 327-328) ma, lasciato nella con-fusione il rapporto tra “Ideale dell’io” e “Super-Io”, finisce per cadere nella trappola del ridurre tutto all’uno del “Super-Io” e a impedirsi un’analisi più attenta e critica del discorso di Kant sia sul piano della morale (“che cosa devo fare?”) sia della religione (“che cosa posso sperare?”).

Nel breve saggio “il problema economico del masochismo” (1924), la con-fusione arriva al culmine e nessuna stella brilla più, nemmeno in cielo. E qui, dopo aver riepilogato il discorso su cui ormai si è fatto ‘chiare’ le idee (“il Super-io è infatti il rappresentante dell’Es come pure del mondo esterno ed è sorto in seguito all’introiezione nell’Io dei primi oggetti degli impulsi libidici dell’Es: i due genitori, ma nel frattempo la relazione con tali oggetti è stata desessualizzata, deviata dalle sue dirette mete sessuali”), chiude la partita con Kant: “L’imperativo categorico di Kant si rivela così il diretto erede del complesso edipico” (cfr. S. Freud, La teoria psicoanalitica, cit., p.352). Ma il terribile è che la chiude (almeno per ora) anche con il padre Jakob, con Mosè, e con se stesso.

Per Freud non c’è più alcuna distinzione tra Mosè e il Faraone e la Legge di Mosè diventa la “diretta erede” della Legge dell’edipico Faraone!!! Questo chiarisce come non sia affatto né un lapsus né una battuta di spirito assimilare Mussolini a Mosè, come fa nella dedica al Duce sulla copia del “Perché la guerra?”, in cui scrive: “da un vecchio che saluta nel Liberatore l’Eroe della cultura” (1933)!!!

Nel 1932, nella “seconda serie delle lezioni” di “Introduzione della psicoanalisi”, aveva già scritto, con in-credibile superficialità: “Vi ricordo la famosa sentenza di Kant, che nomina, l’uno di seguito all’altro, il cielo stellato e la legge morale entro di noi. Per quanto strano possa sembra questo accostamento - che cosa possono avere a che fare i corpi celesti con il problema se una creatura umana ne ama o ne ammazza un’altra? - esso sfiora tuttavia una grande verità psicologica. Lo stesso padre (l’istanza parentale) che ha dato al bambino la vita e lo ha protetto dai suoi pericoli, gli ha anche insegnato che cosa gli è lecito fare e da che cosa si deve astenere, lo ha istruito ad accettare determinate limitazioni dei suoi desideri pulsionali, gli ha fatto capire che, se vuol diventare un membro tollerato e ben accetto della cerchia familiare e più tardi di associazioni più ampie, deve corrispondere all’attesa dei genitori e dei fratelli che vogliono essere rispettati. Mediante un sistema di premi dati con amore e di punizioni, il bambino viene educato alla conoscenza dei suoi doveri sociali, gli viene insegnato che la sua sicurezza nella vita dipende dal fatto che i genitori, e poi anche gli altri, lo amino e possono credere nel suo amore per loro. L’uomo introduce in seguito tutti questi rapporti, inalterati nella religione. I divieti e le richieste dei genitori continuano a vivere nel suo intimo sotto forma di coscienza morale, con l’aiuto dello stesso sitema di ricompensa e di punizione, Dio regge il mondo degli uomi, dall’adempimento delle esigenze etiche dipende il grado di punizione e di felicità che è assegnato al singolo, nell’amore verso Dio e nella coscienza di essere da lui amato è fondata quella sicurezza che costituisce l’arma contro i pericoli del mondo esterno e del proprio ambiente umano. Infine, nella preghiera, l’uomo si è assicurato un’influenza diretta sulla volontà divina e quindi una partecipazione all’onnipotenza divina”. E aveva liquidato Kant e il problema, con la ferma convinzione della incrollabilità della sua tesi, che “la Weltanschauung religiosa è determinata dalla situazione tipica dell’infanzia” (op. cit., pp. 538-539).

Come ha fatto con Popper-Linkeus (sempre nel 1932) , così ora con Kant: un saluto, al suo busto marmoreo ai giardini pubblici - là dove i bambini vanno a giocare! Solo alla fine, dopo aver superato mille difficoltà nel tentativo di sciogliere l’enigma di “L’uomo Mosè e la religione monoteistica”, dopo aver ammesso di aver nutrito speranze nella protezione della Chiesa cattolica (Avvertenza prima. Vienna, prima del marzo1938) e al contempo riconosciuto che “il cattolicesimo si è mostrato, per dirla con parole bibliche, una canna al vento” (Avvertenza seconda. Londra, giugno 1938), e aver messo al mondo con il suo lavoro “una ballerina in equilibrio su una punta di piede”, si rende conto di essere divenuto padre. E, finalmente, riconosce di essere diventato - al di là del complesso edipico - anche un viandante libero sulla stessa strada di Mosè, del padre Jakob e della madre Amalia Nathanson, della moglie Martha, della figlia Anna, di Kant, di Popper-Lynkeus, di Einstein, e di tutti gli altri esseri umani.

Federico La Sala (16.06.2010)

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-  Nota

1. PER LA CRITICA DELL’ANTROPOLOGIA E DELLA TEOLOGIA MAMMONICA E FARAONICA. E PER L’USCITA DA INTERI MILLENNI DI "PREISTORIA" E DI "LABIRINTO" ...
-  SIGMUND FREUD E LA LEGGE DELL’"UNO", DEL "PADRE NOSTRO". IL ‘LUPO’ HOBBESIANO, L’ ‘AGNELLO’ CATTOLICO, E “L’UOMO MOSE’ E LA RELIGIONE MONOTEISTICA”. Indicazioni per una rilettura

2. LO SPIRITO DELL’EUROPA, KANT, E L’USCITA DALLO STATO DEL FARAONE, DALLO STATO DI MINORITA’ ...
-  A GERUSALEMME NEL 1961, DOPO AUSCHWITZ, KANT "ALLA BERLINA". Hannah Arendt, Emil Fackenheim, e l’ "Imperativo Categorico del Terzo Reich". Alcuni appunti sul tema

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