COSMOLOGIA E CIVILTÀ. "PER LA CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA" DELLA RAGIONE ATEA E DEVOTA

KARL MARX RISPONDE A SALVATORE VECA, PRENDE LE DISTANZE DA ENGELS E RENDE OMAGGIO A FULVIO PAPI. Alcune precisazioni sulla sua intervista impossibile - raccolte da Federico La Sala

Salvatore Veca “intervista” Karl Marx: «Uno spettro si aggira per il mondo: sono io».
giovedì 8 novembre 2018.
 




RISPOSTA DI KARL MARX A SALVATORE VECA. Alcune precisazioni sulla sua intervista impossibile *

raccolte da Federico La Sala

Caro Veca

non voglio polemizzare sulla tua ricostruzione dell’intervista, ma - ringraziandoti molto per avermi sollecitato a intervenire nel vostro presente - ritengo opportuno e doveroso fare alcune precisazioni. Devo dire che il modo in cui hai filtrato il senso del mio pensiero è fortemente inquinato dal desiderio di cavalcare la moda! Esperto come sono della “miseria della filosofia” devo dire - dalle notizie che mi arrivano dall’Italia - la miseria della filosofia italiana è arrivata alle stelle: roba da sganasciarsi dalle risate!

Il mio invito fraterno, da compagno, è: sveglia! E’ ora di smetterla con i vecchi divertimenti di intellettuali di molti (non quattro) soldi, asserviti all’industria culturale del padrone di turno. Basta! Che “il mio faccione” - come dici - sia “tornato in giro per il mondo”, certamente non è il mio: è il vostro! Io sono sempre stato sempre con voi, nel presente - anche nel vostro presente! Solo che voi, immersi nel “sonno dogmatico” della ragione atea e devota, non sapete distinguere “illusione” da “apparenza”, confondete i “fenomeni della scienza” con i “fenomeni da baraccone”, e non riuscite a distinguere nemmeno un presidente di un partito (“forza Italia”) da un presidente di una repubblica (“forza Italia”). Figuriamoci, se potete essere giusti con me. Attenti: “badate - come scriveva Voltaire nel suo Dizionario filosofico, alla sua voce “Abate” - che non arrivi il giorno della ragione”!

Caro Veca

mi conoscete ben poco tu e i tuoi brillanti colleghi! Continuate a usarmi e a scimmiottarmi, ma solo per il vostro tornaconto! Battute come queste: “Infelicità è vivere nella necessità”, ma non è necessario vivere nella necessità”, dette da voi, suonano come quelle barzellette del vostro Mentitore di Stato. D’altra parte, siete della stessa “pasta” e della stessa “ditta”: il materialismo storico come moda (“avanti, o popolo della libertà, alla riscossa: il populismo trionferà”).

Abbiate la bontà e l’umiltà di ascoltarmi e leggere con attenzione! E, se volete capire, rileggete e leggete ancora - oltre alla mia “Introduzione del ‘57” - le “Tesi di filosofia della storia” di Walter Benjamin: questi ne sapeva molto di più di tutti voi e sapeva distinguere tra tempo della moda e tempo del materialismo storico; e, caso mai avete qualche difficoltà o dubbio sulla comprensione del testo, chiedete a Giorgio Agamben qualche lume "sul metodo"; forse riuscirete a capire qualcosa di “infanzia e storia” e, al contempo, di storia e storiografia.

Caro Veca - mi consenta - mi fai dire, a proposito delle parole di Epicuro: “non ho mai inteso questa superba massima in senso morale e tanto meno moralistico. L’ho sempre considerata come un invito perentorio al realismo, all’analisi concreta della situazione storico-sociale determinata e concreta. E così, continuo a pensare, dovrebbe essere considerata da qualsiasi essere umano, chiunque sia o ovunque gli accada di avere una vita con tanti altri”. Qui tocchiamo vette di “sublime” stravolgimento e confusione.

La questione è direttamente legata alla mia dichiarazione: “io non sono marxista” (“Je ne suis pas marxiste”) e mi fa ricordare gli operai parigini e i miei lavori giovanili. Il senso di tale dichiarazione è che io non sono e non ho mai sognato di essere la scimmia materialistica dell’hegelismo! Epicuro, per me, è da collocare all’interno dell’orizzonte critico (non idealistico né materialistico - volgare, sia l’uno sia l’altro). Questo, né prima né ora avete voluto e volete capirlo: tutto il mio lavoro è all’insegna della “critica dell’economia politica” della ragione atea e devota - come delle utopie!

E’ vero ho civettato spesso e molto con la dialettica hegeliana (e, in questo senso, sono stato in parte tentato di essere “marxista”), ma la mia concezione del rapporto “soggetto-oggetto” è ben oltre l’hegelismo e il marxismo: esso è da pensare come e a partire dal “rapporto sociale di produzione”. Se non si capisce questo, del materialismo storico niente è stato capito! Esso porta avanti il programma dell’illuminismo e della rivoluzione copernicana kantiana e, nel suo centro e nel suo cuore, ha come stella polare il suo imperativo categorico: “rovesciare tutti i rapporti nei quali l’uomo è un essere degradato, asservito, abbandonato e spregevole” (“Per la critica della filosofia del diritto di Hegel”). E questo dice quanto e come io sia stato più discepolo di Kant, che non di Hegel (e nemmeno di Epicuro e Democrito).

Il mio invito, ora e sempre, è: "Sàpere aude!. Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza”. Solo su questa strada, la strada della critica, l’emancipazione umana, un altro mondo - il comunismo, è possibile - non altra! E non confondete il materialismo storico con il vecchio preistorico trucco del platonismo (ateo-devoto) per il popolo!!!

Caro Veca,

per finire, mi consenta un ultimo appunto! Il mio programma non ha nulla da spartire con il tuo "saggio sul programma scientifico di Marx" (Milano 1977)! Hai fatto con me lo stesso errore che ha fatto Engels con Kant! Oh, se solo avessi ascoltato più attentamente il saggio Fulvio Papi avresti senz’altro capito di più di scienza e di etica, di "cosmologia e civiltà", e del mio stesso "imperativo categorico":

M. saluti,

Federico La Sala (21.10.2010)

* NOTA:

Veca - Buongiorno, signor Marx. E, prima di tutto, un grazie di cuore per aver alla fine accettato l’intervista. Confesso che è stato molto faticoso, e a un certo punto mi sembrava fosse proprio una mission impossible. In ogni caso, come mi ha chiesto, ho predisposto una decina di domande. Ma, se è d’accordo, mi piacerebbe cominciare con una sua battuta.

Marx - Se lei è convinto che sia una buona idea, la mia battuta preferita resta: Je ne suis pas marxiste. Mi ci sono proprio affezionato, perché in fondo mi è servita in molte circostanze imbarazzanti. E di circostanze imbarazzanti, com’è noto, ne ho vissute più d’una. Una delle ragioni del ritardo e del laborioso lavoro per arrivare alla sua intervista è appunto legata a circostanze francamente imbarazzanti. Mi creda, negli ultimi due anni, ho cominciato a ricevere una richiesta quotidiana di interviste. Mi sono dovuto documentare e ho scoperto che il mio faccione è tornato in giro per il mondo. Uno spettro s’aggira per il mondo e ha il nome di Marx. Di Karl, non di Groucho...

Veca - Qual è la massima fra le tante, che raccomanderebbe ancora oggi, nell’avvio ingarbugliato del ventunesimo secolo? Marx - Non ho problemi a rispondere e sarò conciso. Infelicità è vivere nella necessità, ma non è necessario vivere nella necessità. Questo ci ha insegnato uno dei miei eroi classici, Epicuro. Solo un’avvertenza, in proposito. Non ho mai inteso questa superba massima in senso morale e tanto meno moralistico. L’ho sempre considerata come un invito perentorio al realismo, all’analisi concreta della situazione storico-sociale determinata e concreta. E così, continuo a pensare, dovrebbe essere considerata da qualsiasi essere umano, chiunque sia o ovunque gli accada di avere una vita con tanti altri.

Veca - Veniamo alla faccenda dei tempi della storia...

Marx - La questione è importantissima. Molto più della pappa dei nostri sentimenti morali. Il materialista storico è uno che ha il dovere intellettuale e scientifico di scrutare i segni dei tempi, con un fiuto particolare per la loro stratificazione ed eterogeneità. Altro che la presunta mancanza di immaginazione del materialista storico, di cui mi ha accusato il critico critico Karl R. Popper.

Il critico critico, un professore che insegnava dalla cattedra della London School Metodo scientifico, continuando a ripetere con convinzione che la sua fosse una materia evanescente, anzi inesistente, sostiene che la miseria del materialista storico, la miseria dello storicismo coincide con la mancanza di immaginazione. Lo storicista, dice il critico critico, non è capace di immaginare un cambiamento nelle condizioni del cambiamento. Bene. Rimando la critica al mittente.

Quando ho enunciato la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto, ho indicato un po’ pedantemente e, in ogni caso, scrupolosamente un gran numero di controtendenze. Un materialista storico prende sul serio la storia. Dopo tutto, questo in fondo è l’unico punto in cui ho criticato il grande maestro Hegel. Ora, la cosa si fa seria, indipendentemente dalle critiche del critico critico che lasciano il tempo che trovano, quando la teoria deve misurarsi con la prassi.




Sul tema, nel sito e in rete, si cfr.:

-  HUSSERL CONTRO L’HOMUNCULUS: LA ’LEZIONE’ DI ENZO PACI AI METAFISICI VISIONARI (ATEI E DEVOTI) DI IERI (E DI OGGI). Una ’traccia’ dal "Diario fenomenologico")

-  MA DOVE SONO I FILOSOFI ITALIANI OGGI?!
-  POCO CORAGGIOSI A SERVIRSI DELLA PROPRIA INTELLIGENZA E A PENSARE BENE "DIO", "IO" E "L’ITALIA", CHI PIÙ CHI MENO, TUTTI VIVONO DENTRO LA PIÙ GRANDE BOLLA SPECULATIVA DELLA STORIA FILOSOFICA E POLITICA ITALIANA, NEL REGNO DI "FORZA ITALIA"!!!

Federico La Sala


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