IOR, parla il presidente
Francesco Anfossi, di "Famiglia Cristiana" ha intervistato Angelo Caloja, responsabile dell’Istituto per le Opere di religione, sulla crisi attuale e sulla vita della banca che ha sede nella Città del Vaticano: " il denaro può essere lo sterco del diavolo, ma può anche diventare un buon fertilizzante". *
"Famiglia Cristiana ha intervistato Angelo Caloja, l’’uomo che da vent’’anni è a capo dello IOR, l’’Istituto per le Opere di Religione, la "Banca del Papa", come viene comunemente chiamata. Rilanciamo questo documento, che ci sembra interessante (e fra l’’altro, non è che quelli dello IOR siano dei grandi chiacchieroni...). Buona lettura. *
"La sede dello Ior è nel luogo più pittoresco del mondo per una banca: il torrione Niccolò V, a ridosso del Palazzo Apostolico, dentro le mura leonine della Città del Vaticano. Dietro una porticina si svela un istituto come gli altri, con gli sportelli e un bancomat. Man mano che si sale il luogo si fa più attinente allo stile dei sacri palazzi, via via fino allo studio del professor Angelo Caloia, oltre il patio del cortile Sisto V dove c’è l’ascensore che porta il Pontefice al suo appartamento privato.
Nello studio del “banchiere del Papa” spiccano un dipinto del Nazareno e una finestra che sembra un’acquaforte di Piranesi: sotto, il Cortile del maggiordomo con l’inizio del passetto che portava i condannati a Castel Sant’Angelo, in alto un cielo di smalto, l’orizzonte dei pini e dell’Università Urbaniana.
Il numero uno dello Ior mi mostra il tavolino dove si inginocchiò Madre Teresa per girare un assegno. La “matita di Dio” "vergò una grande M" e si raccomandò di farlo fruttare il più possibile per il bene delle sue 450 missioni in tutto il mondo.
Il torrione Niccolò V è un bastione fisico e simbolico. Lo Ior è rimasto praticamente immune dalla crisi che ha devastato i mercati di tutto il mondo. Merito di questo banchiere che sta dentro la roccaforte da quasi 20 anni, quando prese il posto di monsignor Marcinkus, facendo dimenticare, anno dopo anno, la gestione del prelato che aveva fatto precipitare l’istituto nel baratro.
"Io da tempo dico una cosa molto semplice: il denaro è fiducia ", esordisce Caloia. "Per questo la sua gestione, ovvero la finanza, deve essere intrinsecamente etica. Quando poi vengono meno i valori, la responsabilità individuale e sociale, quando si creano dei cicli vorticosi di sfiducia, non solo tra i risparmiatori ma tra le stesse banche, allora si precipita nel panico. Un panico ingiustificato dal punto di vista dei fondamentali dell’economia e anche della finanza più legata alle attività produttive".
Ma da cosa deriva per lei questo panico generalizzato?
"Semplicemente dal fatto che è venuto meno questo mastice della vita sociale che è rappresentato dalla fiducia reciproca, ma anche e soprattutto dalla coscienza retta di chi opera nell’economia e nella politica. Oggi nella finanza mondiale nessuno si fida più di nessuno. Anche se si sono percorse parecchie vie: prima l’intervento americano e poi dei Governi europei, che hanno avuto più tempo per riflettere e trovato soluzioni più solide. Si è andati dall’acquisizione dei cosiddetti titoli tossici alle nazionalizzazioni, dalla ricapitalizzazione delle società alla riduzione del costo del denaro concertata tra le banche centrali, fino alla concessione di garanzie illimitate su tutte le passività delle banche".
Ed è servito a poco, cure da cavallo meno efficaci di un’aspirina.
"C’è tuttora una tremenda insicurezza da parte di tutti, a cominciare dai risparmiatori. D’altra parte, il risparmio è sempre stato colpito duramente. Vuoi per calamità naturali, vuoi per cicli di mercato, vuoi per l’inflazione. E spesso sono risparmi sudati, frutto di lavoro".
E oggi?
"Oggi viene colpito da comportamenti scorretti al limite della fraudolenza, dalla eccessiva propensione per l’azzardo, da comportamenti che eludono le norme. È colpito da quella brama di profitto che è sempre stata denunciata dall’autorità ecclesiastica. Non deve quindi sorprendere che il Papa levi alta la voce nei confronti di chi fa del denaro non uno strumento, ma un fine a sé stesso. E questo è d’altra parte un tempo in cui il denaro e l’egoismo stanno dominando".
“The price of greed”, la crisi è il prezzo della cupidigia, ha titolato il Time...
"Esattamente, d’altro canto la Chiesa è sempre stata vigile nei confronti degli idoli. E soprattutto Benedetto XVI ha sempre detto che per operare rettamente la ragione dev’essere purificata, perché il suo accecamento etico derivante dal prevalere dell’interesse e dal potere è sempre in agguato. Per chi ha fede e per chi ha avuto la fortuna di essere formato nella coscienza c’è modo di dare alla ragione stessa una purificazione".
E tutto questo come si traduce nella finanza?
"Si traduce nel non essere schiavi della mentalità utilitaristica dominante, che poi significa eccessivo attaccamento al denaro, accumulazione comunque, indifferenza verso i bisognosi. Se l’atteggiamento mentale dell’operatore finanziario o economico è ispirato alla fiducia in Dio, ne discende una grande e creativa libertà, aliena all’eccessiva preoccupazione per il futuro e anche dall’ansia di accumulare. Bisogna essere poveri di spirito, dice Cristo nel discorso della montagna...".
Questo colossale “falò delle vanità” rischia di abbattersi su quelli che lei chiama i bisogni popolari. Tutti aspettano la “fase due”, quella per cui dalla finanza il contagio passerà all’economia reale: il credito alle imprese, la produzione, i posti di lavoro...
"Le conseguenze di questa crisi possono essere gravi. L’intervento delle autorità governative e monetarie è teso a far sì che riprenda l’erogazione del credito. Il denaro è come il sangue che circola nel corpo umano. Se non raggiunge i gangli vitali dell’organismo il corpo ne soffre. Oggi la preoccupazione massima è che il credito non giunga alle piccole e medie imprese, che sono il tessuto dell’economia nonostante il fiume di liquidità pompato dalle banche centrali. Con conseguenze per i posti di lavoro e per le famiglie. Indubbiamente è questo il problema. Tanto è vero che la Federal Reserve è arrivata a finanziare direttamente le imprese, senza passare dalle banche. Una cosa mai vista".
Non teme che la crisi possa investire opere e missioni della Chiesa?
"Io credo che da questo punto di vista nella Chiesa ci sia una grande capacità di operare in modo efficace e senza spreco, mirando alle cose buone. Se noi consideriamo poi il favore con cui la popolazione tende a vedere le opere della Chiesa e a contribuire, ci si accorge della verità di quel che ho detto. C’è poi questa presenza di maggiore fiducia in Dio, di affidamento alla Provvidenza. Ciò mi fa credere che le realtà della Chiesa riescano a essere ancora più capaci di raggiungere le vere aree e i punti di sofferenza dell’umanità".
Che impatto ha la crisi dei mercati sulla banca della Santa Sede?
"Noi non siamo una banca. Non abbiamo concesso né concediamo prestiti. In tal modo, non ci sono da noi perdite inesigibili. Il nostro patrimonio è solido e non abbiamo carenze di liquidità. Siamo sempre stati molto prudenti nel gestire le nostre finanze, oserei dire conservatori. Abbiamo sempre adottato investimenti difensivi".
Sul piano della gestione finanziaria come vi muovete?
"Evitando ogni ricorso ai derivati. Noi amministriamo le risorse che ci sono affidate dalla comunità ecclesiale valorizzandole al meglio, ma con investimenti chiari, semplici, eticamente fondati. Quindi niente speculazione, niente titoli legati allo sfruttamento di bambini, all’industria delle armi e cose del genere. Solo investimenti oserei dire “blasonati”. Titoli sani, sociali , con grandi garanzie. Certificazioni internazionali attestano la rispondenza nelle scritture contabili di quello che facciamo. La nostra esperienza ci dice che l’obiettivo di non far perdere il capitale agli enti religiosi che ci affidano le loro risorse è ancora oggi pienamente raggiunto".
Sui giornali si leggono pagine e pagine di condanna degli eccessi del liberismo. Il mondo ha capito la lezione?
"Le consapevolezze degli eccessi di questo libertarismo, di questo liberismo selvaggio di tipo finanziario che finisce col comprimere la società, ci sono. Ci vogliono delle regole, anche se non bastano. Occorrono anche i comportamenti, che inevitabilmente devono ricondursi a un’etica e, per noi, a una morale cristianamente ispirata".
Però non si può pretendere che tutti i banchieri, i manager e i broker della Terra siano cattolici o credenti...
"No, certo, ma ci sono delle basi comuni per l’uomo e queste basi comuni sono i diritti universali, quel Dna etico che il Creatore ha posto in tutti noi e che deve emergere nei gravi momenti di difficoltà come questo. Compito che non spetta solo alla Chiesa ma a tutti i governanti illuminati".
Fatto sta che gli “spiriti animali” del capitalismo evocati da Keynes si sono rivelati un po’ poco spiriti e un po’ troppo animali...
"Le occasioni fanno spesso dell’uomo un peccatore. Per questo è necessario che ci sia una regolamentazione, unita a una formazione della coscienza nella politica e in ogni altra espressione sociale. E da lì che bisogna ripartire. È da lì che bisogna riprendere un cammino che rafforzi quei messaggi che tendono al bene comune, come quello pronunciato dal Papa sul denaro".
I banchieri americani simboleggiano la “vil razza dannata” di questa crisi, con i loro compensi e le loro stock options milionarie. Il presidente della Lehman Brothers Dick Fuld pare abbia percepito un compenso di cento milioni di dollari nel 2008, nonostante il bel risultato finale; un altro banchiere ha incassato 40 milioni di liquidazione. Molti di loro stanno festeggiando tra Montecarlo e Parigi sulle rovine fumanti delle loro banche...
"Be’, guardi, c’è sempre stato un disagio nel venire a conoscenza di questo tipo di retribuzioni. Il meccanismo delle stock options è negativo perché tra l’altro indirizza l’attività dei manager verso orizzonti a breve di capitalizzazione più vantaggiosa per i loro interessi che per quelli della società, distaccandosi da una strategia a lungo termine e dai fondamentali dell’economia come la produzione, l’occupazione, gli investimenti e via dicendo. Guardano più alla plusvalenza del capitale e ai dividendi. Massimizzare i vantaggi monetari a breve non è difficile: basta tagliare i costi. Per questo tutti i piani industriali fanno fatica a emergere, molto più facile risulta tagliare la massa salariale. Più difficile è avere delle strategie di penetrazione nei mercati e di incremento lento, costante dei ricavi".
Il Papa, nell’affermare che il "denaro non è niente", che conta solo la parola di Dio, ha ricevuto anche qualche critica, persino qualche ironia, dal momento che senza denaro non si vive... la stessa Santa Sede non potrebbe andare avanti senza lo Ior.
"Il Papa non ha invitato a non utilizzare il denaro, ma a essere responsabili nella sua gestione. Gli usi smodati, le eccessive brame e, in ultima analisi, l’economia di carta, che finiscono per non avere ricadute se non negativamente sui genuini bisogni popolari come il lavoro, la famiglia e una dignitosa vita terrena. Il Papa non intendeva certo demonizzare il denaro, sa benissimo che l’uomo passa attraverso queste risorse caduche e terrene e che è anche attraverso di esse che egli deve cercare di dare un senso alla sua vita. "Tutto è vanità”, dice il libro del Qoelet. Ma questo non significa che noi non dobbiamo governare e far fruttificare le risorse terrene, con coscienza retta e con senso di responsabilità. Lei ricorda il cardinale Sin?".
Era il primate delle Filippine...
"Colui che in sostanza pose fine al regime di Marcos e dei suoi successori, portando la pace nelle isole. Mi ricordo ancora il colloquio che avemmo in questo studio. Era seduto dove ora è seduto lei. Mi disse: “Caro professor Caloia, ho bisogno che lei mi sostenga, perché quando sarò dal buon Dio dovrà esserci sufficiente reddito per far andare avanti il mio esercito”. Intendeva dire tutti i suoi sacerdoti, le sue missioni, la sua organizzazione, la sua Chiesa. E aggiunse: “Il denaro può essere lo sterco del diavolo, ma può anche diventare un buon fertilizzante”.
*La Stampa/SAN PIETRO E DINTORNI Blog di Marco Tosatti, 14/10/2008
MESSAGGIO EV-ANGELICO E SANTO PADRE?! ABUSO DEL TITOLO E MENZOGNA. L’ERRORE DI RATZINGER.
CARO MARCO *
Credo che oggi, come oggi, sia necessario un CODICE ETICO sia per l’economia sia per la teologia!!! Il cattolicesimo-romano ha sempre e per lo più confuso "Erode" con Cesare e Dio con "Mammona"!!!
Teniamo presente che, ancora oggi (e dopo Marcinkus - nonostante le apprezzabili parole di Caloia), sul Vaticano, svetta il "Logo" del Grande Mercante: Dio è “caro-prezzo” (Benedetto XVI, "Deus caritas est", 2006). Un lapsus e una confusione spirituale di lunga durata!!!
La fiducia senza “h” del Vaticano è riposta più sui “soldi” e meno sull’amore. Il lapsus non è un lapsus e la confusione non è una confusione. LA CASA DEL VATICANO E’ COSTRUITA SULLA "ROCCIA D’ORO" - letteralmente!!! TABLET (RIVISTA INGLESE) rivela: nel 2007 parte delle azioni del Vaticano sono state trasformate in oro e obbligazioni.
Ora che il dio Dollaro (“IN GOD WE TRUST”) è al tramonto, e l’egemonia dell’economia e della teologia del dio Mammona ("Deus caritas est") sta crollando, la Chiesa cattolica cerca di riciclare lo sterco di Mammona - ma non ancora di fare chiarezza (claritas)!!!
La casa di Giuseppe e Maria era fondata sull’Amore (Charitas)... O no?!
Cerchiamo di non perdere né la testa né la fede!!! E nemmeno la “H”!!!
"CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST" (1GV., 4, 1-8)... E "SE SBALIO, MI CORIGGERETE"(GIOVANNI PAOLO II).
M. CORDIALI SALUTI,
FEDERICO LA SALA
*La Stampa/SAN PIETRO E DINTORNI - scritto da Federico La Sala 14/10/2008 17:47
Vaticano. Condannato l’ex presidente dello Ior, Caloia
Dal Tribunale vaticano presieduto da Pignatone una pena di 8 anni e 11 mesi. Analoga condanna per l’avv. Gabriele Liuzzo. Al figlio Lamberto 5 anni e 2 mesi. Riciclaggio e appropriazione indebita
di M.Mu. (Avvenire, giovedì 21 gennaio 2021)
Si è concluso con tre condanne il processo in Vaticano a carico dell’ex presidente dello Ior Angelo Caloia e degli avvocati Gabriele e Lamberto Liuzzo, padre e figlio, riconosciuti colpevoli di peculato in danno dello Ior e di appropriazione indebita aggravata in danno della Sgir s.r.l., oltre che di autoriciclaggio i primi due; e di riciclaggio il terzo. La sentenza di primo grado ha comminato 8 anni e 11 mesi a Caloia e Gabriele Liuzzo, gravati anche di una multa di 12.500 euro cadauno e cinque anni e due mesi a Lamberto Liuzzo, oltre a una multa di 8mila euro. A pronunciarla è stato oggi il presidente del Tribunale della Città del Vaticano, Giuseppe Pignatone, affiancato dai due giudici a latere, Venerando Marano e Carlo Bonzano.
La vicenda riguarda la vendita di 29 immobili di proprietà dell’Ior e di una società controllata, la Sgir s.r.l. Secondo l’accusa, basata principalmente sulle indagini fatte nel 2014 dal gruppo Promontory, Caloia e Liuzzo, d’intesa con l’allora direttore generale dello Ior Lelio Scaletti, poi deceduto, avrebbero venduto - tra il 2002 e il 2007 - gli immobili ad un prezzo di gran lunga inferiore al valore di mercato; essi si sarebbero poi appropriati della differenza, stimata in circa 59 milioni di euro, che in parte avrebbero riciclato in Svizzera, anche con l’aiuto del figlio del Liuzzo, Lamberto Liuzzo.
«L’istruttoria dibattimentale - precisa un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede -, durata circa due anni, ha consentito di chiarire, grazie al contributo di tutte le parti, nel pieno rispetto del contraddittorio, i principali aspetti della vicenda; tra l’altro, i periti hanno stimato nella misura di circa 34 milioni di euro la differenza tra quanto incassato dallo Ior e dalla Sgir ed il valore di mercato degli immobili. Il Tribunale ha ritenuto provato che in alcuni casi gli imputati si sono effettivamente appropriati di parte del denaro pagato dai compratori, o comunque di denaro dello Ior e della Sgir, per un importo complessivo di circa 19 milioni di euro. I tre imputati sono stati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici ed è stata altresì disposta a loro carico la confisca di somme complessivamente pari a circa 38 milioni di euro. Infine, Caloia e i due Liuzzo sono stati condannati al risarcimento dei danni nei confronti dello Ior e della sua controllata Sgir, costituiti parte civile, per una somma superiore a 20 milioni di euro. Gli imputati sono stati invece assolti dalle accuse relative alla vendita di quegli immobili per cui non è stata provata l’appropriazione -da parte loro- di denaro, anche se il prezzo di acquisto è risultato inferiore al valore di mercato dell’epoca. I 29 immobili si trovano a Roma (in zone di pregio), a Frascati, Fara Sabina, Milano (Porta Nuova) e Genova (piazza della Vittoria).
Sempre oggi il Tribunale ha confermato in sede di appello l’applicazione della misura di prevenzione nei confronti di Liuzzo Gabriele, ordinando la confisca di circa 14 milioni di euro depositati presso lo IOR e già da tempo in sequestro, nonché di altri 11 milioni di euro circa, depositati presso banche svizzere. Caloia è stato presidente dello Ior dal 1989 al 2009 e ha 81 anni. Gabriele Liuzzo 97 anni e Lamberto Liuzzo 55. I tre erano assenti ieri. Gli avvocati di Caloia hanno preannunciato appello.
Ior: Caloia e Liuzzo condannati a 8 anni e 11 mesi
Riciclaggio e appropriazione indebita su vendita immobili
di Redazione *
(ANSA) - CITTA DEL VATICANO, 21 GEN - Il presidente del tribunale vaticano Giuseppe Pignatone ha letto la sentenza che stabilisce che Angelo Caloia e Gabriele Liuzzo sono condannati a 8 anni e 11 mesi di reclusione per riciclaggio e appropriazione indebita aggravata e a una multa di 12.500 euro; Lamberto Liuzzo a 5 anni e due mesi per riciclaggio e a una multa di 8 mila euro. I tre imputati, coinvolti nella vendita del patrimonio immobiliare Ior, sono stati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici.
Il Tribunale ha disposto anche la confisca delle somme già sequestrate sui conti correnti degli imputati e il risarcimento allo Ior e alla società Sgir di circa 23 milioni. (ANSA).
* ANSA 21 gennaio 2021 (ripresa parziale, senza immagini).
L’INDAGINE
Ior, indagato Gotti Tedeschi
Sequestrati 23 milioni di euro
Il presidente della banca vaticana e un alto dirigente indagati per omissioni legate alla violazione della normativa antiriciclaggio. Nel mirino della Procura di Roma due trasferimenti operati da un conto aperto presso il Credito Artigiano: 20 milioni alla JP Morgan di Francoforte e 3 alla Banca del Fucino
ROMA - Il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, e un altro importante dirigente della banca vaticana sono indagati dalla Procura di Roma per violazione del decreto legislativo 231 del 2007, la normativa di attuazione della direttiva Ue sulla prevenzione del riciclaggio. E’ in assoluto la prima iniziativa che chiama in causa l’Istituto per le Opere Religiose e i suoi vertici da quando, nel 2003, la Cassazione ha attribuito alla giurisdizione italiana competenza sullo Ior.
L’iscrizione di Gotti Tedeschi e dell’altro dirigente nel registro degli indagati è legata al sequestro preventivo, firmato dal gip Maria Teresa Covatta su richiesta del procuratore aggiunto Nello Rossi e del pm Stefano Rocco Fava ed eseguito ieri, di 23 milioni di euro (su 28 complessivi) che si trovavano su un conto corrente aperto presso la sede romana del Credito Artigiano spa.
Nel mirino dell’autorità giudiziaria, due operazioni che prevedevano il trasferimento di 20 milioni alla JP Morgan Frankfurt e di altri tre alla Banca del Fucino. L’inchiesta della Procura prende il via dalla segnalazione di una operazione sospetta da parte dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, con sospensione della stessa operazione per cinque giorni lavorativi. Ciò ha consentito al nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza e alla Procura romana di attivarsi.
Il sequestro, si precisa, non è stato disposto perché c’è una prova di riciclaggio ma perché, secondo gli inquirenti, è già stato commesso, da parte dei vertici dello Ior, il reato omissivo della norma antiriciclaggio. L’articolo 55 del decreto 231 del 2007 punisce con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa da 500 a 5000 euro "l’esecutore dell’operazione che omette di indicare le generalità del soggetto per conto del quale eventualmente esegue l’operazione o le indica false".
E ancora, lo stesso articolo prevede l’arresto da sei mesi a tre anni con l’ammenda da 5000 a 50mila euro "dell’esecutore dell’operazione che non fornisce informazioni sullo scopo e sulla natura prevista dal rapporto continuativo o dalla prestazione professionale o le fornisce false". * la Repubblica, 21 settembre 2010
Stiglitz: "Fanno soldi sul disastro che loro hanno creato"
Il Nobel per l’Economia: paradosso assurdo, colpa degli speculatori che prendono di mira i governi più deboli
di Stefano Lepri *
«E’ un paradosso assurdo, da voi in Europa - si infervora Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia 2001 - una ironia della storia. Non lo vede? I governi hanno contratto molti debiti per salvare il sistema finanziario, le banche centrali tengono i tassi bassi per aiutarlo a riprendersi oltre che per favorire la ripresa. E la grande finanza che cosa fa? Usa i bassi tassi di interesse per speculare contro i governi indebitati. Riescono a far denaro sul disastro che loro stessi hanno creato».
Che può succedere ora?
«Aspetti. Non è finita qui. I governi varano misure di austerità per ridurre l’indebitamento. I mercati decidono che non sono sufficienti e speculano al ribasso sui loro titoli. Così i governi sono costretti a misure di austerità aggiuntive. La gente comune perde ancora di più, la grande finanza guadagna ancora di più. La morale della favola è: colpevoli premiati, innocenti puniti».
Come si può rimediare?
«Tre punti. Primo: niente denaro alla speculazione. Negli Stati Uniti come in Europa, bisogna fare nuove regole per le banche. Devono finanziare le imprese produttive, non gli hedge funds. Bisogna impedirgli di speculare».
Una parola. Se è il governo a dirigere il credito, il rischio è di distribuirlo ancora peggio.
«Non credo. Secondo me si può e si deve intervenire. Punto secondo: bisogna imporre tasse molto alte sui guadagni di capitale. Oggi è più vantaggioso speculare che lavorare per vivere. Deve tornare ad essere il contrario».
E poi?
«Punto terzo: in Europa dovete appoggiare i governi in difficoltà».
Si rischia di premiare i politici che governano male.
«No. La prova la dà la Spagna. Oggi è in difficoltà senza aver fatto errori. Il governo aveva un bilancio in attivo fino all’altr’anno; la Banca centrale ha sorvegliato le banche molto bene, tanto che viene citata ad esempio nel mondo. Che colpa hanno? Certo, anche loro hanno visto crescere la bolla, nel mercato immobiliare, e non l’hanno fermata. Ma è l’errore che hanno fatto tutti. Era nello spirito dei tempi. Lo ispirava l’ideologia neo-liberista che ha dominato per molti anni».
In Grecia però hanno sbagliato. Hanno anche truccato i conti.
«Non l’attuale governo, il precedente. Sono stati colpiti dalla crisi della navigazione commerciale, settore importante per loro, e dal calo del turismo. Insomma, perché dobbiamo costringere la gente a fare ancora più sacrifici, se non ha colpa?».
Il debito c’è. Prima o poi gli Stati dovranno ripagarlo.
«Ma perché mai dobbiamo dare retta ai mercati? I mercati non si comportano in maniera razionale, lo abbiamo visto nel modo in cui si è prodotta la crisi. Allora perché mai dovrebbero avere ragione, nel chiedere ancora più sacrifici ai cittadini di quei paesi? In più, anche se la avessero, si comportano in maniera troppo erratica. E per finire, qui è in corso un attacco speculativo: non è che se uno fa bene non lo colpiscono, è che se ti possono far fuori ti fanno fuori».
Come possiamo fare, in Europa?
«Dovete costruire dei meccanismi di solidarietà fra Stati. L’Unione deva avere più risorse a disposizione. Si spendono un sacco di soldi per la politica agricola comune, che è uno spreco, mentre...»
Si potrebbero emettere dei titoli europei, gli Eurobonds.
«Certo. E poi occorre tassare le attività nocive. Soprattutto due: la finanza e le emissioni di anidride carbonica. Anche negli Stati Uniti».
Obama riuscirà a imporsi alle banche?
«Sarà una lunga battaglia. Ma la rabbia della gente è forte, e il presidente lo sa. I banchieri hanno contro tutto il resto della popolazione».
Il Congresso è riluttante.
«Spero che non si debba arrivare ad un’altra crisi, prima di riuscire a mettere la finanza sotto controllo. Sarebbe davvero triste. Pensi a quanto danno hanno causato. Lo sa che secondo le rpevisioni del Cbo, l’Ufficio bilancio del Congresso, la disoccupazione comincerà a diminuire sono a metà del decennio? Queste sono cose che restano a lungo nella memoria della gente»
*
Stefano Lepri
Fonte: www.lastampa.it
Link: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/economia/201002articoli/51924girata.asp
5.02.2010