il caso don santoro
Le Piagge scrivono a Betori
E lui risponde: Arriva don Rossi
Una lettera collettiva firmata dalla Comunità di base delle Piagge di Firenze è stata consegnata all’arcivescovo Betori e lui ha risposto. Ma c’è già il sostituto: don Rossi, 84 anni *
Caro arcivescovo ti scrivo. E lui risponde. La vicenda di don Alessandro Santoro, il parroco delle Piagge rimosso dal suo incarico da Monsignor Betori dopo aver celebrato il matrimonio in chiesa di Sandra Alvino, ex trans con il compagno di una vita, continua con uno scambio di lettere. La prima, quella che la comunità delle Piagge ha scritto all’arcivescovo chiedendo di tornare sui suoi passi e rivedere la decisione su don Santoro. La seconda, quella dell’arcivescovo, che don Giovanni Momigli responsabile della pastorale sociale e lavoro della diocesi, ha consegnato ai rappresentanti della comunità Le Piagge giunti all’ora di pranzo in arcivescovado. La lettera del vescovo in allegato era stata preparata ieri sera in risposta alla richiesta della comunità di essere da lui ricevuta.
LA LETTERA DELL’ARCIVESCOVO - «Cari amici della comunità Le Piagge - scrive Betori - vi ringrazio per l’attenzione che state manifestando alla vita della comunità e alla persona di don Alessandro Santoro, avendo anche presente ciò che questa attenzione ha generato negli anni. Ma non posso trattare il caso che vi riguarda diversamente da come ho sempre impostato il mio impegno nelle nomine e trasferimenti dei presbiteri diocesani, anche quando esse hanno dovuto provocare sofferenze nelle comunità per il distacco dai loro pastori. Le nomine e i trasferimenti che riguardano le parrocchie e le altre realtà ecclesiali sono parte della responsabilità propria dell’Arcivescovo, che decide dopo aver raccolto e valutato i necessari elementi di conoscenza delle singole situazioni. Appare chiaro che su queste decisioni non ci possono essere momenti precedenti, e ancor meno successivi, di confronto assembleare. Sono lieto di annunciarvi che ho chiesto a don Renzo Rossi di assumere il ruolo di vostro cappellano “ad interim”. Lo ringrazio per aver accettato. Sono certo che egli saprà aiutarvi con saggezza e coraggio nell’affrontare questo momento delicato del cammino della comunità. Per le questioni concernenti il futuro della comunità Le Piagge, ritengo che ogni riflessione al riguardo possa essere fatta solo dopo che don Renzo avrà potuto maturare una certa esperienza della vita della comunità. Invoco sul nostro cammino la benedizione del Signore e vi saluto cordialmente».
LA LETTERA DELLA COMUNITA’ - «Come comunità - è scritto nella lettera al vescovo - abbiamo fin da subito sentito il bisogno e richiesto ripetutamente di avere un momento di confronto diretto con il vescovo perchè diretto è il nostro coinvolgimento in questa vicenda. Ad ora dobbiamo però prendere atto dell’indisponibilità di monsignor Betori a riceverci personalmente». «L’unica riposta che abbiamo ricevuto in tarda serata è la possibilità di incontrare un suo delegato. Questa proposta - prosegue la lettera - ci offende profondamente e ci conferma l’atteggiamento freddo e superficiale della Curia che riduce a mera pratica burocratica una storia di 15 anni senza tenere conto delle persone che l’hanno vissuta e resa possibile». Betori ha anche chiamato don Santoro ricordandogli la disponibilità, data a lui oltre un mese fa, di recarsi, se invitato, come da prassi, a visitare la comunità. Nella lettera si ribadisce che questo avverrà quando il nuovo cappellano, se lo riterrà opportuno, porrà una simile richiesta.
LISTA DI SACERDOTI INVITATI - Per dire la messa la domenica alla Comunità di base delle Piagge, in assenza di don Santoro, la comunità ha invitato alcuni sacerdoti «che abbiamo conosciuto nel nostro cammino durante questi anni». Domenica prossima 1 novembre don Santoro celebrerà la sua ultima messa nel container delle Piagge e, nelle domeniche successive hanno dato disponibilità a celebrare don Paolo Tofani, don Vitaliano Della Sala, don Raffaele Palmisano, don Andrea Gallo, don Andrea Bigalli, don Armando Zappolini, e don Diego Fognini.
DON ROSSI SOSTITUTO - Sarà don Renzo Rossi, il «prete dei poveri», il nuovo cappellano ad interim delle Piagge. Don Renzo Rossi, 84 anni, fiorentino, ha vissuto gran parte del ministero sacerdotale nelle missioni tra i poveri e tra i carcerati del Brasile, tanto che nel 1985 ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Salvador de Bahia.
LA RIUNIONE IN PIAZZA DEI CIOMPI - Domani è stata convocata, con la capogruppo Ornella De Zordo e gli attivisti e le attiviste della lista di cittadinanza, una riunione su internet che si terrà alle 18.00 sotto la loggia di Piazza dei Ciompi per esprimere solidarietà alla Comunità delle Piagge dopo l’allontanamento di Alessandro Santoro.
* Corriere fiorentino, 29 ottobre 2009(ultima modifica: 30 ottobre 2009)
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Don Santoro e la donna nata uomo scrivono al Cardinale Betori
di Redazione ( “corrierefiorentino.it”, 27 ottobre 2013)
Si sono sposati quattro anni fa. E le loro nozze fecero esplodere un caso. Sì perché Sandra Alvino, la sposa, è oggi una donna a tutti gli effetti ma è nata uomo. Per il quarto anniversario, la coppia e don Santoro, il parroco che ha dato loro la «benedizione matrimoniale», hanno deciso di scrivere al Cardinale Betori. Proprio don Santoro per quella iniziativa fu temporaneamente allontanato da Betori dalla comunità delle Piagge, che firma anch’essa la lettera. «Siamo qui dopo quattro anni a fare memoria e rinnovare l’abbraccio di benedizione che abbiamo vissuto allora e ci sono tornate alla mente le Sue parole di Vescovo dette e scritte che consideravano, e tutt’oggi considerano, quell’atto «privo di ogni valore ed efficacia», alle quali abbiamo pensato e ripensato ma ancora una volta non possiamo fare altro che dire alla Chiesa, di cui facciamo parte che non riusciamo a riconoscerci e a condividere quelle Sue parole».
«Lei - scrivono gli estensori alla Chiesa, rivolgendosi a Betori - considerò quest’atto una simulazione di sacramento, appoggiandosi al Codice di Diritto Canonico e facendo forza sulla Sua «sicurezza» dottrinale». E, riferendosi alla recente intervista di Papa Francesco su Civiltà Cattolica, il prete don Santoro, Alvino (presidente dell’Associazione italiana transessuali) e il marito Fortunato Talotta dicono che «a noi sembra che queste parole siano la via maestra con cui le comunità cristiane, i vescovi e la chiesa nel suo insieme dovrebbero, con spirito sinodale, confrontarsi sugli atti e sulle scelte che viviamo come Chiesa. Ed è proprio alla luce di queste indicazioni che continuiamo a pensare che alla benedizione matrimoniale di Sandra e Fortunato debba essere riconosciuta la dignità di sacramento. E allora come pensare non esista e non valga quell’atto di matrimonio ufficiale firmato con fede e convinzione dagli sposi, da me come celebrante, e dai due testimoni quattro anni fa? Che cosa bisogna farne di quell’atto?».
Nella lettera si riporta che «oggi, nella celebrazione eucaristica della Comunità, insieme abbiamo ribadito che una storia d’amore fedele è un sacramento di per sè, che l’atto d’amore vissuto con loro il 25 ottobre di quattro anni fa supera il diritto e la legge sempre e comunque, e che la loro unione è benedetta e consacrata». «Ancora una volta, e questa volta in maniera aperta e pubblica, - prosegue il testo - Le chiediamo di poter cominciare a dialogare e confrontarsi come Chiesa in spirito sinodale su questa specifica questione e su come dare dignità di accoglienza vera nella chiesa alle diverse e varie relazioni d’amore».
“Ogni forma d’amore va accolta con dignità”
di Maurizio Bologni ( “la Repubblica” - Firenze, 28 ottobre 2013)
Dare dignità di accoglienza nella Chiesa, non solo a Fortunato Talotta e Sandra Alvino, nata uomo e diventata donna, ma «a tutte le diverse e varie relazioni d’amore». E questo in virtù del verbo nuovo portato da Papa Francesco. Lo chiedono all’arcivescovo Giuseppe Betori don Santoro e gli stessi Alvino e Talotta, in occasione del quarto anniversario della benedizione matrimoniale del prete delle Piagge alla coppia.
«Ci sono tornate alla mente le sue parole di vescovo - scrivono - che consideravano, e tutt’oggi considerano, quell’atto “privo di ogni valore ed efficacia”, ma ancora una volta non possiamo fare altro che dire alla Chiesa, di cui facciamo parte, che non riusciamo a riconoscerci e a condividere quelle sue parole. Allora - aggiungono - lei considerò quest’atto una simulazione di sacramento, appoggiandosi al Codice di diritto canonico e facendo forza sulla sua “sicurezza” dottrinale».
Ma «Papa Francesco - ricordano - nella sua recente intervista su “Civiltà Cattolica” dice: “Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla ‘sicurezza’ dottrinale, chi cerca ostinatamente di recuperare il passato perduto, ha una visione statica e involutiva. E in questo modo la fede diventa una ideologia tra le tante. Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona, Dio è nella vita di ciascuno. Lo si può e lo si deve cercare in ogni vita umana. Anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere».
Alla luce delle parole del Papa - scrivono don Santoro e la coppia a Betori - «continuiamo a pensare che alla benedizione matrimoniale di Sandra e Fortunato debba essere riconosciuta la dignità di sacramento... Ancora una volta, e questa volta in maniera aperta e pubblica, le chiediamo di poter cominciare a dialogare e confrontarsi come Chiesa in spirito sinodale su questa specifica questione e su come dare dignità di accoglienza vera nella chiesa alle diverse e varie relazioni d’amore. Inviteremo le varie comunità parrocchiali ed ecclesiali ad un momento di scambio e confronto in quello spirito di condivisione e di ricerca comune a cui ci invita con le sue parole e il suo stile Papa Francesco ».
“Nella mia chiesa comunione anche ai gay”
il prete di strada sfida il vescovo di Firenze
di Maria Cristina Carratù (la Repubblica, 22 ottobre 2012)
Per loro è stato un gesto intimo e silenzioso, ma le gerarchie ecclesiastiche potrebbero prenderlo come una sfida inaccettabile. Si chiamano Ambra, Alice, Silvano, Luciano e Davide, Irene e Cristina, e si sentono «persone qualunque», dicono, anche se «per la Chiesa non lo siamo del tutto».
Per la Chiesa ufficiale, almeno, visto che alle Piagge, quartiere fiorentino di periferia dove l’unico punto di riferimento per tante vite difficili è il Centro sociale Il Pozzo di don Alessandro Santoro, sono di casa, come persone e come credenti. E ieri, nel prefabbricato che ogni domenica si trasforma in chiesa, quando don Santoro ha fatto girare il calice con le ostie consacrate, anche loro, gli «esclusi», hanno fatto la comunione, insieme a tutti gli altri. Offrendo una sponda «al prete che ci ha fatto riavvicinare alla Chiesa», dopo anni di lontananza obbligata in quanto credenti omosessuali, condizione che il magistero bolla come «oggettivamente disordinata» e tale da precludere l’accesso ai sacramenti, in primis l’eucaristia.
Da anni alle Piagge gli omosessuali vengono «accolti», come anche il magistero raccomanda, però qui partecipano ai corsi prematrimoniali per i fidanzati, e possono fare la comunione senza che nessuno pretenda «certificati di omosessualità» con cui escludere dal sacramento i gay dichiarati.
Il clima di ieri, però, dentro la baracca del Pozzo, era decisamente diverso, perché era la prima domenica da quando è stata resa pubblica la seconda delle due lettere su «Chiesa cattolica e omosessualità», dopo quella sullo stesso tema inviata in settembre da tre preti e da una suora fiorentini (don Fabio Masi, don Giacomo Stinghi, suor Stefania Baldini, e dallo stesso Santoro) all’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori. Il quale, per singolare circostanza, è anche presidente della Commissione per il messaggio finale del Sinodo, dove dovranno trovare una qualche cittadinanza le aperture espresse nei giorni scorsi da alcuni vescovi sui divorziati risposati, anch’essi esclusi dai sacramenti.
Nella lettera, diffusa anche fra i parrocchiani e inviata a tutte le parrocchie di Firenze, i firmatari hanno annunciato di porsi in «obiezione di coscienza di fronte alle norme» del Catechismo della Chiesa sull’omosessualità (richiamate invece da Betori in risposta alla prima loro missiva) «per spingere tutti» hanno spiegato «a riconsiderare quella realtà allargando la riflessione». E ricorrendo a un termine che suona come una sfida al «si faccia purché non si dica» tollerato dalle autorità ecclesiastiche, pronte a scendere in campo quando la trasgressione diventa aperta e pubblica.
Come è avvenuto ieri alle Piagge, con grande soddisfazione di Luciano Tanganelli e Davide Speranza, 50 e 32 anni, sposati civilmente a New York e padri di due gemelli, o Cristina Ciulli e Irene Panzani che è incinta di sei mesi, sposate anche loro all’estero, «tornate in chiesa dopo anni di lontananza grazie a Santoro che ci ha accolto senza se e senza ma», o di Ambra Colacione, studentessa 21enne: «Dopo aver vissuto da piccola una fede convinta, dai 15 anni, quando mi sono dichiarata, ho sentito solo condanna» spiega, «ora finalmente faccio di nuovo la comunione, con uno spirito diverso», di Silvano Santi, anche lui studente, che pone «il nostro problema in un quadro più generale, che riguarda il modo in cui la Chiesa è Chiesa».
Di obiezione di coscienza non si parlava ancora nella prima lettera all’arcivescovo, in cui i tre preti e la suora, citando molti passi biblici, sottolineavano come la Scrittura «offra una cornice più alta» della sola condanna (presa invece a riferimento dal Catechismo) «in cui porre anche questo aspetto della vita», cioè l’omosessualità. E che il «cammino della scienza», la «nuova sensibilità dei credenti» e «l’evoluzione della visione antropologica cristiana» impongono ormai alla Chiesa «di non considerare verità assolute quelle che poi, come è accaduto in passato, dovrà riconoscere come errore».
All’appello al dialogo, Betori aveva replicato non direttamente ai firmatari, come loro chiedevano, ma durante una riunione del clero, ammonendo che «le iniziative personali che si distaccano dalla disciplina della Chiesa universale generano solo confusioni, e fanno oggettivamente male alle persone», e che «la fede, la morale, la disciplina sono patrimonio della Chiesa e non possono essere aggiustate a nostro arbitrio».
Da qui la seconda lettera, e, ieri, «il caso Piagge», di fronte a cui è probabile che le autorità ecclesiastiche non stiano più solo a guardare
’Sacramenti ai gay, pronti all’obiezione di coscienza’
di Maria Cristina Carratù (la Repubblica, 16 ottobre 2012)
«Obiezione di coscienza». È la parola-chiave della nuova lettera - la seconda - inviata la scorsa settimana all’arcivescovo Giuseppe Betori dai tre preti e dalla suora che già ai primi di settembre avevano sollevato, in un testo indirizzato alla massima autorità ecclesiastica fiorentina, la questione dell’accesso degli omosessuali ai sacramenti, in particolare l’eucaristia, sempre negato dalla Chiesa. Una lettera a cui Betori non ha risposto direttamente, come i firmatari avevano chiesto, ma all’ interno del suo discorso al clero all’ eremo di Lecceto, e, riferendosi anche al Catechismo, ribadendo il deciso no della Chiesa ad una apertura.
E adesso, in una seconda lettera all’arcivescovo, don Fabio Masi, don Giacomo Stinghi, don Alessandro Santoro e suor Stefania Baldini tornano sull’argomento con accenti ancora più decisi. Dopo aver chiesto inutilmente la pubblicazione in anteprima del testo («per rispetto dell’ arcivescovo») sul settimanale diocesano Toscanaoggi, hanno deciso di inviare per posta sia la prima, che la seconda lettera, che la risposta di Betori, a tutti i preti e agli oltre 200 consigli pastorali delle parrocchie fiorentine.
La prima volta, Masi, Stinghi, Santoro e Baldini avevano centrato il loro intervento sulla necessità che la Chiesa accettasse di storicizzare e contestualizzare la posizione della Bibbia sull’omosessualità. Lo avevano fatto tenendo conto delle nuove visioni sul tema, anche scientifiche, e soprattutto avevano dichiarato che nelle loro comunità gli omosessuali sono già ammessi alla comunione, nella nuova lettera parlano esplicitamente di «obiezione di coscienza»: non come «disprezzo delle regole», spiegano, ma come «amore e riconoscimento sofferto della comunità di cui uno è parte, aperto anche ad accettare le conseguenze della posizione che ha preso».
Perché, si chiedono i preti e la suora, «in altri campi i capi della Chiesa la onorano e la consigliano, e qualcuno dice addirittura che è la forma più alta di amore e di rispetto della legge», e in questo caso no? «La Chiesa di Firenze, anni addietro», si ricorda, «ha avuto modo di approfondire il senso dell’obiezione di coscienza, e noi siamo figli di quel periodo».
Nella lettera si fa riferimento anche alle parole pronunciate dall’ arcivescovo a Lecceto («L’attenzione alle condizioni delle persone» aveva detto Betori «non può mai portare a un travisamento della verità», la quale deriva dalla «visione antropologica proposta dalla rivelazione», e non lascia spazio a troppi distinguo: «Proprio il bene delle persone richiede sì accoglienza, ma prima di tutto il dono della verità senza confusioni»), per sostenere che «nel cammino della Chiesa non c’è stata una ’visione antropologica’ definita compatta, immutata e immutabile», ma «per grazia di Dio» la visione espressa in certe epoche del passato «si è evoluta ed è cresciuta».
I quattro ne sono convinti: «Noi parlando non rivendichiamo un diritto, ma esercitiamo un dovere: è la Chiesa che ha diritto di conoscere la nostra esperienza». La sfida è aperta, la parola torna all’arcivescovo
Teologi italiani, riprendete la parola, senza paura e senza reticenze. Appello di preti e religiosi
di Luca Kocci
in “Adista” n. 1 del 7 gennaio 2012
Il “dio denaro” governa il mondo, la guerra è tornata ad essere «continuazione della politica», i cambiamenti climatici sconvolgono il pianeta, i poveri aumentano, eppure i teologi tacciono, forse perché sono convinti che la teologia viva fuori dal mondo e non debba avere rapporti con la storia.
Ma non è così, anzi è compito della teologia e dei teologi «fare sogni» incarnati nella realtà e «diventare profeti» nel nostro tempo. Lo dicono, con forza e passione, in una “lettera aperta” a tutti i teologi e le teologhe italiane, alcuni parroci, preti e religiosi:
Alessandro Santoro (prete della Comunità delle Piagge di Firenze), la teologa domenicana Antonietta Potente, Andrea Bigalli (prete di S. Andrea in Percussina, Firenze), Pasquale Gentili (parroco di Sorrivoli, Cesena), Benito Fusco (frate dei Servi di Maria), Pier Luigi Di Piazza del Centro Balducci di Zugliano (Udine) e Paolo Tofani (parroco di Agliana, Pistoia).
Chiedono loro di riprendere la parola e li invitano il prossimo 20 gennaio (dalle 17.30) alla Comunità delle Piagge di Firenze, per un «incontro aperto» su tali questioni. Occasione forse unica - e comunque la prima da diversi anni a questa parte - per rompere il silenzio, per riscoprire la «Bibbia e il giornale», come affermava il teologo evangelico Karl Barth («È necessario che tra la Bibbia e il giornale, come tra due poli di un arco elettrico, comincino ad accendersi lampi di luce per rischiarare la terra») o la lezione della Teologia della liberazione capace di coniugare Parola di Dio e realtà sociale di oppressione. Di seguito Il testo integrale della lettera.
Lettera alle teologhe e ai teologi italiani di alcuni presbiteri e teologi
in “Adista” n. 1 del 7 gennaio 2012 *
«Dove stai tu quando si soffrono cambiamenti climatici e cambiamenti di umore? Dove stai tu mentre il nostro pianeta va al collasso e le multinazionali e le banche, vendute al dio profitto e al dio denaro, governano il mondo? Dove stai tu quando si deve decidere se intervenire per sostenere un intervento armato della Nato nella terra degli altri? Dove stai tu quando si riducono tutte le spese per il sociale, la sanità e la scuola, mentre continuano ad aumentare i bilanci della difesa e si spendono cifre folli per le armi? Dove stai tu quando la gente dei Sud del mondo si sospinge fino alle spiagge di Lampedusa e viene ricacciata indietro o chiusa nei Cie, colpevoli soltanto di immigrazione? Dove stai tu quando qualcuno dice che l’ex primo ministro è meglio che un politico dichiarato gay, perché il primo è “secondo natura”? Dove stai tu quando il bilancio familiare è insufficiente e si vive una precarietà che riduce a brandelli sogni e progetti? Dove stai tu quando gli indignados scendono in piazza o fanno rete virtuale su internet?
E ancora... perché accettiamo solamente che qualcuno tenga le chiavi del Regno e decida chi farci entrare? Forse tu ci sei? E se ci sei, ci sei clandestinamente perché la tua teologia non appartiene a questi ambiti?
Quando il profeta Gioele (3,1-2) dice che tutti diventeranno profeti e gli anziani faranno sogni e i giovani avranno visioni, a chi si rivolge? Forse non parla a tutti gli uomini e le donne del nostro tempo? E allora, se fare sogni e interpretarli e diventare profeti è proprio della teologia, non è forse vero che tutti i credenti sono teologi? E perché non glielo diciamo più?».
Alessandro Santoro (prete della Comunità delle Piagge di Firenze),
Antonietta Potente (teologa domenicana),
Andrea Bigalli (prete di S. Andrea in Percussina, Firenze),
Pasquale Gentili (parroco di Sorrivoli, Cesena),
Benito Fusco (frate dei Servi di Maria),
Pier Luigi Di Piazza del Centro Balducci di Zugliano (Udine),
Paolo Tofani (parroco di Agliana, Pistoia)
“L’arcivescovo premia chi ha nascosto le violenze”
Monsignor Betori conferma come suo braccio destro Maniago, che sapeva e ha messo tutto a tacere *
Nella giornata mondiale contro la pedofilia arriva una polemica tra l’ex segretario generale della Cei monsignor Giuseppe Betori e alcune vittime della pedofilia nella Chiesa. Si tratta delle “Vittime di don Lelio Cantini”, associazione che raccoglie chi ha subìto le molestie di un sacerdote di 87 anni che, fino al 2005, è stato parroco della Regina della Pace a Firenze. Si sono scontrate con l’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, che non ha mai chiesto d’incontrarle. “Perché la pulizia che la Chiesa sta facendo al suo interno sta risparmiando Firenze?” si chiedono Mariangela Accordi, Francesco Aspettati e altri esponenti di questa associazione nata “contro l’omertà”. L’ufficio stampa di Betori si affretta a chiarire: “A malincuore e sorpresi da questi attacchi ingiustificati e reiterati, tramite la stampa, nei confronti della Chiesa fiorentina, si chiarisce, a prova di ogni sincera smentita, che a nessuno di coloro che hanno chiesto udienza a monsignor Betori su cose importanti e per le vie ufficiali, questa è stata negata”.
LA VICENDA. In una lettera indirizzata a Papa Benedetto XVI, le vittime definiscono don Lelio Cantini “responsabile di abuso plurimo e aggravato nei confronti di minori, del delitto di sollecitazione a rapporti sessuali compiuto nei confronti di più persone in occasione della Confessione e dell’abuso nell’esercizio della potestà ecclesiastica nella formazione delle coscienze”. Tutto comincia con la denuncia di Mariangela Accordi, che è stata violentata dal prete per quindici anni. Gli abusi su di lei sono cominciati quando ne aveva appena dieci. Mariangela ha raccontato la sua storia al vescovo ausiliario di Firenze, monsignor Claudio Maniago, che si è formato nella parrocchia di don Cantini, suo maestro. Il risultato però è stato soltanto silenzio. Don Cantini è stato trasferito in un’altra sede, ma ha continuato a celebrare messa e a stare in contatto con bambini. Mariangela ha poi svelato la storia prima a Repubblica e poi ad Annozero. Solo allora, quando lo scandalo è diventato noto a livello nazionale, è stato fatto un processo canonico, conclusosi nell’ottobre 2008 con la riduzione allo stato laicale del prelato.
IL VESCOVO. Monsignor Maniago, classe 1959, è divenuto il più giovane vescovo italiano nel 2003 dopo una rapidissima carriera. Nel 2005 ha tentato di convincere Mariangela e i suoi parenti a non divulgare la notizia degli abusi subiti per non nuocere all’immagine della Chiesa. A gennaio di quest’anno, Betori, che è arcivescovo di Firenze, ha confermato come suo braccio destro fino al 2015 proprio Maniago. “Maniago - scrivono nella lettera le vittime di don Cantini - ha saputo degli abusi e ha cercato di mettere tutto a tacere. Perché riconfermare proprio lui, se la chiesa vuole fare pulizia?". Al Fatto Quotidiano, che ha cercato di contattare Betori per chiarire i motivi della nomina di Maniago, il suo ufficio stampa ha risposto: “L’arcivescovo di Firenze in questi giorni non è in sede e quindi non è in grado di rispondere alle domande”. I firmatari del documento sostengono che la “condanna” di don Cantini non basta, perché di fronte agli abusi del sacerdote e di Rosanna Saveri, sedicente veggente che per anni è stata al fianco di don Cantini, “una intera Chiesa avrebbe taciuto, sottovalutato, non voluto vedere”.
Vista la passività di monsignor Maniago, Mariangela si rivolge al cardinale di Firenze Giacomo Antonelli, il quale le risponde di “non avere il potere per intervenire”. Ora l’appello è rivolto direttamente al Papa, “l’ultimo, e l’unico, che può fare giustizia”. (Bea. Bor.)
* il Fatto, 06.05.2010
Il caso Don Cantini
Abusi, lettera al Papa: il silenzio di Betori e il ruolo di Maniago
Le vittime di don Lelio Cantini scrivono a Benedetto XVI e alla Congregazione per la dottrina della Fede: «Accertate le responsabilità di chi nella curia fiorentina ha coperto per anni l’ex parroco». Fa sempre discutere la riconferma di Maniago a vescovo ausiliario
di Osvaldo Sabato (l’Unità Firenze, 04.05.2010)
Il caso non è affatto chiuso. Per loro la vicenda di don Lelio Cantini è più viva che mai, specie di questi tempi con la Chiesa nella bufera per le denunce contro i preti pedofili. A Francesco, Andrea, Mariangela e tutte le altre vittime di don Lelio Cantini non basta la riduzione allo stato laicale dell’ex prete, parroco della parrocchia fiorentina della Regina della Pace, decisa da Benedetto XVI. Prima di mettere una pietra sopra a questa triste vicenda di ordinari abusi sessuali su minori fatti da don Cantini fra il ‘73 e l’87, le vittime vogliono andare fino in fondo e pretendono chiarezza sulle responsabilità di chi nella curia di Firenze ha coperto l’ex parroco.
Per loro sarà giustizia solo quando saranno riconosciute le responsabilità di tutti i protagonisti di questa storia. Ecco perché una decina di giorni fa hanno spedito una lettera al Vaticano, indirizzandola direttamente al Papa Benedetto XVI e alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Nelle due cartelle le vittime di don Cantini denunciano come non sia stata ancora fatta piena giustizia sulle coperture della curia per oltre trent’anni. Chi ha subìto le violenze di don Cantini si lamenta con l’attuale arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori per il suo silenzio. «Per noi il caso non è chiuso, se non si fa chiarezza su tutto, per noi è ancora aperto» spiega Francesco.
Nel mirino c’è sempre il vescovo ausiliario Claudio Maniago, confermato anche da Betori nel suo incarico di vicario della curia, che di don Cantini fu figlioccio spirituale. Fu proprio a lui che nel 2004 si rivolsero le vittime di don Cantini per denunciare gli abusi sessuali consumati in parte nella canonica della parrocchia. Maniago fece finta di non sentire, anzi invitò le vittime a dimenticare. «Vogliamo che sia accertato il suo ruolo, quello della perpetua Rosanna Saveri, vogliamo sapere perché chi aveva saputo non aveva fatto poi niente» afferma Francesco. Anche l’ex arcivescovo di Firenze Silvano Piovanelli viene accusato per aver sottovalutato il caso quando era a capo della Curia.
«Non c’è mai stata la volontà di indagare seriamente su quanto succedeva in quella parrocchia» denuncia Francesco. «Don Cantini è stato messo a tacere, hanno punito solo lui» rilancia Mariangela, che in questa storia ci ha messo anche la faccia andando in televisione per raccontare quando don Cantini le chiedeva di spogliarsi dicendole di pensare alla Madonna.
Ora il Papa invita i vescovi a denunciare i preti pedofili alla magistratura. «Ma quando quattro anni fa era venuta fuori la nostra vicenda la Chiesa ci invitata a stare zitti» ribadisce Mariangela. Ora viene chiesto alle alte sfere del Vaticano di fare ulteriori indagini «vogliamo chiarezza piena sulle responsabilità di tutti quelli che potevano fare, ma non lo hanno fatto» dice Francesco, anticipando all’Unità alcuni passaggi della lettera spedita al Papa e alla Congregazione per la Dottrina della Fede. «Inoltre siamo perplessi per la riconferma di Maniago al suo incarico, decisa da Betori, come se niente fosse» aggiunge Francesco. A distanza di anni, infatti, ci sono ancora molti dettagli da capire. Intanto la linea della Curia resta sempre quella dell’attesa. Anche l’attuale parroco della Regina della Pace, don Paolo Milloschi, fa finta di niente tanto da invitare lo stesso Maniago ad inaugurare, prima di Pasqua, la settimana francescana proprio nella parrocchia dove si sono consumati gli abusi di don Cantini.
Nel frattempo le vittime dell’ex parroco della Regina della Pace, vogliono mettere di fronte alle loro responsabilità i piani alti della curia. «Vogliamo essere messi a confronto con con chi ha coperto don Cantini» insiste Francesco. «Da quando è arrivato Betori ci ha ignorato, mai un segnale di vicinanza» ricordano le vittime. «Non ci è mai venuto a cercare, per lui il caso è chiuso, ha avuto la condanna di don Cantini prima del suo arrivo a Firenze e ai preti che gli hanno chiesto un gesto lui ha sempre ritenuto chiuso l’argomento» conclude Francesco.
Firenze, prescrizione per don Cantini. Ma i pm censurano l’inerzia della curia
"Quel prete e vent’anni di abusi coperti dai silenzi della Chiesa" *
FIRENZE - Per almeno venti anni don Lelio Cantini, parroco della chiesa fiorentina Regina della pace, ha abusato di bambine e adolescenti «a lui affidate in nome della fede», spesso usando il Cantico dei Cantici come «arma di avvicinamento» per carpirne l’innocenza. Per il pm Paolo Canessa e il gip Paola Belsito le violenze sono certe, numerose e gravissime. Ma non sono più punibili perché non sono state raccolte testimonianze oltre il ‘93. E dunque i reati si sono prescritti.
Non sarebbe finita così se la Chiesa fiorentina non fosse stata sorda alla richiesta di aiuto, di giustizia e verità delle vittime, una delle quali denunciò i fatti all’arcivescovo Piovanelli già nel lontano 1975. Responsabile dell’«assordante silenzio» della Curia è stato anche - secondo i magistrati - il vescovo ausiliare Claudio Maniago, già allievo di don Cantini, che non prestò ascolto ai suoi ex compagni di parrocchia e che le indagini collocano anche al centro, nel ’96, di un festino sado-maso. Solo dopo che, nel 2007, le denunce delle violenze trovarono spazio su «Repubblica», don Cantini, che oggi ha 88 anni, è stato punito dalla Chiesa con la riduzione allo stato laicale.
Amaro il commento delle vittime: «Da un punto di vista giuridico è un’archiviazione, ma nella sostanza è una vera sentenza di condanna», dice Francesco Aspettati, portavoce del gruppo, sottolineando come «le vittime attendano ancora dalla Curia «un gesto pubblico di riconciliazione, che riconosca le responsabilità della Chiesa fiorentina per quanto accaduto alla Regina della pace e per non aver preso nella dovuta considerazione le nostre denunce».
«All’attivo c’è solo la riduzione di Cantini allo stato laicale, ma almeno si è fatta luce su una verità terribile durata quarant’anni» commenta Mariangela Accordi, che ha raccontato la sua drammatica vicenda ad Annozero. «Mi aspettavo l’archiviazione» dice un altro del gruppo, Andrea Mancaniello, «ma almeno l’inchiesta ha certificato come vero e oggettivo tutto quello che, non creduti, avevamo sempre detto».
* la Repubblica, 03.05.2011
Piagge, don Santoro ritorna «Pentito, ho creato disagi»
La decisione è avvenuta dopo che don Santoro ha scritto una lettera all’arcivescovo nella quale «si rende conto di aver provocato disagio e turbamento». Ha fatto giuramento di fedeltà. Betori: Riconosco il pentimento del sacerdote *
[...] L’arcivescovo Giuseppe Betori ha preso atto che don Alessandro Santoro, anche nella lettera, ha riconosciuto che la celebrazione di quel matrimonio, da lui compiuta, «ha provocato disagio e turbamento in buona parte della comunità ecclesiale e presbiteriale», provocando, «anche se senza volere, un’incrinatura in questa comunione». Un pentimento che il sacerdote ha ribadito nel giuramento di fedeltà sottoscritto oggi, assumendo nuovamente l’incarico di cappellano. Nella formula canonica, infatti, si aderisce «con religioso ossequio della volontà e dell’intelletto agli insegnamenti che il Romano Pontefice e il Collegio episcopale propongono quando esercitano il loro magistero». E, inoltre, si assicura che nel portare avanti il compito affidato, si respingerà «qualsiasi dottrina contraria» alla Fede della Chiesa curando «l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche, in particolare di quelle contenute nel Codice di Diritto canonico». [...]
CdV, 15:36
PAPA: MONS. BETORI, SI VUOLE STACCARE LA GENTE DAI PASTORI
’Non bisogna cedere alla strategia di chi vuole staccare il popolo dai pastori, perche’ il tentativo e’ chiaramente questo’. Lo afferma l’arcivescovo Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze in merito alle accuse del NYT al Papa. Il movente di questo attacco, per Betori, e’ altrettanto chiaro: ’quello che da’ fastidio - spiega - e’ che la Chiesa sia un soggetto, come agenzia educativa, riconosciuto dalla gente per la sua autorevolezza. Questo da’ fastidio a chi vorrebbe invece spadroneggiare in queste nostre societa’ occidentali, senza alcuna remora e alcun riferimento etico’. Quanto alle vicende nelle quali si tenta di coinvolgere la figura del Pontefice, per Betori, si tratta di speculazioni .
* la Repubblica, 26 marzo 2010.
Don Alessandro Santoro a Le storie di Corrado Augias *
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-52fe861e-0e8d-4165-9825-0916e99dde75.html?p=0
Betori alle Piagge: “Dovete continuare”. E don Alessandro? “Chi tocca i fili...”
di Jacopo Menichetti *
Ad un mese dall’allontanamento forzato di don Alessandro Santoro, il vescovo di Firenze si è finalmente recato in visita alla Comunità delle Piagge, come questa richiedeva ormai da tempo per poter avere un confronto diretto in merito proprio a quel provvedimento duro e immediato che la Comunità non può accettare né condividere. E affinché il vescovo potesse conoscere direttamente una realtà che fino a questo momento non aveva avuto modo e tempo di visitare.
Nel corso del pomeriggio Monsignor Betori ha visitato il centro sociale Il Pozzo ed altri luoghi del quartiere, ha incontrato le persone che animano la comunità e molti abitanti della zona e conosciuto le numerose attività che nei suoi quindici anni di vita la comunità ha costruito, per ridare speranza e dignità ai tanti senza voce di cui da sempre cerca di farsi compagna di strada.
Il doposcuola dei ragazzi del quartiere, il riciclaggio del ferro, la bottega delle economie solidali Equazione, il microcredito, i gruppi di giovani e adulti impegnati nei percorsi spirituali, la casa editrice Edizioni Piagge, la scuola per stranieri e quella per adulti, i prodotti agricoli di Villore, il laboratorio di Via Liguria con le sue attività e l’Isola del Ri-Uso vicina all’ex inceneritore: il vescovo ha toccato con mano la galassia di esperienze di cui è composta la comunità delle Piagge, in una visita intensa seppur rapida, certo non sufficiente a cogliere fino in fondo il respiro delle cose in questo complesso micro-universo che è il quartiere delle Piagge.
In molti hanno sottolineato la centralità del ruolo di Alessandro Santoro, come prete e come uomo, e l’importanza del suo instancabile lavoro dentro il territorio. “Sempre disponibile con tutti, sempre con la porta aperta, sempre presente dalla mattina alla sera, sette giorni su sette”, come ha detto qualcuno.
In serata, dopo la visita, si è svolta l’assemblea con tutta la comunità. Il vescovo ha distinto chiaramente la positività del cammino della comunità, e dello stesso lavoro pastorale di don Santoro, dal gesto del matrimonio tra Sandra e Fortunato. “Il cammino della comunità deve andare avanti. Non ho progetti precisi riguardo a questa esperienza, ma so che essa deve continuare perché è parte piena della diocesi fiorentina. È una realtà molto positiva. Tuttavia devo distinguere questa positività dal gesto messo in atto da don Alessandro che ha celebrato un matrimonio che non poteva celebrare, perché andava contro la dottrina della Chiesa e la sua concezione antropologica. Ha toccato fili che non doveva toccare, altrimenti salta tutto l’impianto. I sacramenti non sono nostri, e nessuno può usarli come crede. Possiamo solo rispettarli perché sono un dono di Dio”. Queste le parole del vescovo nel corso dell’assemblea, svoltasi in un clima di confronto determinato ma sempre composto.
Tuttavia molti membri della comunità hanno sottolineato la piena condivisione di quel matrimonio, ribadendo che esso è parte integrante della storia della comunità stessa. Per questo la decisione del vescovo continua a suscitare contrarietà e opposizione ed è ritenuta del tutto ingiusta.
Restano poi ancora molte domande senza una vera risposta. Dov’è l’accoglienza della Chiesa per Sandra e Fortunato? E’ solo un’accoglienza a metà? Perché ancora il vescovo non ha neppure incontrato Sandra e Fortunato? Perché non accetta che l’amore di questo uomo e questa donna possa essere portato davanti a Dio e da Egli benedetto?
La comunità ha concluso chiedendo una continuità di questo confronto e dialogo con il vescovo, ma allo stesso tempo non rinuncia a perseverare nella manifestazione della sua contrarietà, avendo constatato che nonostante le molte belle parole non vi è stata alcuna minima apertura da parte di Monsignor Betori in merito al futuro di don Alessandro e ad un suo possibile ritorno alle Piagge.
La Comunità scrive a Benedetto XVI: «Papa ascoltaci! Don Alessandro rimanga alle Piagge» *
In seguito all’imbarazzante rifiuto di monsignor Betori, vescovo di Firenze, di incontrare la Comunità dopo l’allontanamento di don Alessandro Santoro dalle Piagge, i fedeli piaggesi decidono di scrivere il loro sdegno a Papa Benedetto XVI. Al Santo Padre chiedono di «lasciare Don Alessandro Santoro come cappellano della Comunità delle Piagge» e di «chiedere a Mons. Betori di incontrarci insieme a Don Alessandro Santoro, per conoscerci e capire chi siamo, e cosa abbiamo costruito, prima di applicare questa decisione».
Ecco il testo integrale della lettera che è stata inviata per conoscenza anche allo stesso Betori e alla stampa nazionale e regionale.
Papa Benedetto XVI
Santo Padre,
siamo la Comunità delle Piagge di Firenze, vorremmo metterLa al corrente di ciò che in -questi giorni stiamo subendo.
Come Lei saprà lunedì scorso 26 ottobre, Mons. Giuseppe Betori Arcivescovo di Firenze ha comunicato a Don Alessandro Santoro, cappellano della Comunità delle Piagge dal 2006, ma inviato come delegato arcivescovile dal novembre del 1994 nel territorio delle Piagge, la sospensione dalla cura pastorale della nostra Comunità e gli ha imposto un periodo di riflessione e preghiera lontano dalla persone con le quali ha fatto nascere e vivere la Comunità.
L’Arcivescovo Giuseppe Betori ha preso questa decisione senza mai aver trovato il tempo di venire a incontrarci e capire chi siamo e cosa da quindici anni è stato costruito seguendo l’insegnamento del Vangelo. Ed è sulle tracce del Vangelo che Don Alessandro Santoro ha ridato dignità agli Uomini e alle Donne che in questo territorio vivono e l’unica cosa di cui è colpevole è di amare il Vangelo più della sua stessa vita.
Quando è arrivata la notizia della sospensione dalla cura pastorale delle Piagge di Don Alessandro Santoro, abbiamo deciso di incontrarci e di decidere cosa fare, la cosa più ovvia era gridare il nostro dissenso e chiedere al Vescovo di incontrarci. Dopo una serie di telefonate in Curia e aver parlato con il segretario del Vescovo, l’unica cosa che siamo riusciti ad avere è un foglio piegato consegnato a mano da un sacerdote in portineria dove ci viene comunicato dal Vescovo che: “non posso trattare il caso che vi riguarda diversamente da come ho sempre impostato il mio impegno nelle nomine e trasferimenti dei presbiteri diocesani” e che “su queste decisioni non ci possono essere momenti precedenti, e ancor meno successivi, di confronto assembleare”. Ci domandiamo se l’Arcivescovo di Firenze, Mons. Betori, ha capito che non siamo una normale parrocchia, ma una realtà articolata in un territorio difficile, dove i “diversi” e gli “ultimi” nell’ottica del Vangelo vivono la loro quotidianità.
Vorremmo altresì comunicarLe che Don Alessandro Santoro ha chiesto espressamente a Mons. Betori di essere lui a dire alla “sua gente” le decisioni che erano state prese nei suoi confronti, invece la Curia fiorentina nella persona del suo Vescovo Mons. Betori ha pensato bene di inoltrare immediatamente ai mass-media la notizia e noi, protagonisti di questa incresciosa vicenda, lo abbiamo appreso dai vari comunicati ANSA e AGI. La stessa cosa è successa per la designazione del successore di Don Alessandro Santoro. Vogliamo sperare che questo modo di procedere ignorando i sentimenti e la dignità delle persone appartenga solo alla Curia fiorentina e non alla Chiesa tutta che Lei rappresenta.
Per questo, Le invieremo tutto ciò che in questi giorni è intercorso tra noi e la Curia fiorentina e, nei prossi giorni, anche tutte le testimonianze delle persone comuni appartenenti o vicini alla Comunità. Le comunichiamo che tutto quello che invieremo e riceveremo sarà inviato anche a Mons. Betori e a tutti i mezzi di informazione nazionali.
Siamo certi che queste nostre testimonianze Le staranno a cuore e pertanto Le chiediamo di :
Siamo certi che il Suo intervento cambierà una decisione presa in modo arbitrario, senza le dovute conoscenze e sarà testimonianza dell’Amore di Dio per l’Uomo.
la Comunità di Base delle Piagge
* www.altracitta.org Postato sabato 31 ottobre 2009
L’ultima messa di don Santoro, "esiliato dalla Curia"
di Osvaldo Sabato *
Per chi gira nel quartiere fiorentino delle Piagge può stare tranquillo perché la sindrome di Stendhal non è in agguato. Le Piagge, periferia occidentale di Firenze, sono un quartiere sorto alla fine degli anni 80, frutto di «una progettazione negligente, di risorse e servizi carenti e di famiglie dal passato difficile parcheggiate» come scrive lo storico Paul Ginsborg nell’introduzione del libro di Francesca Manueli «Le Piagge. Storia di un quartiere senza storia».
È in questa periferia di Firenze che nel 1994 don Alessandro Santoro celebrò nel mese di novembre la sua prima messa all’aperto. Da allora sono trascorsi quindici anni. Ieri l’ultima domenica del prete alle Piagge dopo il suo allontanamento deciso dall’ arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori. La mattinata fa il pieno di sole e di tristezza, di sguardi smarriti e di lacrime delle oltre mille persone che hanno assistito all’ultima messa di don Alessandro Santoro. Il sacerdote è stato punito da Betori «per il suo atto di disobbedienza» per aver celebrato il matrimonio tra Sandra Alvino, una donna nata uomo, e Fortunato Talotta, sposati entrambi da 25 anni ma con rito civile.
L’ultima messa di don Santoro è un concentrato di emozioni, lo stesso prete parlando davanti ai suoi parrocchiani si ferma più volte per la commozione. «Vado via perché obbedisco a quello che il vescovo mi chiede anche se non so il motivo preciso per cui obbedisco» dice don Santoro. «Ma lo farò» spiega alla sua gente «se sono estromesso io, non voglio che venga estromessa la mia realtà cioè voi». Preferisce farsi da parte «piuttosto che trascinare 15 anni di storia con voi» contro la Curia «gigante invincibile», come la definisce don Santoro. Pare che i vertici della Chiesa fiorentina abbiano chiesto al prete di dimettersi anche dalle cariche sociali che ha nelle due cooperative (Il Cerro e Il Pozzo) nate alle Piagge.
«In questo modo vogliono proprio tagliare qualsiasi rapporto con questa realtà» dice un collaboratore di don Santoro. Intanto la comunità delle Piagge non si arrende e continua nella sua difficile battaglia per tentare di convincere Betori a fare marcia indietro. Prima un’assemblea, poi una veglia e infine una lettera inviata direttamente a Benedetto XVI per raccontare quanto è stato fatto negli anni alle Piagge e sostanzialmente viene chiesto al Papa di «lasciare don Santoro come cappellano della comunità delle Piagge» e di chiedere a Betori un incontro con i fedeli. «Siamo certi - scrivono a Papa Benedetto - che il suo intervento cambierà una decisione presa in modo arbitrario».
In realtà dalla Curia non arrivano segnali positivi per un cambio di rotta e a don Santoro non resta che aspettare venerdì quando dovrà inesorabilmente lasciare le Piagge. Su facebook spuntano tre gruppi pro Santoro e i suoi sostenitori sono pronti a far piovere sulla Curia migliaia di mail. Sullo sfondo sono in cantiere altre iniziative: digiuni a staffetta sul sagrato del Duomo fino ad un volantinaggio quando è Betori a dire messa. «Posso ancora celebrare messa ma non ho più un popolo: è di questo che sono stato privato» afferma il parroco nella messa di ieri.
I suoi parrocchiani non si arrendono e non vedono di buon grado neanche la scelta dell’anziano prete don Renzo Rossi (ex missionario e amico di don Milani)di prestarsi al gioco «arbitrario» di Betori. Insomma verso la Curia tira aria di sfida. Non a caso nelle prossime settimane alle Piagge verranno a celebrare messa una pattuglia di preti «disobbedienti» come don Vitaliano Della Sala, don Andrea Gallo e don Armando Zappolini. «Il vescovo mi ha detto di fargli proposte, ci parlerò in settimana, poi vedremo quanto durerà l’esilio» conclude amaramente don Alessandro Santoro.
* l’Unità, 02 novembre 2009
Colpevole di troppo vangelo. La curia di Firenze rimuove don Alessandro Santoro
di Valerio Gigante (Adista - Notizie - n. 111, 07.11. 2009)
Alle Piagge, popolare quartiere alla periferia nord-ovest di Firenze, don Alessandro Santoro ci era arrivato, da giovane prete, nel 1994. Poi, nel 1996, l’allora arcivescovo della città, il card. Ennio Antonelli, gli aveva formalmente affidato la cura della comunità.
Con alcuni abitanti, aveva dato vita ad una vivacissima realtà ecclesiale di base che a poco a poco, grazie all’aiuto di tante laiche e laici, ha contribuito ad animare un quartiere spesso caratterizzato da situazioni di degrado e marginalità. Erano così via via nati diversi progetti autogestiti: una bottega delle economie solidali; il Fondo Etico e Sociale, per finanziare progetti di promozione del territorio, il ’progetto Villore’, esperienza di agricoltura biologica, accoglienza, vita in comune in Mugello; il doposcuola per i bambini; la scuola di alfabetizzazione per adulti e stranieri; le attività di recupero e riciclaggio dei rifiuti; quelle per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate; il laboratorio politico “Cantieri solidali” che partecipa attivamente alla vita civile della città; la casa editrice Edizioni Piagge; la testata l’Altracittà, un giornale che racconta la città di Firenze con una particolare attenzione al quartiere ed ai problemi delle periferie; il centro sociale “Il Pozzo”, che ha sede in un prefabbricato dove si svolgono durante la settimana gran parte degli incontri e delle iniziative della comunità e dove ogni domenica don Santoro celebra la messa.
Eucarestia che alle Piagge don Santoro d’ora in poi non potrà, suo malgrado, più celebrare. Il prete è stato infatti rimosso dal suo incarico dal vescovo di Firenze, mons. Giuseppe Betori. La sua ‘colpa’, quella di aver sposato in chiesa, il 25 ottobre scorso, Sandra Alvino e Fortunato Talotta. Un matrimonio “fuori dai canoni” ecclesiastici, a giudizio della Curia di Firenze. Sandra, 64 anni, è infatti nata uomo, anche se già dal 1974, dopo un’operazione per cambiare sesso realizzata a Londra, era diventata a tutti gli effetti una donna; tanto che lo Stato italiano le aveva permesso, nel 1982, di sposare con rito civile l’uomo che amava già da diversi anni. Sandra, cattolica praticante, aveva però sempre desiderato coronare la sua storia d’amore ormai trentennale davanti all’altare, con il rito religioso. Così, dopo un cammino all’interno della comunità delle Piagge, già lo scorso anno don Santoro si era detto disposto a sposare in chiesa lei e Fortunato.
Poi però, il 15 gennaio 2008, poco prima che le nozze fossero celebrate, arrivò il diktat del card. Antonelli, che obbligò don Alessandro a fare, seppure a malincuore, un passo indietro (v. Adista n. 11/08).
Ma alla fine l’obbedienza alla gerarchia nulla ha potuto di fronte alla necessità di obbedire al precetto di amore del Vangelo. Da questa obbedienza don Santoro, come egli stesso ha spiegato durante l’omelia pronunciata il 25 ottobre di fronte agli sposi e a tutta la comunità, non ha potuto esimersi. Così, puntuale, la sera stessa del 25, è arrivato il comunicato della Curia di Firenze nel quale la celebrazione avvenuta alla Piagge viene bollata come la “simulazione di un sacramento”, “un atto privo di ogni valore ed efficacia, in quanto mancante degli elementi costitutivi del matrimonio religioso che si voleva celebrare”. Una scelta, quella di don Santoro che, secondo la Curia, “assume particolare gravità in quanto genera inganno nei riguardi delle due persone coinvolte, che hanno potuto ritenere di aver celebrato un sacramento laddove ciò era impossibile, nonché sconcerto e confusione nella comunità cristiana e nell’opinione pubblica, indotta a pensare che per la Chiesa siano mutate le condizioni essenziali per contrarre matrimonio canonico”.
Per questo, conclude seccamente il comunicato, all’arcivescovo non resta “che riconoscere con dolore e preoccupazione questo dato di fatto”, sollevando don Alessandro Santoro “dalla cura pastorale della comunità delle Piagge” e chiedendogli “di vivere un periodo di riflessione e di preghiera”. Insomma, parroco rimosso, matrimonio nullo. Nullo, forse, per le leggi della Chiesa. Infatti, come lo stesso don Santoro aveva ricordato rivolgendosi a Sandra e Fortunato durante l’omelia, nessun provvedimento della Curia avrebbe potuto cambiare la realtà, perché “voi siete una coppia di credenti che vive nella Chiesa il suo essere coppia e questo il Dio della Vita benedice e accarezza”. (valerio gigante)
La Chiesa non tema la fede autentica e libera
di Enzo Mazzi (La Nazione, 28 ottobre 2009)
Mai avrei pensato di rivivere dopo quarant’anni una vicenda di repressione intraecclesiale simile a quella che negli anni Sessanta colpì la comunità dell’Isolotto e la mia persona. Ritenevo che la gravità di quei provvedimenti, cioè il tentativo di annullare un’esperienza comunitaria ecclesiale molto vitale attraverso la mia rimozione dalla parrocchia, fosse dovuta al timore che incuteva nei centri del potere civile e religioso la rivoluzione del ‘68. Mi sbagliavo.
La paura sembra rivelarsi congenita negli animi inquieti delle gerarchie ecclesiastiche. Il provvedimento con cui l’arcivescovo di Firenze ha imposto l’allontanamento di don Alessandro Santoro dalla comunità delle Piagge è di una gravità che adombra una tale paura.
Paura di che? Ce lo domandiamo smarriti. I gesti di don Santoro “contraddicono il ministero di pastore di una comunità, per la quale il sacerdote deve rappresentare la voce autentica dell’insegnamento dottrinale e della prassi sacramentale della Chiesa cattolica” è scritto nella nota con cui l’archivescovo comunica il provvedimento.
Siamo sinceri, non è credibile che la benedizione di due persone credenti le quali ritengono che tale benedizione abbia valore di consacrazione matrimoniale possa indurre ad allontanare il pastore dalla propria comunità. C’è forse il timore che la ricchezza di fede autentica ma libera della comunità delle Piagge possa essere contagiosa?
Una gerarchia resa insicura dal procedere inarrestabile della secolarizzazione e della libertà di coscienza nell’insieme della società e all’interno della Chiesa stessa, aggredita dalla paura che si sgretoli dalle fondamenta, come le mura di Gerico, l’imponente potere accumulato nei secoli, tenta disperatamente di salvarsi aggrappandosi alle angosce esistenziali, etiche, materiali, di una società altrettanto insicura.
Il cristianesimo è nato da un grande movimento popolare di liberazione dalla paura ed ora il dominio della paura rischia di portarlo alla rovina. “Non abbiate paura, il crocifisso è risorto”, dice l’apparizione di un messaggero celeste alle donne davanti al sepolcro vuoto. Il “crocifisso” è, nel Vangelo, il simbolo di una società nuova che risorge dalla paura ed è destinata a soppiantare il vecchio mondo il quale per esorcizzare la paura della fine si allea ma inutilmente con la morte. Così nacque il cristianesimo. Così si sviluppò nei primi secoli quando i cristiani affrontarono impavidi le persecuzioni.
Ci vorrebbe anche oggi un “angelo” che gridasse ai vertici ecclesiastici e in fondo a tutti noi: “Non abbiate paura”. Non potrebbero assolvere questo compito di annunciatori della liberazione dalla paura quei cristiani, laici e preti, che in buon numero si riunirono a Firenze qualche tempo fa per socializzare ed esprimere il loro “disagio” di fronte a una gerarchia ecclesiastica arrocata nella difesa del “sabato”, leggi, dogmi, ordinamenti, contro l’uomo?
Iniziative e messaggi di solidarietà per don Santoro.
Ma la curia non si piega. E non si spiega
di Valerio Gigante (Adista, Notizie - n. 114, 14 novembre 2009)
“Sono con te in piena amicizia e preghiera. Ti sento più che mai un fratello molto caro. Non sei solo. Il tuo cuore è popolato da tutti quei volti che tu hai amato e servito. Hai sempre tenuto la mano ai poveri. Poiché sei un uomo libero, hai fatto paura ai responsabili dell’istituzione. Le persone di potere non amano coloro che sono liberi perché pericolosi. La prova che ti è imposta allargherà ancor più il tuo cuore e la tua libertà per condurti su altre rive. Passerai sopra l’ostacolo. Sono le pietre che fanno scorrere l’acqua dei torrenti, quelle stesse pietre che sono d’ostacolo all’acqua”.
Così si è espresso mons. Jacques Gaillot, vescovo di Partenia (una diocesi fittizia in cui Gaillot è stato “confinato” dal Vaticano nel 1995, a causa del suo impegno a favore di immigrati, omosessuali ed emarginati), nel toccante messaggio inviato a don Alessandro Santoro, il parroco delle Piagge rimosso da mons. Giuseppe Betori per aver celebrato le nozze di Fortunato Talotta e Sandra Alvino, ex transessuale che ha visto già dal 1982 riconosciuto dallo stato italiano il proprio cambiamento di sesso, ma che la Chiesa fiorentina continua a considerare un uomo (v. Adista n. 111/09).
Oltre a quello di mons. Gaillot, moltissimi altri messaggi di solidarietà e stima sono arrivati alle Piagge da tante realtà ecclesiali di base e da tanta parte del mondo politico e dell’associazionismo fiorentino e non. Addirittura, la comunità delle Piagge ha lanciato una campagna via internet per raccogliere messaggi “di solidarietà o di indignazione” che in pochi giorni sono divenuti diverse centinaia. Alcune persone si sono limitate a scrivere un saluto, altri hanno aggiunto parole di sorpresa e sdegno nei confronti delle gerarchie, altri ancora hanno condotto analisi più articolate sulle ragioni politico-ecclesiali che hanno portato al provvedimento di rimozione di Santoro.
Tutti si sono stretti intorno a don Alessandro ed al suo popolo. Dal 3 novembre, inoltre, ha preso avvio anche un digiuno-staffetta in segno di protesta contro la decisione di mons. Betori. Organizzato da un’assemblea cittadina autoconvocatasi in piazza dei Ciompi subito dopo il decreto di rimozione per solidarizzare con la Comunità delle Piagge e contestare la decisione del vescovo, l’iniziativa si svolge in Piazza San Giovanni, davanti al portone della Curia. I digiunanti indossano una maglietta bianca con su scritto “Solidarietà alla Comunità delle Piagge e a don Alessandro Santoro” e distribuiscono volantini in italiano e inglese con le motivazioni di questa azione nonviolenta.
E le iniziative non si fermano qui: la comunità delle Piagge ha infatti anche scritto una lettera al papa in cui si chiede il suo intervento diretto affinché mons. Betori receda da “una decisione presa in modo arbitrario” e reintegri don Santoro nel suo ruolo di cappellano della Comunità delle Piagge; inoltre, la comunità chiede al papa di intercedere affinché mons. Betori si rechi al più presto alle Piagge: “Per conoscerci e capire chi siamo, e cosa abbiamo costruito, prima di applicare questa decisione”.
Ciononostante la Curia non è finora arretrata di un millimetro e il 1.mo novembre scorso è divenuto operativo il decreto che revoca al prete la nomina di cappellano delle Piagge, gli impone di non risiedere più all’interno del quartiere, addirittura lo rimuove dalle cariche sociali dell’associazione “Il Muretto” e delle cooperative “Il Pozzo” e “Il Cerro”, gli impone, infine, un periodo di riflessione e preghiera lontano dalla persone con le quali ha fatto nascere e vivere la comunità. Unica concessione, la possibilità di celebrare un’ultima eucarestia alle Piagge. Così, la mattina di domenica 1.mo novembre, tante, tantissime persone - oltre mille, assai più di quanto era possibile prevedere - sono arrivate da ogni parte di Firenze, ma anche da fuori città, per assistere alla celebrazione. Ad accoglierli, tavoli e banchetti per illustrare cos’è la Comunità delle Piagge, cosa ha fatto, cosa fa e cosa vuole continuare a fare.
Così, 15 anni esatti dopo che don Alessandro è arrivato a fare il prete in un quartiere dove non c’erano negozi, non c’erano né servizi, né una chiesa, ma solo alveari di condomini pieni di persone sconosciute le une alle altre (e proprio in una di queste case andò a stare anche a lui, e sul campanello scrisse “Alessandro Santoro, prete”), si è consumato l’ultimo atto del suo ministero pastorale. “Non si possono mettere dei limiti all’amore”, ha detto Santoro dall’altare. “L’amore, o è senza condizioni o non è”. Per questo, don Alessandro ha ribadito di non essersi affatto pentito di aver celebrato il matrimonio di Sandra; un gesto, ha sostenuto, che rifarebbe altre cento volte: perché “non si può dire no all’amore, perché questa è l’unica legge scritta nel Vangelo, l’unica a cui sento di dovere obbedienza assoluta”.
Per molti credenti fiorentini quello che si sta consumando in questi giorni è un nuovo caso Isolotto. Ma vedono anche preoccupanti analogie tra l’esilio imposto a don Alessandro con quello decretato dalla Curia fiorentina a don Lorenzo Milani. Proprio per scongiurare la possibilità che, in un contesto di crescente disagio ecclesiale, la figura di Santoro diventi un simbolo, mons. Betori ha provveduto immediatamente a nominargli successore un prete dal profilo e dalla biografia inappuntabile, per evitare che l’opinione pubblica possa avere argomenti a sostegno dell’idea che la Curia intenda “normalizzare” la realtà delle Piagge. A succedere a don Alessandro è infatti don Renzo Rossi, prete 85enne che di don Milani fu compagno di seminario e intimo amico (e che fu, tra l’altro, destinatario di un intenso carteggio con il priore di Barbiana), per anni missionario nelle favelas e nelle carceri brasiliane. Nel rendere noto alla comunità delle Piagge la sua decisione, mons. Betori ha colto l’occasione per ribadire che “le nomine e i trasferimenti che riguardano le parrocchie e le altre realtà ecclesiali sono parte della responsabilità propria dell’arcivescovo, che decide dopo aver raccolto e valutato i necessari elementi di conoscenza delle singole situazioni. Appare chiaro che su queste decisioni non ci possono essere momenti precedenti, e ancor meno successivi, di confronto assembleare”. Nessun incontro chiarificatore, insomma.
Nonostante l’arrivo di don Rossi tenti di esorcizzare l’idea di un nuovo caso don Milani, la polemica sulle similitudini tra la vicenda di don Santoro e quella del priore di Barbiana ha avuto una certa risonanza anche sui giornali. E allora, si chiede Enzo Mazzi (che di Milani fu anche lui compagno di seminario) dalle pagine fiorentine di Repubblica (3/11), “non sarebbe meglio se si smettesse di sacrificare la profezia invece che riconoscerla dopo anni e a volte secoli di colpevole ritardo?”.
E- MAIL DI SOLIDARIETA’ PER DON ALESSANDRO SANTORO ALL’ARCIVESCOVO DI FIRENZE
Inviato: venerdì 30 ottobre 2009 18.32
A: ’info@diocesifirenze.it’
CARO ARCIVESCOVO ...
MA CHE FA IL DIRETTORE DI BANCA?!
SI È MESSO AD ACCUMULARE SANTO ORO E A VENDERE
L’ “EU-CHARIS-STIA” A “CARO PREZZO” (BENEDETTO XVI, DEUS CARITAS EST, SCV 2006)!?!
NON È IL CASO DI FINIRLA CON IL “LATINORUM”?!
“CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST” (1Gv., 4., 1-8).
M. CORDIALI SALUTI, FEDERICO LA SALA
Allegato:
http://www.youtube.com/watch?v=gkrnK0igAP0&NR=1 [da L’oro di Napoli - una ’poesia’ di Eduardo]
Federico La Sala
LA VERGOGNA DI PARLARE SENZA VERGOGNA
di Tullio De Mauro (l’Unità, 03.01.2010)
Nella simpatica trasmissione di Corrado Augias, gli ospiti finiscono col parlare delle cose più varie. Nella puntata più recente Umberto Galimberti, già valente studioso di psicologia, è apparso ancora su un terreno suo quando ha cominciato a parlare di vergogna. In effetti si legge ancora utilmente l’articolo “vergogna” che scrisse molti anni fa nel suo bel «Dizionario di psicologia». C’è ancora il sentimento della vergogna? Conduttore e ospite sono scivolati verso la sociologia d’arrembaggio e hanno detto concordi che quel sentimento va scomparendo.
Del vero ci deve essere se in questi anni il francese ha avuto fortuna una nuova parola, riecheggiata in altre lingue: “extimitè”, il contrario di “intimità”, per indicare la propensione a esibire sfacciatamente momenti e atti della propria intimità fisica e sentimentale. E tuttavia vien fatto di osservare che l’esibizione sfacciata ha senso solo perché sfida un persistente senso comune di discrezione. Se l’intero pubblico fosse fatto da svergognati abituali non avrebbero audience trasmissioni che illustrano le recondite fattezze e assai private movenze di qualche grande fratello o sorella (i ladri, diceva Chesterton, sono i più convinti assertori del diritto di proprietà). E colpisce che personalità inclini all’esibizione del loro privato si segnalino per la loro abitudine, quasi un tic irrefrenabile, di gridare ripetutamente in pubblico fino allo spasimo «Vergogna! Vergogna! Vergogna» a interlocutori con cui non concordino. Dunque anche per loro il senso della vergogna non è ancora morto.
Nella trasmissione di Augias lo psicologo e ora filosofo della storia si è avventurato a dire con aria grave: «Del resto, l’etimologia della parola vergogna è “vereo gognam”, temo la gogna». E qui le cose da ricordare sono parecchie.
La prima, nota anche a studenti di latino diligenti, è che in latino si dice “vereor” e non “vereo” (il verbo è cioè un “deponente”).
La seconda è che “gogna” non è parola latina, ma italiana moderna.
La terza osservazione è che “vergogna” (diversamente da “gogna”) appartiene alle parole di più sicura etimologia ed è la continuazione popolare del vocabolo “verecundia”, un sostantivo latino tratto da “vereri” (come “facundia” era tratto da “fari”, parlare).
Queste sono cose che si dicono con (appunto) un po’ di vergogna a causa della ovvietà che hanno per chiunque tenga a portata di mano, non diciamo un vocabolario etimologico (chiaro, accessibile, aggiornato è quello di Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli), ma un qualsiasi buon vocabolario italiano. Sono cose banali e non è un peccato mortale ignorarle. Ma forse è una piccola vergogna, se si impiega e si dissipa l’autorità guadagnata in altri campi per spacciare notizie etimologiche senza fondamento.
Caso Santoro: si moltiplicano le iniziative, si diffonde il disagio, si estende la protesta
di Valerio Gigante (Adista - Notizie , - n. 117, 21 novenbre 2009)
Nonostante gli auspici della Curia di Firenze che, nell’intento di stemperare le polemiche, aveva inviato alle Piagge un prete dal forte rilievo ecclesiale come don Renzo Rossi (che ha celebrato, non senza forti tensioni, la sua prima messa in comunità l’8 novembre scorso), il caso delle Piagge non accenna a sgonfiarsi. La rimozione di don Alessandro Santoro (v. Adista nn. 111 e 114/09), proprio non va giù alla comunità in cui il prete ha svolto la sua attività pastorale per oltre 15 anni. E il caso sta avendo una risonanza, nella diocesi come in tutto il Paese, che fino a poche settimane fa pareva impensabile. Così, mentre procede il digiuno a staffetta davanti all’arcivescovado, in piazza san Giovanni, si moltiplicano le prese di posizione e le iniziative affinché don Alessandro, inviato presso la comunità monastica di Romena a pregare e fare discernimento, sia restituito all’abbraccio della sua comunità.
In occasione della messa delle ore 18 celebrata in Duomo domenica 8 novembre da mons. Giuseppe Betori, una folta delegazione di fedeli della Comunità delle Piagge si è presentata in chiesa per mettere in atto una forma di protesta nonviolenta: vestiti di nero, con la scritta “Comunità delle Piagge”, il gruppo di fedeli si è seduto tra le prime file e lungo le navate della cattedrale. Al momento dell’omelia di Betori tutti hanno alzato al cielo per una trentina di secondi delle candele bianche, spente, listate a lutto. Poi, al termine della celebrazione, il gruppo si è allontanato dal Duomo fermandosi sotto la Curia, dove le candele sono state accese e poggiate vicino all’ingresso, in attesa del ritorno del vescovo, che si è dovuto fermare sulla porta dell’arcivescovado per ascoltare le ragioni dei manifestanti.
Il giorno dopo, in più di 300 hanno partecipato ad una fiaccolata giunta sotto le finestre della Curia, gridando al vescovo Betori di far tornare don Alessandro dall’esilio di Romena.
È di questi giorni anche una “Lettera alla Chiesa fiorentina sulla vicenda delle Piagge”, sottoscritta già da circa 400 credenti che fanno parte di diverse realtà ecclesiali fiorentine. “Alcuni di noi - scrivono i firmatari - hanno vissuto con partecipazione e passione la vita della Chiesa fiorentina dal tempo della guida pastorale del card. Elia Dalla Costa, al Concilio, agli anni successivi”. “I più anziani tra noi hanno vissuto con sofferenza i momenti dei provvedimenti punitivi, a vario livello, verso persone di cui non si capì, da parte dell’autorità, la dimensione evangelica del loro impegno verso la liberazione delle coscienze e l’emancipazione degli ultimi. Vogliamo ricordare tra essi, David Maria Turoldo, Lorenzo Milani, Ernesto Balducci, Enzo Mazzi, Bruno Borghi ed altri, di cui se fosse stato riconosciuto, nel momento, il messaggio profetico, tutta la Chiesa ne avrebbe trovato opportunità di crescita”. Proprio per questo, aggiungono, “riteniamo che sarebbe bene evitare il ripetersi di ferite al corpo della Chiesa fiorentina, se pure in parte rimarginate”.
Ed ecco il punctum dolens: “Non possiamo e non vogliamo discutere la scelta di don Alessandro, che ha oggettivamente anteposto alla disciplina ecclesiastica il rapporto con le persone vive e concrete, in obbedienza alla propria coscienza pastorale e nella consapevolezza delle conseguenze. Vogliamo però sottolineare che tale scelta non tocca gli aspetti centrali ed essenziali della fede cristiana e cattolica, ma tematiche particolari di disciplina ecclesiale”. Il caso di don Santoro ripropone infatti “il tema irrisolto di una concezione estrema, (fisicista e ‘quasi sacrale’) della natura che condanna le persone ad una condizione e ad un destino senza accoglierle con la loro storia, fino alla negazione di fondamentali diritti umani”. Prima che un problema di disciplina ecclesiastica la questione pone “il grande tema dell’interpretazione della legge naturale”.
Oltre a ciò, aggiunge la lettera, sarebbe comunque importante che la comunità ecclesiale riflettesse “sulla solidarietà che dobbiamo avere per l’amore reciproco di una nostra sorella e di un nostro fratello, e del messaggio di accoglienza e rispetto verso di loro da parte di don Santoro che interpreta in questo modo il Vangelo, contro le discriminazioni e le ostilità, anche razziste, che si stanno diffondendo nella nostra società”.
L’intervento della Curia non va invece in questa direzione: oltre a colpire don Santoro, rischia infatti di “colpire indiscriminatamente la sua significativa azione pastorale in una zona particolarmente impegnativa e le attività sociali e di solidarietà di tutta la comunità; una comunità che ha dato in questi anni una testimonianza di impegno nello sviluppo umano e cristiano e che è stata una ricchezza per tutta la Chiesa fiorentina. Il costo pastorale rischia di essere molto pesante nella comunità delle Piagge e nella Chiesa locale”. Per questo, i firmatari auspicano “quasi spes contra spem”, “che l’esperienza della comunità delle Piagge venga confermata come una ricchezza per tutta la Chiesa fiorentina e per la città di Firenze, e don Alessandro possa essere riconsegnato alla pienezza del suo ministero”.
Domenica 1 Novembre 2009 16:49
ALLE PIAGGE L’ULTIMA MESSA DI DON SANTORO
di Fabrizio Sterpos *
In tantissimi si sono stretti attorno alla Comunità delle Piagge e a Don Alessandro Santoro nell’ultima messa prima dell’allontamento decretato dall’Arcivescovo Betori.
FIRENZE - E’ un quartiere difficile quello delle Piagge, all’estrema periferia ovest del capoluogo toscano stretto in una morsa tra l’Arno, la ferrovia e la trafficatissima via Pistoiese, con un continuo viavai di aerei che atterrando e decollando dal vicino aereoporto di Peretola volano a bassissima quota sfiorando i tetti delle case di edilizia popolare.
E’ qui che nel 1994 Don Alessandro Santoro viene assegnato e si scontra con uno scenario di degrado e emarginazione. Con un lento e faticoso cammino Don Santoro dà vita a una comunità che con grande entusiasmo e partecipazione riesce a risollevare le sorti e la qualità della vita del quartiere con tante iniziative sociali e accogliendo chiunque chiedesse aiuto e assistenza.
Ma con il suo modo di agire poco ortodosso, Don Santoro è sempre stato un personaggio scomodo per le alte gerarchie ecclesiastiche e per le istituzioni. La goccia che fa traboccare il vaso è la celebrazione lo scorso 25 ottobre del matrimonio tra Sandra Alvino, nata uomo ma poi divenuta donna, e Fortunato Alotta, già sposato con rito civile dal 1984. L’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori lo solleva dall’incarico e pur non sospendendolo "a divinis", lo invita a trascorrere un periodo di meditazione e di preghiera in una località da concordare con la Curia.
Ma i parrocchiani delle Piagge non accettano questa drastica decisione e organizzano alcune iniziative per far recedere Betori dalla sua decisione tra cui anche una lettera al Papa e l’invito all’Arcivescovo a visitare la Comunità, un invito non ancora accolto. Il giornale di quartiere attraverso il sito www.altracitta.org organizza una raccolta di firme da inviare alla Curia e un passaparola telematico per cercare di portare quante più persone possibile all’ultima messa di Don Santoro domenica 1 novembre.
E in effetti in moltissimi si sono presentati questa mattina al Centro Sociale Il Pozzo di Via Lombardia, dove sorge un vecchio capannone trasformato in Chiesa. Credenti e non credenti, fiorentini e non fiorentini, tutti accorsi per esprimere con parole e fatti la propria solidarietà alla comunità piaggese.
Un lungo e caloroso applauso accoglie Don Santoro all’esterno del capannone dove viene preparato l’altare. Con voce rotta dall’emozione e dalla commozione il sacerdote celebra la messa durante la quale non fa alcun passo indietro sulle sue posizioni e particolarmente toccanti sono gli interventi di molti dei membri della comunità tra cui anche Sandra Alvino. E’ un lungo addio quello tra Don Alessandro e i suoi parrocchiani, al quale non è presente nessun rappresentante della Curia.
A Don Santoro oltre che al suo incarico pastorale sono stati tolti anche tutti gli altri ruoli sociali all’interno della Comunità dove già dalla prossima settimana arriverà il suo successore, l’ex missionario Don Renzo Rossi.
* Viaroma100.net Domenica 1 Novembre 2009 16:49
30-10-2009
FIRENZE: DOMENICA ULTIMA MESSA DON SANTORO, CITTADINI SCRIVONO A VESCOVO
(ASCA) - Firenze, 30 ott - E-mail e lettere all’arcivescovo di Firenze monsignor Giuseppe Betori, in segno di solidarieta’ con don Alessandro Santoro, il parroco del quartiere delle Piagge sollevato dall’incarico dopo aver celebrato il matrimonio tra Fortunato Talotta e Sandra Alvino, nata uomo ma oggi donna.
La decisione e’ emersa da una assemblea autoconvocata oggi da un gruppo di cittadini: alle 18 alcune decine di persone si sono riunite nella storica piazza dei Ciompi, per esprimere solidarieta’ al sacerdote e discutere del fatto. E’ stata Ornella De Zordo, consigliera comunale della lista ’Perunaltracitta’’ a suggerire l’invio dei messaggi e a proporre anche iniziative da organizzare in alcuni luoghi pubblici fiorentini.
Poco prima, in piazza San Giovanni, proprio davanti alla curia, alcune persone avevano dato vita a un ’frozen’, un raduno improvviso di persone per un gesto collettivo di protesta.
Intanto don Santoro domenica prossima celebrera’ l’ultima messa nella chiesa delle Piagge, dove poi arrivera’ il sostituto, don Renzo Rossi. Pero’, si legge nel giornale ’L’Altracitta’’, esperienza di giornalismo di base nata proprio alle Piagge, ’’ andra’ diversamente: saranno alcuni sacerdoti vicini alla Comunita’ che nelle prossime domeniche celebreranno la Messa’’.
Per far questo hanno gia’ dato la loro disponibilita’ don Paolo Tofani, don Vitaliano Della Sala, don Raffaele Palmisano, don Andrea Gallo, don Andrea Bigalli, don Armando Zappolini, don Diego Fognini.
afe/mcc/ss
(Asca)
A messa alle Piagge
di Pierluigi Sullo (il manifesto, 30.10.2009)
Quando mi chiedo perché reagisco con fastidio ai toni anticlericali che vengono adoperati nella polemica su contraccettivi e simili, le risposte che mi vengono in mente sono nomi e cognomi: Alex Zanotelli, Pierluigi Di Piazza, Gianni Fazzini, Filippo Mondini e Giorgio Poletti, Antonio Rovelli, Andrea Gallo, Albino Bazzotto, Daniele Moschetti... E Alessandro Santoro, beninteso. Preti, missionari, che ho incontrato facendo Carta, cioè razzolando nei cortili della società. Persone che affermano, anzi fanno, la lotta per la pace e la sperimentazione di altri consumi, una socialità accogliente e il rifiuto del razzismo, la tutela dei beni comuni e la pura e semplice democrazia (che non è quella che si vede in tv).
L’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, ovviamente conosce meglio di me la parola di Cristo, che io cito a memoria (grazie agli anni dai Salesiani) e che dice più o meno: chi dà scandalo ai bambini, gli si leghi una pietra di mulino al collo e lo si getti nell’acqua.
«Scandalo» è la parola che usa la Comunità delle Piagge per esprimere lo stato d’animo comune dopo la rimozione di Alessandro, colpevole - come è noto - di aver celebrato un matrimonio non tanto formale ma molto affettuoso tra un uomo e una donna nata uomo.
Betori aveva spiegato il provvedimento dicendo che i cristiani delle Piagge erano «sconcertati e confusi». E loro rispondono che no, non sono affatto sconcertati o confusi, ma scandalizzati del fatto che il vescovo, «ad un anno dalla nomina a Firenze non ha sentito la necessità di incontrare e conoscere da vicino la nostra realtà», e anche perché la punizione è stata comunicata prima alla stampa che alla Comunità e allo stesso Santoro.
Assieme ai nostri amici delle Piagge Carta ha organizzato proprio lì, al Pozzo, il 10 e 11 ottobre scorsi un incontro: duecentocinquanta persone a discutere di «democrazia chilometro zero», ossia di come rovesciare il procedimento e ricostruire la democrazia dai luoghi dove i cittadini vivono.
C’era gente venuta dalla Val di Susa che si oppone alla Tav alla Sicilia contro la mafia, dai vicentini antibase ai promotori dell’economia solidale. Che la cosa, assai improbabile coi tempi che corrono, sia riuscita si spiega perché la Comunità negli anni ha accumulato un prestigio molto più diffuso di quanto monsignor Betori sospetti. Ci sentivamo a casa, con quelli delle Piagge e il loro prete dai modi spicci, le parole dirette e la capacità di trasmettere affetto senza quasi parlare. Questa, dice la Comunità è «la Chiesa capace di sporcarsi le mani con gli ultimi, di tutti quelli che difendono la dignità umana».
Ora ci sentiamo sfrattati da casa nostra. E però abbiamo una conferma: che la ricostruzione di una vita civile, solidale, prescinde da ideologie e religioni, e che la faglia che attraversa il mondo di chi crea da quello di chi distrugge passa tra l’alto e il basso. Perciò domenica prossima dovrò, dopo tanti decenni, andare a messa. Colpa di Alessandro, accidenti a lui, che officerà la sua ultima funzione alle Piagge. Sono certo che, atei o credenti, saremo moltissimi.
Don Alessandro Santoro un prete per i diritti la dignità e la pace
di Alfio Nicotra (Liberazione, 28.10 2009)
"Sollevato dalla cura pastorale". Fredde parole che pesano come un macigno sulla comunità di base delle Piagge, il quartiere periferia per antonomasia di Firenze. Monsignor Betori rimuovendo don Alessandro Santoro dalla sua parrocchia, condanna così la Chiesa fiorentina a ripetere ancora una volta lo stesso errore. Tra le più vive delle diocesi italiane, quella di Firenze, si porta dietro questa condanna ad essere, al momento del dunque, incapace di scegliere il cambiamento.
Come quarant’anni fa, quando Ermenegildo Florit, arcivescovo di Firenze, decise di privarsi di una delle più attive e solidali comunità cristiane, quella dell’Isolotto. La stessa logica che condannò padre Ernesto Balducci all’esilio alla Badia Fiesolana sotto la protezione di un’altra diocesi. Se don Enzo Mazzi - come ebbe a dichiarare in una bella intervista rilasciata al nostro Vittorio Bonanni- venne rimosso "perché l’Isolotto puzzava troppo di comunismo", il pretesto per congedare don Santoro è stato il matrimonio con rito cattolico, celebrato tra Sandra Alvino e Fortunato Talotta.
Una storia di amore che la Chiesa, contraddicendo il Vangelo, non ha voluto benedire. La colpa di Sandra è quella di essere nata uomo e aver scelto di diventare, nel lontano 1982, donna. Unirsi in matrimonio in chiesa era per loro una scelta di fede perché per lo Stato italiano erano già sposati. La Chiesa ha preferito fare muro e - a ben vedere - ha semplicemente scelto questo pretesto per normalizzare una esperienza "rebelde".
Perché la comunità delle Piagge è uno straordinario laboratorio di umanità, tanto più prezioso perché radicato su un territorio marginalizzato e periferico. Un quartiere cresciuto sotto i fumi dell’inceneritore di San Donnino (oggi chiuso, ma rapidamente sostituito da altri), il raccordo autostradale e "l’aeroporto tra le case" di Peretola. Casermoni che si perdono a vista d’occhio intervallati sulla via Pistoiese da centri commerciali. Relazioni umane e sociali difficili, il rischio costante di una infinita guerra tra poveri, tra sottoproletari italiani e sottoproletari stranieri.
Don Santoro non è un prete contro, ma un prete per. Per i diritti, la dignità, sempre in prima fila nella promozione della cultura di pace. Grazie alla comunità è cresciuto il commercio equo e solidale, si sono diffusi i gruppi di acquisto solidali, una casa editrice "dal basso", un giornale e tante iniziative culturali. Spiegare il Vangelo alla Piagge significa avere la capacità prima di tutto di sentire cosa prova e come ragiona l’umanità che vi vive. Non una Chiesa padrona, ma una Chiesa di servizio che autopromuove la partecipazione, il confronto e che rompe i tabù quando questi negano la legge dell’amore per gli altri.
«La gestazione della speranza scatenò il conflitto - scrisse don Enzo Mazzi sulla esperienza dell’Isolotto - Perché la speranza è la grande nemica del potere. Il quale si nutre di disperazione». Ecco il delitto di don Santoro: aver dato speranza in un luogo difficile, estremo. Ecco le ragioni di questa rimozione: la paura, vorrei dire il terrore, della Chiesa ufficiale di essere convertita dagli ultimi.
Piagge, don Santoro ritorna «Pentito, ho creato disagi»
La decisione è avvenuta dopo che don Santoro ha scritto una lettera all’arcivescovo nella quale «si rende conto di aver provocato disagio e turbamento». Ha fatto giuramento di fedeltà. Betori: Riconosco il pentimento del sacerdote *
LA LETTERA - Don Santoro, conosciuto come uno dei sacerdoti «di frontiera», ha spiegato che qualora dovessero presentarsi «situazioni particolari e al limite», in nome della comunione con «il corpo ecclesiale», lui le sottoporrà «alla riflessione sua e degli organismi interessati». Monsignor Betori spiega che nell’incontro il sacerdote «ha sottoscritto la formula di fede e il giuramento previsto dalla normativa canonica, in segno di piena adesione alla dottrina della Chiesa e di obbedienza al vescovo», e auspica che questa soluzione «costituisca un nuovo inizio per il servizio pastorale di don Santoro e per la vita ecclesiale della gente delle Piagge».
IL PERDONO - L’arcivescovo Giuseppe Betori ha preso atto che don Alessandro Santoro, anche nella lettera, ha riconosciuto che la celebrazione di quel matrimonio, da lui compiuta, «ha provocato disagio e turbamento in buona parte della comunità ecclesiale e presbiteriale», provocando, «anche se senza volere, un’incrinatura in questa comunione». Un pentimento che il sacerdote ha ribadito nel giuramento di fedeltà sottoscritto oggi, assumendo nuovamente l’incarico di cappellano. Nella formula canonica, infatti, si aderisce «con religioso ossequio della volontà e dell’intelletto agli insegnamenti che il Romano Pontefice e il Collegio episcopale propongono quando esercitano il loro magistero». E, inoltre, si assicura che nel portare avanti il compito affidato, si respingerà «qualsiasi dottrina contraria» alla Fede della Chiesa curando «l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche, in particolare di quelle contenute nel Codice di Diritto canonico».
IL CASO CHE SCATENO’ TUTTO - Il matrimonio tra Sandra Alvino e Fortunato Talotta venne celebrato alle Piagge nonostante il divieto imposto a don Santoro dal predecessore di Betori, il cardinale Ennio Antonelli, ribadito poi dal nuovo arcivescovo di Firenze, che nei mesi scorsi ha incontrato anche i due coniugi, sposati civilmente da oltre 26 anni, spiegando anche a loro i motivi di un «no» che deriva direttamente dal Diritto canonico. Al reinserimento di don Santoro, il vescovo spiega di essere arrivato «dopo un dialogo fraterno» con il sacerdote e anche per questo l’arcivescovo si augura che «l’intera Chiesa fiorentina si senta richiamata alla fedeltà verso la fede e gli ordinamenti ecclesiali - conclude Betori - e non meno all’accoglienza delle persone secondo i principi evangelici della verità e della misericordia».
*dal Corriere della Sera -Toscana
http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/2010/22-aprile-2010/don-santoro-torna-piagge-1602887903388.shtml