L’ex premier thailandese chiede asilo a Londra per sfuggire alla giustizia *
L’ex premier thailandese Thaksin Shinawatra, nei guai con la giustizia nel suo paese, ha chiesto asilo politico in Gran Bretagna dove risiede da agosto con la moglie e i tre figli. A confermare la notizia è stato un portavoce del ministero britannico degli Interni. La storia dell’ex premier thailandese è costellata di conflitti di interesse e problemi con la giustizia. Leader del partito populista Thai Rak Thai, Shinawatra è stato capo del governo dal 2001 al 2006 quando fu deposto da un colpo di stato mentre si recava in visita a New York.
Shinawatra è stato l’uomo più ricco del paese ed era a capo della Shin Corporation tramite cui controllava la maggiore compagnia di telefonia mobile del paese asiatico. È dall’intreccio tra questi interessi imprenditoriali e il suo impegno politico che è nato un consistente conflitto di interessi. Nel 2001 evitò l’arresto ed il bando di cinque anni dalla vita politica corrompendo i giudici e condizionando le indagini.
Dopo lo scampato pericolo, Shinawatra fu rieletto nel 2005 ottenendo un grande consenso soprattutto nella zona settentrionale del paese, anche grazie alla notevole pubblicità che assicurò nelle televisioni statali al suo partito subito dopo lo Tsunami del 2004. Ma anche nella capitale Bangkok l’ex premier attuò un’imponente pubblicità sui mass media per dare visibilità al suo partito. Dopo il golpe del 2006 Thaksin si è ritirato dalla vita politica.
Nell’agosto del 2008 tuttavia la corte suprema thailandese ha diffuso un mandato d’arresto per l’ex premier e sua moglie. Le accuse sono frode ed evasione fiscale. Shinawatra tuttavia continua a sottrarsi alla giustizia e rilancia: si ritiene vittima di una persecuzione sostenendo di essere stato privato in patria di sicurezza e libertà. In Gran Bretagna, paese in cui si è rifugiato, l’ex premier continua comunque a fare affari: ha incassato 250 milioni di euro vendendo il Manchester City squadra di serie A di cui era il proprietario.
* l’Unità, Pubblicato il: 06.10.08, Modificato il: 07.10.08 alle ore 11.11
Sul cavaliere della I-THAILANDIA....
di Federico La Sala *
Caro Direttore,
A mio parere, in tutte le discussioni e le analisi che sono portate avanti sulla situazione italiana è proprio l’analisi del berlusconismo che va approfondita e chiarita. Io non posso concepire, nemmeno in THAILANDIA (cfr. Piero Ottone, IL CAVALIERE DELLA THAILANDIA, La Repubblica del 26.04.2002: "Thaksin ha fondato un partito, Thai Rak Thai, il cui nome significa, a quanto sembra: I thailandesi amano i thailandesi") che in una nazione che si chiama ITALIA, ci possa essere un PARTITO che si chiama "Forza ITALIA"...
Il trucco del NOME ("Forza ITALIA") è da manualetto del... piccolo ipnotizzatore e da gioco da baraccone ...politico! E penso che aver lasciato fare questa operazione, io ritengo, sia stata la cosa più incredibile e pazzesca che mai un popolo (e soprattutto le sue Istituzioni e partiti) abbia potuto fare con se stesso e con i propri cittadini e le proprie cittadine: è vero che stiamo diventando tutti vecchi e vecchie, ma questa è roba da suicidio collettivo!
Questa la mia opinione, se si vuole, da semplice e analfabeta vecchio cittadino italiano e non da "sovietico" comunista della "fattoria degli animali" orwelliana. Mi trovo a condividere e sono più vicino alle opinioni e alla posizione della "mosca bianca" Franco Cordero, che non a quella di molti altri. (... per proseguire nella lettura, cliccare nella zona rossa).
Sul tema, in rete e nel sito, si cfr.:
THAILANDIA (Wikipedia).
GUARIRE LA NOSTRA TERRA: VERITÀ E RICONCILIAZIONE.... *
Il viaggio.
Papa in Thailandia: bambine costrette a prostituirsi, sfigurata dignità
Francesco nell’omelia della messa allo Stadio nazionale di Bangkok tocca la piaga della prostituzione, anche minorile, legata al turismo sessuale, piaga particolarmente sentita in Thailandia
di Gianni Cardinale, inviato in Thailandia (Avvenire, giovedì 21 novembre 2019)
Questa mattina primo bagno di folla per Papa Francesco nella sua visita in Thailandia. Siamo al St. Louis Hospital di Bangkok, fiore all’occhiello della diocesi ed eccellenza nel campo sanitario del Paese. E’ stato fondato 120 anni fa e ad accogliere il Papa sono in tantissimi: medici, infermiere, impiegati, operai con i loro familiari, semplici fedeli. Tutti con la bandierina thai e della Santa Sede. Questo è l’ultimo dei tre appuntamenti della mattinata.
L’incontro è nel grande auditorium con da una parte il ritratto del re e della regina, dall’altro una immagine di Gesù con la Vergine Maria.
"Tutti voi, membri di questa comunità sanitaria - dice Papa Bergoglio -, siete discepoli missionari quando, guardando un paziente, imparate a chiamarlo per nome". "I vostri sforzi e il lavoro delle tante istituzioni che rappresentate sono la testimonianza viva della cura e dell’attenzione che siamo chiamati a dimostrare per tutte le persone, in particolare per gli anziani, i giovani e i più vulnerabili", aggiunge. E poi ricorda come in questi 120 anni di vita del St. Louis "quante persone hanno ricevuto sollievo nel loro dolore, sono state consolate nelle loro oppressioni e accompagnate nella loro solitudine!”. Di qui il grazie “per il dono della vostra presenza nel corso di questi anni”, e la richiesta “di far sì che questo apostolato, e altri simili, siano sempre più segno ed emblema di una Chiesa in uscita che, volendo vivere la propria missione, trova il coraggio di portare l’amore risanante di Cristo a coloro che soffrono". La visita del Papa si chiude con un incontro privato con alcuni malati.
In precedenza il Papa ha già incontrato le autorità politiche del Paese e ha visitato la principale autorità buddista della Thailandia. Nel discorso rivolto ai rappresentanti del governo, al corpo diplomatico e ai leader politici al Government House ribadisce che “la crisi migratoria non può essere ignorata". "La stessa Tailandia, - sottolinea - nota per l’accoglienza che ha concesso ai migranti e ai rifugiati, si è trovata di fronte a questa crisi dovuta alla tragica fuga di rifugiati dai Paesi vicini” (QUI IL DISCORSO) . Di qui il rinnovato auspicio “che la comunità internazionale agisca con responsabilità e lungimiranza”, in modo da risolvere “i problemi che portano a questo tragico esodo” e a promuovere “una migrazione sicura, ordinata e regolata”.
Nel suo intervento Francesco rivolge anche un pensiero "quelle donne e a quei bambini del nostro tempo che sono particolarmente feriti, violentati ed esposti ad ogni forma di sfruttamento, schiavitù, violenza e abuso".
Esprime la sua “riconoscenza al governo tailandese per i suoi sforzi volti ad estirpare questo flagello, come pure a tutte le persone e le organizzazioni che lavorano instancabilmente per sradicare questo male e offrire un percorso di dignità”.
Auspica che nascano sempre più “artigiani dell’ospitalità”, uomini e donne che “si prendano cura dello sviluppo integrale di tutti i popoli, in seno a una famiglia umana che si impegni a vivere nella giustizia, nella solidarietà e nell’armonia fraterna". E invita a coniugare libertà Thai (vuol dire proprio questo) e solidarietà, afinché “le persone e le comunità possano avere accesso all’educazione, al lavoro degno, all’assistenza sanitaria, e in tal modo raggiungere i livelli minimi indispensabili di sostenibilità che rendano possibile uno sviluppo umano integrale".
Dopo l’incontro con il mondo diplomatico e della politica Papa visita il Patriarca Supremo dei Buddisti, Somdej Phra Maha Muneewong, nel Tempio Wat Ratchabophit Sathit Maha Simaram. Qui ribadisce che “il cammino interreligioso” può testimoniare "anche nel nostro mondo, tanto sollecitato a propagare e generare divisioni e esclusioni, che la cultura dell’incontro è possibile” (QUI IL DISCORSO COMPLETO). Perché “quando abbiamo l’opportunità di riconoscerci e di apprezzarci, anche nelle nostre differenze, offriamo al mondo una parola di speranza capace di incoraggiare e sostenere quanti si trovano sempre maggiormente danneggiati dalla divisione".
Il Pontefice rimarca "quanto sia importante che le religioni si manifestino sempre più quali fari di speranza, in quanto promotrici e garanti di fraternità". E ringrazia la Thailandia perché fin dall’arrivo del cristianesimo, circa quattro secoli e mezzo fa, "i cattolici, pur essendo un gruppo minoritario, hanno goduto della libertà nella pratica religiosa e per molti anni hanno vissuto in armonia con i loro fratelli e sorelle buddisti". Tra i doni offerti da Papa Francesco al patriarca buddista dell, vi è "il Documento sulla Fraternità umana di Abu Dhabi".
La mattinata di Papa Francesco in Thailandia si chiude quando in Italia comincia ad albeggiare. Il fuso orario segna sei ore di differenza. Nel pomeriggio di Bangkok si è svolta la visita di cortesia al re e la messa nello Stadio Nazionale.
Nell’omelia della messa, con 60mila fedeli che riempiono lo stadio, papa Francesco torna ad alludere al problema del turismo sessuale. Nell’omelia il Pontefice rivolge un pensiero particolare a "quei bambini, bambine e donne esposti alla prostituzione e alla tratta, sfigurati nella loro dignità più autentica". (QUI L’OMELIA)
E poi anche "a quei giovani schiavi della droga e del non-senso che finisce per oscurare il loro sguardo e bruciare i loro sogni; penso ai migranti spogliati delle loro case e delle loro famiglie". E poi ai tanti altri che "possono sentirsi dimenticati, orfani, abbandonati". E poi "ai pescatori sfruttati, ai mendicanti ignorati". Tutti questi, sottolinea il Papa, "fanno parte della nostra famiglia, sono nostre madri e nostri fratelli".
Da qui un duplice l’appello. Primo: a non privare "le nostre comunità dei loro volti, delle loro piaghe, dei loro sorrisi, delle loro vite". Secondo: non privare "le loro piaghe e le loro ferite dell’unzione misericordiosa dell’amore di Dio". -Infatti "l’evangelizzazione non è accumulare adesioni né apparire potenti, ma aprire porte per vivere e condividere l’abbraccio misericordioso e risanante di Dio Padre che ci rende famiglia".
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Sul tema, nel sito, si cfr.:
UOMINI E DONNE. LA NUOVA ALLEANZA di "Maria" e di "Giuseppe"!!! AL DI LA’ DELL’ "EDIPO", L’ "AMORE CONOSCITIVO". SULL’USCITA DALLO STATO DI MINORITA’, OGGI.
GUARIRE LA NOSTRA TERRA: VERITÀ E RICONCILIAZIONE. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro Abramo"
Federico La Sala
Thailandia: diffuse online foto consorte reale, sito in tilt
Sineenatra Wongvajirabhakdi pilota un caccia e in poligono tiro
di redazione (Ansa, 27 agosto 2019)
Il palazzo reale thailandese ha pubblicato online oltre 60 foto della consorte reale, la 34enne Sineenatra Wongvajirabhakdi, oltre ad una biografia di 46 pagine della donna: si tratta di un’iniziativa senza precedenti nella storia della monarchia della Thailandia, che ha subito mandato in tilt il sito internet della corona.
Alcune delle immagini, pubblicate dai media locali, mostrano l’ex infermiera dell’Esercito ai comandi di un aereo da caccia, impegnata a sparare con una mitragliatrice in un poligono di tiro e accanto al re in tenuta mimetica.
Lo scorso luglio Sineenat Wongvajirapakdi è stata nominata dal re ’Chao Khun Phra’, o consorte reale, diventando così la prima donna a ricevere questo titolo da quasi un secolo a questa parte. "Il re ha ordinato la creazione di una biografia reale per Chao Khun Phra Sineenat Bilaskalayani", recita un comunicato diffuso dall’ufficio reale.
Le immagini pubblicate online, commenta il Guardian, offrono uno spiraglio "insolitamente intimo" nella vita privata della potente monarchia thailandese, protetta tra l’altro da una legge reale che prevede 15 anni di carcere per ogni capo d’accusa di lesa maestà nei confronti del re, della regina e del loro erede.
La principessa ribelle: “Basta con i generali guiderò la Thailandia”
Ex attrice, la sorella del re si candida con il partito di opposizione - Il sovrano frena: incostituzionale. Ma lei non molla: sono una cittadina
di Alessandro Ursic (La Stampa, 09/02/2019)
Bangkok. Dovevano essere elezioni blande, con regole talmente truccate da rendere quasi inevitabile la conferma in carica del burbero generale che «si sacrifica per il Paese» a cinque anni dal golpe. E invece, nello stagno della politica thailandese è piombato ieri un masso: una principessa anticonformista che si candida alla guida del governo. Per di più con un partito vicino a un ex premier accusato dall’establishment di essere un demone ostile alla monarchia. E in tarda serata, il colpo di scena finale: il re che riprende la sorella dichiarando incostituzionale la sua candidatura.
La giunta militare
Ubolratana Mahidol, 67 anni, primogenita del venerato ex re Bhumibol e sorella maggiore dell’attuale sovrano Vajiralongkorn, si è candidata premier del partito Thai Raksa Chart, un’appendice del più grande Puea Thai fedele al magnate Thaksin Shinawatra. Dopo l’annuncio del fratello, la sorte della sua candidatura è ora un’incognita: difficile però pensare una Commissione elettorale che non ascolta il «no» del sovrano. Per la Thailandia è comunque un terremoto politico. Per cinque anni la giunta militare si è preparata il campo per la riconferma, cambiando la Costituzione e cercando di estirpare la presa di Thaksin sulle classi medio-basse rurali che votano lui o chi per lui dal 2001. Eppure il generale Prayuth Chan-ocha appare ora di colpo vulnerabile. Prima dell’intervento del re, la mossa di Thaksin - in auto-esilio dal 2008 per sfuggire a una condanna per corruzione - sembrava uno scacco matto. Sarà forse ricordata come un azzardo, ma l’interesse della popolazione è ormai risvegliato e i giochi sono aperti.
I social media in Thailandia ieri non hanno parlato d’altro. Non solo per la rottura con la prassi che vuole l’istituzione monarchica al di sopra della politica. Ma anche per il fascino del personaggio Ubolratana, la più «ribelle» dei quattro figli di Bhumibol. Mandata a studiare biochimica in America, a 21 anni si innamorò di un compagno di studi americano che poi sposò: perse così il titolo reale e si trasferì negli Usa. Tornò in Thailandia nel 2001, dopo un logorante divorzio. Per i suoi sudditi era praticamente una sconosciuta. Ma si affezionarono presto, specie dopo che il devastante tsunami del 2004 si portò via il suo figlio autistico. Lei si riprese alla grande, recitando anche da protagonista in alcuni film. Ancora oggi promuove il cinema thailandese ed è a capo di diverse fondazioni impegnate nel sociale. Sempre alla moda e con un’aria giovanile, usa sapientemente i social media.
«Corro da semplice cittadina», ha assicurato lei in un posto su Instagram. E non è solo un tentativo di mostrarsi vicina alla gente. La questione tutta da risolvere è «si potrà criticarla?».
Lesa maestà
La Thailandia ha la legge di lesa maestà più severa al mondo. In teoria protegge solo il re, la regina, il principe ereditario e il reggente; in pratica, di recente critiche velate alla famiglia reale hanno portato decine di persone in carcere con condanne fino a trent’anni. Non c’è la tradizione di dibattiti tra candidati, e la deferenza insita in molti giornalisti locali porta comunque a evitare domande scomode. Ma immaginarsi articoli critici verso una premier di sangue reale? Inconcepibile. E per quanto rassicuri di essere una donna qualsiasi, l’ambiguità regna: in qualsiasi sua menzione in lingua thailandese c’è comunque un appellativo che denota la provenienza nobile.
Già ieri pomeriggio un piccolo partito pro-militari aveva osato criticare per primo: la candidatura di Ubolratana dovrebbe essere bocciata dalla Commissione elettorale, perché la famiglia reale deve stare fuori dalla politica.
In un Paese dove la monarchia è in pratica una religione di Stato, il panico dei monarchici non è solo dovuto al trovarsi una principessa alleata col nemico Thaksin, per di più con sul trono un nuovo re che è lontano anni luce dall’aura mistica del padre morto nel 2016.
È che i miti su cui si imperniava la loro visione della Thailandia - i politici erano corrotti, i militari facevano i golpe per proteggere il Paese e un re semi-divino estraneo ai giochi di potere - sono improvvisamente sottosopra. Se la famiglia reale scende in campo, l’incantesimo rischia di spezzarsi. E se la politica mette re e principessa contro, forse ancora di più.
Tito, Héctor e la palla-fiducia che bisogna saper passare
di Mauro Berruto ( Avvenire, mercoledì 11 luglio 2018)
«Tuya, Héctor!». Se vi trovate in Uruguay e qualcuno vi dice così, beh significa che siete degni di stima e fiducia. Colui che sta all’origine di questo modo di dire, è un calciatore, Héctor Pedro Scarone, soprannominato El Mago, primo destinatario di quella frase («Tua, Héctor!»), rivoltagli in un istante destinato a passare alla storia da un suo collega. Era il 13 giugno 1928, giorno della finale del torneo di calcio ai Giochi Olimpici di Amsterdam: Uruguay e Argentina, le finaliste, sono sull’1-1. In campo una parata di stelle fra le quali due, particolarmente brillanti, con la maglia celeste dell’Uruguay.
Si chiamano Héctor Scarone e Tito Borjas. Ragazzi che non conoscono ancora i loro destini: Scarone giocherà anche in Italia e, Giuseppe Meazza, suo compagno di squadra all’Inter dirà di lui che faceva cose che «noi potevamo solo immaginare». Borjas è un giocatore pazzesco, ma la sua carriera e la sua vita finiranno presto, solo tre anni dopo, quando disubbidendo ai medici che gli avevano imposto riposo assoluto dopo un forte dolore al petto sentito mentre giocava una partita, lasciò la propria abitazione per andare sugli spalti a vedere il match decisivo per il titolo dei suoi Wanderers Montevideo e al gol del vantaggio dei compagni di squadra venne stroncato da un infarto.
In quel giugno del 1928, ignari del loro futuro, Héctor e Tito stanno giocando, insieme, la finale olimpica. Tuttavia fra i due non scorre buon sangue, sono troppo forti per stare nella stessa metà campo. In realtà, Héctor e Tito non si parlano proprio, da tantissimo tempo, ma al 28° del secondo tempo, Tito ha la palla fra i piedi, vede Héctor arrivare con un razzo e decide di rompere quel silenzio. Passa la parla e gli urla: «Tua, Hectòr!», come a dire: "Vedi di farcela, voglio fidarmi di te". Héctor segna un gol straordinario da 40 metri.
L’Uruguay diventa campione olimpico ai danni degli odiati rivali argentini e da quel giorno, nel Paese, c’è un nuovo modo di dire quando si vuol trasmettere il senso di una fiducia incondizionata, che va oltre ogni divisione. Parole che vengono alla mente pensando alla incredibile vicenda dei 12 giovani calciatori thailandesi rimasti intrappolati in una caverna insieme ad Aek, il loro 25enne allenatore e liberati definitivamente ieri dopo 17 giorni passati all’inferno.
Si è mobilitato il mondo intero per questa vicenda e il risultato è stato raggiunto grazie a un’enorme capacità di condividere fiducia, anche quando le cose sembravano impossibili. Affidarsi a qualcuno, ci insegna questa storia di cui certamente qualche produttore hollywoodiano si approprierà, può portare alla perdizione e alla salvezza. Aek, l’allenatore orfano che ha passato la sua gioventù in un monastero buddhista aveva preso la decisione di portare i suoi ragazzi in quella grotta per meditare.
Stravolto dai sensi di colpa ha chiesto ripetutamente perdono per quell’idea che le piogge monsoniche stavano per trasformare in tragedia. I genitori di tutti i ragazzi lo hanno perdonato in tempi assolutamente non sospetti, ben prima del lieto fine della vicenda. Anzi, gli hanno ricordato che i loro ragazzi contavano su di lui, laggiù sottoterra come sul campo di calcio. Forse anche per questa iniezione di fiducia Aek è stato decisivo per tenere in vita i suoi ragazzi rinunciando per loro al suo stesso cibo, mantenendoli calmi e gestendo le loro emozioni e paure. E lasciando la grotta per ultimo, da vero coach.
«Sembra impossibile, finché non viene fatto», diceva Nelson Mandela e mentre, in superficie, squadre di calcio di fama planetaria lottano al Mondiale per non tornare a casa, la squadra per cui tutti si augurano il ritorno, finalmente, ce l’ha fatta grazie a una collaborazione di persone provenienti, letteralmente, da ogni parte del mondo. «Tuya, Héctor» anche in memoria di Saman Kunan, il soccorritore unica vittima di questa vicenda. Nel suo ultimo video lo si sente dire: «Porteremo i ragazzi a casa». Aveva ragione.
Thailandia: è morto re Bhumibol
Era malato da tempo
di Redazione *
Il re della Thailandia Bhumibol Adulyadej si è spento ogg a 88 anni. Era il sovrano da più tempo al trono al mondo col titolo di Rama IX dal 1946. Lo ha comunicato l’ufficio della casa reale. Malato da tempo, è morto alle 15:52 locali (le 10:52 in Italia) nell’ospedale Siriraj di Bangkok.
Il nuovo re, Rama X, sarà il principe ereditario Vajiralongkorn (64 anni). Lo ha annunciato il premier Prayuth Chan-ocha, aggiungendo che il nome del successore verrà presentato questa sera al Parlamento per l’approvazione, come prescrive la Costituzione thailandese.
Thailandia, opposizione si dimette in massa.
Premier: "Referendum, ma pronto a dimettermi"
Il Partito democratico thailandese ha annunciato le dimissioni dei suoi 153 deputati. Dopo settimane di proteste, annunciata per lunedì la ’battaglia finale’ contro il governo *
BANGKOK - Il Phak Prachathipat - il Partito democratico thailandese, principale attore dell’opposizione al governo in carica - ha annunciato la dimissione in massa dei suoi 153 deputati al parlamento. La decisione del Pp arriva dopo settimane di durissime proteste e a poche ore dall’annuncio del primo ministro Yingluck Shinawatra di indire un referendum di fiducia sul governo, promettendo dimissioni in caso di voto contrario della popolazione.
La crisi politica che sta investendo la Thailandia fa così un altro passo avanti. Nei giorni scorsi decine di migliaia di persone sono scese in piazza, hanno occupato i palazzi del potere e si sono scontrate con le forze di sicurezza. Il bilancio è stato di 5 morti e centinaia di feriti.
L’opposizione di piazza ha organizzato una grande manifestazione per lunedì. Come ha detto Suthep Thaugsuban, leader della protesta antigovernativa, sarà il giorno della "battaglia finale". L’obiettivo delle dimostrazioni è rovesciare il governo attuale e porre fine all’influenza politica di Thaksin Shinawatra, ex primo ministro della Thailandia e fratello maggiore dell’attuale premier, accusato di dirigere il Paese dall’estero.
Nel frattempo, la polizia ha riconosciuto il diritto costituzionale della popolazione a partecipare alle proteste, avvertendo però che qualsiasi violazione della legge verrà punita con l’arresto. Contro Suthep è stato spiccato un ordine d’arresto per sedizione, ma l’ex deputato thailandese ha già promesso di consegnarsi alle autorità se le proteste di lunedì non faranno cadere il governo.
* la Repubblica, 08 dicembre 2013
Bangkok si ribella al Berlusconi d’Oriente
La proposta di amnistia per l’ex primo ministro Shinawatra, fratello della premier in carica scatena la protesta dell’opposizione
Scontri in piazza
di Gabriel Bertinetto (l’Unità, 02.12.2013)
Presenti i capi delle tre armi, che si professano neutrali, il leader dei rivoltosi intima la resa alla donna accusata di guidare il governo della Thailandia per conto del fratello, esule e pregiudicato: Thaksin Shinawatra, il Berlusconi d’oriente. L’incontro avviene in una località segreta, dove la premier Yingluck Shinawatra si è rifugiata dopo che il circolo sportivo in cui si apprestava a incontrare la stampa internazionale era stato assaltato dai manifestanti.
Accade al termine di una giornata convulsa. Per la prima volta dopo una settimana di proteste pacifiche, sono divampati duri scontri fra polizia e dimostranti. Poche ore prima, nella notte fra sabato e domenica, manifestanti di opposte fazioni si erano affrontati vicino a uno stadio nella zona di Ramkhamhaeng, lasciando sul campo le prime vittime, tre, di questa ennesima ondata di disordini politici a Bangkok. Mentre la notte cala sulla capitale thailandese, non è affatto chiaro se la crisi si avvicina al drammatico epilogo annunciato dal capo dello schieramento antigovernativo, Suthep Thaugsuban: «Ho detto a Yingluck che questa è la prima e ultima volta che le parlo fino a quando non cederà il potere al popolo. Non ci saranno negoziati e tutto deve finire entro due giorni». Cioè domani, mentre oggi i cittadini di Bangkok vengono da lui esortati a godersi un giorno di vacanza e unirsi alla mobilitazione di piazza.
Le parole di Suthep cadono nel silenzio delle autorità, che non contestano la ricostruzione del colloquio, senza nemmeno confermare né smentire che fosse davvero avvenuto. Il vice-premier Pracha Promnok si limita ad invitare la gente a non uscire di casa fra le dieci di sera e le cinque di mattina, «per non restare vittime di provocazioni». Più un consiglio che un coprifuoco. Toni più minacciosi nella dichiarazione di Piya Utayo, portavoce della polizia, che preannuncia l’intervento degli uomini in uniforme per riappropriarsi delle «proprietà pubbliche» occupate dai contestatori. L’affermazione appare in singolare contraddizione con quanto ha dichiarato poco prima il capo della sicurezza nazionale Paradorn Pattanathabutr. «Non hanno preso un solo edificio», diceva Paradorn, smentendo che fossero caduti in mano ai rivoltosi una decina di siti.
Difficile capire comunque da che parte stiano le varie agenzie preposte alla sicurezza pubblica. In linea generale la polizia sembra ligia alle disposizioni del potere centrale, mentre i militari preferiscono mantenere un profilo istituzionale estraneo allo scontro politico in atto. Nel recente passato hanno però dimostrato in modo molto concreto la loro avversione verso la fetta di establishment legata a Thaksin, arrivando anche a destituirlo con un golpe nel 2006.
Causa scatenante delle tensioni è l’amnistia proposta da Yingluck con l’evidente scopo di consentire il ritorno in patria del fratello. Il progetto è fallito, ma ha innescato la ribellione alla cui guida si è posto Suthep Thaugsuban, vicepremier nel precedente esecutivo. Suthep si è dimesso dal Partito democratico, la principale forza di opposizione, per avere mano libera in una lotta dichiaratamente tesa a rovesciare il governo in carica, e «smantellare la macchina di potere» che fa capo a Thaksin.
Questi viene accusato di dirigere il Paese per interposta persona. Suthep e compagni denunciano l’andirivieni di ministri che fanno la spola fra Bangkok e le località in cui il Berlusconi d’Oriente solitamente risiede, Dubai e Hong Kong. Contestano quelli che considerano sprechi di denaro pubblico per favorire la cerchia affaristica incentrata nel clan dei Shinawatra. Sotto accusa un piano di sussidi ai risicoltori per vari miliardi di dollari, la gestione dei progetti idrici dopo le terribili alluvioni del 2011, e i 600 miliardi di dollari stanziati per vari investimenti infrastrutturali.
Thaksin, che se rimettesse piede in Thailandia dovrebbe scontare una condanna a due anni di carcere per corruzione, costruì la sua fortuna politica grazie al controllo di televisioni e giornali, e gode tuttora di grande popolarità soprattutto nelle aree rurali. I suoi avversari, il Partito democratico in particolare, hanno la loro base sociale nei ceti medi urbani e nelle province meridionali. Suthep, leader del movimento antigovernativo, è un personaggio controverso. È sotto inchiesta per la violenta repressione delle proteste popolari nel 2010 (novanta morti). Allora le parti erano invertite, e nei panni dei contestatori erano i seguaci di Thaksin nelle loro divise rosse. In precedenza nel 1995 Suthep fu al centro di uno scandalo per avere dirottato a vantaggio di proprietari terrieri benestanti, fondi destinati ad aiutare i contadini poveri.
THAILANDIA
Bangkok, coprifuoco parziale
Camicie rosse: "Re unica speranza"
Le autorità hanno autorizzato a evacuare anziani, donne e bambini dall’accampamento degli antigovernativi. Uno dei leader della protesta ha fatto appello all’intervento del monarca Bhumibol *
BANGKOK - Una calma apparente regna stamani intorno al quartiere di Bangkok occupato dai manifestanti antigovernativi, dopo i violenti scontri 1 che hanno fatto 24 morti e circa 200 feriti da giovedì sera, quando l’esercito ha bloccato l’area. Fonti delle forze armate hanno annunciato che le autorità thailandesi vogliono imporre il coprifuoco in alcuni quartieri della capitale. Le autorità hanno inoltre autorizzato la Croce rossa e altre organizzazioni umanitarie a sgomberare donne, bambini e anziani dall’accampamento delle camicie rosse, dove ormai il cibo comincia a scarseggiare. Il primo ministro Abhisit Vejjajiva ha lanciato in mattinata un nuovo appello per porre fine alle violenze. "Oggi - ha detto in tv alle camicie rosse - la cosa migliore è mettere fine alle manifestazioni", che "sono infiltrate dai terroristi" e "non sono democratiche". Uno dei leader delle camicie rosse ha fatto appello all’intervento del monarca Bhumibol come "unica speranza per una soluzione pacifica" della crisi.
Leader camicie rosse: "Re unica speranza". Jatuporn Prompan, uno dei leader della protesta antigovernativa, ha spiegato: "Non possiamo considerare altra possibilità che fare appello alla bontà di re Bhumibol Adulyadej, credo che numerosi thailandesi ritengano ugualmente che nostra maestà è l’unica speranza". Prompan ha ricordato che il re, considerato come un semidio da molti thailandesi, era intervenuto in passato in crisi politiche gravi. Il sovrano, che ha 82 anni, è in ospedale dal settembre scorso e finora non si è espresso sullo scontro tra le camicie rosse favorevoli all’ex premier Thaksin Shinawatra, che chiedono lo svolgimento di elezioni anticipate, e il governo del primo ministro Abhisit Vejjajvia. Il re è apparso in tv alla fine di aprile esortando i magistrati recentemente nominati a fare il loro dovere ma non ha fatto diretto riferimento alla crisi attuale. Bhumibol, che regna dal 1946 non ha alcuna prerogativa costituzionale, ma esercita una forte influenza psicologica e una autorità morale che lo fa ritenere l’unica persona in grado di risolvere la crisi e ricompattare i thailandesi.
Esercito offre di evacuare donne e bambini. Le autorità thailandesi hanno predisposto un servizio di evacuazione per donne, bambini e anziani dall’accampamento delle camicie rosse nel centro di Bangkok. Lo ha annunciato Sanserm Keawkamnerd, portavoce delle forze armate. Il blocco dell’esercito attorno al presidio ha fatto diventare scarse le riserve di cibo a disposizione delle circa seimila persone ancora all’interno dell’accampamento eretto lo scorso 3 aprile. Chi lascerà la "città nella città" delle camicie rosse, ha aggiunto Samsern, non verrà perseguito.
Peggiorano condizioni capo camicie rosse. Peggiorano le condizioni di Khattiya Sawasdipol, noto come Seh Daeng, il generale ribelle capo militare delle camicie rosse thailandesi colpito giovedì note da un cecchino mentre rilasciava un’intervista a Bangkok. Secondo i medici il generale, 58 anni, ha gravi problemi di pressione e alla funzionalità renale e le sue possibilità di sopravvivere sono scarse.
* la Repubblica, 16 maggio 2010
THAILANDIA
Nuovi scontri a Bangkok, ancora morti
Il premier: "Avanti per il bene del Paese"
Otto civili hanno perso la vita, facendo salire a 24 il bilancio dei morti nelle battaglie degli ultimi giorni. I militari invitano i giornalisti a lasciare la capitale. Vejjajiva: "Non lasciamo Thailandia ai gruppi armati"
di Raimondo Bultrini *
BANGKOK - Almeno otto civili sono morti e oltre trenta sono rimasti feriti nei nuovi scontri fra camicie rosse ed esercito a Bangkok. Sale così a 24 il numero delle vittime e 187 i feriti al terzo giorno di violenze fra soldati e manifestanti antigovernativi nel centro della capitale thailandese, devastata dalle azioni di guerriglia urbana 2. Il centro medico statale Erawan ha precisato che le vittime sono tutte civili, e che tra loro non vi sono stranieri.
Giornalisti e fotografi sono stati invitati a lasciare la zona di Bangkok. Lo ha reso noto via Twitter un cronista dell’ANSA sul posto, precisando che l’avviso è stato dato alle 23.30 ora locale nel quartiere di Silom, a sud del quadrilatero di strade in cui sono asserragliate le ’camicie rosse’.
I manifestanti fedeli all’ex premier Thaksin Shinawatra hanno acceso falò attorno al quartiere commerciale che occupano da due mesi per chiedere nuove elezioni. I soldati hanno sparato a una camicia rossa che stava tentando di dare fuoco a un copertone. L’esercito ha rivolto un ultimatum ai manifestanti fedeli all’ex premier Thaksin Shinawatra: se non si disperderanno, scatterà il blitz nell’area occupata da inizio aprile. Gli Stati Uniti hanno evacuato parte del personale della loro ambasciata a Bangkok, già chiusa nei giorni scorsi. ’’I cittadini americani - si legge in un comunicato del Dipartimento di Stato Usa - dovrebbero rinviare tutti i viaggi a Bangkok e tutti i viaggi non essenziali nel resto della Thailandia’’.
Durissime le parole del primo ministro thailandese, Abhisit Vejjajiva, che in tv ha dichiarato che la repressione della protesta delle camicie rosse non si fermerà nonostante il già pesante bilancio di vittime. "Il governo deve andare avanti - ha affermato il premier - Non ci possiamo ritirare. Quello che stiamo facendo è per il bene del paese. Non possiamo lasciare la Thailandia nelle mani di gruppi armati".
Nell’accampamento, dove secondo il governo permangono oramai "solo" 6mila persone rispetto alle 30mila di qualche settimana fa, i leader del movimento segnalano intanto una crescente carenza di generi alimentari, che non possono essere riforniti perché da ieri l’esercito ha sigillato tutte le strade di accesso. Rinforzi dell’esercito sono in arrivo a Bangkok per dare man forte ai soldati schierati per fronteggiare le camicie rosse, rende noto il quotidiano thailandese The Nation.
Testimoni riferiscono via Twitter di aver visto arrivare dieci camion carichi di soldati presso l’incrocio di Ding Daeng, teatro di duri scontri nel corso del pomeriggio. Tutta l’area è stata dichiarata "no entry zone" (accesso proibito). Secondo la stampa locale, l’esercito ha "virtualmente imposto il coprifuoco" nell’area. E dopo il ferimento oggi di un fotografo di The Nation - il quarto cronista colpito da ieri - e di un operatore sanitario, l’unione dei giornalisti ha ordinato ai reporter di lasciare le zone teatro di scontri.
Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, ha lanciato un appello per chiedere la fine delle violenze in Thailandia. Ban "segue con crescente preoccupazione il rapido aggravarsi della tensione e delle violenze in Thailandia" ed "è rattristato" dalle notizie che riportano della morte di numerosi civili, fra cui dei giornalisti, si legge nel comunicato diffuso dal servizio stampa dell’Onu. Ban "invita i manifestanti e le autorità thailandesi a fare il possibile per evitare nuove violenze e perdite di vite umane", invitandoli a tornare al dialogo per risolvere pacificamente la situazione.
Intanto la Croce Rossa thailandese teme che nei prossimi giorni ci sarà penuria di sangue per trasfusioni. Perciò, allo scopo di aumentare le scorte, in diverse zone di Bangkok, ha detto la dottoressa Soisa-ang Pikulsod, citata dal sito del quotidiano thailandese Bangkok Post sono state dislocate alcune unità mobili per la raccolta. Il medico ha riferito che attualmente la Croce Rossa ha a disposizione di 3.000 sacche di sangue nella capitale, ma si teme che con il perdurare degli scontri tra forze armate e manifestanti anti-governativi le riserve si rivelino insufficienti. Un appello ai donatori è stato lanciato anche via Twitter, indicando i punti di raccolta di Chatuchak, Mall Bang Kae, Wat Ladprao, Klong Dan e Future Park Rangsit.
* la Repubblica, 15 maggio 2010
Proteste in Thailandia, Farnesina a turisti: massima prudenza
Il ministero degli esteri italiano consiglia di evitare Bangkok, teatro di numerose manifestazioni antigovernative
Ansa, 16 marzo 2010, 14:01
ROMA - La Farnesina "consiglia a coloro che intendano recarsi in Thailandia di adottare la massima prudenza" in relazione alle manifestazioni di protesta guidate dai sostenitori dell’ex primo ministro Thaksin Shinawatra. "In coincidenza con le previste dimostrazioni - si legge in un avviso pubblicato ieri sul sito viaggiaresicuri.it - non si può escludere che si verifichino scontri tra manifestanti e forze dell’ordine nonché disagi derivanti da blocchi stradali e dei mezzi di trasporto pubblico".
"Si consiglia pertanto di adottare la massima prudenza e di evitare a Bangkok gli edifici governativi in generale ed in particolare la zona del Palazzo Reale, che sarà il centro delle dimostrazioni e le aree limitrofe, il quartiere Dusit (ove ha sede il Parlamento e il Palazzo del Governo), nonché - precisa l’informativa - tutte le zone dove siano in corso assembramenti o manifestazioni sia nella capitale come nel resto del Paese". Si tratta del quinto "avviso particolare" pubblicato dal Ministero degli Esteri sulla situazione in Thailandia nell’ultimo mese.
L’ANALISI
Corruzione, economia e populismo
così è fallito il modello Thailandia
di FEDERICO RAMPINI *
DUE leader di governo tra i più potenti del mondo costretti a una movimentata fuga in elicottero: è il segnale che la crisi thailandese è tutt’altro che una vicenda locale. L’immagine del premier cinese Wen Jiabao e del suo omologo giapponese Taro Aso "evacuati" in extremis dall’aviazione militare, con l’interruzione forzata di un importante summit che si era aperto venerdì a Pattaya, restituisce la dimensione internazionale del caso-Thailandia. Questa nazione del sud-est asiatico fu uno dei primi "dragoni" a sperimentare la modernità, l’apertura all’Occidente e i benefici della globalizzazione. Oggi è un concentrato di ricette fallite. I leader dell’Asean si erano riuniti a Pattaya proprio per discutere un approccio comune alla recessione che colpisce l’Estremo Oriente, ma quel dialogo è stato interrotto dal caos delle proteste che minacciano il governo di Bangkok. E’ inevitabile tracciare il parallelo con un’altra crisi finanziaria internazionale, "l’asiatica" che ebbe inizio proprio in Thailandia nel 1997: oggi ci appare per molti versi come una prova generale del collasso sistemico iniziato negli Stati Uniti un decennio dopo.
Negli occidentali è forte la tentazione di liquidare la Thailandia come uno Stato da operetta. I golpe hanno una frequenza disarmante: gli ultimi avvennero nel 1971, 1977, 1991, 2006. L’esercito appare come l’arbitro di ultima istanza delle contese tra fazioni politiche. Dietro l’esercito, in un ruolo occulto e spesso indecifrabile, c’è la regìa imprevedibile e nefasta del re. Ma in quest’ultimo divampare della violenza, con i sanguinosi regolamenti di conti tra le "camicie rosse" dell’opposizione e le "camicie gialle" filogovernative e filomonarchiche, il caos politico thailandese è accentuato dalle confusioni dei ruoli. Il precario governo guidato dal 44enne Abhisit Vejjajiva, che traballa paurosamente sotto i colpi della contestazione, avrebbe le carte in regola per una gestione moderata e consensuale della crisi economica. Ma il suo premier è macchiato da un peccato originale: la legittimità popolare gli fa difetto dalla nascita. Abhisit è andato al potere grazie alla congiunzione tra la pressione della piazza e le congiure di palazzo. Ha avuto il sostegno delle forze armate e del Parlamento, mai quello del suffragio universale. Per ben due volte, nel 2005 e nel 2007, gli elettori hanno chiesto il ritorno al potere del principale partito di opposizione e la loro volontà è stata calpestata da una democrazia truccata. La natura di quell’opposizione a sua volta non fa che accentuare l’instabilità della Thailandia.
Il leader deposto e in esilio, Thaksin Shinawatra, fu definito a suo tempo "un Berlusconi asiatico". Le etichette sono fuorvianti e questi paragoni sono sempre delle forzature. Sta di fatto che Thaskin è al tempo stesso un magnate-simbolo di un nuovo capitalismo, che fece fortuna con il boom delle telecomunicazioni, poi fu al centro di gravi accuse quando vendette il suo impero a investitori stranieri (di Singapore). E’ un leader populista di successo: la sua immensa ricchezza personale non gli impedisce di avere una solida base di consenso tra i ceti meno abbienti delle regioni rurali. È lì che la sua azione di governo esercitò i benefici più reali: aumento della spesa per l’istruzione, la sanità, e accesso al credito per i piccoli agricoltori. Al governo dal 2001 al 2006, Thaksin ha rivoluzionato le regole del gioco, cavalcando la diffusa sfiducia popolare verso l’élite di Bangkok. Ma le sue pulsioni autoritarie erano preoccupanti, come nell’uso spregiudicato della campagna anti-droga per ridurre le libertà e aumentare l’arbitrio poliziesco. Dall’esilio dorato fra Dubai e Londra - dove ha comprato la squadra di calcio Manchester City - Thaksin continua a usare la sua ricchezza per finanziare le proteste anti-governative, convinto che un ritorno alle urne potrebbe consentirgli di insediare un premier-fantoccio.
L’alternativa tra un plutocrate populista e l’attuale governo sorretto (forse solo provvisoriamente) dai militari e dal re, è un’atroce caricatura di quel che potrebbe essere la dialettica democratica in un paese ormai sviluppato come la Thailandia. Il caos di Bangkok è la smentita più severa di quelle teorie sul "modello asiatico" di paternalismo autoritario, che hanno importanti fautori da Singapore a Pechino. La presunta stabilità di quel modello, in tutte le sue varianti di destra e di sinistra, è messa a dura prova dalla tempesta economica attuale e non solo in Thailandia.
* la Repubblica, 14 aprile 2009
Il PAD è una coalizione di gruppi contrari al ritorno al potere dell’ex premier Thaksin
Thailandia, Parlamento circondato: un morto e centinaia di feriti negli scontri
Manifestanti dell’Alleanza popolare per la Democrazia chiedono che il governo venga sciolto entro oggi. Il primo ministro è stato costretto a lasciare la sede delle Camere in elicottero. Centinaia i parlamentari bloccati all’interno dell’edificio. Il vicepremier lascia: si è assunto la responsabilità del fallimento dei negoziati per arrivare ad un accordo con i dimostranti
Bangkok, 7 ott. (Adnkronos/Ign) - E’ di un morto ed un centinaio di feriti il bilancio degli scontri tra polizia e dimostranti antigovernativi avvenuti oggi intorno al parlamento di Bangkok. La vittima era l’autista di una jeep parcheggiata vicino alla sede della Camere ed esplosa per cause ancora non chiarite.
Una vera e propria guerriglia quella che è andata in scena davanti la sede del Parlamento accerchiata stamattina da migliaia di manifestanti dell’Alleanza popolare per la Democrazia (PAD) il cui obiettivo era impedire alle due camere di tenere la sessione con cui doveva essere approvata la dichiarazione politica programmatica del nuovo governo. L’assemblea si è comunque svolta, ma i dimostranti sono riusciti a bloccare le vie d’uscite dell’edificio, costringendo il primo ministro thailandese, Somchai Wongsawat, ad abbandonare il Parlamento in elicottero e bloccando all’interno centinaia di parlamentari.
Vano il tentativo degli agenti antisommossa di disperdere i manifestanti con cariche e gas lacrimogeni. Gli opppositori al governo si sono rifiutati di lasciare la zona e alcuni si sono armati di mazze da golf, sbarre di ferro e bastoni. Settanta dimostranti del PAD sono stati feriti, alcuni in modo grave, e testimoni accusano la polizia di aver fatto ricorso a proiettili di gomma.
L’attacco della polizia è stato immediatamente condannato dai gruppi per i diritti umani e dal Partito democratico di opposizione che, in segno di protesta, si è rifiutato di prendere parte alla seduta parlamentare.
’’Vogliamo che il governo sciolga il Parlamento entro le sei di questo pomeriggio’’, ha intimato Sonthi Limthongkul, esponente di spicco del PAD, che dal 26 agosto scorso occupa la sede del governo. ’’Nel caso contrario adotteremo misure forti contro il governo’’, ha avvertito.
Intanto, il vicepremier thailandese Chavalit Yongchaiyudh ha rassegnato le dimissioni assumendosi la responsabilità del fallimento dei negoziati per arrivare ad un accordo tra dimostranti e governo. Yongchaiyudh era stato nominato numero due del governo il mese scorso e a lui era stata assegnata la responsabilità sulla sicurezza e l’incarico di negoziatore capo del governo nei colloqui con i manifestanti del PAD per arrivare ad una composizione pacifica della crisi in corso.
Il PAD è una coalizione di gruppi contrari al ritorno al potere dell’ex premier Thaksin Shinawatra, cacciato con un colpo di stato militare il 19 settembre 2006: l’attuale governo, guidato dal Partito del potere del popolo (PPP), strettamente legato a Thaksin, è attualmente capeggiato dal cognato dell’ex premier, Somchai.
Thailandia, cresce la rivolta: 2 morti e 443 feriti
Si fa sempre più tesa la situazione in Thailandia dove sono stati schierati i militari per pattugliare le strade di Bangkok. Martedì erano scoppiati violenti scontri tra manifestanti antigovernativi e polizia. Il bilancio delle violenze, secondo l’ultimo bilancio delle autorità diffuso mercoledì, parla di due morti, un uomo ed una donna e di ben 443 feriti, otto dei quali hanno dovuto subire amputazioni.
I manifestanti, che sostengono di agire in nome del re Bhumibol Adulyadej e che sono sostenuti dai nazionalisti e dai sindacati, ce l’hanno con il primo ministro, Somchai Wongsawat, accusato di essere un burattino di suo cognato, Thaksin Shinawatra, il cosiddetto "Berlusconi" thailandese, miliardario rovesciato con un colpo di stato nel 2006 che ora vive in esilio in Gran Bretagna ma, dicono i dimostranti, governa attraverso il suo sostituto e non si vuol sottoporre ai diversi processi a suo carico per corruzione. Wongsawat, martedì, è stato costretto a fuggire dalla sede del Parlamento a bordo di un elicottero a causa dell’assedio dei manifestanti.
I manifestanti e la polizia si scambiano reciproche accuse: per i primi la polizia sarebbe responsabile delle violenze, mentre secondo le forze dell’ordine i dimostranti hanno usato armi da fuoco. Intanto, in un clima sempre più teso, il premier Wongsawat ha cercato di rassicurare la comunità internazionale: «Risolveremo i nostri problemi interni nel quadro del processo democratico» ha detto il premier mercoledì mattina dinanzi agli ambasciatori stranieri accreditati a Bangkok. Il premier si è detto fiducioso sulle possibilità di risolvere la crisi: «La Thailandia è una società che ha capacità di ripresa ed è stata capace di superare tempeste politiche in passato con grande forza».
Nella capitale thailandese, intanto, le forze dell’ordine e l’esercito hanno potenziato i presidi a difesa dei più importanti palazzi del potere: soldati in assetto antisommossa sono schierati attorno al parlamento ed alla residenza del premier Wongsawat.
* l’Unità, Pubblicato il: 08.10.08. Modificato il: 08.10.08 alle ore 12.42