La leggenda della terra piatta
di UMBERTO ECO *
Una interpretazione che trova le sue radici nelle polemiche positivistiche ottocentesche, vuole che il Medioevo abbia rimosso tutte le scoperte scientifiche dell’antichità classica per non contraddire la lettera delle sacre scritture. È vero che alcuni autori patristici hanno cercato di dare una lettura assolutamente letterale della Scrittura là dove essa dice che il mondo è fatto come un tabernacolo. Per esempio nel IV secolo Lattanzio (nel suo Institutiones divinae), su queste basi si opponeva alle teorie pagane della rotondità della terra, anche perché non poteva accettare l’idea che esistessero degli Antipodi dove gli uomini avrebbero dovuto camminare con la testa all’ingiù.
E idee analoghe aveva sostenuto Cosma Indicopleuste, un geografo bizantino del VI secolo, che nella sua Topografia Cristiana, sempre pensando al tabernacolo biblico, aveva accuratamente descritto un cosmo di forma cubica, con un arco che sovrastava il pavimento piatto della Terra.
Ora, che la terra fosse sferica, tranne alcuni presocratici, lo sapevano già i greci, sin dai tempi di Pitagora, che la riteneva sferica per ragioni mistico-matematiche. Lo sapeva naturalmente Tolomeo, che aveva diviso il globo, ma lo avevano già capito Parmenide, Eudosso, Platone, Aristotele, Euclide, Archimede, e naturalmente Eratostene, che nel terzo secolo avanti Cristo aveva calcolato con una buona approssimazione la lunghezza del meridiano terrestre.
Tuttavia si è sostenuto (anche da parte di seri storici della scienza) che il Medioevo aveva dimenticato questa nozione antica, e l’idea si è fatta strada anche presso l’uomo comune, tanto è vero che ancora oggi, se domandiamo a una persona anche colta che cosa Cristoforo Colombo volesse dimostrare quando intendeva raggiungere il levante per il ponente, e che cosa i dotti di Salamanca si ostinassero a negare, la risposta, nella maggior parte dei casi, sarà che Colombo riteneva che la terra fosse rotonda, mentre i dotti di Salamanca ritenevano che la terra fosse piatta e che dopo un breve tratto le tre caravelle sarebbero precipitate dentro l’abisso cosmico.
In verità a Lattanzio nessuno aveva prestato troppa attenzione, a cominciare da Sant’Agostino il quale lascia capire per vari accenni di ritenere la terra sferica, anche se la questione non gli sembrava spiritualmente molto rilevante. Caso mai Agostino manifestava seri dubbi sulla possibilità che potessero vivere esseri umani ai presunti antipodi. Ma che si discutesse sugli antipodi è segno che si stava discutendo su un modello di terra sferica. Quanto a Cosma, il suo libro era scritto in greco, una lingua che il medioevo cristiano aveva dimenticato, ed è stato tradotto in latino solo nel 1706. Nessun autore medievale lo conosceva.
Nel VII secolo dopo Cristo Isidoro di Siviglia (che pure non era un modello di acribìa scientifica) calcolava la lunghezza dell’equatore in ottantamila stadi. Chi parla di circolo equatoriale evidentemente assume che la terra sia sferica.
Anche uno studente di liceo può facilmente dedurre che, se Dante entra nell’imbuto infernale ed esce dall’altra parte vedendo stelle sconosciute ai piedi della montagna del Purgatorio, questo significa che egli sapeva benissimo che la terra era sferica, e che scriveva per lettori che lo sapevano. Ma della stessa opinione erano stati Origene e Ambrogio, Beda, Alberto Magno e Tommaso d’Aquino, Ruggero Bacone, Giovanni di Sacrobosco, tanto per citarne alcuni. La materia del contendere ai tempi di Colombo era che i dotti di Salamanca avevano fatto calcoli più precisi dei suoi, e ritenevano che la terra, tondissima, fosse più ampia di quanto il nostro genovese credesse, e che quindi fosse insensato cercare di circumnavigarla. Naturalmente né Colombo né i dotti di Salamanca sospettavano che tra l’Europa e l’Asia stesse un altro continente.
Tuttavia proprio nei manoscritti di Isidoro appariva la cosiddetta mappa a t, dove la parte superiore rappresenta l’Asia, in alto, perché in Asia stava secondo la leggenda il Paradiso terrestre, la barra orizzontale rappresenta da un lato il Mar Nero e dall’altro il Nilo, quella verticale il Mediterraneo, per cui il quarto di cerchio a sinistra rappresenta l’Europa e quello a destra l’Africa. Tutto intorno sta il gran cerchio dell’Oceano. Naturalmente le mappe a t sono bidimensionali, ma non è detto che una rappresentazione bidimensionale della terra implichi che la si ritenga piatta, altrimenti a una terra piatta crederebbero anche i nostri atlanti attuali. Si trattava di una forma convenzionale di proiezione cartografica, e si riteneva inutile rappresentare l’altra faccia del globo, ignota a tutti e probabilmente inabitata e inabitabile, così come noi oggi non rappresentiamo l’altra faccia della Luna, di cui non sappiano nulla.
Infine, il Medioevo era epoca di grandi viaggi ma, con le strade in disfacimento, foreste da attraversare e bracci di mare da superare fidandosi di qualche scafista dell’epoca, non c’era possibilità di tracciare mappe adeguate. Esse erano puramente indicative. Spesso quello che preoccupava maggiormente l’autore non era di spiegare come si arriva a Gerusalemme, bensì di rappresentare Gerusalemme al centro della terra.
Infine si cerchi di pensare alla mappa delle linee ferroviarie che propone un qualsiasi orario in vendita nelle edicole. Nessuno da quella serie di nodi, in se chiarissimi se si deve prendere un treno da Milano a Livorno (e apprendere che si dovrà passare per Genova), potrebbe estrapolare con esattezza la forma dell’Italia. La forma esatta dell’Italia non interessa a chi deve andare alla stazione (...).
Si veda ora questa immagine del Beato Angelico nel duomo di Orvieto. Il globo (di solito simbolo del potere sovrano) tenuto in mano da Gesù rappresenta una Mappa a T rovesciata. Se si segue lo sguardo di Gesù si vede che egli sta guardando il mondo e quindi il mondo è rappresentato come lo vede lui dall’alto e non come lo vediamo noi, e quindi capovolto. Se una mappa a T appare sulla faccia di un globo vuole dire che essa era intesa come rappresentazione bidimensionale di una sfera.
* la Repubblica, 23 febbraio 2009
Sul tema, nels sito, si cfr.:
Pianeta Terra. Sull’uscita dallo stato di minorità, oggi. Indicazioni per una seconda rivoluzione copernicana...*
Terrapiattisti in raduno a Palermo: “Sveleremo il grande inganno”
di LAURA ANELLO (La Stampa, 11.05.2019)
PALERMO Dicono che la terra è piatta, un disco che volteggia nello spazio. Sostengono che le immagini della Nasa sono farlocche, che lo sbarco sulla Luna è una bugia, che gli astronauti sono abili attori, che il Gps funziona perché le antenne sono poste in cima a misteriosi grattacieli sparsi per il mondo e persino che a protezione di questo “disco volante” su cui vive l’umanità ci sono montagne di ghiaccio color smeraldo alte quattrocento chilometri sorvegliate da guardiani millenari.
Eppure, domani, il raduno nazionale dei “terrapiattisti” - così si chiamano gli alfieri di questa teoria - convocato all’albergo Garibaldi di Palermo, ha attratto cento persone e pure l’interesse di Beppe Grillo, che aveva annunciato la sua presenza in nome del libero pensiero. “Voglio stare in mezzo a un po’ di cervelli che non scappano davanti a nulla, nessun pregiudizio, nessuna legge della fisica è definitiva”. In realtà non si è ancora iscritto (quota di partecipazione 20 euro, senza sconti per nessuno) e lo staff di Grillo ha fatto sapere che non verrà. Ma gli organizzatori non escludono che possa arrivare a sorpresa: “Se è interessato alle nostre teorie, lo inviterò a confrontarsi mezz’ora con noi”, dice Agostino Favari, uno dei relatori. Inizia la giornata con la Cucina de La Stampa, la newsletter di Maurizio Molinari
Di sicuro, i terrapiattisti sono, per così dire, molto oltre il grillismo inteso come sfiducia nel sistema, nelle “competenze” e nelle verità della scienza ufficiale. Ne ha fatto le spese il povero astronauta Umberto Guidoni che, invitato da Le Iene a un confronto con due esponenti di spicco del terrapiattisti, alla fine si è fatto cadere le braccia di fronte a una contestazione da pochade: “Se il pollo si brucia in forno sotto la carta argentata, perché un astronauta dovrebbe resistere al calore del sole dentro la navicella”? Sì, perché la teoria della terra piatta (e quindi dell’assenza della curvatura terrestre) trascina via pezzo a pezzo secoli di acquisizioni e di dimostrazioni scientifiche, cancellando con una spugna Galileo, Einstein e pure Darwin. Non esisterebbe neanche la forza di gravità e sarebbe una fandonia l’evoluzione umana. I dinosauri? Roba da Disneyland. Le ossa che sono state ritrovate apparterebbero ai giganti che hanno popolato la terra prima di noi, e che hanno realizzato costruzioni a loro misura come - ebbene sì - il porticato di San Pietro e gli archi del duomo di Milano.
Per non dire, come i relatori sosterranno domani a congresso, che in realtà siamo nel 1019, perché il calendario è stato mistificato con l’aggiunta di mille anni di storia e che forse Titania, Lusitania e Queen Elisabeth erano la stessa nave. A parlare dal palco del raduno, oltre a Favari che in tasca ha una laurea in Ingegneria (“Ma non dirò nient’altro di quello che faccio nella vita”), saranno Albino Galuppini (una laurea in Scienze agrarie, di professione agricoltore), Calogero Greco e Morena Morlini.
Domenica 12 maggio illustreranno relazioni e risponderanno alle domande per otto ore (dalle 9 alle 19 con una pausa pranzo dalle 13 alle 14.30) su argomenti come la differenza di pressione tra l’atmosfera e lo spazio siderale, l’astronomia zetetica, il dimenticato impero dei giganti - quelli oscurati da Bernini e Michelangelo, forse figure d’invenzione anche loro - l’orbita del sole sulla terra piatta, l’egocentrismo della stella polare. E naturalmente, sul “rifiuto dell’informazione”. Che, ahinoi, ancora non crede in queste nuove verità. Come non ci crede il Comune di Palermo, che ha negato il patrocinio e diffidato gli organizzatori dall’utilizzare il logo istituzionale nonostante loro abbiamo invitato “tutte le persone rappresentative delle organizzazioni di potere, a partire dal presidente della Regione siciliana, il capo della polizia di Stato della Sicilia, dei carabinieri e delle guardia di finanza, aggiungendo doverosamente il capo del servizio segreto interno e del servizio segreto militare della Sicilia. E pure il cardinale. Oltre che gruppi filosofici buddisti, steineriani, amici di Osho, yoga”. L’obiettivo è svelare il grande abbaglio (“Quanti danni fa la scuola”), l’impostura, l’inganno, il complotto. Squarciare il velo da Truman Show che da millenni oscura il cielo degli umani. Un velo piatto, s’intende.
Sul tema, in rete e nel sito, si cfr.:
FACHINELLI E FREUD NELLA “NAVE” DI GALILEI: LA CONVERSAZIONE CONOSCITIVA (IL NUOVO "CIRCOLO ERMENEUTICO").
LO SPIRITO CRITICO E L’AMORE CONOSCITIVO. LA LEZIONE DEL ’68 (E DELL ’89). Un omaggio a Kurt H. Wolff e a Barrington Moore Jr.
ALBERT EINSTEIN, LA MENTE ACCOGLIENTE. L’universo a cavallo di un raggio di luce (non di un manico di scopa!).
FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA.
Federico La Sala
Terrapiattisti, l’inganno del grande inganno
di Virginia Della Sala (Il Fatto, 06.05.2019)
L’equazione è semplice: “L’acqua non curva, quindi la terra è piatta”. È semplice, ma non tiene conto delle basilari leggi della fisica ed è infatti una di quelle equazioni promosse da chi crede che la Terra sia piatta. Il 12 maggio, a Palermo (comune che ha già preso le distanze dall’iniziativa) ci sarà il congresso italiano dei terrapiattisti. Si riuniranno in un hotel del centro (“Garibaldi - si legge in un post - l’eroe dei due mondi discoidali”), terranno interventi suddivisi in quattro sessioni, pranzeranno nel giardino Inglese con i relatori (“ma è facoltativo” specificano), parlaranno “dell’ assenza della curvatura terrestre”, introdurranno “all’astronomia zetetica” e alla “free energy”. Pare ci andrà di mezzo anche l’egocentrismo della stella polare.
Chi sono e cosa credono
Persone normali, laureati, diplomati, impiegati, anche con un livello di istruzione medio alto. Che, però, credono che il polo sud non sia altro che una parete di ghiaccio che circonda una enorme distesa di terra e acqua e che il sole e la luna siano soltanto delle luci che si muovono in circolo nel cielo dentro una enorme cupola ricoperta di stelle. Sostengono le loro teorie sull’empirismo, ritengono che sarebbe impossibile - se la terra fosse curva - riuscire a scorgere una città a chilometri di distanza visto che in teoria dovrebbe essere su un altro versante del globo. Non esiste rifrazione, non esistono gli effetti della luce e delle condizioni atmosferiche, non c’è legge della fisica che tenga. O se ci sono, i loro calcoli dimostrano sempre che quanto scritto e calcolato finora era sbagliato. “Quello che ci rende sempre più forti e che ci sta facendo vincere - dice Mark Sargent, uno dei volti mondiali più noti del terrapiattismo, nel documentario Behind the Curve - è che la scienza ha problemi a confutare quello che facciamo. Vinciamo contro la scienza perché la scienza risponde solo con formule matematiche mentre noi puntiamo il dito verso l’orizzonte e diciamo ‘Hey, quella è Seattle’. Questo è tutto: un’immagine vale più di mille parole”.
La storia e l’evoluzione
“Le teorie terrapiattiste - ci spiega Massimo Polidoro, segretario nazionale del Cicap (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze ) - si possono far risalire agli albori della civiltà sumera, all’idea che la terra fosse una superficie. Eppure, già dal sesto secolo avanti Cristo, che la terra fosse sferica era assodato. Lo si capiva dallo studio dei movimenti del sole, dalle ombre, dagli oggetti che si avvicinavano all’orizzonte”. Una convinzione che poi si è trasmessa per secoli. “Non è vero, ad esempio, che nel Medioevo si credeva che fosse piatta. Anche perché, se così fosse, non avrebbe avuto senso la spedizione di Colombo alla scoperta delle Indie che, in pratica, si basava proprio sull’idea di raggiungerle facendo il giro inverso della Terra” spiega Polidoro.
Le cose cambiano intorno alla metà dell’Ottocento quando Samuel Rowbotham, un eccentrico divulgatore inglese, pubblica un libretto di 16 pagine in cui sostiene che la Terra sia piatta. “Una interpretazione che serve a confermare la veridicità della sua fede religiosa - spiega Polidoro -. Rowbotham riteneva che astronomia e fisica fossero roba da atei”. Il libretto si intitola “Astronomia Zetetica: la Terra non è un globo” e da qui arriva l’aggettivo “zetetica” (dal greco zêtêin, che significa indagare) usato per definire la sua visione dell’astronomia: la Terra come un disco piano, con il Polo Nord al centro e il Sud costituito dalla circonferenza del cerchio. Negli anni, il libretto viene stampato diverse volte fino a diventare un volume di 430 pagine. E alla morte di Rowbotham nasce la Universal Zetetic Society che pubblica anche una rivista. Con le guerre mondiali, il movimento va in contro un progressivo declino.
Lo scontro con la Nasa
Tutto si rivitalizza intorno agli anni 50. Nel 1956 un membro della Royal Astronomical Society, Samuel Shenton, fonda la Flat Earth Society, proprio a ridosso delle scoperte della Nasa. Ci sono i primi satelliti in orbita, le missioni nello spazio, diventa sempre più difficile continuare a sostenere che la Terra sia piatta, le evidenze scientifiche a quel punto non sono più solo studi matematici ma anche osservazione. Con lo sbarco sulla Luna arriva il colpo finale. “Ovviamente chi crede che la terra sia piatta crede anche che sulla Luna non ci siano mai andati” spiega Polidoro. Insomma, anche se le fila dei terrapiattisti si ingrossano un po’, le evidenze continuano a surclassare il complotto. Che negli anni Novanta è circoscritto e tutto sommato ancora trascurabile.
Quando tutto cambia
Tutto cambia nei primi anni 2000. Internet, Youtube e i social media fanno cadere i confini globali. “I primi a commentare e a portare avanti le loro teorie antiscientifiche sono troll - spiega Polidoro -. Sono innocui, commentano le scoperte. Ma i social acuiscono la polarizzazione, bene o male che sia, si comincia a parlarne. E più si polarizza la discussione, più se ne parla e più crescono comunità pro e contro. E nasce un nuovo pubblico”. Si chiama cascata del consenso e, purtroppo, funziona.
I prodotti su misura
In effetti la rete è piena di prodotti sulle teorie terrapiattiste. Youtube si riempie presto di video in cui si spiegano con quali indizi sia possibile dimostrare che la Terra è piatta (“Perché non ci sono voli oceanici diretti ?” ), podcast, interviste che i terrapiattisti fanno tra loro (“I dinosauri sono una invenzione”), siti web con mappe e spiegazioni dettagliate sul complotto mondiale per nascondere la verità con foto e videomontaggi per confondere le idee (“Nasa in ebraico vuol dire ‘inganno’”). La pagina Facebook “Flat Earth”, che ha un forte taglio religioso, oggi ha 227mila follower. L’ultimo video pubblicato, a fine aprile, vuole dimostrare che l’11 settembre fosse già deciso.
In Italia, oggi, il gruppo Facebook più attivo si chiama “Terra magick, I Terrestri del Grande Geoide Geocentrico” ed è composto da circa 7400 utenti. Anche qui teorie, meme su chi non crede alle teorie e iniziative. Stanno raccogliendo 10 euro a testa per lanciare a 40 chilometri d’altezza un pallone sonda. “Lo scopo del progetto ATI - spiegano - è progettare, costruire e lanciare un pallone sonda con strumentazione scientifica per l’osservazione della terra dalla stratosfera alla quota stimata di 40.000 metri e di recuperare al rientro i diversi componenti”. Data e ora e luogo saranno comunicati una volta raccolto budget e permessi, specificano.
Cosa c’è davvero sotto
É una sorta di complotto del complotto. Si convincono, e riescono a convincere gli altri, che la scienza sia pilotata, che gli astronomi siano tutti d’accordo per nascondere al mondo che la Terra è piatta. “E più se ne convincono più, per quel fenomeno che si chiama dissonanza cognitiva, cercano e producono prove che rafforzano le loro convinzioni. Semplicemente ignorando le prove che vanno contro ciò in cui credono” dice Polidoro. Si tratta comunque di una platea molto vasta.
Secondo una indagine 2018 in Usa, circa il 2% degli intervistati crede che la Terra sia piatta. E non si tratta solo di ignoranza. “Dietro c’è una diffidenza generalizzata che si ritrova in tutti gli ambiti. Viene portata al limite, si uniscono elementi e teorie totalmente scollegati tra loro. E i social creano e amplificano quelle che sono definite camere dell’eco, dove tutti si danno ragion e si incontrano perché credono nella stessa cosa, rafforzando le loro convinzioni”.
Soluzione cercasi
Deriderli, però, non è la soluzione. “I complotti ci sono sempre stati così come casi reali di insabbiamenti e alterazione della realtà. La differenza è che quando erano reali, sono stati scoperti” continua Polidoro. In sostanza, il senso critico, lo spirito combattivo, lo scetticismo sono spinte virtuose e sicuramente utili per la società. “Ma hanno bisogno di essere incanalate in binari seri”. Il bisogno di sentirsi parte di una comunità fa sì che queste credenze si autoalimentino. E più le si stigmatizza, più si rinforzano. “Per questo è importante non deriderli. Tutto nasce da bisogni profondi e sentimenti che avrebbero anche una utilità”. Forse, con pazienza, sarebbe utile spingere a verificare. In fondo, basta poco. Un drone collegato a un pallone aerostatico, non certo un razzo. Ma segnerebbe la fine dell’illusione.
La Terra non è mai stata piatta
di Umberto Eco (la Repubblica, 22.11.2014)
QUANDO si è iniziato a riflettere su quale fosse la forma della Terra, era stato abbastanza realistico per gli antichi ritenere che essa fosse quella di un disco. Per Omero il disco era circondato dall’Oceano e ricoperto dalla calotta dei cieli, e - a giudicare dai frammenti dei presocratici, talora imprecisi e contraddittori a seconda delle testimonianze - per Talete era un disco piatto; per Anassimandro aveva la forma di un cilindro e Anassimene parlava di una superficie piatta, contornata dall’Oceano, che navigava su una sorta di cuscino di aria compressa. Solo Parmenide pare ne avesse intuito la sfericità e Pitagora la riteneva sferica per ragioni mistico- matematiche.
Su osservazioni empiriche si erano invece basate le successive dimostrazioni della rotondità della terra, come testimoniano i testi di Platone e Aristotele. Dubbi sulla sfericità sopravvivono in Democrito ed Epicuro, e Lucrezio nega l’esistenza degli Antipodi, ma in generale per tutta l’antichità posteriore la sfericità della Terra non viene più discussa.
Che la Terra fosse sferica lo sapeva naturalmente Tolomeo, altrimenti non avrebbe potuto dividerla in trecentosessanta gradi di meridiano, e lo sapeva Eratostene, che nel III secolo a.C. aveva calcolato con una buona approssimazione la lunghezza del meridiano terrestre, considerando la diversa inclinazione del Sole, a mezzogiorno del solstizio di primavera, quando si rifletteva nel fondo dei pozzi di Alessandria e di Syene (l’odierna Assuan), città di cui si conosceva la distanza. Malgrado molte leggende che ancora circolano su internet, tutti gli studiosi del medioevo sapevano che la Terra fosse una sfera. Anche uno studente di prima liceo può facilmente dedurre che, se Dante entra nell’imbuto infernale ed esce dall’altra parte vedendo stelle sconosciute ai piedi della montagna del Purgatorio, questo significa che egli sa benissimo che la Terra è tonda. Ma della stessa opinione erano stati Origene e Ambrogio, Alberto Magno e Tommaso d’Aquino, Ruggero Bacone, Giovanni di Sacrobosco, tanto per citarne alcuni.
Nel VII secolo Isidoro di Siviglia (che pure non era un modello di accuratezza scientifica) calcolava la lunghezza dell’equatore. Indipendentemente dalla precisione delle sue misure, chi si pone il problema della lunghezza dell’equatore ovviamente ritiene che la Terra sia sferica. Tra l’altro la misura di Isidoro, sia pure approssimativa, non si discosta moltissimo da quelle attuali.
Allora perché si è a lungo creduto, e ancora oggi molti lo credono, che il mondo cristiano delle origini si fosse allontanato dall’astronomia greca e fosse tornato all’idea della Terra piatta? Si provi a fare un esperimento, e si domandi a una persona anche colta che cosa Cristoforo Colombo volesse dimostrare quando intendeva raggiungere il Levante per il Ponente, e che cosa i dotti di Salamanca si ostinassero a negare. La risposta, nella maggior parte dei casi, sarà che Colombo riteneva che la Terra fosse rotonda, mentre i dotti di Salamanca ritenevano che la Terra fosse piatta e che, dopo un breve tratto di navigazione, le tre caravelle sarebbero precipitate dentro l’abisso cosmico.
Una parte del pensiero ottocentesco, irritato dal fatto che varie confessioni religiose stessero opponendosi all’evoluzionismo, ha attribuito a tutto il pensiero cristiano (patristico e scolastico) l’idea che la Terra fosse piatta. Si trattava di dimostrare che, come si erano sbagliate circa la sfericità della terra, così le Chiese potevano sbagliarsi circa l’origine delle specie. Si è quindi sfruttato il fatto che un autore cristiano del IV secolo come Lattanzio (nel suo Institutiones divinae ), siccome nella Bibbia l’universo viene descritto sul modello del tabernacolo, e quindi in forma quadrangolare, si opponesse alle teorie pagane della rotondità della Terra, anche perché non poteva accettare l’idea che esistessero degli Antipodi dove gli uomini avrebbero dovuto camminare con la testa all’ingiù.
Infine, era stato scoperto che un geografo bizantino del VI secolo, Cosma Indicopleuste, in una sua Topographia Christiana , sempre pensando al tabernacolo biblico, aveva sostenuto che il cosmo fosse rettangolare, con un arco che sovrastava il pavimento piatto della Terra. Nel modello di Cosma la volta ricurva rimane celata ai nostri occhi dallo stereoma, ovvero dal velo del firmamento. Sotto si stende l’ecumene, ovvero tutta la Terra sui cui abitiamo, che poggia sull’Oceano e monta per un declivio impercettibile e continuo verso nord-ovest, dove si erge una montagna talmente alta che la sua presenza sfugge al nostro occhio e la sua cima si confonde con le nubi. Il Sole, mosso dagli angeli - a cui si debbono anche le piogge, i terremoti e tutti gli altri fenomeni atmosferici - , passa al mattino da oriente verso il meridione, davanti alla montagna, e illumina il mondo, e alla sera risale a occidente e scompare dietro la montagna. Il ciclo inverso viene compiuto dalla luna e dalle stelle.
Molti autorevoli libri di storia dell’astronomia, tutt’oggi studiati, asseriscono che le opere di Tolomeo rimasero ignote a tutto il medioevo (il che è storicamente falso) e che la teoria di Cosma divenne l’opinione prevalente sino alla scoperta dell’America. Ma il testo di Cosma, scritto in greco, fu reso noto al mondo occidentale solo nel 1706 e pubblicato in inglese nel 1897. Nessun autore medievale lo conosceva.
Come si è potuto sostenere che il medioevo considerasse la terra un disco piatto? Nei manoscritti di Isidoro di Siviglia, che pure, l’abbiamo visto, parlava dell’equatore, appare la cosiddetta “mappa a T” dove la parte superiore rappresenta l’Asia, in alto, perché in Asia stava secondo la leggenda il Paradiso terrestre, la barra orizzontale rappresenta da un lato il Mar Nero e dall’altro il Nilo, quella verticale il Mediterraneo, per cui il quarto di cerchio a sinistra rappresenta l’Europa e quello a destra l’Africa. Tutto intorno sta il gran cerchio dell’Oceano.
L’impressione che la terra fosse vista come un cerchio è data anche dalle mappe che appaiono in molti manoscritti medievali. Come era possibile che persone che ritenevano la terra sferica facessero mappe dove si vedeva una terra piatta? La prima spiegazione è che lo facciamo anche noi. Criticare la mancanza di tridimensionalità di queste mappe sarebbe come criticare la mancanza di tridimensionalità di un nostro atlante contemporaneo. Si trattava, allora come oggi, di una forma convenzionale di proiezione cartograica.
Ma dobbiamo tenere in considerazione altri elementi. Il primo ci viene suggerito da Agostino, il quale ha ben presente il dibattito aperto da Lattanzio sul cosmo a forma di tabernacolo, ma al tempo stesso conosce le opinioni degli antichi sulla sfericità del globo. La conclusione di Agostino è che non bisogna lasciarsi impressionare dalla descrizione del Tabernacolo biblico perché, si sa, la Sacra Scrittura parla spesso per metafore, e forse la Terra è sferica. Ma siccome sapere se sia sferica o no non serve a salvarsi l’anima, si può ignorare la questione.
Questo non vuole dire che non ci fosse un’astronomia medievale. Tra XII e XIII secolo vengono tradotti l’Almagesto di Tolomeo e poi il De coelo di Aristotele. Una delle materie del quadrivio insegnato nelle scuole medievali era l’astronomia, ed è del XIII secolo quel Tractatus de sphaera mundi di Giovanni di Sacrobosco che, ricalcato su Tolomeo, costituirà un’autorità indiscussa per alcuni secoli a venire.
POESIA E MAGIA. È stato l’enigma meglio custodito dell’«Orlando furioso»: chi, o che cosa, è il temibile negromante che tiene prigioniero Ruggiero in cima ai Pirenei? E qual è il titolo del libro che ha in mano? Gli indizi convergono e mostrano la vera fisionomia del personaggio e la visione del mondo del poema di Ariosto
Segreto svelato: Atlante è l’atlante
di Franco Farinelli (Corriere della Sera, La Lettura, 04.12.2016)
Siamo in grado di svelare il segreto meglio riposto (ma all’inizio di Pulcinella) di tutto l’Orlando furioso : chi, anzi che cosa sia Atlante, il negromante che nel suo castello in cima ai Pirenei tiene prigioniero Ruggiero e produce incanti, illusioni e giochi di specchi.
Una quarantina d’anni fa David Quint avanzò l’ipotesi che dietro tale figura si celasse quella del Boiardo, dal cui Orlando innamorato l’Ariosto trasse molto. Poeta dunque contro poeta. Italo Calvino arrivò invece a pensare che Atlante fosse l’Ariosto stesso, che cioè egli simboleggiasse per così dire la continua lotta dell’artista, trasfiguratore della realtà, nel cavare il meglio dalla propria vena.
In realtà, come nella celebre novella di Poe sulla lettera rubata, non ci si è fin qui accorti della vera identità di Atlante perché si è cercato troppo lontano, senza avvedersi di quel che era invece subito a tiro: Atlante è l’atlante, la raccolta di carte geografiche legate insieme. «La stanza avara», come Ariosto definisce il castello del mago è insomma nient’altro che una mappa, e la «finzïon d’incanto» che la costruzione esercita è quella cartografica.
L’aspetto e l’azione dell’incantatore sono descritti all’ottava diciassettesima del Canto quarto: egli cavalca l’Ippogrifo, il cavallo alato, tenendo nella destra un libro la cui lettura produce un’«alta meraviglia». Questa consiste nel fatto che per un verso sembra che egli attacchi con l’arma, e l’impressione è talmente vivida che, preparandosi a ricevere il colpo, le vittime chiudono istintivamente gli occhi; in realtà egli è lontano, e alla sensazione visiva non corrisponde nessun contatto fisico, nessun «tocco». È il contenuto del libro a produrre l’effetto stupefacente per cui il mondo «al falso più che al ver si rassomiglia» (II, 54), la meraviglia «alta» nel doppio senso ideale e materiale, cioè di ordine superiore e allo stesso tempo di fatto sopraelevata, perché chi subisce l’assalto non cavalca in cielo ma sta a terra.
Ma di quale libro si tratta? Qual è questo libro che «facea tutta la guerra» (IV, 25)? Si tratta di un testo sul cui titolo, dunque sulla cui natura, stranamente, i commentatori non si sono fin qui molto spesi. Ma la risposta non è difficile, se si pone mente alle mosse di cui la guerra in questione consiste.
La logica dello scontro tra Atlante e il resto del mondo non si fonda soltanto sulla tecnica della falsa eliminazione della distanza, sull’illusione che quel che è lontano sia invece vicino e viceversa, ma anche sulla disparazione tra vista e tatto. Disparazione è termine tecnico che si riferisce alla differenza tra l’immagine percepita dell’occhio destro e quella dall’occhio sinistro, che il cervello ricompone in un’unica visione unitaria. Qui invece disparazione serve a definire lo scarto e la frattura tra quel che si vede e quel che si tocca, il cui incrocio risulta, per i malcapitati assaliti da Atlante, del tutto fuorviante: non soltanto la punta della lancia è lontana e non vicina come pare, ma il contatto che di conseguenza vien dato per imminente non si produce.
Si potrebbe obiettare che comunque anche in tal modo la coincidenza tra l’impressione visiva e quella tattile resta impregiudicata, perché ambedue risultano nel medesimo tempo illusorie, ambedue producono lo stesso concomitante ingannevole effetto. Ma così non è, perché si precisa (in II, 53) che Atlante «quando all’uno accenna, all’altro mena», quando fa finta di colpire uno percuote invece chi gli sta accanto: la vista cioè sembra individuare un bersaglio ma il tatto è dolorosamente costretto a smentirla e a registrarne un altro, diverso e anzi opposto.
Disparazione dunque, e anche la più decisa. Così la domanda diventa: quando nasce la diffrazione, il décalage, la differenza anzi l’opposizione tra il tatto e la vista, quando e dove s’incrina per la prima volta la loro concordanza? Al riguardo non vi sono dubbi: all’inizio del Quattrocento a Firenze, sotto il portico dell’Ospedale degli Innocenti, concepito e costruito dal Brunelleschi. La prima struttura architettonica realizzata secondo il modello della prospettiva lineare moderna, vale a dire secondo il codice spaziale.
È sotto tale portico che, con lo spazio, nasce la modernità, perché per la prima volta il soggetto vien chiamato a una decisione inconcepibile sia per l’antichità che per il Medioevo: è costretto a scegliere se credere appunto al tatto - cioè all’intero suo corpo, per il quale le linee che delimitano il pavimento del portico stesso sono rette - oppure, al contrario, concedere fiducia alla sua vista, per la quale le linee in questione appaiono al contrario convergere all’infinito, verso il punto di fuga di fronte a sé, il centro della finestrella dove fino al 1875 i trovatelli fiorentini venivano deposti.
È questa, insomma, la disparazione originaria, la scissione archetipica che fonda l’intera tattica di Atlante, e che implica tra l’altro la fine della coerenza euclidea del mondo, sovvertendone uno dei principali assunti.
Ma da dove deriva, a sua volta, il modello brunelleschiano, qual è l’origine della moderna forma di spazio? La risposta coincide appunto con il titolo del libro che Atlante reca nella destra e che tanta forza conferisce alla sua azione: la Geografia di Tolomeo, appunto un atlante e insieme un manuale d’istruzioni per costruire mappe, che da tempo gli storici dell’arte (Kim Veltman e Samuel Edgerton jr. per primi) hanno individuato come la matrice dell’invenzione della prospettiva fiorentina.
Perciò Atlante è davvero l’atlante, nel senso che quando intorno al 1570 Antonio Lafréri edita a Roma in volume le sue Tavole moderne di geografia raccolte et messe secondo l’ordine di Tolomeo, la prima collezione cartografica sul cui frontespizio appare la figura di Atlante che regge il globo, evidentemente egli sa bene di agire proprio come il negromante che imperversa nell’ Orlando furioso: costringe in un magico, poderoso edificio tutte le forme del mondo, per preservarle dalla vita che, come dicono i tedeschi, fa male alla vita. Proprio come il mago dal cavallo alato aveva imprigionato nel suo castello Ruggiero per preservarlo dalla sicura morte che egli avrebbe incontrato se avesse continuato a duellare in giro per il mondo.
Se finora non ci siamo accorti di quello che, a proposito della figura di Atlante, è sempre stato sotto i nostri occhi è soltanto perché crediamo ancora alla lezione di Max Weber, per la quale l’epoca moderna è l’epoca del «disincanto del mondo», segna la fine della magia come tecnica di salvezza. Ma dall’Ariosto si apprende invece che ogni epoca ha invece il suo incanto, tanto tragico e maggiore quanto la tecnologia avanza: il gran tema della polvere da sparo contro la cavalleria che compare nel canto nono. Allora il problema era la prima forma con la quale l’insieme dei processi che oggi chiamiamo globalizzazione iniziava a manifestarsi.
Di qui il fascino dell’ Orlando, la cui furia corrisponde allo stile parossistico del nuovo funzionamento del mondo, nel bilico di un complesso di storie che riconosce allo spazio che avanza (ad Atlante) la supremazia su ogni antica logica dei luoghi ma che si conclude con la riaffermazione dell’ umanità del destino degli esseri viventi. Per questo il Furioso resta ancora il viatico più utile per inoltrarci sulla Terra che è la nostra, oggi che la globalizzazione assume una seconda forma e spazza via quella spaziale che è stata la prima: perché Ludovico Ariosto ci ha lasciato la prima e forse fin qui unica guida per restare umani in un mondo finalmente diventato un unico globo.