XI Congresso Kantiano Internazionale
Kant e la filosofia in senso cosmopolitico *
Pisa 22-26 Maggio 2010
L’XI Congresso Kantiano Internazionale della Kant-Gesellschaft è dedicato al tema "Kant e la filosofia in senso cosmopolitico": muovendo dal concetto kantiano di filosofia, si intende promuovere una riflessione sulla funzione e il senso della filosofia in rapporto agli interessi più profondi dell’uomo. Il Congresso ospita contributi su tutti gli aspetti del pensiero di Immanuel Kant ed è articolato in sedute plenarie e sezioni tematiche.
*FONTE: KANT 2010
SUL TEMA, IN RETE, SI CFR.:
CON KANT, E CON FREUD, LA VIA PER USCIRE DALLO STATO DI MINORITA’: "SOLTANTO LA DISCESA ALL’AVERNO DELLA CONOSCENZA DI NOI STESSI APRE LA VIA ALL’APOTEOSI" (I. KANT, 1797). Un percorso di indagine
di Federico La Sala
L’USCITA DALLO STATO DI MINORITA’, LA PSICONALISI, E I DIRITTI UMANI. LA LEZIONE DI SIGMUN FREUD
UOMINI E DONNE. SULL’USCITA DALLO STATO DI MINORITA’, OGGI. AL DI LA’ DELL’ "EDIPO".
METTERSI IN GIOCO, CORAGGIOSAMENTE. PIER ALDO ROVATTI INCONTRA ELVIO FACHINELLI.
CONTRARIAMENTE A QUANTO ’PONTIFICAVA’ DEWEY NEL 1929, COSì’ SCRIVEVA, NEL 1939, ARTHUR S. EDDINGTON, L’ASTRONOMO E IL FISICO RELATIVISTA, CHE "NEL 1919 ORGANIZZO’ LE DUE FAMOSE SPEDIZIONI DI RILEVAMENTO DELL’ECLISSE SOLARE CHE FORNIRONO LA PRIMA CONFERMA SPERIMENTALE DELLA FORMULA DELLA RELATIVITA’ DI EINSTEIN PER LA DEVIAZIONE DELLA LUCE IN CAMPO GRAVITAZIONALE":
"Non è consigliabile, penso, tentare di descrivere una filosofia fondata sulla scienza con le etichette dei sistemi filosofici più vecchi. Accettare una tale etichetta, farebbe sì che lo scienziato prendesse parte a controversie per cui non ha alcun interesse, anche se non le condanna come completamente senza significato. Ma se fosse necessario scegeliere una guida tra i filosofi del passato, non ci sarebbe nessun dubbio che la nostra scelta cadrebbe su kant. Non accettiamo l’etichetta kantiana, ma, come riconoscimento, è giusto dire che Kant anticipò in notevole misura le idee a cui siamo ora spinti dagli sviluppi moderni della fisica"
Cfr. Arthur S. Eddington, Filosofia della fisica, Prefazione di Maurizio Mamiani, Bari, Laterza, 1984, p. VII, e pp. X-XI.
Quel che rende unico ogni individuo
Perché l’individuo è alle fondamenta della democrazia
Sappiamo adattarci e adeguarci alle condizioni di vita più diverse
La verità della nostra umanità non sta in una filosofia ma sta dentro ciascuno di noi
di Gustavo Zagrebelski
Anticipiamo una parte della lezione che il giurista terrà domani a Pistoia sul rapporto tra democrazia e identità personale
«Sull’uomo», sull’essere umano. Non so immaginare come altri, intervenendo in questi "dialoghi sull’uomo", interpreteranno l’espressione e intenderanno il loro compito. Da parte mia, non andrò di certo alla ricerca di qualcosa di essenziale, di ideale, di radicale circa l’essere-uomo. Nelle cose politiche e morali, è bene diffidare delle astrazioni e delle dottrine circa l’umanità autentica, vera, non corrotta, corrispondente all’ideale, un ideale che debba essere realizzato con ogni mezzo e a ogni costo. È prudente pensare che non esista "l’uomo" o che, se esiste, non l’abbiamo mai incontrato. Ci sono "gli uomini" e non uno è per natura uguale all’altro. Per nostra fortuna è così. Altrimenti saremmo pronti ad accettare l’uomo-massa, l’uomo-gregge, l’uomo in serie. La verità della nostra umanità non sta in una filosofia, in un’antropologia; sta dentro ciascuno di noi, in interiore homine, e tutti possiamo cercare di conoscerla seguendone le tracce profonde, senza mentire a noi stessi. Conosci te stesso! E non pensare che quello che hai trovato valga necessariamente nemmeno per chi ti sta più vicino.
La storia ci mostra però che questa realtà, tanto molteplice da non poter trovare un esemplare di per sé uguale a un altro, è tuttavia massimamente plastica, cioè capace di adattarsi, adeguarsi, combaciare alle condizioni nelle quali si trova a vivere. Nessun altro essere vivente ne è altrettanto capace. Per questo, gli esseri umani sopravvivono nelle condizioni ambientali, climatiche, sociali, politiche più diverse. Non solo gli individui, ma anche le loro società sono varie e sono capaci di cambiare, come nessun’altra società di esseri viventi. I viventi non umani ci appaiono programmati per vivere nella e solo nella struttura sociale che è loro propria.
Dalle società tribali arcaiche, studiate dagli etologi, alle odierne società della comunicazione, di cui si occupano gli informatici, quante varianti, quanti tipi umani diversi: cacciatori, agricoltori, nobili e plebei, liberi e servi, cittadini e contadini, corteggiani, cavalieri e borghesi, umanisti e tecnici, imprenditori ed esecutori, proprietari e proletari, uomini di religione e uomini di scienza, eccetera. Differenze, queste, che riguardano il lato esteriore degli esseri umani, quello che riguarda i rapporti sociali tra di loro. Ma che diremmo del lato interiore, quello che riguarda cose come le loro qualità morali, la loro sensibilità artistica, l’autocoscienza, la felicità e l’infelicità? Qui davvero ogni pretesa di generalizzare sarebbe ancora più arbitraria.
Forse però, potremmo già subito smentirci da noi stessi e dire che, allora, una natura dell’essere umano c’è, ed è la sua plasticità e irriducibilità ad unitatem. Ma è una smentita apparente, perché non ci permette di andare oltre, mentre è propriamente questo "oltre", o questo "altro" ciò che ci importerebbe di definire.
Orbene, è precisamente l’indefinibiltà di un’idea essenziale a priori che consente di dire qualcosa in modo indiretto, a partire dalle condizioni esterne che operano sugli esseri umani, conformandoli a determinati standard sociali e a determinate aspettative sociali. Ferma restando, peraltro, la sempre presente, residua e ribelle, loro irriducibilità integrale a tali standard.
Guardando alle condizioni odierne delle nostre società, troviamo impressionanti conferme di due profezie che risalgono, l’una, a Tocqueville e, l’altra, a Dostoevskij.
Tocqueville, osservando le condizioni della società americana orientata alla democrazia ugualitaria, previde «una folla innumerevole di uomini simili e uguali, che girano senza posa su se stessi per procurarsi piccoli, volgari piaceri, con cui soddisfare il proprio animo. Ciascuno di loro, tenendosi appartato, è come estraneo al destino degli altri: i suoi figli e i suoi amici più stretti formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, è vicino a loro, ma non li vede; li tocca, ma non li sente; vive solo in se stesso e per se stesso, e se ancora gli rimane una famiglia, si può dire almeno che non abbia patria.
Al di sopra di costoro s’innalza un potere immenso e tutelare, che s’incarica da solo di assicurare il godimento dei loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Assomiglierebbe al potere paterno, se, come questo, avesse per fine di preparare gli uomini all’età virile; ma al contrario, cerca soltanto di fissarli irrevocabilmente nell’infanzia» (La democrazia in America, 1840, libro II, parte IV, capitolo VI).
Dall’altra parte del mondo, qualche decennio dopo (1879-1880), Dostoevskij avrebbe scritto, presumibilmente senza conoscere il suo predecessore, quella che è stata definita la storia dei due secoli successivi, La leggenda del Grande inquisitore, capitolo centrale, somma del suo pensiero politico e vetta della sua arte, ne I fratelli Karamazov. Anche qui, l’umanità è vista divisa in due. I "tutori" di Tocqueville diventano gli "inquisitori" in Dostoevskij. La visione generale è la stessa: la massa addomesticata e i pochi che, al di sopra, l’addomesticano. Non tiranni feroci, ma benefattori che prendono sulle loro spalle il fardello di una libertà di cui, per lo più, gli esseri umani non sanno che farsi, anzi anelano di sbarazzarsi. La società dei grandi numeri, industrializzata, standardizzata, meccanizzata produrrebbe così una doppia, opposta umanità. La divisione ha a che fare con la distribuzione ineguale di tre risorse vitali, i beni materiali, le conoscenze, il potere: detto altrimenti, l’avere, il sapere, il potere, i tre pilastri d’ogni struttura sociale.
La democrazia in America è un testo che potremmo definire di sociologia politica; La Leggenda, di antropologia morale. Per questo, in un discorso sull’essere umano come è quello cui i "Dialoghi sull’uomo" ci invitano, è a Dostoevskij, innanzitutto, che ci rivolgiamo. Non con l’illusione di trovarvi tutto, ma almeno con la certezza di scorgervi qualcosa di ciò che cerchiamo, anzi forse non poco.
DIO ("CHARITAS") E I DUE ’LIBRI’: IL LIBRO DELLA NATURA E IL LIBRO DELLA SACRA SCRITTURA ....
LA SCIENZA HA CAPITO E CERCA DI CAPIRE "COME VA IL CIELO", LA CHIESA CATTOLICA NON SOLO NON HA ANCORA CAPITO "COME VA IL CIELO" MA NEMMENO "COME SI VA IN CIELO" E CONTINUA A PROPORRE LA SUA IDEOLOGIA DELLA TERRA E DEL SANGUE (il "geocentrismo").
SOLO OGGI (2010) SI E’ DECISA A SMETTERLA DI MALEDIRE COPERNICO (l’"eliocentrismo")!!! MA DEL FATTO CHE DEL MESSAGGIO EVANGELICO HA FATTO UN ABILE "PUZZLE" - UN Organismo Gerarchicamente Modificato - E LO HA CHIAMATO "VANGELO" ( Il "messaggio" del "Deus caritas") ANCORA NON HA IL CORAGGIO DI AMMETTERLO!!!
"SAPERE AUDE!". NON E’ MAI TROPPO TARDI APRIRE LE PORTE E LE FINESTRE DEL VATICANO ALLA LUCE DEL SOLE!!! E DARE IL VIA A UNA NUOVA, SECONDA RIVOLUZIONE COPERNICANA.
Federico La Sala
POLONIA
Copernico sepolto con onore
Tregua tra Chiesa e Scienza
L’astronomo che sfidò l’autorità ecclesiastica sepolto nella cattedrale di Frombork. I resti individuati con il Dna di ossa scoperte nella cattedrale confrontati con frammenti di capelli trovati nei libri dello scienziato *
Niccolò Copernico, l’astronomo polacco che nel XVI secolo ebbe il coraggio di sfidare la Chiesa sul dogma della centralità della Terra - e quindi dell’Uomo - nell’universo, è stato sepolto oggi tra grandi onori nella cattedrale di Frombork, a nord della Polonia, dove per secoli le sue spoglie hanno giaciuto nell’anonimato. Se le autorità vaticane avevano già riabilitato l’opera di Copernico, come avvenuto per quella del nostro Galileo, la sepoltura dignitosa dei resti dell’eretico studioso dei cieli si deve alla riuscita collaborazione tra la volontà ecclesiastica e l’azione della sua compagna di una vita: la scienza.
LE FOTO Copernico sepolto con onore
La chiave di volta della vicenda, ancora una volta, è racchiusa in una sigla di tre lettere: dna. Copernico fu sepolto nella cattedrale di Frombork nel 1543, in una tomba priva di un nome o di un qualsiasi segno che potesse segnalare dietro la pietra le spoglie del padre dell’Eliocentrismo, il sole al centro del sistema solare e della vita. Su richiesta del vescovo locale, gli scienziati hanno iniziato le ricerche della tomba di Copernico nel 2004, scoprendo le ossa e il cranio di un uomo deceduto all’età approssimativa di 70 anni. Quella che Copernico aveva il giorno della sua morte, quando prima di spirare gli fu consegnata una copia del De Revolutionibus Orbium Coelestium, il suo trattato "sulla rivoluzione delle sfere celesti", appena pubblicato.
Da quelle ossa, dai denti in particolare, è stato tratto il Dna da confrontare con quello di alcuni frammenti di capelli ritrovati nei libri che appartennero all’astronomo, matematico e medico polacco. Il codice genetico era lo stesso, di qui la conclusione che le spoglie dello scienziato erano finalmente uscite dall’oblio della storia. Così, 467 anni dopo la sua morte, i resti di Niccolò Copernico sono stati nuovamente inumati nella cattedrale di Frombork. Ma questa volta ai piedi di una tomba nuova di granito nero, con incisa la rappresentazione di un modello del sistema solare. Nel corso della cerimonia religiosa che ha accompagnato l’evento, l’arcivescovo Jozef Zycinski, nuovo primate polacco, ha deplorato gli "eccessi di zelo dei difensori della Chiesa" e ha ricordato la condanna dell’opera dell’astronomo da parte di Papa Paolo V nel 1616.
Il ricordo di tanto oscurantismo non poteva essere cancellato in un giorno. Così, prima della solenne sepoltura, una bara di legno contenente i resti di Copernico ha viaggiato per alcune settimane attraverso la Polonia, è stata esposta a Olsztyn e nelle città con cui ebbe legami nella sua vita. E Wojciech Ziemba, arcivescovo della regione di Frombork, ha finalmente detto che la Chiesa cattolica è fiera che Copernico abbia lasciato alla regione l’eredità del suo "duro lavoro, della sua devozione e soprattutto del suo genio scientifico".
* la Repubblica, 22 maggio 2010