Intervista alla dottoressa Lola Lazzaro, specialista in sessuologia avanzata e turbe della libido. Esercita la sua professione nelle città di Milano e Novara e pare che sia una delle migliori nel suo campo, ma, sinceramente, non ho termini di paragone.
Cosmo: Chi si rivolge a lei è normalmente chi ha prolemi particolari o accade che la gente abbia solo voglia di un controllo, come quando si fanno le analisi per verificare che i valori siano tutti a posto?
L.L.: ovviamente la maggior parte dei miei pazienti ha problemi di tipo sessuale ed erotico, ma c’è anche chi vuole solo capirci di più.
Cosmo. Capirci di più? In che senso.
L.L.: Non creda che il mondo dei sensi e del sesso sia tutto rose e fiori, se così fosse non ci sarebbe tanta gente disperata che ancora non riesce ad avere una vita intima sufficientemente appagante.
Cosmo: In che modo lei riesce ad aiutare i suoi pazienti?
L.L. : ovviamente da caso a caso, non potrei darle in questo momento una definizione ben precisa. Lei ad esempio, sono certa, qualche problemino sessuale ce l’ha, come quasi tutti, lo capisco dal suo sguardo che, in certi momenti, soprattutto parlando di sesso, perde un po’ di brillantezza.
Cosmo: ma insomma ... non parliamo di me, non mi faccia arrossire, rischierei di non riuscire a concentrarmi più su questa intervista. Sono alquanto incredulo che ci sia così tanta gente che si rivolge a lei per un consiglio di approccio erotico. Quanti medici ci saranno in Italia con la sua stessa specializzazione?
L.L.: Non moltissimi, ma ce ne sono, oltre che a Milano e Novara, anche a Firenze, a Napoli e a Cagliari.
Cosmo: Può dirmi in poche parole, se possibile, quali sono i motivi per cui i suoi pazienti si rivolgono a lei? Vorrei anche sapere come fanno a rintracciarla visto che io ho dovuto faticare non poco per trovarla.
L.L.: innanzitutto vorrei ricordarle che il mio tipo di professione non consente la pubblicità e non potrei nemmeno scrivere una targa con scritto : ‘ specializzata in erotismo e turbe della libido’, penserebbero tutti che dietro una facciata del genere si nasconde chissà quale tipo di posto per incontri hard. (al dire questo la dottoressa ride divertita, spalancando la bocca e mostrando una cavità orale ampia e dalla dentatura perfetta, quasi stuzzicante, oserei dire) Per me vale il passa parola, chi trova giovamento dalle mie cure consiglia ad un parente o ad un amico. I casi sono di molti tipi diversi. Ho avuto pazienti maschi con seri problemi di erezione e donne che, vivendo inconsciamente il sesso come qualcosa di sporco e sbagliato, erano vittime di coiti dolorosi e quindi di frigidità che io,in molti casi, in poche sedute, sono riuscita a sanare. Qualche sciocco papà apprensivo mi ha chiesto, addirittura, come fare a curare il proprio figlio perché temeva che fosse omosessuale. Ne ho sentite di tutti i colori. Ricordo un giovane disperato che non riusciva a far l’amore perché affetto da ansia da prestazione e, dedicandomi molto a lui, sono riuscita a rimetterlo in sesto. Ora dice di fare l’amore quasi tutti i giorni e di sentirsi un altro. La settimana scorsa, invece, ho trattato una signora che soffre di ninfomania, perché, mi creda, non si tratta di una legenda ma di un vero e proprio male che colpisce un numero inimmaginabile di donne, alle quali non basta un rapporto al giorno e nemmeno un uomo soltanto. Una forma di mania che non conosce la sazietà, potremmo dire, con tutti gli inconvenienti che lei può immaginare. Se da una parte la depressione si definisce il male ‘oscuro’, la ninfomania è quanto di più subdolo possa soffrire una femmina. (Al pronunciare queste ultime parole la dottoressa spalanca i suoi occhi in maniera impressionante, dandomi quasi l’impressione di essere anche lei sofferente del male di cui parla).
Cosmo: Ha anche qualche paziente famoso, magari qualche politico? Mi piacerebbe poter informare i lettori.
L.L.: Ho molti pazienti celebri ma, come può supporre, non posso rivelare il loro nome. Le posso solo dire che nel mondo politico il mal sesso, le turbe della libido e i problemi sono molteplici, quindi è più che naturale avere molti pazienti in questo settore. Oltre ai politici vengono da me un numero incredibile di calciatori, di gente dello spettacolo e persino del mondo religioso. C’è un politico molto noto, sulla cinquantina, romano, che seguo da qualche mese. Gode di fama di sciupafemmine e nessuno potrebbe immaginare che invece ha seri problemi sessuali.
Cosmo: non capisco il perché, quando si domanda ad un professionista ‘particolare’ che tipo di clientela abia o, come nel suo caso, di pazienti, la risposta sia sempre simile: personaggi dello spettacolo, calciatori e politici. Mi è capitato anche con i massaggiatori di Roma e altre professioniste della noche. Sarà che lei, come cura, consigli poi di mettere in pratica i suoi suggerimenti con chi il sesso, oltre a curarlo, lo fa anche?
L.L. Chi le ha detto che io curi soltanto? Sono anche una donna e vivo la mia sessualità. Per rispondere alla sua domanda potrei dirle che è facile che le stesse persone che chiedono aiuto a me potrebbero anche decidere, in un secondo momento, di accompagnarsi con massaggiatori o altro.
Cosmo: Capisco. Anche in questo caso, però, bisogna avere a disposizione un bel gruzzoletto perché, tra cure medico erotico, massaggi e altro non credo che basti poco, sicuramente si parla di qualche migliaio di Euro a seconda della durata della terapia. Non voglio chiederle quando costa un suo consulto perché non vorrei peccare di invadenza ma rimango dell’idea che i poveracci, prima di andare dall’erotologo, visita non mutuabile, penseranno prima alle malattie tradizionali. La ringrazio e la saluto.
L.L.: Cosa vuole che le dica, dipende dalla terapia, non potrei nemmeno visitare tutti gratis no? In maniera molto meno approfondita se ne potrebbe occupare anche il medico di base ma l’Italia non è ancora pronta ad un medico generico di questo tipo. Grazie a lei e buon sesso a tutti.
Ripensando a questo incontro mi sono reso conto che tra la dottoressa e una porno diva non c’è molta differenza. Il suo modo di parlare mi ricordava quello dell’icona Moana Pozzi e, in certi momenti, ho avuto l’impressione che volesse intendere molto di più di quello che stava dicendo. Mah...non saprei. Mi resta un dubbio però se ripenso alla frase che mi ha detto: “Chi le ha detto che io il sesso lo curi soltanto, sono una donna...”.
Cosmo de La Fuente
www.familiafutura.blogspot.com
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
PERVERSIONI di Sergio Benvenuto. UN CORAGGIOSO PASSO AL DI LA’ DELL’EDIPO
Quei quadretti «osceni» nelle antiche case perbene
Il piacere era gioco, la pornografia sconosciuta
di Eva Cantarella (Corriere, 04.12.2012)
Quando ci accostiamo alle rappresentazioni erotiche provenienti dall’antichità che chiamiamo classica, lo facciamo, spesso, partendo dal presupposto che i greci e i romani concepissero e vivessero il sesso come noi. Mentre così non è: anche in questo essi erano diversi da noi. E tra le differenze che ci separano, una (in particolare in materia di erotismo, ma ovviamente non solo), è assolutamente fondamentale: quella legata all’avvento del cristianesimo, con i divieti e i tabù che questo portò con sé (diversi da quelli pagani), e il diffondersi dei sensi di colpa legati alla concezione del peccato, del tutto ignota al paganesimo.
Conseguenza: lo scandalo odierno di fronte a rappresentazioni erotiche che allora non scandalizzavano nessuno. Un esempio: quando ebbero inizio gli scavi nei siti di Ercolano e Pompei (rispettivamente nel 1738 e 1748), vennero alla luce una serie di reperti considerati «osceni»: pitture riproducenti accoppiamenti sessuali, statuette di personaggi dal fallo smisurato, oggetti di ogni tipo con decorazioni falliche... Un pezzo, in particolare, suscitò enorme scalpore: la celebre scultura in marmo (ritrovata nel 1752 nella Villa dei Papiri di Ercolano), che rappresentava l’accoppiamento tra il dio Pan e una capra. Il divieto regale di mostrarla fu così drastico che non fu concesso di vederla neppure a Winckelmann, il grande archeologo prussiano in visita a Napoli.
Tutti gli oggetti considerati scandalosi vennero raccolti in collezioni riservate, confluite poi nel Palazzo degli Studi di Napoli adibito a Museo Nazionale, dove venne realizzato un «Gabinetto degli oggetti osceni», che, dopo vari mutamenti di nome e di collocazione, rimase chiuso al pubblico sino al 2000 (eccezion fatta per gli studiosi e le persone munite di speciale permesso). Se lo sapessero, gli abitanti del mondo romano e romanizzato trasecolerebbero: per loro nessuna di quelle rappresentazioni era «pornografica», come del resto emerge chiaramente dalla loro collocazione originale.
I vasi, le lampade, gli oggetti a soggetto erotico, le pitture murali «oscene» abbellivano le case d’abitazione di normalissimi cittadini: alcuni quadretti erotici decoravano le stanze da letto di coppie che oggi definiremmo borghesi e le pareti dei loro triclini, le stanze in cui come è noto si ricevevano gli ospiti invitati a cena.
Ma c’è, tra tutti, un caso particolarmente interessante, che non solo conferma gli equivoci ai quali può portare la mancanza dello «sguardo da lontano» con cui è necessario guardare al passato, ma anche e soprattutto mostra come l’incapacità di storicizzare l’erotismo sia ancora tra noi.
Quando, nel 2001, vennero aperte al pubblico le «Terme Suburbane» di Pompei, appena scavate, fecero enorme scalpore le pitture che decoravano la parete dell’apodytérion, il locale nel quale i frequentatori del locale deponevano gli abiti, prima di entrare nelle stanze e nelle piscine calde e fredde nelle quali si sarebbero successivamente immersi.
Erano otto scene erotiche, alcune delle quali rappresentavano un rapporto sessuale di gruppo e pratiche di sesso orale (in un caso, tra donne). Immediatamente, quasi automaticamente, si pensò che nel locale agissero professionalmente delle prostitute. Chi mai poteva frequentare un locale simile, se non donne di quel tipo e i loro clienti? E questa è ormai l’opinione tralatizia in materia, del tutto inconsapevole del fatto che l’archeologa che ha scavato le terme, Luciana Jacobelli, ne avesse dato un’interpretazione diversa (tra l’altro accolta con notevole favore dalla comunità scientifica): le raffigurazioni erotiche facevano parte di una specie di gioco.
Esse erano collocate, infatti, sopra altrettanti elementi rettangolari simili a delle scatole nelle quali venivano collocati i vestiti, su ciascuna delle quali erano apposti dei numeri. L’accoppiata numero-figura Veneris, dunque, aveva la funzione di aiutare i clienti a ricordare il numero della scatola. E al contempo rallegrava il tempo del riposo consentendo lo scambio di battute e scherzi salaci (molto diffusi nell’antichità romana). Il locale, insomma, era un normale edificio termale, frequentato da persone di ogni genere, anche assolutamente «per bene», che da simili immagini non erano né turbate né scandalizzate: nel mondo pagano il sesso aveva anche una dimensione ludica, che l’etica cristiana ha fatto dimenticare.
E per finire: dai muri delle case pompeiane svettavano oggetti oggi inconsueti nelle strade di una città, vale a dire dei bassorilievi che rappresentavano dei falli, attorno a uno dei quali si legge a chiare lettere: hic habitat felicitas. Qui abita la felicità. Alla funzione ludica del sesso, si aggiungeva anche quella apotropaica.
Baubérot: “I veri laici non vietano il burqa”
I matrimoni omosessuali: “Non capisco il no delle Chiese: dovrebbero solo chiedere di non essere obbligate a benedirli"
Nelle scuole francesi si insegnerà la morale repubblicana
Parla il sociologo incaricato di fare proposte su come insegnarla
di Alberto Mattioli (La Stampa, 14.11.2012)
Matrimonio «per tutti» (leggi: anche per le coppie dello stesso sesso). Eutanasia. E lezioni di «morale laica» nelle scuole della République. La Francia di François Hollande si vuole di nuovo all’avanguardia nella ridefinizione di diritti e doveri del cittadino, sempre nel nome di quella «laicità» che resta uno dei grandi totem nazionali. Nella Commissione che dovrà fare proposte su come insegnare la morale repubblicana c’è anche Jean Baubérot, il fondatore della sociologia della laicità.
Professor Baubérot, i professori di «morale laica» ricordano gli istitutori di inizio Novecento, gli «ussari della Repubblica».
«È ovvio che la morale non si insegna, né si impara, come la storia o la geografia. La scuola francese è caratterizzata da un approccio troppo magistrale, con uno che parla e gli altri che ascoltano. Credo che il professore dovrà guidare la riflessione più che imporla. Insegnare a pensare, non dei dogmi».
Ammetterà che l’idea sa un po’ di Stato etico.
«Sì, il rischio c’è. Ma è appunto quel che bisogna evitare. La Commissione ci sta lavorando. E tuttavia, se siamo contrari al fatto che possa esistere un sistema morale di Stato, siamo anche contro l’idea che il legame sociale non abbia una dimensione etica. I francesi non stanno insieme per caso e nemmeno per coercizione. Si riconoscono in una serie di valori che sono poi quelli elencati nel Preambolo della Costituzione».
Cosa critica del concetto francese di laicità?
«Dal 1905, da quando cioè la legge sancì la separazione dello Stato dalla Chiesa, la laicità è stata eccessivamente intesa come una separazione netta tra il fenomeno sociale e quello spirituale. Ma lo Stato è solo un arbitro e non deve chiedere alla gente di essere neutrale come lui, né nelle sue convinzioni né nei suoi vestiti. La legge che vieta il burqa è discutibile perché è una legge che vieta il velo integrale sempre e comunque. Per lo Stato, invece, che una musulmana giri velata non è un problema. È un problema, e dev’essere vietato, se pretende di riscuotere un assegno velata. Ma questo è un problema pratico, non metafisico».
La legge sul matrimonio per tutti le piace?
«Trovo che sia un vero provvedimento laico. E non capisco l’obiezione delle Chiese. Dovrebbero prendere esempio da quel che ha detto l’arcivescovo di Canterbury, a capo, noti bene, di una Chiesa di Stato: io ammetto che esistano le nozze gay, solo chiedo che lo Stato non mi obblighi a benedirle. Se uno aderisce a una religione, ne accetta le regole. In altri termini, lo Stato garantisce a tutti la libertà esterna, non quella interna. Se una donna si converte all’Islam in piena libertà, senza coercizione e senza violenza, accetta delle regole. Se è una sua libera scelta, lo Stato non deve entrarci. Ha solo il diritto, e il dovere, di promuovere l’eguaglianza. Ma nessuno può essere “emancipato” contro la sua volontà».
Molti sindaci fanno sapere che si rifiuteranno di celebrare i matrimoni gay. Che ne pensa?
«Penso che vada riconosciuto loro il diritto all’obiezione di coscienza, esattamente come ai medici per l’aborto. Ma devono delegare i loro poteri a un assessore, perché esiste, anzi esisterà presto, anche il diritto di tutti a sposarsi».
In nessun Paese del mondo come la Francia la laicità appassiona tanto l’opinione pubblica. Perché? «Per due ragioni. La prima è storica: qui il conflitto politico-religioso è durato secoli. Pensi al Medioevo con le crociate contro gli eretici, Filippo il Bello e il suo conflitto con Roma, il Papa ad Avignone, il gallicanesimo. Poi: quarant’anni di guerre di religione, la persecuzione dei protestanti e dei giansenisti, la Rivoluzione che prima riconosce la libertà religiosa e poi perseguita le religioni, eccetera».
E l’altra?
«L’altra è che anche oggi i temi religiosi hanno un significato politico. Come la grande paura dell’Islam e la strumentalizzazione della laicità per mascherarla. Ma l’Islam radicale è assolutamente minoritario. E, ad esempio, non è vero, come uno studio recente ha dimostrato, che i musulmani siano più prolifici che gli altri francesi. Io vorrei una “laicità del sangue freddo”, come la definiva già Aristide Briand».
L’ITALIA INFLUENZATA DAL VATICANO
«Sulle nozze per tutti e i diritti dei gay è più indietro di altri Paesi cattolici come Spagna o Belgio». Ultima domanda sull’Italia: lo definirebbe un Paese laico?
«Credo che in Italia ci siano degli elementi di laicità diffusi, come si è visto quando si è votato sul divorzio e sull’aborto. Ma certo l’Italia deve fare i conti con la sua storia e sulla sua posizione geopolitica. È chiaro che il fatto di avere il Vaticano “in casa” influenzi le scelte politiche. E infatti in materie come il matrimonio per tutti o i diritti degli omosessuali l’Italia è molto più indietro di altri Paesi pure cattolici come la Spagna, l’Argentina o il Belgio. Quindi a domanda risponderei: l’Italia è un Paese semilaico».