Dopo Copernico, dopo Darwin e dopo Freud, ancora e sempre "platonismo per il popolo" (Nietzsche).

LA NATURA UMANA, IL CANNIBALE E LE PRETESE METAFISICHE DELLA "SECONDA - E TERZA - NAVIGAZIONE" (EDIPICO-CATTOLICA). Un intervento del filosofo cattolico Robert Spaemann - a cura di pfls

venerdì 2 novembre 2007.
 


intervento

Il cannibale e la libertà

Se non esiste il riconoscimento di una comune e intangibile natura umana, allora nessun limite è sicuro e tutto è permesso: anche l’uccisione di un essere consenziente. L’analisi del filosofo tedesco Spaemann

«La politica e il diritto devono partire sempre da una valutazione dei veri interessi degli individui come criterio di giudizio. L’assoluto liberalismo dia spazi a nuove tutele da parte dello Stato»

di ROBERT SPAEMANN (Avvenire, 02.11.2007)

Non esiste un’eti­ca senza fonda­mento metafisico. Ci si può rendere facilmente con­to di ciò prendendo l’esempio del solipsismo: se il solipsismo è vero, allora non c’è alcun obbligo morale nei confronti di nessuno. So­lo se c’è un essere autonomo l’agi­re ha una dimensione morale, e so­lo se l’essere si manifesta in una na­tura umana la dignità umana può essere rispettata.

In caso contrario varrebbe senza li­mitazioni il principio «volenti non fit iniura» e non ci sarebbero obie­zioni morali nei confronti del can­nibale di Rotenburg, che ha ucciso spietatamente e mangiato un’altra persona con il suo consenso. Sicu­ramente per l’essere umano la sua natura può essere normativa so­lo se la natura stessa viene inte­sa come cifra della volontà divi­na, altrimenti vale la frase di Do­stojevski: «Se Dio non esiste, al­lora tutto è permesso».

La politica moderna non è più orientata, come quella aristo­telica, all’eudaimonia, a una definizione interiore di feli­cità. Hobbes considera l’uo­mo come essere che non è af­fatto capace di raggiungere la felicità ma che «procede di desiderio in desiderio». La co­stituzione americana non ga­rantisce la felicità ma la ricer­ca della felicità ( pursuit of happines), e ciò che la politica è in grado di fare è proteggere l’uomo dalla violenza di altri uomini. Inoltre, come diceva Federico II di Prussia, «ognuno può vivere a modo suo».

Non si è mai potuto portare a­vanti coerentemente questa con­cezione della politica e oggi essa urta contro limiti precisi. La poli­tica e il diritto devono partire sem­pre da una determinata valutazio­ne degli interessi degli individui co­me criterio di giudizio di ciò che è naturale, altrimenti non si sarebbe potuto punire il già citato canniba­le di Rotenburg. Dunque dobbiamo giudicare gli interessi e l’idea di fe­licità a seconda che siano conformi all’effettivo interesse degli indivi­dui, altrimenti perché vietare la pubblicità del tabacco? Da diversi decenni sappiamo che l’uomo, con il suo agire, è in grado di causare pe­ricoli duraturi ed estesi per l’esi­stenza del genere umano. Il mo­derno in dubio pro libertate deve nel frattempo lasciare spazio a un nuovo tuziorismo. Perfino nel caso improbabile che il riscaldamento globale non sia causato dall’uomo, dobbiamo presumere l’ipotesi più probabile, e di conseguenza dob­biamo imporre drastiche limitazio­ni. Inoltre, gli individui sono pron­ti a obbedire agli esperti ogni volta che la parola eudaimonia possa es­sere sostituita dal termine «salute», e questo anche nel caso della salu­te mentale. Quando però il concet­to di salute mentale ha una conno­tazione morale, e ce l’ha, emerge sempre un liberalismo individuali­stico che vorrebbe addirittura vie­tare la definizione della mancanza di attrazione verso l’altro sesso co­me difetto psichico e la ricerca del­la possibilità terapeutiche. Questo punto di vista è profondamente ir­razionale.

La concezione liberale moderna dello Stato ha ritenuto di poter fare a meno dell’antropologia. Scopo dello Stato è soltanto la difesa del­lo spazio di libertà soggettivo degli individui e la libertà non è altro che il «potersi muovere lungo strade il più possibili numerose» ( Thomas Hobbes).

Il movimento illuminista classico ripropone la contrapposizione dei greci tra physis e nomos e il suo con­cetto di libertà è emancipatorio, concepisce la libertà come libera­zione da tutte le limitazioni date dalla tradizione o da autorità altrui. Ciò che deve essere liberato è la na­tura umana. Nell’età classica del­l’Illuminismo è ancora lontana l’i­dea di un’emancipazione della na­tura umana, ovvero il tentativo di intendere l’essere umano come un semplice soggetto di volontà per il quale non sussiste alcuna determi­nazione di tipo normativo. L’idea il­luministica dello Stato è piena­mente ispirata dalla fede in un «si­stema naturale» e in diritti naturali dell’uomo. La critica di queste idee proviene inizialmente dallo storici­smo e dal tradizionalismo, poi però si radicalizza nel rifiuto di qualsia­si norma di tipo antropologico at­testante una sorta di natura dell’es­sere umano. Aborto, eutanasia, o­mosessualità, perversioni sessuali, rifiuto del ruolo femminile mater­no, tutto ciò rappresenta per l’Illu­minismo un orrore. Per i giacobini, il riconoscimento naturale dell’esi­stenza di Dio appare ancora così ir­rinunciabile da condannare l’atei­smo con la pena di morte. Solo la critica del razionalismo, attraverso il romanticismo e lo storicismo, re­lativizza il concetto di natura, a dif­ferenza di quello aristotelico non af­fatto storico. Solo la trasformazione radicale ed emancipatrice del XX secolo ha legittimato tutti i cosid­detti «fenomeni», in quanto rifiuta­no qualsiasi normativa di natura.

Le conseguenze derivanti da questo atteggiamento urtano da alcuni de­cenni contro i propri limiti e si mo­strano inconciliabili con le condi­zioni di mantenimento del genere umano. Possiamo portare alcuni e­sempi in proposito.

1) Non può esserci educazione sen­za regole di tipo normativo, che cer­tamente variano nello spazio e nel tempo, ma che non sono una scel­ta. Se le variazioni non restano al­l’interno di una cornice che è sta­bilita dalla natura umana, l’educa­zione, ovvero la trasmissione di mo­delli di vita giusta, non può più fun­zionare.

2) I conflitti d’interesse possono es­sere superati solo in modo giusto, se siamo in grado di pesare gli inte­ressi, ovvero se sappiamo distin­guere i più importanti da quelli me­no importanti, i più urgenti da quel­li meno urgenti, i più fondati da quelli meno fondati. È significativo che Marx abbia rifiutato qualunque idea di giusta risoluzione dei con­flitti d’interesse. Secondo lui esiste un’unica soluzione, ovvero l’uni­versalizzazione di un solo interesse attraverso il superamento di tutti gli altri, la produzione di una ricchez­za abbondante e quindi la scom­parsa del problema della distribu­zione.

3) La soluzione del precedente pun­to si rivela oggi impossibile. Il pro­blema della scarsità delle risorse e­sisterà fino a quando esisterà l’es­sere umano, quindi anche la ne­cessità degli Stati e il desiderio di giustizia, inteso come criterio inte­riore basato sulla natura dell’esse­re umano.

4) Il rifiuto di un criterio di questo tipo e lo scatenarsi illimitato di de­sideri soggettivi distruggono le con­dizioni di vita a lungo termine del­la famiglia dell’umanità. Fino a po­chi decenni fa, la natura che ci cir­conda appariva come una riserva illimitata e inesauribile di risorse, una forza infinita capace di neutra­lizzare le conseguenze dell’attività umana. Oggi sappiamo che questa forza è limitata e la politica ne deve tener conto. Se percepiamo le limi­tazioni che derivano da queste con­siderazioni solo come obblighi in­desiderati - ovvero, freudianamen­te, il principio di piacere contrap­posto al principio di realtà -, allora la dittatura ecologica rappresenta un risultato inevitabile.

Se esiste però una sorta di natura u­mana, allora c’è anche la possibilità di considerare i limiti come condi­zioni sensate, come indica la paro­la greca telos. Solo se esiste un telos naturale della vita degli uomini, sus­siste allora la possibilità che l’agire degli Stati, volto al mantenimento del genere umano, sia compatibile con gli scopi degli individui. Solo se esiste una fondamentale normalità, basata su una comune natura u­mana, dalla quale non vogliamo e non possiamo emanciparci, è pos­sibile a lungo la democrazia.

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IL TESTO

Darwin al tribunale dei filosofi, un’evoluzione «naturale»

È in libreria da ieri a 28 euro «Seconda navigazione», l’Annuario di filosofia 2007 proposto da Guerini Studio e dal quale riprendiamo questo intervento del filosofo cattolico tedesco Robert Spaemann.
-  Il volume, curato da Vittorio Possenti, è dedicato a «Natura umana, evoluzione ed etica» e si apre con un’intervista a Martha Nussbaum. Gli interventi sono firmati da Evandro Agazzi («Natura ed evoluzione: intrecci fra scienza e metafisica»), dallo stesso Possenti («Caso, evoluzione, finalità»), da Francesco D’Agostino («La filosofia del diritto e la teoria darwiniana»), Giovanni Federspil («Teorie dell’evoluzione ed evoluzionismo»), Antonio Da Re («Tra naturalismo e antinaturalismo»), Barbara de Mori («Etica, darwinismo, evoluzionismo: questioni aperte»), Marco Ivaldo («Persona umana e natura umana»), Gaspare Mura («Esiste ancora un’etica individuale?»), Gerardo Cunico («Legge morale naturale?»), Antonio Delogu («Legge morale e legge civile»).


Sul tema, nel sito, si cfr.:

RATZINGER ’A SCUOLA’ DEL VISIONARIO SWEDENBORG. Una nota di Leonard Boff e una di Immanuel Kant

CONTRO LA FEDE CRITICA DELL’ILLUMINISMO, A DIFESA DELLA PIRAMIDE DEI FARAONI, SCATENATA LA MALAFEDE ’CATTOLICA’ . Una ’sconcertante’ intervista del prof Giovanni Reale a cura di Armando Torno

LA TEOLOGIA DEL MENTITORE, LA CHIESA DI COSTANTINO, E LA SOVRANITA’ DEL PAPA.

DIO, MONDO, UOMO - OLTRE!!! BASTA CON LE ROBINSONATE!!!

SALVIAMO LA COSTITUZIONE E LA REPUBBLICA CHE E’ IN NOI...

LA CHIESA DI COSTANTINO, L’AMORE ("CHARITAS") E LA NASCITA DELLA DEMOCRAZIA DEI MODERNI.

Sulla pretesa della Chiesa di "dettar legge" (alla natura e) allo Stato, una limpida lezione di Zagrebelsky

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