Per la prima volta il multilinguismo celebrato anche dalla toponomastica
Il 3 luglio si è svolta a Firenze una suggestiva cerimonia nel corso della quale la piazza antistante la Villa Medicea di Castello, prestigiosa sede dell’Accademia della Crusca, è stata intitolata alle lingue d’Europa.
La cerimonia, tenutasi alla presenza - tra gli altri - del direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione europea Pier Virgilio Dastoli, del sindaco di Firenze Leonardo Domenici, del presidente dell’Accademia della Crusca Francesco Sabatini, si inserisce nell’ambito dell’iniziativa "Firenze, Piazza delle Lingue d’Europa", promossa dall’Accademia della Crusca in collaborazione con la Rappresentanza in Italia della Commissione europea per celebrare la ricchezza della diversità linguistica del nostro continente e proporre la città di Firenze quale piazza ideale in cui ogni popolo del continente può attestare e celebrare, in armonia con gli altri popoli, la storia della propria identità linguistica e culturale.
La cerimonia è stata preceduta dal convegno "Le lingue d’ Europa patrimonio comune dei cittadini europei", che ha visto la partecipazione di rappresentanti delle autorità locali nazionali, del mondo accademico italiano, delle Direzioni generali della Traduzione e dell’Interpretazione della Commissione europea, dei servizi linguistici del Comitato delle regioni/Comitato economico e sociale europeo, della Federazione Europea delle Istituzioni Linguistiche Nazionali e dell’UNESCO.
Nel suo discorso di apertura il presidente dell’Accademia della Crusca ha sottolineato l’esigenza di considerare tutte le lingue dell’Unione europea "non più beni che appartengono esclusivamente alle singole nazioni, ma patrimonio comune di tutti gli abitanti d’Europa" alla stregua "di altri beni primari da proteggere nell’interesse di tutti: le fondamentali risorse naturali quali l’aria e l’acqua, da cui dipendono le condizioni dell’ambiente, e la sanità e la sicurezza". Secondo Sabatini, "La politica linguistica dell’Unione, e di altre Istituzioni sovranazionali, ha finora lanciato forti appelli per il conseguimento di un traguardo fondamentale: la moltiplicazione delle competenze linguistiche individuali. Ma occorre compiere il passo successivo, la sostanziale denazionalizzazione dell’immagine delle lingue, e favorire ogni innamoramento possibile degli abitanti d’Europa per l’una, l’altra o l’altra e l’altra lingua, da scegliere in ogni territorio dell’Unione e dell’intero continente".
Il commissario europeo per il multilinguismo Leonard Orban ha inviato agli organizzatori un messaggio videoregistrato nel quale ha ricordato che "la lingua è il mezzo con cui costruiamo il nostro universo, ciò che scriviamo, ciò che pensiamo, in generale la nostra visione dell’esistenza" e ha così salutato l’auditorio in perfetto italiano: "l’iniziativa presa in Italia dall’Accademia della Crusca, la più antica Accademia linguistica d’Europa, di intitolare a Firenze una Piazza a tutte le lingue d’Europa esprime in modo esemplare il patto che i popoli d’Europa devono stringere per far vivere tutto il proprio patrimonio linguistico. Siamo tutti grati all’Italia per questo dono".
Grazie alla collaborazione della Direzione generale della Traduzione della Commissione europea, la targa della Piazza delle lingue d’Europa sarà presto realizzata nelle 23 lingue ufficiali dell’Unione europea.
* COMMISSIONE EUROPEA - RAPPRESENTANZA IN ITALIA, 5 luglio 2007
Per ulteriori approfondimenti, in rete, si cfr.:
LE LINGUE D’EUROPA
PATRIMONIO COMUNE DEI CITTADINI EUROPEI
(Firenze, 3 Luglio 2007)
Accademia della Crusca
Villa Reale di Castello
Via di Castello 46
Firenze
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Dante, alle origini del moderno!!! Pace, giustizia e libertà nell’aiuola dei mortali
FLS
NOVE PAROLE DI UmaNA ONTOLOGIA.
Le nostre radici culturali e linguistiche radici *
DIO
CIELO
AMORE
MARE
TERRA
E’
VIVE
MUORE
AMA
* Dante Alighieri, De vulgari eloquentia, I, viii
* Cfr. Federico La Sala, L’enigma della Sfinge e il segreto della Piramide. Considerazioni attuali sulla fine della preistoria, Edizioni Ripostes, Roma-Salerno 1991, p. 62.
Nella «Piazza delle lingue» la storia della Penisola
Corriere della Sera, 6.11.2012
L’appuntamento di oggi e domani a Firenze con la sesta edizione de «La piazza delle lingue» ricorda i 400 anni dell’Accademia della Crusca. «L’Europa dei dizionari per il IV centenario del Vocabolario della Crusca» è il titolo del convegno che si svolge oggi a Villa Medicea di Castello, sede dell’Accademia. Per l’occasione è stata allestita anche una mostra intitolata «L’Accademia della Crusca e i 400 anni del Vocabolario», che illustra le tappe fondamentali che hanno portato alla pubblicazione del dizionario.
La Crusca: quattro secoli in difesa dell’identità italiana
Nei suoi vocabolari una storia di vivacità e «purismo»
di Cesare Segre (Corriere della Sera, 6.11.2012)
Si festeggiano, oggi e domani, i quattrocento anni del Vocabolario della Crusca (1612). Non è una data qualsiasi. A quell’altezza, nessuna delle grandi lingue moderne aveva un vocabolario in cui fosse depositato l’assieme delle parole e dei modi di dire che costituiscono ciascuna lingua. E l’italiano stesso era in verità piuttosto giovane, dato che solo nella prima metà del Cinquecento, a opera di Pietro Bembo nel ruolo di teorico, di Ludovico Ariosto (e del Sannazaro) nel ruolo di «utilizzatori finali», si era generalizzato e regolato l’uso dell’idioma toscano letterario. A meno di un secolo di distanza, quest’idioma era ormai riconosciuto, anche se non ufficialmente, come lingua nazionale: mancava infatti una nazione cui rapportare la lingua usata dai dotti e dagli alfabetizzati dei vari stati e staterelli in cui era frazionata l’Italia.
Ma che cos’è un vocabolario, o dizionario? Oggi lo sappiamo tutti, e sappiamo come lo si usa. Sappiamo che di ogni lemma il vocabolario illustra il significato, o i vari significati; che le reggenze di parole e verbi sono indicate nel seguito della voce, e così via. Ma tutto questo dovettero inventarselo gli accademici della Crusca, che tra l’altro collaboravano all’opera gratis, per puro amore della lingua. E non erano solo filologi, ma anche scienziati e artisti, che s’improvvisarono lessicografi, con successo. I vocabolari d’oggi, nella sostanza, non sono diversi da quello della Crusca. E lo stesso si può dire per i vocabolari delle lingue europee, che seguirono il nostro a molta distanza: per il francese, quello dell’Académie (1694), e per lo spagnolo, quello della Real Academia (1726-1739), per l’inglese, quello di Samuel Johnson (1787), e così via.
Perché questa priorità italiana? Tra i molti motivi si potrebbe indicare lo sviluppo, da noi, degli studi filologici e la vivacità della «questione della lingua», che accompagnò e animò l’affermazione del toscano come base della lingua italiana. Ma il motivo principale è il fatto che nella metà del Trecento erano già apparsi i capolavori di Dante, Petrarca e Boccaccio, testimoni della nascita di una grande lingua letteraria. Era ovvio cercare di coglierne il sistema linguistico e soprattutto lessicale. C’è poi un fatto significativo. La prima edizione del Vocabolario fu pubblicata a Venezia: quasi la conferma ufficiale di un asse linguistico Firenze-Venezia, che nei fatti si era già realizzato, dato che gli attivissimi tipografi veneziani avevano per primi eliminato dalle loro stampe i tratti dialettali che invece restano vistosi nei volumi pubblicati altrove.
L’Accademia della Crusca celebra l’anniversario nella splendida Villa Medicea di Castello. Lo festeggia anzi, dato che alle relazioni si mescolano uno spettacolo sulla vita di Dante e un concerto di musica barocca. Ma per il resto si tratta di importanti relazioni dedicate agli altri vocabolari «cadetti» su quella che viene chiamata «la piazza virtuale della Crusca», insomma sul prezioso e sempre aggiornato tesoro lessicografico che l’Opera del Vocabolario continua a raccogliere, nonché sui modi di compilare un vocabolario, in un quadro ben consapevole dei problemi del multilinguismo, tra i più urgenti d’oggi.
I relatori sono tutti di alto livello: solo fra gli stranieri, citeremo Eva Buchi, Wolfgang Klein, José Antonio Pascual, Francisco Rico, John Simpson, Harro Stammerjohann, Edward F. Tuttle. Una varietà d’interventi in cui s’intravvede la feconda dialettica tra esemplarità e produttività dei vocabolari, tra sincronia e diacronia, tra lingua e lingua. Perché se un vocabolario appare come la registrazione dei tesori di una lingua, il suo utente deve essere consapevole che molti di quei tesori cadranno in disuso, sostituiti da altri, nuovi, in una creazione continua. Le cinque successive edizioni del Vocabolario seicentesco lo mostrano bene.