di Domitilla Conte *
ROMA - In Italia il "vincolo sociale", quello che regola la convivenza civile, "appare friabile ed esige che sia continuamente ricostruito": la denuncia di una sostanziale fragilità del tessuto sociale del Paese viene dal presidente dei vescovi italiani, card. Angelo Bagnasco, che preannuncia l’azione della Chiesa in difesa "della moralità sociale e della legalità pubblica", specialmente in quelle zone dove è più presente la criminalità organizzata.
Il presidente della Cei ha tenuto oggi una ’lectio magistralis’ su ’Il futuro della Chiesa cattolica in Italia’ in occasione dell’apertura dell’anno accademico dell’Università europea di Roma, che fa capo alla congregazione dei Legionari di Cristo. L’Italia - ha osservato il presidente dei vescovi - è sempre stata, nel panorama generale, un caso a sé "assolutamente originale", un Paese in cui la Chiesa "é una realtà molto viva", tanto da poter arginare la "secolarizzazione" dilagante. Il presidente dei vescovi ha citato ad esempio il referendum sulla legge 40 e il Family day, "momenti particolari in cui la Chiesa è riuscita ad aggregare intorno a cruciali questioni antropologiche dei consensi significativi, ben oltre la compagine credente".
Vi sono però altre "obiettive situazioni a rischio", sulle quali, a partire dal suo magistero sociale, la Chiesa può e deve intervenire, per "dire il suo ’si’’ agli italiani", compiendo la missione iscritta nel suo "dna", "un’attenzione speciale per i poveri e i sofferenti e comunque per tutte quelle situazioni che reclamano il servizio della carità". Innanzitutto "la famiglia, la quale - ha detto Bagnasco - stenta a trovare una propria serenità in ambito economico, e per la quale si fatica a far emergere in campo politico la sua ineliminabile soggettività".
Poi, "l’integrazione, il lavoro, la casa, la scuola, la sanità", che "presentano diffuse criticità su cui attirare la comune attenzione per affrontare e non rinviare i problemi ad essi sottesi". "Altro versante problematico" è per il presidente della Cei "quello della moralità sociale e della legalità pubblica, che sono dimensioni proprie della cittadinanza rispetto ai vincoli collettivi". Situazioni che appaiono particolarmente "delicate" nelle zone del Paese più interessate alla malavita organizzata, "dalla ’ndrangheta e dalla mafia, fenomeni - ha osservato Bagnasco - che da tempo tendono peraltro a ramificarsi all’estero". Ma quello che più preoccupa la Chiesa e che "non solo in tali contesti degradati, ma più in generale, il vincolo sociale appare friabile ed esige che sia continuamente ricostruito a partire dalle persuasioni di fondo delle persone".
Perciò i vescovi invitano a far leva sull’offerta educativa, salvando i giovani dalla "cultura nichilista", ma soprattutto allargando ulteriormente il concetto di chiesa diffusa e vicina alla gente, facendo di ogni luogo di incontro e dibattito "un sagrato". Nella lectio magistralis Bagnasco non ha toccato i temi scottanti della bioetica, ma a margine della cerimonia ha parlato di testamento biologico e del caso Englaro. Sul testamento biologico - ha detto - "la Chiesa non ha posto alcuna condizione", limitandosi a riaffermare "il valore indisponibile della vita". Elaborare proposte efficaci spetterà "a chi ha questa responsabilità delicata": "chi di dovere - ha aggiunto - sta lavorando ad una linea diversa" da quella finora prospettata.
domitilla.conte@ansa.it
* Ansa» 2008-11-19 19:05
Sul tema, nel sito, si cfr.:
MESSAGGIO EV-ANGELICO E SANTO PADRE?! ABUSO DEL TITOLO E MENZOGNA. L’ERRORE DI RATZINGER.
Per un ri-orientamento teologico-politico e antropologico...
FARE COME GIOVANNI XXIII E GIOVANNI PAOLO II: RESTITUIRE L’ANELLO A GIUSEPPE!!!
L’AMORE VINCE SEMPRE!!! BERLUSCONI, PAPA RATZINGER, E LA FINE DELLA TEOLOGIA POLITICA ’PAOLINA’.
Mettere al primo posto l’esperienza dell’amore fraterno
di Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto *
Ho partecipato al Sinodo dei vescovi, da poco tenutosi in Vaticano, dedicato al tema della nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Ero uno dei 262 Padri sinodali, in rappresentanza di 114 Conferenze episcopali di tutto il mondo, oltre che della Curia romana, raccolti intorno a Benedetto XVI, che questo Sinodo ha voluto, partecipandovi con assiduità e contributi molto significativi.
Ho capito più che mai, dal vivo, perché Paolo VI aveva istituito questa forma di collegialità al servizio della Chiesa intera: essa doveva far rivivere a scadenze regolari qualcosa della straordinaria esperienza che fu il Concilio Vaticano II, vera Pentecoste dei tempi moderni. Nel Sinodo tante sono state le voci ascoltate: oltre 400 gli interventi, compresi quelli degli invitati, dei delegati di altre Chiese e comunità ecclesiali, e quelli fatti durante la discussione libera, voluta proprio dal Papa teologo, dotato di una singolare capacità di ascolto, esercitata in anni di riflessione sui temi della fede e sulle grandi domande del cuore umano.
Lo spirito del Vaticano II ha aleggiato con dovizia sui lavori, con punte di creatività feconda. Mi fermo a evidenziare tre aspetti, che hanno reso specialmente viva e attuale la memoria dei cinquant’anni trascorsi dall’apertura del Concilio.
Il primo riguarda l’esperienza ricchissima delle diversità in comunione. Essa appariva già a livello linguistico: oltre il latino, usato per le relazioni ufficiali e le proposizioni finali, sono risuonate le principali lingue della comunicazione planetaria, a cominciare dall’italiano, la più usata fra i Sinodali di ogni parte del pianeta, insieme all’inglese e allo spagnolo. A presiedere l’assemblea c’erano tre Cardinali delegati dal Papa, un Cinese, deliziosamente affannato alle prese con il latino, un Messicano e un Africano, che invece padroneggiava la lingua di Cicerone come fosse la propria. Non c’era area del "villaggio globale" che non fosse rappresentata.
Eppure, questa congerie di persone diversissime per storia, cultura, esperienze politiche e tradizioni locali, ha mostrato di essere un cuor solo e un’anima sola, nella preghiera, nell’ascolto del Successore di Pietro, nella testimonianza di una comune passione per la causa di Dio in questo mondo e l’annuncio della bellezza del Vangelo a ogni creatura.
La "globalizzazione", comunemente intesa nel suo profilo socio-economico, è stata vissuta al Sinodo come un’esperienza unica di coappartenenza a una stessa umanità, vissuta come famiglia di Dio, raggiunta dal dono del Suo amore in Cristo nella varietà delle mediazioni storiche e culturali. Il continuo scambio - amplificato ancor più nei lavori dei "circuli minores" - ci ha dato più volte l’impressione intensa di un ritrovarci fraterno, radicato nell’incontro che ha cambiato la vita di tutti e di ciascuno, quello col Risorto, vivo e presente per la fede nei nostri cuori.
Questa singolare esperienza di diversità in comunione si è espressa anche nel modo con cui il Sinodo ha guardato ai destinatari dell’evangelizzazione: nessun atteggiamento da crociata o da roccaforte da difendere, quanto piuttosto una simpatia larga, accogliente, convinta, pervasa dal desiderio di dare ad altri quanto ha riempito di senso e di bellezza il cuore e la vita. Anche se non sono mancate le analisi delle difficoltà e le denunce delle situazioni di crisi etica e spirituale, si avvertiva fra i Padri una volontà di guardare al bene ovunque presente, di costruire ponti di dialogo e di amicizia con tutti, di scommettere sul quel misterioso e straordinario collaboratore di Dio, che è il cuore umano.
Come testimonia Agostino all’inizio delle sue Confessioni, è all’Eterno che siamo profondamente destinati: «Ci hai fatto per Te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposi in Te». Quello che ho avvertito nei più è stata la profonda esperienza di questa umanità in ricerca: se sul piano dellecompetenze presenti fra i vescovi si andava dagli ex professori universitari all’Accademico di Francia, dagli esperti di teologia e filosofia a quelli delle scienze umane, fino a pastori ricchi solo (ed è patrimonio immenso, forse il più importante) di vita condivisa con la gente, sul piano dell’esperienza era il mondo intero a farsi presente fra noi, un mondo che - agli occhi di chi crede - è quello che Dio ha tanto amato da dare suo Figlio per noi.
Proprio perciò lo sguardo è stato quello di un’attenzione amicale, di un impegno motivato unicamente da amore e finalizzato a servire e promuovere la causa di Dio e quella dell’umanità dell’uomo nella loro inseparabilità. Un esempio in tal senso è stata l’attenzione riservata ai divorziati risposati e alle loro famiglie, verso cui più interventi hanno voluto ribadire l’assicurazione di appartenenza alla Chiesa madre, nell’abbraccio dell’amore misericordioso e fedele di Dio, che induce a valorizzare al massimo la condizione di comunione spirituale, che li rende comunque protagonisti e artefici della vita ecclesiale specialmente nella trasmissione della fede ai figli.
Mi ha colpito, infine, l’intensità con cui è stata riconosciuta da tutti la portata della sfida della nuova evangelizzazione, sia dei popoli di antica cristianità, che di coloro cui ancora non è giunto in maniera credibile il dono del Vangelo. È qui che mi sembra sia emerso il senso vero dell’aggettivo posto davanti al sostantivo evangelizzazione: non si tratta di una novità cronologica, quasi che si voglia fare quello che prima non si era mai fatto, secondo il significato di novità temporale, espresso nel greco del Nuovo Testamento col termine "neòs".
Ciò che è veramente in gioco è la novità di un cuore "nuovo", capace di nuovo ardore, di creatività e audacia nuove, secondo il senso della novità qualitativa o escatologica, che il greco biblico esprime con l’aggettivo "kainòs". È la novità del "comandamento nuovo" datoci da Gesù, l’"entolé kainé": il comandamento è nuovo non perché chieda quello che prima non veniva richiesto, l’amore di Dio e del prossimo, ma perché lo chiede a cuori resi nuovi dal dono dello Spirito. In altre parole, questo Sinodo ha domandato alla Chiesa di rinnovarsi nella fede e nella carità, di intraprendere cammini umili e coraggiosi di conversione pastorale, che metta al primo posto l’esperienza dell’amore fraterno, della carità verso Dio e verso i poveri, e lasci trasparire il Vangelo attraverso testimonianze contagiose di gioia e di bellezza.
Su quest’ultimo punto si è molto insistito: agli uomini e alle donne del nostro tempo, soprattutto ai giovani, va testimoniato in maniera convincente che Cristo non è solo la verità e il bene, ma è anche il Pastore bello, che riempie la vita di significato e di passione. Credere in Lui, seguirlo, è bello: e questo vale per tutti, nessuno escluso. Lungi dall’avere un tono intellettualistico o "élitario", l’insistere sulla bellezza di Dio è proposta rivolta a tutti, a cominciare dai poveri, perché essi non meno di altri hanno diritto alla bellezza e sono capaci di esprimerne singolari volti nella vita e nelle opere della loro fede. Proprio così, la causa del Vangelo può interessare veramente ogni cuore, offrendo ragioni di speranza a ciascuno, motivando il senso e la bellezza dell’impresa collettiva, da cui nessuno può sentirsi escluso.
* Il Sole 24 Ore, 4 novembre 2012
Bagnasco: "La politica sia trasparente votate contro l’aborto e per la vita" *
ROMA - Non ci possono essere "alibi preventivi" o "coperture impossibili" per quei politici o amministratori che rubano, per proprio tornaconto personale, dalla "cosa pubblica", con "grave scandalo dei cittadini comuni". E’ severo il giudizio espresso dal presidente della Cei, cardinal Angelo Bagnasco che, aprendo stasera i lavori del Consiglio episcopale permanente, esorta gli uomini di Stato a porre fine "a comportamenti iniqui" e " contiguità affaristiche", e a tornare "sul piano della politica vera". E alla politica arriva anche un’indicazione precisa. La difesa della vita umana, innanzitutto dal "delitto incommensurabile" dell’aborto in tutte le sue forme, è uno dei valori "non negoziabili" in base al quale i cattolici devono votare nelle prossime regionali.
Pedofilia e Chiesa. Nessuna minimizzazione del problema degli abusi sessuali commessi da sacerdoti ma nessuna accusa generalizzata alla Chiesa. Perché la pedofilia è diffusa in molti ambiente e non solo nella Chiesa. "Nel momento stesso in cui sente su di sè l’umiliazione, la Chiesa - spiega Bagnasco - impara dal Papa a non avere paura della verità, anche quando è dolorosa e odiosa, a non tacerla o coprirla. Questo però non significa subire, qualora ci fossero, strategie di discredito generalizzato". I vescovi italiani. continua il cardinale, hanno applicato per tempo le severe norme stabilite dal Vaticano contro i preti pedofili.
Celibato. I vescovi non vogliono "mettere in discussione il sacro celibato che ci scalda il cuore e ispira la vita". E questo nemmeno sull’onda di campagne di stampa che accostano il celibato a problemi che sono ben diversi. "Essere preti - spiega Bagnasco - è qualcosa di più di una semplice decisione morale, ma una risposta d’amore ad una dichiarazione d’amore". Bagnasco si rivolge agli uomini di Chiesa per incoraggiarli: "Siate sereni sapendo che le nostre comunita’ hanno fiducia in voi e vi affiancano con lo sguardo della fede e le esigenze dell’amore evangelico. Il sacerdote non è un disagiato, nè uno scompensato, benchè il clima culturale odierno non faciliti certo la crescita armonica di alcuno. Il sacerdote è un uomo che, non solo nel tempo del seminario, coltiva la propria umanità nel fuoco dell’amore di Gesu’".
Crisi economica. ’’Le crisi non si superano tagliando semplicemente i posti di lavoro e arrendendosi alla logica della remunerazione di breve periodo, ma anzitutto sforzandosi di immaginare il nuovo, ricercando innovazione di prodotto insieme a strategie di sistema, in una parola perseguendo senza ingenuita’ cio’ che da sempre connota il progresso autentico di un’economia’’. Il presidente della Cei torna sulla difficile situazione economica e sulle ricadute occupazioni che comporta. "E’ necessario, all’insorgere delle difficolta’, ricercare un dialogo inesausto tra le parti, ed esplorare tutte le possibili soluzioni, avendo come riferimento costante il vero interesse di quanti formano la comunita’ d’impresa’’.
L’arcivescovo di Genova si sofferma sui ’’casi di suicidi verificatisi negli ultimi mesi tra i lavoratori minacciati dalla crisi, ma anche tra i piccoli imprenditori, in particolare del Nord-est, che nell’impossibilita’ a far fronte agli impegni nei confronti dei propri dipendenti disperatamente non scorgono alternative diverse dal tragico gesto’’. Sono gesti, ha commentato, che dicono che ’’si e’ dinanzi ad una coscienziosita’ tirata allo spasimo, fino ad essere inaccettabilmente indirizzata contro se stessi’’. A subire gli effetti della crisi sono soprattutto i giovani ’’che gia’ costituivano la fascia di popolazione piu’ in sofferenza perche’ meno garantiti e poco sussidiati nel loro tuffo verso la vita’’ e che ’’oggi rischiano di demoralizzarsi definitivamente’’, e i meridionali, che ’’tendono a trasferirsi al Settentrione, ma gia’ e’ iniziato il fenomeno inverso, quello della gente del Sud che, perdendo il lavoro al Nord, torna a casa’’.
* la Repubblica, 22 marzo 2010
La scomunicata
di Marco Politi(il Fatto quotidiano, 22 gennaio 2010)
L’intesa Ruini-Berlusconi per sbarrare il passo alla Bonino cade nel giorno in cui la maggioranza approva la legge salva-delinquenti, con un codicillo che imbavaglia la Corte dei conti, favorendo le malversazioni negli enti locali.
E’ l’immagine plastica della spregiudicatezza del cardinale, per il quale la battaglia ideologica contro la Bonino conta maggiormente dello scempio inflitto al sistema giudiziario italiano: caso unico nelle democrazie occidentali. Lo stesso Avvenire, in una rubrichina intitolata “Da sapere”, informa i lettori che la norma transitoria approvata mercoledì “mette al riparo Silvio Berlusconi dai processi Mills e Mediaset, ma sarebbero a rischio anche i giudizi sul crac di Parmalat e su Antonveneta”.
Ce n’è abbastanza perché il lettore cattolico avvertito capisca che sotto attacco è la legalità, ma soprattutto la categoria di “bene comune” fondamentale nella dottrina sociale della Chiesa. Poiché già soltanto nel caso Parmalat rimarranno senza giustizia migliaia e migliaia di poveri cristi. La stessa Udc, per bocca del capogruppo al Senato D’Alia, ha bollato il testo della maggioranza di centrodestra come “tentativo malriuscito di norme ad personam”. Denunciando che vi sarà prescrizione anche nei “processi per mafia, terrorismo, riduzione in schiavitù”.
Sono questioni che non sembrano turbare l’ex presidente della Cei. In lui, da vero “animale politico” (così si definì egli stesso tempo addietro in un convegno), prevale la logica di schieramento. E per la gerarchia ecclesiastica lo schieramento da difendere è il centrodestra, mentre la prospettiva di Emma Bonino governatore del Lazio è da scongiurare a tutti i costi. Non sono unicamente le battaglie in difesa di aborto, divorzio, coppie di fatto, testamento biologico, che vengono addebitate alla leader radicale. In gioco sono interessi materiali corposi: le regioni gestiscono le spese di sanità (vedi ospedali cattolici), le spese scolastiche (vedi scuole cattoliche) e i bonus da concedere ai genitori. Esemplare la distorsione a favore dell’istruzione privata e a scapito degli istituti pubblici, realizzata in Lombardia dal governatore ciellino Formigoni.
In questa fase preelettorale Ruini si muove da battitore libero, ma certo di avere le spalle coperte dal cardinale segretario di Stato Bertone (vero timoniere della “politica italiana” del Vaticano), che Benedetto XVI ha appena riconfermato in carica. Il cardinale Bagnasco, presidente dell’episcopato, si è tenuto sinora defilato. Ieri è stato ricevuto in udienza dal Papa in vista del prossimo Consiglio permanente della Cei, quando darà le sue indicazioni. L’episcopato italiano è diviso fra chi vorrebbe non impegnarsi direttamente nello scontro elettorale imminente e chi come il vescovo ciellino di San Marino mons. Negri già affila le armi e ricorda pubblicamente che quando gli elettori andranno alle urne “non sarà facile coniugare il valore del rispetto assoluto della vita con posizioni politiche di persone che sono evidentemente in contrasto”.
A Torino il cardinale Poletto ha invece sottolineato recentemente che la Chiesa è super partes dato che “il buono e il cattivo stanno dall’una e dall’altra parte”. Poletto, tuttavia, ha indicato alcuni punti chiave su cui i candidati dovranno misurarsi: la “difesa della vita” dal concepimento alla sua fine naturale, il matrimonio tra uomo e donna, il diritto alla scelta dell’educazione scolastica, la libertà religiosa, la difesa della dignità umana indipendentemente dall’etnia. Punti discriminanti che la gerarchia ecclesiastica ricorderà a livello nazionale.
Per Ruini, che in questa vicenda ha voluto tornare sulla scena politico-ecclesiastica dopo la fine della sua presidenza Cei nel 2007, è assolutamente prioritario impedire la vittoria della “laicista” Bonino. Nel 2000, per punire l’ulivista Badaloni governatore del Lazio che voleva varare alcune norme di assistenza anche a favore delle coppie di conviventi, il cardinale spostò voti sulla candidatura di Storace. E il centrodestra vinse. Non è molta la capacità di influenzare voti dell’istituzione ecclesiastica: a spanna, dicono gli esperti, qualcosa tra il 3 e il 5 per cento degli elettori. Ma è una forza decisiva nel caso di duelli testa a testa come si sta configurando quello tra la Polverini e la Bonino.
In questo schema l’alleanza tra Berlusconi e Casini, di cui Ruini era patrono già alle elezioni politiche del 2008 (e che il Cavaliere allora respinse), risponde - perlomeno nel Lazio - ad un esplicito desiderio del Vaticano. L’Avvenire, giornale dei vescovi, sta già cominciando a muoversi in questa direzione. In un editoriale ha attaccato Marini nel Pd per il suo appoggio alla Bonino e da qualche giorno (un modo classico per segnalare il trend) pubblica lettere di lettori con dubbi e delusione “di cattolici” per la candidatura radicale.
Ieri però è apparsa in pagina anche una lettera, in cui si afferma che “il cattolico può militare in qualunque partito” a patto che esprima il lievito della fede. Segno che la situazione generale è ancora fluida e la Chiesa non vuole legarsi totalmente mani e piedi all’avventurismo del Cavaliere. Anche perché i sondaggi delle passate elezioni hanno rivelato che agitare i “temi etici” influisce pochissimo sul voto.