I. - O Augusta Regina delle vittorie, o Vergine sovrana del Paradiso, al cui nome potente si rallegrano i cieli e tremano per terrore gli abissi, o Regina gloriosa del Santissimo Rosario, noi tutti, avventurati figli vostri, che la bontà vostra ha prescelti in questo secolo ad innalzarvi un Tempio in Pompei, qui prostrati ai vostri piedi, in questo giorno solennissimo della festa dei novelli vostri trionfi sulla terra degl’idoli e dei demoni, effondiamo con lacrime gli affetti del nostro cuore, e con la confidenza di figli vi esponiamo le nostre miserie.
Deh! da quel trono di clemenza ove sedete Regina, volgete, o Maria, lo sguardo vostro pietoso verso di noi, su tutte le nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, su tutta la Chiesa; e vi prenda compassione degli affanni in cui volgiamo e dei travagli che ne amareggiano la vita. Vedete, o Madre, quanti pericoli nell’anima e nel corpo ne circondano: quante calamità e afflizioni ne costringono! O Madre, trattenete il braccio della giustizia del vostro Figliuolo sdegnato e vincete colla clemenza il cuore dei peccatori: sono pur nostri fratelli e figli vostri, che costarono sangue al dolce Gesù, e trafitture di coltello al vostro sensibilissimo Cuore. Oggi mostratevi a tutti, qual siete, Regina di pace e di perdono.
Salve Regina.
II. - È vero, è vero che noi per primi, benché vostri figliuoli, coi peccati torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù, e trafiggiamo novellamente il vostro Cuore. Sì, lo confessiamo, siamo meritevoli dei più aspri flagelli. Ma Voi ricordatevi che sulla vetta del Golgota raccoglieste le ultime stille di quel sangue divino e l’ultimo testamento del Redentore moribondo. E quel testamento di un Dio, suggellato col sangue di un Uomo-Dio, vi dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori. Voi, dunque, come nostra Madre, siete la nostra Avvocata, la nostra Speranza. E noi gementi stendiamo a Voi le mani supplichevoli, gridando: Misericordia!
Pietà vi prenda, o Madre buona, pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici, dei nostri fratelli estinti, e soprattutto dei nostri nemici, e di tanti che si dicono cristiani, e pur dilacerano il Cuore amabile del vostro Figliuolo. Pietà, deh! pietà oggi imploriamo per le nazioni traviate, per tutta l’Europa, per tutto il mondo, che torni pentito al cuor vostro. Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia.
Salve Regina.
III. - Che vi costa, o Maria, l’esaudirci? Che vi costa il salvarci? Non ha Gesù riposto nelle vostre mani tutti i tesori delle sue grazie e delle sue misericordie? Voi sedete coronata Regina alla destra del vostro Figliuolo, circondata di gloria immortale su tutti i cori degli Angeli. Voi distendete il vostro dominio per quanto son distesi i cieli, e a Voi la terra e le creature tutte che in essa abitano sono soggette. Il vostro dominio si estende fino all’inferno, e Voi sola ci strappate dalle mani di Satana, o Maria.
Voi siete l’Onnipotente per grazia. Voi dunque potete salvarci. Che se dite di non volerci aiutare, perché figli ingrati ed immeritevoli della vostra protezione, diteci almeno a chi altri mai dobbiamo ricorrere per essere liberati da tanti flagelli.
Ah, no! Il vostro Cuore di Madre non patirà di veder noi, vostri figli, perduti. Il Bambino che noi vediamo sulle vostre ginocchia, e la mistica corona che miriamo nella vostra mano, c’ispirano fiducia che noi saremo esauditi. E noi confidiamo pienamente in Voi, ci gettiamo ai vostri piedi, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le madri, ed oggi stesso, sì, oggi da Voi aspettiamo le sospirate grazie.
Salve Regina.
Chiediamo la benedizione a Maria.
Un’ultima grazia noi ora vi chiediamo, o Regina, che non potete negarci in questo giorno solennissimo. Concedete a tutti noi l’amore vostro costante, e in modo speciale la vostra materna benedizione. No, non ci leveremo dai vostri piedi, non ci staccheremo dalle vostre ginocchia, finché non ci avrete benedetti.
Benedite, o Maria, in questo momento, il Sommo Pontefice. Ai prischi allori della vostra Corona, agli antichi trionfi del vostro Rosario, onde siete chiamata Regina delle vittorie, deh! aggiungete ancor questo, o Madre: concedete il trionfo alla Religione e la pace alla umana società. Benedite il nostro Vescovo, i Sacerdoti e particolarmente tutti coloro che zelano l’onore del vostro Santuario.
Benedite infine tutti gli Associati al vostro novello Tempio di Pompei, e quanti coltivano e promuovono la divozione al vostro Santo Rosario.
O Rosario benedetto di Maria; Catena dolce che ci rannodi a Dio; Vincolo di amore che ci unisci agli Angeli; Torre di salvezza negli assalti d’inferno; Porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia; a te l’ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle smorte labbra sarà il nome vostro soave, Regina del Rosario della Valle di Pompei, o Madre nostra cara, o unico Rifugio dei peccatori, o sovrana Consolatrice dei mesti. Siate ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo. Così sia.
Salve Regina.
PER APPROFONDIMENTI:
MADONNA DEL ROSARIO DI POMPEI.
Bartolo Longo (Latiano, 11 febbraio 1841 - Scafati, 5 ottobre 1926) è stato fondatore e benefattore del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei e consacrato alla Fraternità laica di San Domenico. Fu beatificato da papa Giovanni Paolo II il 26 ottobre 1980. [...].
Maggio mariano.
Il grembo materno, mistero che illumina il mondo e Dio
Linda Pocher elabora una teologia che muove dall’unicità della fisicità femminile come punto d’osservazione sulla creazione ma anche su Maria
di Giovanni Cesare Pagazzi (Avvenire, giovedì 12 maggio 2022)
Convinto d’aver composto la sua più bella poesia, Umberto Saba restò di stucco alla reazione delusa e perfino imbarazzata della moglie, dopo la lettura della lirica che la descriveva. In effetti, Lina era rappresentata come una gallina, una giovenca, una cagna, una coniglia, una rondine e una formica. Il poeta tratteggiava la moglie con la penna del Cantico dei cantici e del Cantico delle creature, ma i paragoni animaleschi suonavano sconvenienti, offensivi. Eppure, con il politicamente scorretto che solo i poeti sanno permettersi, Saba esaltava il mistero della sua donna, collocandola sullo sfondo della femminilità primordiale e purissima degli animali. L’incantata e incantevole poesia inizia e si chiude con un medesimo, perentorio giudizio: «le femmine di tutti / i sereni animali / che avvicinano a Dio». A motivo di questa capacità di approssimare a Dio, la femmina, scrive inflessibile il poeta, «è migliore del maschio». Molte donne hanno ormai imparato (a proprie spese!) che la loro esaltazione, specialmente se proveniente dal mondo maschile, ha un altissimo, doloroso prezzo... non pagato dagli uomini. Alla sublimazione delle donne spesso si accompagnano il loro sfruttamento e la loro emarginazione.
Tuttavia, Saba, collocando la lode alla propria donna nell’ambito della femminilità animale, scansa il rischio dell’inganno, indicando al lettore una singolarità primitiva, netta e indubitabile che riconosce alla femmina, alla donna una condizione impareggiabile, pur nella parità dei sessi. Questa singolarità femminile vibra nel fatto della generazione.
È risaputo: l’uomo e la donna concorrono per il cinquanta per cento alla nuova vita che verrà. In questo stanno assolutamente alla pari. Ma soltanto la donna ha il potere di realizzare la sintesi delle due parti. Solo il suo corpo. Solo il suo grembo. La donna partecipa con la propria metà, ma fornisce anche l’ambiente, fatto di carne e di sangue, dove le due porzioni si compendiano in qualcuno che è più della somma delle parti. Vedi tu se è poco. Vedi tu se trovi in giro qualcosa di simile.
Il grembo è il luogo d’incontro e di saluto di due universi diversi, per certi versi opposti; lo spazio dove si accende un nuovo corpo celeste. Roba da diventar matti solo a pensarlo. E tralasciamo l’altro miracolo mozzafiato: l’allattamento, dove il corpo di una diventa il cibo per un altro! Quanto è potente il corpo di una donna! Unisce gli opposti; non solo nutre, ma è nutrimento. Nella variegata storia del cristianesimo non è mancato chi sostenne che Eva fu l’obbiettivo primario del serpente a motivo della sua femminile debolezza. Insomma, con prevedibile strategia il diavolo sarebbe penetrato nell’edificio della Creazione attraverso la parte più fragile. Chi la pensa così, non vede come stanno le cose (offende le donne e anche l’intelligenza del diavolo).
Quando si vuol distruggere una casa, non si mira alla porta o alla finestra (gli elementi più vulnerabili), ma al pilastro portante, la struttura più resistente: crollata quella, si frantuma tutto. Puntando Eva, il serpente mirò all’elemento più forte dell’edificio della salvezza: un corpo che sa unire gli opposti, una carne che crea alleanze, sigilla patti; così sarebbe collassata l’intera architettura.
Perciò la ricostruzione dell’edificio della salvezza, ridotto in macerie, incominciò ancora grazie a una donna: la ragazza di Nazaret. Ecco dove mira il bel libro di Linda Pocher, una giovane teologa italiana. Nel suo Dalla terra alla madre. Per una teologia del grembo (EBD, pagine 176, euro 13,00), Pocher guida il lettore, con mano gentile e ferma, attraverso le pagine dell’Antico e Nuovo Testamento, elaborando una fenomenologia biblica del grembo, argomentata, inedita e meditativa. Il grembo diviene punto prospettico per scorgere Dio, la sua Creazione (raffinatissima la pagina sull’abisso vuoto e buio da cui Dio trae il mondo), per significare i misteri di Cristo (non solo la sua nascita, ma anche la sua Risurrezione dai morti), per intuire qualcosa di Maria, la più misteriosa di tutte.
Fuori dal mistero del grembo, sono difficilmente immaginabili sia Dio sia il mondo. Prima o poi s’inventerà un grembo artificiale che porterà fino al parto una vita concepita. Magari lo hanno già inventato. Però, chi crescerà in quel luogo sentirà solo il battito del proprio cuore; di nessun altro. Crescerà solo, abbandonato prima ancora di nascere. L’impareggiabile, incomprensibile premura del grembo di carne e di sangue è un’altra cosa.
Maggio. La preghiera a Maria per la fine della pandemia / IL TESTO / I 30 SANTUARI
Nella maratona coinvolti santuari di tutto il mondo, uno ogni giorno. Ad aprire (1 maggio) e chiudere (31 maggio) il mese di preghiera mariana è sempre papa Francesco
di Redazione Internet (Avvenire, venerdì 30 aprile 2021)
Il mese di maggio è dedicato a una "maratona" di preghiera per invocare la fine della pandemia. L’iniziativa, voluta da papa Francesco, coinvolge trenta Santuari nel mondo. "L’iniziativa coinvolgerà in modo speciale tutti i santuari del mondo, perché si facciano promotori presso i fedeli, le famiglie e le comunità della recita del rosario per invocare la fine della pandemia. Trenta santuari rappresentativi, sparsi in tutto il mondo, guideranno la preghiera mariana, che verrà trasmessa in diretta sui canali ufficiali della Santa Sede alle ore 18 ogni giorno", informa il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
Papa Francesco apre la preghiera il 1° maggio e la concluderà il 31 maggio.
Ogni Santuario del mondo è invitato a pregare nel modo e nella lingua in cui la tradizione locale si esprime, per invocare la ripresa della vita sociale, del lavoro e delle tante attività umane rimaste sospese durante la pandemia. Questa chiamata comunitaria vuole cercare di realizzare una preghiera continua, distribuita sui meridiani del mondo, che sale incessantemente da tutta la Chiesa al Padre per intercessione della Vergine Maria. Per questo i Santuari sono chiamati a promuovere e sollecitare quanto più possibile la partecipazione del popolo, perché tutti possano dedicare un momento alla preghiera quotidiana, in macchina, per la strada, con lo smartphone e grazie alle tecnologie della comunicazione, per la fine della pandemia e la ripresa delle attività sociali e lavorative.
Come seguire ogni giorno la maratona di preghiera
La preghiera in ognuno di questi Santuari verrà trasmessa attraverso i canali ufficiali della Santa Sede (www.vaticannews.it), secondo l’orario di Roma, alle ore 18.
È stato pensato un breve sussidio liturgico per fornire alcune indicazioni utili a condividere questo momento partecipando con la propria comunità.
LA PREGHIERA DEL PAPA IL PRIMO MAGGIO
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Nella presente situazione drammatica, carica di sofferenze e di angosce che attanagliano il mondo intero, ricorriamo a Te, Madre di Dio e Madre nostra, e cerchiamo rifugio sotto la tua protezione.
O Vergine Maria, volgi a noi i tuoi occhi misericordiosi in questa pandemia del coronavirus, e conforta quanti sono smarriti e piangenti per i loro cari morti, sepolti a volte in un modo che ferisce l’anima. Sostieni quanti sono angosciati per le persone ammalate alle quali, per impedire il contagio, non possono stare vicini. Infondi fiducia in chi è in ansia per il futuro incerto e per le conseguenze sull’economia e sul lavoro.
Madre di Dio e Madre nostra, implora per noi da Dio, Padre di misericordia, che questa dura prova finisca e che ritorni un orizzonte di speranza e di pace. Come a Cana, intervieni presso il tuo Figlio divino, chiedendogli di confortare le famiglie dei malati e delle vittime e di aprire il loro cuore alla fiducia.
Proteggi i medici, gli infermieri, il personale sanitario, i volontari che in questo periodo di emergenza sono in prima linea e mettono la loro vita a rischio per salvare altre vite. Accompagna la loro eroica fatica e dona loro forza, bontà e salute.
Sii accanto a coloro che notte e giorno assistono i malati e ai sacerdoti che, con sollecitudine pastorale e impegno evangelico, cercano di aiutare e sostenere tutti.
Vergine Santa, illumina le menti degli uomini e delle donne di scienza, perché trovino giuste soluzioni per vincere questo virus. Assisti i responsabili delle Nazioni perché operino con saggezza, sollecitudine e generosità soccorrendo quanti mancano del necessario per vivere, programmando soluzioni sociali ed economiche con lungimiranza e con spirito di solidarietà.
Maria Santissima, tocca le coscienze perché le ingenti somme usate per accrescere e perfezionare gli armamenti siano invece destinate a promuovere adeguati studi per prevenire simili catastrofi in futuro.
Madre amatissima, fa’ crescere nel mondo il senso di appartenenza a un’unica grande famiglia, nella consapevolezza del legame che tutti unisce perché con spirito fraterno e solidale veniamo in aiuto alle tante povertà e situazioni di miseria. Incoraggia la fermezza della fede, la perseveranza nel servire, la costanza nel pregare.
O Maria, consolatrice degli afflitti, abbraccia tutti i tuoi figli tribolati e ottieni che Dio intervenga con la sua mano onnipotente a liberarci da questa terribile epidemia, così che la vita possa riprendere in serenità il suo corso normale. Ci affidiamo a Te, che risplendi sul nostro cammino come segno di salvezza e di speranza.
O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria, conduci i passi del tuoi pellegrini che desiderano pregarti e amarti nei Santuari a Te dedicati in tutto il mondo, sotto i titoli più svariati che richiamano la tua intercessione. Sii per ciascuno una guida sicura. Amen. La lista dei 30 Santuari nel mondo e le intenzioni di preghiera
1 maggio
Nostra Signora di Walsingham (Inghilterra)
Per i defunti
2 maggio
Jesus the Saviour and Mother Mary (Nigeria)
Per coloro che non hanno potuto salutare i propri cari
3 maggio
Madonna di Częstochowa (Polonia)
Per i contagiati e i malati
4 maggio
Basilica dell’Annunciazione (Israele)
Per le donne in attesa e i nascituri
5 maggio
Beata Vergine del Rosario (Corea del Sud)
Per i bambini e gli adolescenti
6 maggio
Nostra Signora d’Aparecida (Brasil)
Per i giovani
7 maggio
Our Lady of Peace and Good Voyage (Filippine)
Per le famiglie
8 maggio
Nostra Signora di Luján (Argentina)
Per gli operatori della comunicazione
9 maggio
Santa Casa di Loreto (Italia)
Per gli anziani
10 maggio
Nostra Signora di Knock (Irlanda)
Per le persone con disabilità
11 maggio
Vergine dei Poveri (Belgio)
Per i poveri, i senza tetto e le persone in difficoltà economica
12 maggio
Notre Dame d’Afrique (Algeria)
Per le persone sole e per coloro che hanno perso la speranza
13 maggio
Beata Vergine del Rosario (Portogallo)
Per i carcerati
14 maggio
Nostra Signora della Salute (India)
Per gli scienziati e gli istituti di ricerca medica
15 maggio
Madonna Regina della Pace (Bosnia)
Per i migranti
16 maggio
St. Mary’s Cathedral (Australia)
Per le vittime della violenza e della tratta umana
17 maggio
Immacolate Conception (U.S.A.)
Per i responsabili delle nazioni e degli organismi internazionali
18 maggio
Nostra Signora di Lourdes (Francia)
Per i medici e gli infermieri
19 maggio
Meryem Ana (Turchía)
Per le popolazioni in guerra e la pace nel mondo
20 maggio
Nostra Signora della Carità del Cobre (Cuba)
Per i farmacisti e il personale sanitario
21 maggio
Madonna di Nagasaki (Giappone)
Per gli operatori socio-assistenziali
22 maggio
Nostra Signora di Montserrat (Spagna)
Per i volontari
23 maggio
Notre Dame du Cap (Canada)
Per le forze dell’ordine, i militari e i pompieri
24 maggio
Da confermare
Per coloro che garantiscono i servizi essenziali
25 maggio
Santuario Nazionale della Madonna di Ta’Pinu (Malta)
Per gli insegnanti, gli studenti e gli educatori
26 maggio
Nostra Signora di Guadalupe (Messico)
Per i lavoratori e gli imprenditori
27 maggio
Madre di Dio (Ucraina)
Per i disoccupati
28 maggio
Madonna Nera di Altötting (Germania)
Per il Papa, i vescovi, i presbiteri, i diaconi
29 maggio
Nostra Signora del Líbano (Líbano)
Per le persone consacrate
30 maggio
Beata Vergine del Santo Rosario de Pompei (Italia)
Per la Chiesa
31 maggio
Giardini Vaticani
Per la fine della pandemia e la ripresa della vita sociale e lavorativa
Teresa d’Avila e il Rosario
Uno dei ricordi dell’infanzia di Teresa è la recita del rosario. È anche uno dei tratti della pietà mariana di sua madre, donna Beatrice: «Cercavo la solitudine per recitare le mie preghiere, che erano molte, specialmente il rosario di cui mia madre era molto devota, e procurava che lo fossimo pure noi» (V 1,6). Pratica che perdurerà per tutta la vita di Teresa, anche nel suo periodo mistico. Nel nuovo Carmelo di San Giuseppe, sarà uno degli esercizi dell’orazione vocale, analogo alla recita delle Ore liturgiche, affinché aiuti ad allenare nell’orazione mentale le giovani novizie. Nel capitolo del Cammino dedicato a «dichiarare che cosasia l’orazione mentale», inculca alle lettrici: «Chi potrebbe dire che fate male, quando al momento di cominciare le Ore o il rosario, vi domandate con chi state per parlare, chi siete voi che parlate, per meglio conoscere come comportarvi? Vi dico, sorelle, che se metteste ogni cura per ben comprendere questi due punti, prima di cominciare la preghiera vocale, avreste già occupato molto tempo in quella mentale» (C 22,3: il tono polemico del passo è diretto contro i teologi contemporanei che difendevano il valore dell’orazione soltanto vocale).
Nella vita mistica della Santa ci sono almeno due episodi associati al rosario: uno dei quali presenta Teresa che ripara in questa recita mariana, nei momenti di stanchezza o malattia: «Una sera mi sentivo così male che volevo dispensarmi dall’orazione... presi il rosario per pregare vocalmente, procurando di non sforzarmi troppo per raccogliermi...Dopo alcuni istanti fui presa da un rapimento di spirito così impetuoso che mi fu impossibile resistere» (V 38,1). L’altro episodio si riferisce al rosario concreto che la Santa tiene in mano. Avviene nel periodo delle grandi inquietudini, per paura delle ingerenze del demonio nellasua vita mistica: «Una volta, mentre tenevo in mano la croce del rosario, il Signore me laprese, e quando me la restituì era formata di quattro grandi pietre, assai più preziose del diamante, anzi senza confronto, perché non ve n’è fra le cose della terra e quelle viste spiritualmente... Vi erano scolpite le cinque piaghe del Signore in modo meraviglioso. E mi disse che d’allora in poi l’avrei sempre vista così. Infatti non vedevo più il legno di cui era composto, ma solo le pietre. Però, non lo vedevo che io» (V 29,7). Riportando questo episodio, il suo primo biografo, Francesco de Ribera, commenta: «Così accadde a santa Caterina da Siena... alla qualeil Signore mise al dito un anello d’oro con perle, dove le rimase, ma lo vedeva solo lei e non le altre» (Vida de la Madre Teresa...,parte I, cap. 13, p. 86). Sul margine di questo passo di Ribera, Gracián annotò: «Questa croce venne in mio possesso in un rosario che avevo, e poi la diedi alle monache»
Bibliografia: Plácido de Santa Teresa, Una faceta de Santa Teresa, in MontCarm 24 (1920), pp. 433-435; Fabián de San José, Santa Teresa y el Rosario, in Carmelo Teresiano, Madrid 1 (1945), pp. 124-127, 154.
Maggio, il mese di Maria.
Dieci santuari mariani... con vista mozzafiato sul mare
Dalla Puglia al Veneto, dalla Liguria alla Calabria e alla Sicilia, un itinerario tra i santuari dedicati alla Madonna che si affacciano direttamente sul mare, e che al mare sono legati
di Redazione Agorà (Avvenure, lunedì 6 maggio 2019 - con le immagini)
Forse è impossibile elencare davvero tutte le chiese, le cappelle, le statue dedicate a Maria che si affacciano sul mare, che siano su spiagge, in cima a scogli o appollaiate in vetta a veri e propri monti. Ogni luogo ha la propria storia, le proprie tradizioni, i propri miracoli. Ogni luogo è ancora al centro di una grande devozione popolare. La selezione che proponiamo qui è evidentemente parziale: ma vuole essere soprattutto un invito alla scoperta, tra spirito, natura e arte, proprio nel mese di maggio tradizionalmente dedicato a Maria.
Santa Maria de Finibus Terrae, Santa Maria di Leuca
Come dice il nome stesso, il santuario di Santa Maria de Finibus Terrae a Santa Maria di Leuca è sull’ultima propaggine del Salento, sul promontorio dove mar Ionio e mar Adriatico si incontrano.
La prima chiesa fu costruita agli albori del cristianesimo, sulle rovine di un tempio pagano dedicato alla Dea Minerva. Qui, secondo una tradizione, sarebbe qui approdato san Pietro, arrivando dalla Palestrina. Il passaggio dell’apostolo è celebrato dalla grande colonna corinzia eretta nel 1694 sul piazzale del santuario.
Per la sua posizione geografica, il santuario fu oggetto di continue distruzioni e saccheggi da parte dei Turchi e Saraceni. L’edificio attuale è il sesto ed è stato eretto nel XVIII secolo. Dal 7 ottobre 1990 il santuario è stato eletto a basilica minore.
Abbazia santuario di Santa Maria a Mare, isole Tremiti
In cima all’isola di San Nicola, dal cui sperone roccioso domina il magnifico mare delle Tremiti, l’abbazia di Santa Maria a Mare fu costruita nel 1045 dai monaci benedettini, divenendo presto un santuario particolarmente amato. Modificata nel Quattrocento è uno dei gioielli dell’architettura dell’Italia centromeridionale.
All’interno si possono ammirare il magnifico pavimento a mosaico della navata centrale e il trecentesco, monumentale Crocifisso ligneo, oggetto di grande devozione.
Santuario della Madonna dell’Angelo, Caorle
Il santuario della Madonna dell’Angelo a Caorle sembra avvolto dall’abbraccio del mare. Un abbraccio a tratti troppo forte: a causa delle violenza dei flutti la chiesa è stata ricostruita più volte. Quella attuale è un edificio dall’eleganza classica tipica dell’architettura veneta del Settecento. Le si affianca un bel campanile romanico del XIII secolo.
Inizialmente la chiesa era intitolata a San Michele arcangelo (una statua cinquecentesca è tuttora presente nel santuario). Secondo la tradizione però alcuni pescatori trovarono una statua della Vergine che galleggiava sul mare e la portarono verso la spiaggia vicina alla chiesa dell’Angelo. La statua era posta sopra un blocco di marmo, ancora oggi custodito nel santuario, così pesante che nessuno era in grado di trasportare l’immagine dentro il santuario. Il vescovo decise allora di fare provare a dei bambini che, con la loro innocenza, riuscirono a sollevare la statua e a trasportarla in chiesa.
La festa della Madonna dell’Angelo cade la seconda domenica di settembre di ogni 5 anni (la prossima sarà nel 2020), ma fino a qualche decennio si celebrava una volta ogni 25 anni. Nell’occasione la statua viene portata in una processione di barche a bordo di una "caorlina", una barca a remi tipica della laguna di Venezia.
Tempio Nazionale a Maria Madre e Regina di Monte Grisa, Trieste
Il santuario mariano di Monte Grisa, che domina il golfo di Trieste, è inconfondibile con la sua forma a M e la caratteristica struttura portante in cemento armato a triangoli che ne hanno fatto una delle più fotografate tra le chiese moderniste. Nel 1945 l’arcivescovo di Trieste Antonio Santin fece un voto alla Madonna per la salvezza di Trieste, minacciata di distruzione dagli eventi bellici. Finita la guerra, nel 1948 monsignor Strazzacappa propose di realizzare, con l’intervento di tutte le diocesi d’Italia, un tempio di interesse nazionale dedicato alla Madonna.
Nel 1959, papa Giovanni XXIII decise che il Tempio sarebbe stato dedicato a Maria Madre e Regina come simbolo di pace e unità tra tutti i popoli. Da aprile a settembre di quell’anno ebbe luogo il cosiddetto "pellegrinaggio delle meraviglie": la statua della Madonna di Fatima attraversò varie città italiane e raggiunse Trieste, accolta dall’arcivescovo, il 17 settembre 1959. Due giorni dopo fu posta la prima pietra del grande tempio. Il santuario fu consacrato il 22 maggio 1966.
Santuario di Nostra Signora di Montenero, Riomaggiore
Il santuario di Nostra Signora di Montenero a Riomaggiore, in provincia di La Spezia, può essere raggiunto solo attraversando vigneti e macchia mediterranea lungo una mulattiera chiamata "La Via Grande", su cui si dispongono tredici edicole votive dedicate alla Madonna. La chiesa, uno dei santuari delle Cinque Terre, è collocata su un promontorio che si alza per 340 metri sul livello del mare, con una indimenticabile vista dall’Isola del Tino fino a Punta Mesco.
Le prime notizie documentate risalgono al XIV secolo, ma la tradizione popolare vuole che il santuario sia stato costruito dagli abitanti di Riomaggiore dopo un’apparizione della Vergine alla giovane Maria del Paladino nell’anno 790.
La chiesa è stata ristrutturata più volte. L’aspetto attuale risale alla metà del XIX secolo. All’interno è venerata un’immagine della Madonna del XVI secolo che ha preso il posto di una perduta icona bizantina.
Il sabato che precede la Pentecoste il santuario è raggiunto da una processione. Nell’occasione (e fino al lunedì successivo) vengono esposti "Gli ori di Montenero”, una preziosa collezione di ex voto.
Chiesa della Santissima Annunziata, Vico Equense
Non è propriamente un santuario ma questa chiesa è troppo bella per non essere compresa nel “tour”. Cattedrale della diocesi di Vico Equense fino al 1818 (anno della soppressione della diocesi), è uno dei pochi esempi di architettura gotica, per quanto rimaneggiata, della costiera sorrentina.
La facciata barocca risale alla fine del XVIII secolo e il campanile quadrato del XVI secolo, a picco sul mare, si inseriscono perfettamente in un panorama mozzafiato che culmina nel cono del Vesuvio.
Santuario dell’Avvocata a Maiori (Salerno)
Piccolo, semplice, unico: è il santuario dell’Avvocata a Maiori, situato a oltre 800 metri di altezza sul Monte Falerzio, detto anche Monte Avvocata, su una terrazza che sembra un grande pulpito sopra la Costiera Amalfitana e sull’intero Golfo di Salerno. Questo santuario, che è insieme di montagna e di mare, è raggiungibile solo tramite sentieri che partono da Cava de’ Tirreni, Cetara e Maiori, percorrendo in parte l’Alta via dei Monti Lattari.
Secondo la tradizione, la Madonna è apparsa in sonno nel 1485 a un pastore chiedendogli la costruzione del santuario. Il giovane eresse un primo altare e poi, dal 1503, venne costruita una chiesa, alla quale si affiancò presto una comunità di monaci.
Il pellegrinaggio alla Madonna dell’Avvocata si svolge il lunedì di Pentecoste: i fedeli di tutta la Campania si radunano per salire fino al santuario accompagnati dal ritmo delle tammorre (un tamburo tipico della musica popolare campana). In genere la salita avviene di domenica, per poi accamparsi sul pianoro, o alle prime luci dell’alba del lunedì. A mezzogiorno i canti e i balli si arrestano e al rintocco delle campane viene portata in processione la Madonna sulla quale viene fatta cadere una pioggia di petali di rose.
Santuario della Madonna del Tindari, Patti
Il santuario della Madonna del Tindari è uno dei più amati di tutta la Sicilia. Sorge in cima al colle omonimo che domina i laghetti di Marinello (un’area lagunare che costituisce gli ultimi esempi di ambiente salmastro costiero presenti nella Sicilia nord orientale. Tutta l’area è riserva naturale).
Il sito testimonia una storia lunghissima, dalla colonia greca di Tyndaris ai bizantini al medioevo svevo fino all’epoca aragonese. Dietro la zona absidale del grande santuario nuovo (la cui costruzione risale tra gli anni 50 e 70 del Novecento) c’è il santuario antico, ricostruito nel Cinquecento dopo le demolizioni operate dagli arabi.
Testimone della cultura visiva bizantina è la statua medievale della Vergine venerata nel santuario, una magnifica Maestà lignea. Secondo la tradizione, la scultura della "Madonna bruna" era nascosta a bordo di una nave proveniente dall’Oriente, in fuga dalle distruzioni iconoclaste. L’immagine sacra avrebbe impedito alla nave di ripartire dopo che si era rifugiata nella baia di Tindari per sfuggire a una tempesta che sorta improvvisamente.
Il santuario della Madonna di Capo Colonna, Crotone
Una facciata bianca contro il blu del cielo e del mare, il santuario della Madonna di Capo Colonna si trova nei pressi del tempio greco dedicato a Hera Lacinia, del quale oggi rimane un’unica colonna dorica (da cui il nome del capo, che determina il limite occidentale del golfo di Taranto).
La chiesa è piccola e semplice ed è di antica fondazione. L’aspetto attuale risale alla fine del XIX secolo. Il santuario custodiva una veneratissima icona (bizantina per la tradizione, ma con grande probabilità assai più recente) che rappresenta la Vergine, in piedi, mentre allatta il bambino.
L’immagine sacra è testimoniata per la prima volta nel 1519, in occasione del suo primo miracolo: secondo la tradizione una banda di turchi la vide nel santuario e cercò di bruciarla senza successo. Inferociti la gettarono in mare, dove venne quindi miracolosamente ritrovata.
L’icona è divenuta patrona della diocesi e della città di Crotone, nel cui duomo è custodita. Ogni sette anni l’immagine è al centro di una grande festa, che quest’anno cade in concomitanza con i 500 anni del ritrovamento. Nella terza domenica di maggio la Madonna andrà in pellegrinaggio a piedi verso il santuario di Capo Colonna mentre il primo di giugno una messa sul promontorio ricorderà lo storico assalto alle coste a opera dei turchi.
Santa Maria dell’Isola, Tropea
Fino a qualche secolo fa lo scoglio su cui sorge era circondato dal mare: per questo il santuario, uno dei luoghi simbolo della Calabria, si chiama Santa Maria dell’Isola.
Nel corso dei secoli, anche a causa di terremoti, il complesso ha subito vari rifacimenti, l’ultimo dei quali risale al 1908. Secondo alcuni storici, il primo nucleo è legato all’insediamento di eremiti greci: la città di Tropea come tutta la Calabria, infatti, era posta sotto la giurisdizione ecclesiastica di Bisanzio e, dunque, di rito greco fino all’arrivo dei Normanni (1040).
Intorno all’anno 1066 la chiesa di Santa Maria dell’Isola fu donata da questi ultimi all’abate di Montecassino, Desiderio, divenuto poi papa Vittore III. Ancora oggi, il santuario e tutto lo scoglio dell’Isola sono proprietà dell’abbazia di Montecassino.
La devozione mariana
Nostra Signora di maggio
La tradizione cattolica dedica questo mese alla Vergine Maria, la figura forse più invocata dai fedeli e citata dagli scrittori, da Dante a Pasolini. E venerata persino nel Corano
di Gianfranco Ravasi s.j. (Il Sole-24 Ore, Domenica, 01.05.2016)
Anche chi non ha più nessuna pratica religiosa conserva il ricordo del mese di maggio come del tempo dedicato alla madre di Gesù, Maria, contrassegnato in passato dai cosiddetti “fioretti”, piccoli sacrifici da offrire alla Vergine. È, questa, una devozione tipicamente italiana, iniziata nel Settecento e poi diffusa in altre nazioni, soprattutto in connessione col mondo agrario e la stagione primaverile. Studiosi importanti della pietà popolare, come il famoso francescano svizzero Giovanni Pozzi (1923-2002) e il sacerdote lucano-romano Giuseppe De Luca (1898-1962), vagliarono a livello storico-critico e letterario questo imponente fenomeno socio-religioso. Si pensi che uno dei vari libretti destinati a incrementare la qualità mariana del maggio italiano, il Mese di Maria di Alfonso Muzzarelli, pubblicato a Ferrara nel 1785, ebbe in pochi decenni più di 150 edizioni!
A questo proposito è significativo registrare un dato pastorale ancor oggi rilevante, nonostante l’onda secolarizzante. Il prossimo 8 maggio sarò a Pompei, invitato a presiedere la celebre Supplica alla Madonna nella piazza antistante il noto santuario mariano eretto tra il 1876 e il 1939, meta di pellegrini ma anche di turisti provenienti dai vicini scavi archeologici.
Alla base di questa tradizione popolare c’è uno scritto di un avvocato, Bartolo Longo, che consacrò tutta la sua vita (1841-1926) alla cura dei malati e dei poveri: esso s’intitola I quindici sabati del santissimo rosario (1877), e quella che ho tra le mani è la 75a edizione datata 1981! Ma per rendere ragione dell’ampiezza sotterranea di questa letteratura devozionale mariana, si pensi che lo scritto più noto del Longo, la Novena d’impetrazione alla SS. Vergine del rosario di Pompei (1889), nell’esemplare che ho potuto consultare, datato 1974, si nota che si tratta della 1153a edizione!
La devozione mariana popolare è certamente una realtà pastorale di grande rilievo (basti citare i santuari di Loreto, Lourdes, Fatima e il recente e problematico caso “Medjugorje”), ma lo è anche a livello di antropologia culturale, tant’è vero che la bibliografia è, al riguardo, sterminata. Né si deve escludere la più specifica riflessione teologica, la cosiddetta “mariologia” che si affida ormai a vere e proprie biblioteche di trattati, dizionari, saggi, riviste, accademie, centri di ricerca: uno studioso, Tiziano Civiero, segnalava che «una buona biblioteca mariana è composta da non meno di 20-23mila volumi». Si pensi, poi, al risalto che ha la figura della madre di Gesù nel dialogo interreligioso con l’Islam. Maryam, infatti, è l’unica donna chiamata per nome nel Corano che le intitola un’intera sura, la XIX, e la evoca in molte altre, in particolare la III.
Anche la tradizione musulmana le assegna la missione alta di generare verginalmente il profeta Gesù attraverso lo spirito di Dio. La invoca, poi, Sayyidatunâ, «nostra Signora» e la considera una delle quattro donne sante per eccellenza, con la figlia del faraone che salvò Mosè, con Cadigia e Fatima, rispettivamente moglie e figlia di Maometto. Nel giorno del giudizio sarà la prima, tra le donne e gli uomini, ad avanzare davanti al Dio giudice supremo, espletando così una funzione di intercessione. Ma ritorniamo alla mariologia cristiana per segnalare un evento particolare che si collega al discorso precedente sull’impatto che questa figura ha nel cristianesimo, non solo cattolico (si pensi allo spicco che ha Maria nella liturgia, nella spiritualità, nell’arte ortodossa delle icone e nella stessa letteratura religiosa, ad esempio, con lo splendido inno Acatisto).
Pochi giorni fa, il 28 aprile, è caduto il terzo centenario della morte di un sacerdote francese, Luigi-Maria Grignion de Monfort, nato a Monfort-sur-mer in Bretagna nel 1673, canonizzato da Pio XII nel 1947. La sua presenza nella storia della Chiesa è, certo, legata alle congregazioni religiose da lui fondate (in particolare la Compagnia di Maria, i Monfortani appunto, ai quali a Roma è persino intitolato un viale nella zona di Torrevecchia). Ma lo è soprattutto per l’impulso da lui dato alla spiritualità mariana. Nel 1713, infatti, egli compose un Trattato della vera Devozione a Maria Vergine che fu ritrovato solo nel 1842 e pubblicato l’anno successivo: da allora ebbe più di quattrocento edizioni e divenne un classico del genere. La sua era un’impostazione ben lontana da un certo devozionismo esasperato e persino degenerato che si registra anche ai nostri giorni e che è più da rubricare come un fenomeno psico-sociologico, ben evidente in molte attestazioni pubbliche e personali eccessive.
Il suo, infatti, era un attento dosaggio tra dottrina e sentimento, con la stella polare della cristologia, destinata a guidare il “vero” percorso devozionale. Non per nulla l’impegno pastorale dominante in Grignion de Monfort erano le missioni predicate al popolo: durante la sua vita ne compì ben duecento nelle aree rurali di Francia con la meta finale della rinnovazione delle promesse battesimali da parte del cristiano, che siglava un “patto di alleanza” con Dio per edificare un mondo più giusto e santo. Sono curiosi le incisioni e i disegni a noi pervenuti delle processioni di chiusura di queste missioni, con file immense di fedeli, come quella tenutasi il 16 agosto 1711 a La Rochelle, tutta al femminile. Questo aspetto nazional-popolare - a cui finora abbiamo fatto riferimento - non deve far dimenticare che esiste un’importante e mirabile letteratura mariana “alta”.
Si potrebbe, in questo senso, comporre un grandioso “canzoniere” mariano, naturalmente a partire da quello straordinario canto XXXIII del Paradiso dantesco, capace di intrecciare in armonia suprema la teologia con la poesia, meritatamente reso popolare da Benigni. Ma ci sarebbero subito da allegare Boccaccio, col sonetto O Regina degli angioli, o Maria, e Petrarca con la canzone Vergine bella, che di sol vestita, per non parlare del Pianto de la Madonna di Iacopone da Todi, giù giù fino al Tasso che canta la Madonna di Loreto, a Parini, Manzoni, Pascoli, Rilke, Ungaretti, e persino Pasolini che, nell’Usignolo della Chiesa Cattolica, ci ha lasciato un’Annunciazione e una Litania.
Sono molte, infatti, le presenze inattese di fronte alla «Vergine Madre, figlia del tuo figlio». Che il filosofo Vico componga un sonetto per la festa dell’Immacolata del 1742 a Napoli è comprensibile, ma che Sartre ateo dichiarato offra un’eccezionale e teologicamente impeccabile confessione personale di Maria mentre stringe tra le braccia il neonato Gesù può certamente sorprendere (la si legga nel dramma Bariona o il figlio del tuono, composto nello Stalag XII D di Treviri nel Natale 1940, ove il filosofo era internato). Noi, un po’ in anticlimax, evochiamo in finale il più popolare Trilussa con questi suoi versi semplici e delicati: «Quand’ero regazzino, mamma mia / me diceva: “Ricordati, figliolo, / quanno te senti veramente solo / tu prova a recità ’n’Ave Maria. / L’anima tua da sola spicca er volo / e se solleva, come pe’ maggia». / Ormai so’ vecchio, er tempo m’è volato; / da un pezzo s’è addormita la vecchietta, / ma quer consijo non l’ho mai scordato. / Come me sento veramente solo / io prego la Madonna benedetta / e l’anima da sola pija er volo!».
«Per grazia ricevuta»: a Pompei una grande mostra mette a confronto la devozione religiosa antica e moderna
di Si.Spe (Il Sole-24 Ore, 24 aprile 2016)
«Per grazia ricevuta»: è questa la formula che accompagna, da tempo immemorabile, le offerte votive dei fedeli a Dio per aver esaudito le preghiere. Ex voto suscepto, «secondo promessa fatta» era, invece, l’antica formula latina per esprimere una identica gratitudine nei confronti delle divinità pagane. La preghiera di supplica e di ringraziamento è così spesso accompagnata da un voto: una promessa a Dio, o alle divinità pagane, di adempiere «qualcosa» offrendo anche uno spontaneo ringraziamento al santuario. L’offerta dell’oggetto è il «segno» di questa riconoscenza, e diviene perciò un atto di culto e di devozione divina.
È dedicata a questo tema la grande mostra che aprirà il 29 aprile a Pompei, con la riapertura dell’Antiquarium degli scavi archeologici, intitolata «Per Grazia Ricevuta. La devozione religiosa a Pompei antica e moderna». L’esposizione vuole approfondire proprio questo rapporto intimo e personale dell’uomo con la trascendenza che si perpetua nei secoli passando dal mondo antico pagano al mondo cristiano in una sorprendente continuità di espressione nel rispetto della profonda diversità delle due religioni. foto
Per la prima volta, infatti, vengono messi a confronto i rituali e le offerte votive che gli antichi Sanniti e Romani di Pompei donavano alle divinità pagane con quelli che i Cristiani, ancora oggi, offrono al Santuario della Madonna del Rosario. Ne emerge uno stringente parallelismo che, cambiati i tempi e le religioni, si perpetua in un rituale e in un «linguaggio» di offerte votive identiche nelle forme.
La mostra si articola in tre sezioni:
Sacra pompeiana, sezione archeologica;
Dall’iconografia pagana all’iconografia cristiana;
La devozione mariana nel santuario della Beata Vergine del Rosario.
Il percorso espositivo si integra inoltre con sezioni tematiche allestite nel Santuario della Beata Vergine del Rosario e nell’area degli scavi: dal tempio di Apollo al tempio di Iside, dalla domus del Menandro al Termopolio di Vetutio Placido, al fine di promuovere un momento di aggregazione culturale tra il turismo dell’area archeologica e il pellegrinaggio religioso.
Per l’occasione verrà riaperto al pubblico, dopo una chiusura decennale, lo storico Antiquarium di Pompei, allestito da Giuseppe Fiorelli intorno al 1870 per conservare la grande quantità di reperti rinvenuti nell’area archeologica.
La mostra - curata da Francesco Buranelli e Massimo Osanna - è promossa da una sinergia fra la Soprintendenza Pompei e il Santuario della Beata Vergine del Rosario, con la collaborazione del Centro Europeo per il Turismo e la Cultura presieduto da Giuseppe Lepore e il supporto organizzativo di Civita Mu.Se.A. , in occasione del Giubileo indetto da Papa Francesco. La protezione delle opere esposte è sostenuta dalla Fondazione Enzo Hruby
«Per Grazia Ricevuta. La devozione religiosa a Pompei antica e moderna»
Pompei, Antiquarium degli Scavi
29 aprile - 27 novembre 2016
Orario: dal lunedì alla domenica 9 - 19
Ingressi: Porta Marina, Piazza Esedra
NELLE CASE DI MARIA/5
Rosario e carità la forza di Pompei
di Giovanni Ruggiero (Avvenire, 30 maggio 2013) *
La città e il santuario non stanno dentro i loro confini geografici, sotto quel Vesuvio che nel 79 d.C. con il fuoco e la lava distrusse, seppellendole, le case romane. Pompei e la Supplica, questa preghiera particolare, corale e intensa scritta dal beato Bartolo Longo, dal principio, mentre ancora pietra su pietra si ergeva il tempio, prendono le strade del mondo e varcano gli oceani.
Quel giovane avvocato, che aveva cominciato a seminare l’amore per la preghiera tra i contadini di quella valle, si recava al porto di Napoli da dove partivano quei bastimenti pe’ terre assaje luntane e donava agli emigranti un’immagine della Madonna o una corona del Rosario. La Madonna viaggia con loro, nelle valigie di cartone, culla le loro speranze e arriva negli Stati Uniti e nell’America Latina. La Madonna li accompagna, e in breve la preghiera gira per il mondo.
Con la Supplica, che si recita l’8 maggio e la prima domenica di ottobre sul sagrato del santuario quando il tempo è spesso clemente e il sole generoso lo consente, Pompei resta il luogo simbolo della preghiera mariana. Il Rosario è il suo segreto, dirà Benedetto XVI, quando verrà qui e si inginocchierà davanti all’immagine miracolosa, perché «il Rosario è vincolo spirituale con Maria per rimanere uniti a Gesù. È arma spirituale nella lotta contro il male».
Il tempio che Bartolo Longo vedrà sorgere, fidando sulla Provvidenza di Dio, è la materializzazione di una chiamata, quando gli parve che una voce gli dicesse: «Se cerchi la salvezza, propaga il Rosario. Chi propaga il Rosario è salvo». Era per lui una certezza, la stessa che nutrono i fedeli che a migliaia ogni anni vengono a Pompei per la Supplica. «La preghiera - diceva il beato Longo - è l’orbita in cui l’umanità compie il suo movimento intorno al suo centro di attrazione che è Dio. Una umanità senza preghiera sarebbe umanità che uscirebbe fuori dalla sua orbita».
Una fetta di questa umanità ha l’appuntamento due volte all’anno qui per l’Ora del Mondo, come il beato definiva questa Supplica umile e semplice che racchiude in sé tutti i mali e le speranze del mondo. «Il Rosario - dice il prelato del santuario, l’arcivescovo Tommaso Caputo - è la vera forza di Pompei. Ed è commuovente vedere con quale fede tante persone, anche giovani, recitano il Rosario, questa preghiera antica e sempre nuova, è preghiera dalla fisionomia mariana e dal cuore cristologico secondo la bella espressione del beato Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae.
Qui a Pompei apprendiamo che il Rosario è una pedagogia inventata da Maria, con il suo amore di Madre, per aiutarci a conoscere Gesù». Pompei è palestra di preghiera. Ed è un bisogno particolare che spinge qui, prima ancora della richiesta di una grazia. «L’uomo e la donna del tempo post moderno - dice ancora monsignor Caputo - hanno bisogno di respirare a pieni polmoni il buon profumo di Cristo per disintossicarsi, ritemprarsi e ossigenarsi della genuina bellezza e bontà del Mistero.
Questa preghiera, che è la vera forza di Pompei, deve diventare la forza dei fedeli di tutto il mondo, secondo l’esortazione che ci è venuta da papa Benedetto XVI per l’Anno della fede e confermata di recente da papa Francesco che invita a recitare il Rosario soprattutto in famiglia». Perché il Rosario è anche nell’idea di Bartolo Longo un «cammino di santità». E spiegava: «A quel modo che due amici, praticando frequentemente insieme, soglion conformarsi anche nei costumi, così noi, conversando familiarmente con Gesù Cristo e con la Vergine, nel meditare i Misteri del Rosario, possiamo divenire, per quanto ne sia capace la nostra bassezza, simili ad essi ed apprendere da questi sommi esemplari il vivere umile, povero, nascosto, paziente e perfetto».
Pompei ha però un altro pilastro: oltre al Rosario c’è quello della carità che da sempre è stata la sua declinazione. Per un provvidenziale disegno, il beato Bartolo Longo unì in questa Valle ai piedi del Vesuvio fede e carità. È proverbiale la sua affermazione: «Carità senza fede sarebbe la suprema delle menzogne. Fede senza carità sarebbe la suprema delle incongruenze».
Si guardò intorno e cominciò con i figli dei carcerati che uno scientismo positivistico, alimentato da tesi lombrosiane, riteneva fossero ineducabili. Dimostrò il contrario. E fu prodigo perché prodiga fu la Provvidenza: «A Valle di Pompei, la Vergine con il suo Rosario restaura il concetto puro, luminoso possente della Carità. Le opere di beneficenza educatrice che circondano il santuario non ne sono un’aggiunta accidentale, ma ne sono invece la naturale espansione. Sono i sentimenti destati dal Rosario di Maria che diventano bellezza d’arte, maestà di monumento, e più ancora forza soccorritrice di salvezza sociale».
«Le opere di carità da lui iniziate - dice l’arcivescovo Caputo - continuano ancora oggi adattandosi ai bisogni moderni. La nostra società, pur così avanzata in molti campi, non riesce a sottrarsi al peso dei ritardi e delle ingiustizie sociali». Il tempio di pietra ospita ancora fede e carità. È la carità pompeiana. Stanno insieme o cadrebbero entrambe.
* LE PAROLE IN ROSSO RIMANDANO A LINK: OFFRONO MATERIALI PER UNA RIFLESSIONE PIU’ ATTENTA E PIU’ CRISTIANA (E MENO ROMANO-COSTANTINIANA) SUL TEMA DEL "DIO CARITA’ ("DEUS CHARITAS"). Federico La Sala
Madre Viviana, suor femminista: la Chiesa non apprezza il genio delle donne
di Franca Giansoldati (Il Messaggero, 7 maggio 2012)
Il genio femminile? Non sempre nella Chiesa sembra essere apprezzato. Suor Viviana Ballarin, presidente dell’Usmi, l’organismo dal quale dipendono tutti gli ordini religiosi femminili italiani, un esercito di circa 70 mila suore, riflette sulla mancanza di adeguati riconoscimenti da parte del Vaticano.
Non vuole parlare di maschilismo strisciante, né di discriminazione su base sessuale ma sul tappeto
effettivamente - restano diversi problemi insoluti. «Il cosiddetto genio femminile è una ricchezza
per la società e anche per la Chiesa, ma molto spesso si ha paura del diverso; ciò che è diverso
rappresenta per molti non tanto una ricchezza ma anche una minaccia e io credo che in gran parte
per questo anche negli ambienti ecclesiastici si preferisce non confrontarsi con il diverso» dice.
Ecco che così iniziano i guai. «Allora si affidano alle donne, anche plurititolate, servizi e ruoli secondari ed esecutivi», afferma suor Viviana osservando la presenza di diverse religiose in curia e in altri organismi ecclesiali, con mansioni non adeguate per gli studi e la preparazione maturati nel corso degli anni. «E’ ancora piuttosto raro che vengano affidati nella Chiesa alle donne ruoli a più ampio respiro, intendo dire di responsabilità, di decisionalità. E’ abbastanza raro che possano sedere ai tavoli dove si pensa o si programma».
La questione che intende affrontare la presidente dell’Usmi è ampia e affonda le radici nella cultura del nostro tempo. «Quando nelle culture, nelle società e anche nella Chiesa non viene rispettato il progetto creazionale si cade o nel maschilismo o nel femminismo o altro. Gli ismi dicono sempre qualcosa di negativo».
Se ne deduce che il problema non è tanto della Chiesa ma di un influsso culturale che «volere o no influenza e condiziona anche la Chiesa degli uomini. Ma non la Chiesa di Cristo. Gesù, infatti, nella vita terrena ha dato esempi meravigliosi di rottura con leggi molto sfavorevoli nei confronti delle donne, pensiamo ad esempio al suo rapporto con la donna emorroissa, con la peccatrice in casa di Simone, con l’adultera, con la Samaritana e altre ancora».
Alla domanda se vorrebbe che il Papa introducesse il sacerdozio femminile, suor Viviana risponde subito di no. «Non sono smaniosa di rivendicazioni per quanto riguarda le questioni teologiche aperte. Come donna mi sento pienamente realizzata sia nella mia identità che nella mia missione. Se un giorno il sacerdozio e il diaconato verranno dati alle donne ben venga, mi pare però che ciò che conta veramente per ogni donna sia vivere quella diaconia e quel sacerdozio che sono stati impressi nella sua carne come fuoco il giorno in cui Dio l’ha voluta femmina e non maschio». Le religiose in Italia sono circa 70 mila secondo le ultime statistiche dell’Usmi.
Pompei: il Papa ha elevato alla dignità di arcivescovo monsignor Carlo Liberati
(V.Chia.) *
Pompei Ieri Benedetto XVI ha elevato alla dignità di arcivescovo Carlo Liberati, vescovo prelato di Pompei e delegato pontificio per il Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario. La nomina è un riconoscimento all’impegno profuso per il Santuario da monsignor Liberati, che si è detto commosso per la benevolenza del Papa e per l’attenzione e l’affetto verso la cittadella mariana.
Fin dal suo arrivo a Pompei, nel gennaio 2004, monsignor Liberati, sostenuto dai suoi collaboratori e, come egli sottolinea «sulle orme del Fondatore il beato Bartolo Longo», ha operato per rinnovare il santuario mariano e le sue istituzioni, in tutti i campi: nel sociale, nella comunicazione e nella diffusione della devozione mariana, nell’accoglienza dei pellegrini, nella scuola.
* AVVENIRE, 08.07.2007
(per leggere gli articoli, cliccare sui titoli)