"DE PRINCIPATIBUS" (N. Machiavelli). COME SPEZZARE LE RENI A UN POPOLO ADDORMENTATO, STRACCIARE LA COSTITUZIONE, E RIFARE UNO STATO?! BASTA UN NOTAIO, UN FUNZIONIARIO DEL MINISTERO DELL’INTERNO E LA REGISTRAZIONE DI UN SIMBOLO DI PARTITO ...

L’ITALIA AD PERSONAM E IL PROF. CORDERO CHE SI LAMENTA. MA E’ ELEMENTARE (1994-2010)!!! "L’ITALIA SONO IO" E IL DIRITTO E’ "UN DIRITTO AD PERSONAM": "FORZA ITALIA"!!! - a cura di Federico La Sala

Nelle classifiche dei paesi evoluti l’Italia naviga male e detiene un primato poco invidiabile, lo stile criminofilo. "Stilus" significa anche procedura (...)
mercoledì 27 gennaio 2010.
 


di Franco Cordero (la Repubblica, 23.01.2010)

Nelle classifiche dei paesi evoluti l’Italia naviga male e detiene un primato poco invidiabile, lo stile criminofilo. "Stilus" significa anche procedura. In penale, quando ho dato l’esame sessant’anni fa, era materia risibile, imparata su libercoli: fino al 1938 addirittura assente dal programma accademico; stava relegata nell’ultimo, trascurabile capitolo del corso penalistico. Carnelutti la chiamava Cenerentola.

Tra i penalisti eminenti era quasi punto d’onore schivarla, mirando diritto alla discussione nel merito: se quel fatto sia avvenuto; chi l’abbia commesso; come qualificarlo e via seguitando. Adesso rende servizi loschi. Il codice nato ventun anni fa doveva chiudere l’epoca postinquisitoria ma i legislatori non sapevano cosa significhi "processo accusatorio": significa forme sobrie, garanzie serie, agonismo leale, rigorosa economia del contraddittorio; in mano loro diventa cavillo micromaniaco, invadente, esoso, comodo nelle furberie ostruzionistiche; e la XIII legislatura completa la perversione codificando teoremi filati dalla Bicamerale (sui quali Licio Gelli vanta un diritto d’autore); sotto insegna centrosinistra spirava aria berlusconoide. La prassi attua una metamorfosi. Chiamiamola arte del sur place: difese con poche chances nel merito giocano partite dilatorie; sparisce l’autentica questione, se l’asserito reato esista e chi l’abbia commesso; futili schermaglie sfruttano i torpori dell’apparato sovraccarico, finché il tempo inghiotta i reati. Fanno storia le campagne giudiziarie dell’Unto: dopo tanto rumore resta un delitto estinto; altrove tagliava corto abolendo la norma incriminante, vedi falso in bilancio.

Dopo sette anni e mezzo al vertice dell’esecutivo, avendo sconvolto l’ordinamento nel suo privatissimo interesse, corre ancora rischi penali: persa l’immunità fornitagli dai due lodi, invalidi come la legge con cui aveva sotterrato l’appello del pubblico ministero, gioca grosso macchinando un istituto senza eguali nel museo dei mostri giudiziari. I processi italiani sono patologicamente lunghi (abbiamo appena visto perché): in proposito l’Italia figura male; cresce l’esborso alle vittime d’una giustizia tardiva; e il dl n. 1880, su cui Palazzo Madama ha votato mercoledì 20 gennaio, quadra i circoli riprendendo l’idea d’una sinistra toccata dal virus bicamerale. Eccola: imporre dei termini, scaduti i quali ogni processo ancora pendente vada in fumo; colpevoli o innocenti, tutti fuori, sotto lo scudo del ne bis in idem; allegramente liquidati i carichi pendenti, la giostra riparte. Figure da commedia dell’arte, divertenti ma non attecchiranno, finché il diritto sia ancora cosa seria. Sarà il quarto capolavoro berlusconiano abortito davanti alla Consulta.

Vari i motivi. Consideriamone alcuni. Esiste l’articolo 112 della Costituzione: l’azione penale è obbligatoria; se non agisce, il pubblico ministero, deve chiedere un provvedimento che lo sciolga dall’obbligo, perché rebus sic stantibus l’accusa sarebbe insostenibile; e rimane aperta la via d’ulteriori apporti. Azione obbligatoria, quindi irretrattabile: ciascuno dei due caratteri implica l’altro; mosse dall’attore pubblico, le ruote girano da sole, mentre nei sistemi anglosassoni può desistere (allora drops the prosecution); quando cambia idea, chieda l’assoluzione; il giudice dirà se vi sia o no un colpevole. Questo sistema esclude processi evanescenti allo scadere dei termini: equivarrebbero all’accusa lasciata cadere; ogni procedimento bene aperto, dove non ricorrano fatti estintivi del reato, esige la decisione nel merito (salvo un singolo caso, il non liquet previsto dall’articolo 202, comma 3, qualora il segreto di Stato interdica la prova sine qua non). L’articolo 112 della Costituzione è tra i più aborriti nel bestiario nero del monarca; e sappiamo cosa covi quando elucubra revisioni costituzionali: procure agli ordini del ministro affinché i possibili affari penali passino nel filtro delle convenienze. Sedici anni fa chi voleva insediare in via Arenula? Cesare Previti, uomo sicuro.

Secondo profilo d’invalidità: l’occupante scatena un terremoto pro domo sua; il mostro deve valere nei giudizi pendenti; così stabilisce l’articolo 2, escludendo appello e Cassazione (irragionevolmente: articolo 3 della Costituzione). Anche in tali limiti la novità affossa procedimenti a migliaia: è amnistia sotto nome diverso, anzi l’effetto risulta più grave, perché l’amnistia estingue i reati, mentre qui, svanendo il processo, non consta niente, e magari esistono prove più chiare del sole; ma le amnistie richiedono leggi votate in ogni articolo da due terzi delle Camere (articolo 79 della Costituzione).

Terzo profilo (stiamo enumerando i macroscopicamente rilevabili). I processi lunghi non dipendono da operatori poltroni, hanno cause organiche: ipertrofia legislativa, apparato povero, gli pseudogarantismi sotto la cui ala l’augusta persona guadagnava tempo; né questa politica criminofila vuol rimuoverle. Supponiamo che un processo su sette sconfini dai termini estinguendosi. La giustizia penale diventa lotteria: essere o no quel fortunato dipende da imponderabili, fuori d’ogni criterio legale, nella sfera del caso (tanto peggio se fosse manovrato sotto banco); Bridoye, racconta Rabelais, emetteva sentenze tirando i dadi. Valutato secondo l’articolo 3 della Costituzione, l’intero meccanismo appare perverso. La ventesima legge ad personam salva l’ipotetico corruttore nel caso Mills, perché il procedimento pende davanti al Tribunale da oltre due anni, id est un quarto della pena massima. Supponiamo una notitia criminis precoce, indagini rapidissime, udienza preliminare trascinata ad defatigandum e altrettanto il dibattimento: scaduti due anni, scatta il praestigium; il processo era fuoco fatuo; Monsieur ridiventa innocente, anche se le prove lo inchiodano, quando l’ipotetico reato sarebbe prescritto solo in otto anni (articolo 157 codice penale), anzi dieci, contando gl’incrementi da fatti interruttivi. I numeri misurano l’assurdo dell’avere un padrone senza barlumi d’etica.


Rispondere all'articolo

Forum