FAUST E MEFISTOFELE: CINEMA (E NON SOLO). VENDERE L’ANIMA AL DIAVOLO: COSA SIGNIFICA, OGGI?

DANTE, GOETHE, E IL "FAUST". ALEXANDER SOKUROV: “Ho visto il Diavolo è solo un usuraio”. Un’intervista di Fulvia Caprara - a c. di Federico La Sala

Il mio Mefistofele non è un diavolo, è un usuraio. Non fa nulla di sovrannaturale. Nulla che non si possa rivelare come abilità di un bravo giocoliere. Il male non è sovrannaturale. Lo si crede tale in una società moralmente degradata (...)
giovedì 13 ottobre 2011.
 


Intervista a Alexander Sokurov

“Ho visto il Diavolo è solo un usuraio”

Il regista di “Faust” Leone d’Oro a Venezia: il Male non si combatte con la religione ma con la cultura

-  "LA MORTE DELL’ANIMA «Oggi quasi non esiste più, ogni impegno spirituale è malvisto, è il non-trionfo della ragione»"
-  "UN FILM SULLA DIVINA COMMEDIA «Ci sto pensando da anni mi chiedo come mai nessun italiano l’abbia già fatto»"

-  Dante e Putin
-  «Il suo è uno dei libri più grandi da cui imparare per la ricerca nell’animo umano, una carovana di emozioni profonde»
-  «Gli ho detto che è sua responsabilità aiutare il cinema che, per gretti interessi economici rischia di scomparire»

di Fulvia Caprara (La Stampa, 08.10.2011)

Il diavolo, sicuramente, non è mai stato raccontato meglio che nel Faust di Aleksander Sokurov, vincitore del Leone d’oro all’ultima Mostra di Venezia e il 26 ottobre sui nostri schermi: «Nell’epoca del 3D - dice il presidente dell’Ente dello Spettacolo Dario E. Viganò che al maestro è legato da un rapporto «fertile e di lunga data» - i suoi film sono 4D: inesausta e ardente ricerca della dimensione spirituale». Dalla Russia, dove sta già lavorando a nuovi progetti, Sokurov si racconta, parlando dell’anima, star di tutto il suo cinema.

Vendere l’anima al diavolo, ovvero tradire se stessi. Rispetto ai tempi del Faust di Goethe, l’uomo contemporaneo è forse più abituato a farlo. Che cosa significa oggi, vendere l’anima al diavolo?

«Oggi il concetto di anima quasi non esiste più. L’anima singola si sta svilendo. E la responsabilità dell’individuo c’entra molto. Se l’anima nel Novecento avesse avuto più valore, gli stessi tedeschi avrebbero appoggiato Hitler? E i russi avrebbero appoggiato Lenin e Stalin? L’anima secondo me non viene data alla nascita, bisogna coltivarla, nutrirla, farla crescere, insomma, impegnarsi per averla. Oggi ogni impegno spirituale è mal visto e persino il cinema ci abitua a non usare l’intelletto. E’ l’assoluto non trionfo della ragione. Quindi vendere l’anima per l’uomo contemporaneo non è più importante: il nostro tempo è fondato sugli affari fasulli, sulla vendita al limite della truffa delle cose inesistenti. Ecco, vendere l’anima, oggi, è una truffa perché il capitale è inesistente. Figuriamoci se ci possono essere dei poveri diavoli interessati a comprare una cosa inesistente...».

Gli uomini politici sembrano i più propensi a quel tipo di affare, per loro vendere l’anima può vuol dire restare a galla. E’ d’accordo?

«Indubbiamente gli uomini di potere farebbero di tutto. Ma hanno un’anima? Hanno la cultura che permette all’anima di sopravvivere, di pulsare dentro l’uomo? Mi chiedo spesso se quelli che noi definiamo "potenti" siano persone potenti nello spirito, se hanno il tempo per la cultura. Tutto quello che sta accadendo oggi sembra dimostrare che non conoscono il valore della cultura. Non possono quindi conoscere il valore dell’anima. O non tratterebbero così la cultura che ha bisogno di sostegno».

La fede religiosa è ancora un’arma fondamentale per proteggersi dalle tentazioni di Mefistofele?

«Il mio Mefistofele non è un diavolo, è un usuraio. Non fa nulla di sovrannaturale. Nulla che non si possa rivelare come abilità di un bravo giocoliere. Il male non è sovrannaturale. Lo si crede tale in una società moralmente degradata e forse in Russia siamo messi peggio che in Europa, il degrado sembra irreversibile. Cosa si può fare? È necessario un cambio delle priorità, comprendere cosa significa la cultura. Perché solo la cultura può allontanare un popolo dallo stato selvaggio. Non basta la religione. Non ci sono altri fili se non quelli della cultura che possano legare la gente al bene e all’ amore verso il prossimo».

Con il suo film, a Venezia, ha vinto l’arte nella sua accezione più completa. Secondo lei il cinema deve prima di tutto essere espressione artistica, e perché?

«Grazie per questa definizione. Che dire? Sono in difficoltà perché non considero il cinema la settima arte, non è ancora arrivato alla maestria della pittura, alla forza della musica, alla potenza della letteratura».

Il suo non è un film facile, che cosa chiede al pubblico che lo andrà a vedere?

«Forse di legare questo film all’intera tetralogia. Sarebbe troppo? Sono comunque molto grato ad ogni spettatore per il tempo che spenderà a vedere il mio film, per il lavoro della comprensione».

E’ vero che la prima telefonata di auguri dopo la vittoria è stata quella di Putin? Che cosa vi siete detti?

«Sì, non abbiamo parlato a lungo. Ho ribadito subito che questo Leone significa che si deve imperversare nella lotta per il sostegno del cinema che, a causa di gretti interessi economici, rischia di scomparire. La mia responsabilità come artista è fare un film dignitoso, quella dei potenti è difendere la cultura. Durante la premiazione mi sono dimenticato di ringraziare il presidente di giuria Aronofsky, il suo discorso mi aveva colpito e commosso, e non sono riuscito a stringere la mano neanche ad altri membri della giuria, ero stanco e stordito. Mi dispiace. Mi hanno portato l’ultimo film di Mario Martone, lo guarderò, e approfitto ora per ringraziarlo, insieme all’attrice italiana, Alba Rohrwacher, un viso delicato che mi ha incuriosito molto».

Ha girato in Islanda. Perché?

«Avevo visitato l’Islanda diverse volte, ammiro quel paesaggio austero. Mi sembrava il più adatto per il film. In Islanda regna un’atmosfera visuale particolare. L’ostilità della natura spoglia che irrompe con la forza dell’acqua dei geiser, quella nebbiolina acquosa dei vapori, quella luce, era l’ambiente giusto».

Sta già lavorando al suo prossimo progetto?

«Sto preparando un documentario sull’occupazione tedesca del Louvre, a novembre andrò a Parigi. Sto anche preparando un documentario in Russia, e sto riflettendo sul prossimo lungometraggio, forse da fare in Italia...».

Una volta ha dichiarato che le piacerebbe girare una versione cinematografica della Divina Commedia. E’ ancora così, e perchè?

«Ci sto pensando da anni. Per noi russi la letteratura europea ha avuto un ruolo fondamentale per la comprensione del "vecchio mondo", ci ha dato l’idea di quella profondità e delle radici del pensiero europeo. Pensare che Dante aveva affrontato temi così profondi già allora, mentre in Russia non avevamo ancora la letteratura come tale... E’ uno dei libri più grandi da cui imparare. Parlo non della dimensione politica ma della ricerca nell’animo umano, mi eccita molto l’idea di metterlo sullo schermo. Rigorosamente in italiano. Mi chiedo come mai nessun regista italiano l’abbia fatto già».


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