Quel Papa che pesca nell’acqua di destra
di Hans Küng (la Repubblica, 28 ottobre 2009)
È una tragedia: dopo le offese già arrecate da Papa Benedetto XVI agli ebrei e ai musulmani, ai protestanti e ai cattolici riformisti, ora è la volta della Comunione Anglicana. Essa conta pur sempre 77milioni di aderenti ed è la terza confessione cristiana, dopo la chiesa cattolica romana e quella ortodossa. Cosa è successo? Dopo aver reintegrato l’antiriformista Fraternità San Pio X, ora Benedetto XVI vorrebbe rimpolpare le schiere assottigliate dei cattolici romani anche con anglicani simpatizzanti di Roma. I sacerdoti e i vescovi anglicani dovrebbero potersi convertire più facilmente alla chiesa cattolica, mantenendo il proprio status, anche di sposati. Tradizionalisti di tutte le chiese, unitevi - sotto la cupola di San Pietro! Vedete: il pescatore di uomini pesca soprattutto sulla sponda destra del lago. Ma lì l’acqua è torbida.
Questo atto romano rappresenta niente meno che un drastico cambio di rotta: via dalla consolidata strategia ecumenica del dialogo diretto e di una vera riconciliazione. E verso una pirateria non ecumenica di sacerdoti, cui viene persino risparmiato il medioevale obbligo di celibato, solo per render loro possibile un ritorno a Roma sotto il primato papale. Chiaramente l’attuale arcivescovo di Canterbury, il Dr. Rowan Williams, non era all’altezza della scaltra diplomazia vaticana. Nel suo voler ingraziarsi il Vaticano apparentemente non ha compreso le conseguenze della pesca papale in acque anglicane. In caso contrario non avrebbe firmato il comunicato minimizzante dell ’arcivescovo cattolico di Westminster. Le prede nella rete di Roma non capiscono che nella chiesa cattolica romana saranno solo preti di seconda classe, e che alle loro funzioni i cattolici non possono partecipare?
Il comunicato fa sfacciatamente riferimento ai documenti realmente ecumenici della Anglican Roman Catholic International Commission (Arcic), elaborati in anni e anni di laboriosi negoziati tra il romano Segretariato per l’Unione dei Cristiani e l’anglicana Conferenza di Lambeth: sull’Eucarestia (1971), sull’ufficio e l’ordinazione (1973) nonché sull’autorità nella Chiesa (1976/81).
Gli esperti però sanno che questi tre documenti, a suo tempo sottoscritti da entrambe le parti, non sono mirati alla pirateria, bensì alla riconciliazione. Questi documenti di vera riconciliazione offrono infatti la base per il riconoscimento delle ordinazioni anglicane, delle quali Papa Leone XIII nel 1896 aveva negato la validità con argomentazioni poco convincenti. Dalla validità delle ordinazioni anglicane deriva anche la validità delle celebrazioni eucaristiche anglicane. Sarebbe così possibile una reciproca ospitalità eucaristica, una intercomunione, un lento processo di unificazione tra cattolici e anglicani.
Ma la vaticana Congregazione per la dottrina della fede fece all’epoca in modo che questi documenti di riconciliazione sparissero il più rapidamente possibile nelle segrete del vaticano. «Chiudere nel cassetto», si dice. «Troppa teologia küngiana», recitava all’epoca un comunicato riservato della agenzia di stampa cattolica Kna. In effetti avevo dedicato l’edizione inglese del mio libro «La Chiesa» all’allora Arcivescovo di Canterbury, Dr.Michael Ramsey in data 11 Ottobre 1967, quinto anniversario dell’apertura del concilio Vaticano secondo: nella «umile speranza che nella pagine di questo libro si ponga una base teologica per un accordo tra le chiese di Roma e Canterbury».
Vi si trova anche la soluzione alla spinosa questione del primato del papa, che da secoli divide queste due chiese, ma anche Roma dalle chiese dell’Est e dalle chiese riformiste. Una «Ripresa della comunità ecclesiale tra la chiesa cattolica e la chiesa anglicana sarebbe possibile», se «da un lato alla chiesa d’Inghilterra fosse garantito di poter mantenere il proprio attuale ordine ecclesiale sotto il primato di Canterbury e dall’altro la chiesa d’Inghilterra riconoscesse il primato pastorale del soglio di Pietro come istanza superiore di mediazione e conciliazione tra le Chiese».
«Così», speravo io all’epoca, «dall’impero romano nascerà un Commonwealth cattolico!» Ma papa Benedetto vuole assolutamente restaurare l’impero romano. Alla Comunione Anglicana non fa alcuna concessione, intende piuttosto mantenere per sempre il centralismo medioevale romano, - anche se impedisce un accordo delle chiese cristiane su questioni fondamentali.
Il primato del papa - dopo Papa Paolo VI bisogna ammetterlo il «grande scoglio» sulla via verso l ’unità della chiesa - non agisce apparentemente come «Pietra dell’unità». Torna in auge il vecchio invito al «ritorno a Roma», ora attraverso la conversione soprattutto di sacerdoti, possibilmente in massa. A Roma si parla di mezzo milione di anglicani con venti o trenta vescovi. E gli altri 76 milioni? Una strategia dimostratasi fallimentare nei secoli passati e che condurrà nel migliore dei casi alla nascita di una minichiesa anglicana «unita» a Roma in forma di diocesi personali (non territoriali). Ma quali sono le conseguenze odierne di questa strategia?
1. Ulteriore indebolimento della chiesa anglicana: In Vaticano gli antiecumenici giubilano per l ’afflusso di conservatori, nella chiesa anglicana i liberali esultano per l’esodo di disturbatori simpatizzanti cattolici. Per la chiesa anglicana questa scissione implica un’ulteriore corrosione. Essa soffre già in conseguenza della nomina inutilmente osteggiata di un pastore dichiaratamente omosessuale a vescovo in Usa - effettuata mettendo in conto lo scisma della sua diocesi e dell ’intera comunità anglicana. La corrosione è stata rafforzata dall’atteggiamento discordante dei vertici ecclesiastici nei confronti delle coppie omosessuali: alcuni anglicani accetterebbero senz ’altro la registrazione civile con ampie conseguenze giuridiche (tipo diritto di successione) e con eventuale benedizione ecclesiastica, ma non un «matrimonio» (da millenni termine riservato all ’unione tra uomo e donna) con diritto di adozione e conseguenze imprevedibili per i figli.
2. Generale disorientamento dei fedeli anglicani: L’esodo dei sacerdoti anglicani e la proposta loro nuova ordinazione nella chiesa cattolica romana solleva per molti fedeli (e pastori) anglicani un pesante interrogativo: l’ordinazione dei sacerdoti anglicani è valida? E i fedeli dovrebbero convertirsi alla chiesa cattolica assieme al loro pastore? Che ne è degli immobili ecclesiatici e degli introiti dei pastori?
3. Sdegno del clero e del popolo cattolico. L’indignazione per il persistere del no alle riforme si è diffusa anche tra i più fedeli membri della chiesa. Dopo il Concilio molte conferenze episcopali, innumerevoli pastori e credenti hanno chiesto l’abrogazione del divieto medioevale di matrimonio per i sacerdoti, che sottrae parroci già quasi a metà delle nostre parrocchie. Ma non fanno che urtare contro il rifiuto caparbio e ostinato di Ratzinger. Ed ora i preti cattolici devono tollerare accanto a sé pastori convertiti sposati? Cosa devono fare i preti che desiderano il matrimonio, forse farsi prima anglicani, sposarsi, e poi ripresentarsi?
Come già nello scisma tra Oriente e Occidente (XI sec.), ai tempi della Riforma (XVI sec.) e nel primo Concilio vaticano (XIX sec.) la fame di potere di Roma divide la cristianità e nuoce alla sua chiesa. Una tragedia.
© Hans Kung
Traduzione di Emilia Benghi
Sul tema, nel sito, si cfr.:
FINE DEL CATTOLICESIMO E DELLA CASTA ATEA E DEVOTA VATICANA.
IL J’ACCUSE CONTRO BENEDETTO XVI
Il "New York Times" contro il Papa
Papa Benedetto XVI è oggetto di pesanti accuse da parte del New York Times
Per il quotidiano "ci fu rimozione ed esplicito ostruzionismo sui casi di violenze sessuali" *
NEW YORK Dopo la decisione della Corte Suprema americana sulla possibilità di processare la Santa Sede per un caso di molestie sessuali perpetrate dal clero locale, il New York Times torna oggi ad affrontare lo scandalo degli abusi con un lungo articolo che prende in esame il ruolo svolto da Benedetto XVI prima e dopo essere diventato Papa. E l’autorevole quotidiano statunitense in prima pagina sottolinea come «il futuro papa è stato parte della cultura della non responsabilità, della rimozione, di rinvii cavillosi ed esplicito ostruzionismo» da parte della Chiesa.
«Più di ogni altro responsabile del Vaticano, fatta eccezione per Giovanni Paolo II, il Cardinale Joseph Ratzinger», al tempo in cui era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, «avrebbe potuto prendere misure decisive negli anni ’90 per evitare che lo scandalo (della pedofilia, ndr) si diffondesse come una metastasi da un paese all’altro, crescendo in proporzioni tali da minacciare adesso di consumare il papato», scrive il New York Times.
Il quotidiano ricorda come il Vaticano abbia tenuto un «meeting segreto» nel 2000 - dopo le ripetute preoccupazioni espresse dai vescovi anglosassoni sull’argomento - che l’anno successivo produsse la decisione di attribuire all’allora Cardinale Joseph Ratzinger l’autorità di occuparsi direttamente dei presunti scandali.
Ma il New York Times ricorda che l’ufficio guidato dal futuro pontefice, la Congregazione per la Dottrina della Fede, «aveva assunto già la competenza sui casi di abusi sessuali da circa 80 anni, nel 1922». «Ma per i due decenni in cui è stato a capo di quell’ufficio, il futuro papa non ha mai affermato quella autorità», aggiunge il quotidiano.
Il New York Times ricorda poi che «come Papa, Benedetto ha incontrato le vittime di abusi sessuali per tre volte», ma il quotidiano non manca di sottolineare che «oggi la crisi degli abusi sta divampando nel cuore cattolico dell’Europa» e «il Vaticano sta rispondendo ancora agli abusi dei preti con il suo (personale, ndr) ritmo, mentre è assediato da un mondo esterno che vuole che si muova più velocemente e con più decisione».
* La Stampa, 2/7/2010
LA TEOLOGIA DELLA GRAZIA ("CHARIS") DI DIO ("CHARITAS") E LA TEOLOGIA E LA POLITICA DEL MENTITORE. IN VATICANO, AL GOVERNO DELLA CHIESA UN PAPA CHE PREDICA CHE GESU’ E’ IL FIGLIO DEL DIO "MAMMONA" ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006)!!!
TRUCCATA LA PAROLA DI DIO, TUTTO E’ POSSIBILE! TRUCCATO ANCHE IL DOCUMENTO ANTI-PEDOFILIA DEL "2003"! Una richiesta di chiarimenti a padre Lombardi di Paolo Flores D’Arcais
Le “linee guida” sono un testo che risale interamente al 2003, “attribuibile all’allora cardinal Ratzinger”, o sono state introdotte modificazioni e/o interpolazioni nei giorni precedenti la pubblicazione on line? Se l’ordine del Vaticano era di rispettare le leggi civili di ciascun paese, come mai nessun vescovo ha denunciato un prete pedofilo anche nei paesi dove tale denuncia è obbligatoria? Una rivolta di quei vescovi contro il volere del Papa? (...)
( Federico La Sala)
Il documento anti-pedofilia:
Autentico o riveduto e corretto?
Lettera a padre Lombardi sul regolamento del vaticano
È urgente una risposta cristallina
«Le chiedo se il testo reso noto nei giorni scorsi esistesse già nel 2003, parola per parola, virgola per virgola»
di Paolo Flores d’Arcais (il Fatto. 20.04.2010)
Caro Padre Lombardi
nell’aprile del 2001, quando ricopriva la carica di direttore della Radio Vaticana, lei ebbe la bontà di collaborare alla rivista MicroMega, accettando un dialogo su un tema spinoso e affrontandolo con chiarezza. Sono certo che con il passare degli anni tanto la sua bontà che la sua chiarezza si siano solo accresciute, parallelamente all’accrescersi delle sue funzioni, che lo hanno portato ad essere oggi responsabile della Sala Stampa vaticana, cioè di tutta la comunicazione che riguarda il Sommo Pontefice e le Congregazioni della Chiesa. Per questo le chiedo oggi di avere la bontà di rispondere con chiarezza a una serie di aggrovigliati interrogativi che non riesco a sbrogliare e che riguardano la conferenza stampa nella quale ha dato conto delle cosiddette “linee guida” a cui vescovi e sacerdoti devono attenersi in tutto il mondo nelle circostanze, purtroppo non infrequenti, di casi di pedofilia ecclesiastica.
Quasi tutti i giornali e i siti internet hanno riportato questo incipit-sintesi della sua conferenza stampa: “Obbligo di denuncia dei preti pedofili all’autorità civile e, nei casi più gravi, un intervento diretto del Papa per ridurre i colpevoli allo stato laicale, senza processo e senza possibilità di revoca”. Perchè il giorno dopo, quando è tornato sull’argomento, non ha smentito quell’incipit-sintesi, dovuto all’agenzia Ansa, accreditandola invece con il suo silenzio? Nessun “obbligo di denuncia” è infatti mai stato imposto dal Vaticano. Al contrario. E con ciò arriviamo alla seconda domanda. Chi è l’autore delle “linee guida” che sono improvvisamente comparse on line sul sito del Vaticano il 10 aprile? “Si tratta di linee guida risalenti al 2003, e che quindi - spiega sempre il Vaticano - sono attribuibili all’allora capo della Congregazione, Joseph Ratzinger”. Questa affermazione è un infortunio di agenzia, o davvero è stato lei a pronunciarla?
“Linee guida” senza data e senza firma
In tal caso infatti il groviglio si infittisce, poiché le “linee guida” sono un testo in inglese senza data, senza firma, senza protocollo, tutti elementi che non mancano mai nei documenti vaticani, tra i più formali che le cancellerie del mondo conoscano. La lingua ufficiale del Vaticano è il latino, usato perfino nella corrispondenza tra prelati, vedi la famosa lettera del card. Ratzinger al vescovo di Oakland, che il New York Times ha scoperto e pubblicato come prova di un atteggiamento omissivo. Che cosa significa, dunque, che le “linee guida” risalgono al 2003 e sono attribuibili al card. Ratzinger?
In buon italiano vuol dire che il testo - esattamente quel testo - è stato redatto sette anni fa, e che l’estensore materiale è il card. Ratzinger o almeno il suo staff sotto il suo controllo. Può confermarmi con chiarezza inequivocabile che le cose sono andate così? Perché da altre sue parole non sembrerebbe. Tutti i giornali hanno infatti riportato, con la solita unanimità verbatim, che “sempre la Sala Stampa ha riferito che, nel 2003, la Congregazione per la Dottrina della Fede si era data una sorta di regolamento interno mai finora pubblicato e che ora, nella sua sintesi divulgativa, è stato reso noto per la prima volta sul sito della Santa Sede”.
Qui gli enigmi sono due. Nel 2003 la Congregazione si è data un “regolamento interno”, cioè una interpretazione operativa della sua istruzione del 2001 intorno ai Delicta graviora, oppure no? “Una sorta di” è espressione davvero incongrua, soprattutto nel mondo di certosina precisione delle procedure canoniche. Si intendono disposizioni date oralmente dal cardinal Prefetto? O di diverse interpretazioni date per iscritto caso per caso? O di una interpretazione in progress, che attraverso disposizioni orali o scritte è andata evolvendo?
Sono state fatte interpolazioni?
Secondo enigma. Le “linee guida” sono una “sintesi divulgativa”, e passi. Ma è stata scritta allora, nel 2003, o è stata scritta oggi? O in parte allora, ma con qualche interpolazione di oggi? Differenze non di poco conto. Perchè il modo in cui lei ha presentato le “linee guida” “attribuibili all’allora cardinal Ratzinger” inducono il lettore a immaginare che questa “sintesi divulgativa” sia stata scritta allora, sia perciò un documento storico. Ma se andiamo a guardare con attenzione alla sintassi, viene il dubbio che, in modo alquanto contorto, la Sala Stampa, cioè lei, ci lasci aperta la porta per l’interpretazione opposta. “Mai finora pubblicato” si riferirebbe insomma solo alla “sorta di regolamento interno”, che ora verrebbe “reso noto per la prima volta” non già in quanto tale (perché informale, e dunque non esistente nella forma di un testo scritto) ma “nella sua sintesi divulgativa”, dove l’azione divulgativa è quella della stessa Sala Stampa. Può su questo, caro Padre Lombardi, avere la bontà di darmi una risposta cristallina, ispirata a quell’evangelico “il tuo dire sia sì sì, no no, perché il di più viene dal demonio” (Matteo 5) che un ateo come me sommamente apprezza?
Le perentorie dichiarazioni del cardinal Castrillon Hoyos, secondo cui Papa Wojtyla aveva approvato la lettera inviata a Mons. Pican, vescovo di Bayeux-Lisieux, di felicitazone e piena solidarietà per il suo rifiuto di denunciare alla giustizia francese un prete pedofilo (omessa denuncia che gli era costata tre mesi con la condizionale) rendono una sua riposta cristallina assolutamente necessaria e urgente.
Se davvero la linea della Chiesa era già allora di uniformarsi ai codici penali nazionali, il Papa Giovanni Paolo II sarebbe stato il primo a violarla! Il che suona una “contradictio in adiecto”. E dunque (mai come in questo caso repetita iuvant): non le chiedo di sapere se la sostanza del documento (in inglese, anonimo e senza data, pubblicato sul sito del Vaticano come “Guide to Understanding Basic CDF Procedures concerning Sexual Abuse Allegations”) coincide con la presunta “sorta di regolamento interno”. Le chiedo se il testo messo on line nei giorni scorsi esisteva già parola per parola e virgola per virgola o è stato scritto/modificato/interpolato nei giorni scorsi. La necessità di una risposta “sì sì, no no” riguarda soprattutto la frase chiave: “Va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte”, che a una sommaria analisi filologica suona eterogenea rispetto al resto del testo, tutto riferito alle procedure del diritto canonico.
La frase chiave sembra estranea
Se il testo è del 2003, non si capisce perché non sia stato datato, e soprattutto in che cosa sarebbe diverso dalla “sorta di regolamento interno”. Il fatto che invece la Sala Stampa, cioè lei, ne abbia parlato come di due realtà diverse, l’una sintesi dell’altra, fa propendere verso l’ipotesi di una rielaborazione attuale. Ma se così fosse, non averlo detto chiaramente, anche dopo che tutti i media mostravano di aver inteso il carattere storico-autentico delle “linee guida”, rasenterebbe la disinformacija. Sospetto a cui non voglio indulgere neppure per un attimo, e per dissolvere il quale le scrivo questa lettera. Ricordandola sempre con affetto, suo Paolo Flores d’Arcais
il Fatto 20.4.10
Le quattro domande cruciali
Le “linee guida” sono un testo che risale interamente al 2003, “attribuibile all’allora cardinal Ratzinger”, o sono state introdotte modificazioni e/o interpolazioni nei giorni precedenti la pubblicazione on line? Se l’ordine del Vaticano era di rispettare le leggi civili di ciascun paese, come mai nessun vescovo ha denunciato un prete pedofilo anche nei paesi dove tale denuncia è obbligatoria? Una rivolta di quei vescovi contro il volere del Papa? Perché Karol Wojtyla ha approvato la lettera con cui il cardinal Castrillon Hoyos si felicitava e solidarizzava con il vescovo di Bayeux-Lisieux mons. Pierre Pican che non avendo denunciato un prete pedofilo era stato condannato dalla giustizia francese a tre mesi con la condizionale? Il Papa contro il Papa? O addirittura il cardinal Ratzinger contro Giovanni Paolo II? Perché non vengono aperti gli archivi della Congregazione della dottrina della fede sui casi di pedofilia, e consegnati alle autorità giudiziarie, in modo che anche la giustizia terrena possa fare il suo corso, secondo le leggi vigenti in ciascun paese?
L’amico rivale del Papa
di Alessandro Melazzini (Il Sole-24 Ore, 15 novembre 2009)
Non utilizzerò nessun «elicottero teologico» promette Hans Küng al lettore che voglia accompagnarlo nella scalata alle vette della propria spiritualità. Accade nel nuovo e personalissimo libro del teologo svizzero, pubblicato in Germania da Piper, previsto in Italia per Rizzoli e di cui pubblichiamo uno stralcio in anteprima (Was ich glaube, In cosa credo, Monaco, pagg. 320, €18,95). È soprattutto una profonda umanità a trasparire in queste nuove pagine scritte da uno dei più celebri - e contestati - teologi cattolici. Un’umanità che da anni spinge Küng a lavorare al progetto di un’etica mondiale basata su comprensione e rispetto verso ogni essere umano, indipendentemente dalla provenienza e dalle preferenze politiche, sessuali ma anche religiose.
L’autore di Islam, Cristianesimo ed Ebraismo, densa trilogia sulle religioni monoteistiche, dimostra un’apertura verso le fedi altrui - inclusi ateismo e agnosticismo - tale da portarlo a considerare il proprio credo in Gesù Cristo come la via maestra per la salvezza, ma non l’esclusiva. Ed è a causa dell’intransigente chiusura verso le sensibilità altrui che batte la critica del professore di Tubinga alla Chiesa di Roma colpevole, soprattutto sotto l’attuale pontificato, di coltivare un’ossessione verso il potere monocratico e la morale sessuale. Secondo l’ottuagenario teologo il risultato altro non è che un progressivo allontanamento dei fedeli dal grembo della Chiesa, divenuta infedele al Concilio Vaticano II, cui tanto Hans Küng quanto Joseph Ratzinger parteciparono prima che il dissidio teologico li dividesse. D’altronde tra Roma e Tubinga la crisi dura da quando Küng pubblicò Infallibile? Una domanda (1970), un testo già nel titolo scettico verso l’intangibilità papale.
Ma la rottura più dolorosa avvenne in seguito alla pubblicazione di Dio Esiste? (1978), quando la Congregazione per la dottrina della fede gli revocò l’autorizzazione all’insegnamento della teologia cattolica. Un evento traumatico che tuttavia non minò né la produttività del teologo svizzero né il suo interesse verso il dialogo interreligioso, così come la fascinazione nei confronti delle scoperte scientifiche. Insensato ad esempio secondo Küng accusare d’irreligiosità la teoria evolutiva di Darwin. Il teologo pensa infatti che fede e scienza non abbiano alcunché da temere, bensì possano reciprocamente arricchirsi, seppur entrambe nel rispetto delle proprie competenze.
Küng: «Capire per credere»
di Hans Küng (Il Sole-24 Ore, 15 novembre 2009)
La mia spiritualità ha sempre avuto a che fare più con la razionalità che con la sensibilità. Non ho mai voluto semplicemente "credere", ma anche capire. Come teologo mi sono sempre ritenuto anche filosofo, ho studiato filosofia e l’ho praticata. L’avversione contro questa materia, osservabile di continuo da Martin Lutero in poi, non mi appartiene. D’altra parte non mi è mai stato chiaro perché i filosofi del XX e XXI secolo non si sono più voluti porre la questione della "metafisica", consegnando ai teologi l’amministrazione di questa grande eredità della filosofia occidentale. Forse che con la mia teologia io riesca a porre rimedio a quella dimenticanza di Dio sopravvenuta nella filosofia e a quella dimenticanza della filosofia avvenuta nella teologia? In ogni caso la mia teologia non dovrebbe essere una scienza segreta per chi è già credente, che si trincera nelle questioni cruciali dietro ai misteri, come lo è stata quella creata dai teologi nel corso di una problematica storia dei dogmi. Piuttosto essa dovrebbe essere comprensibile, condivisibile e attendibile, così da avvicinare anche i non credenti all’unico grande mistero della realtà, quello a cui noi diamo il nome di "Dio".
Non posso e non voglio spegnere la mia ragione nelle questioni di fede. Tutto quanto è assurdo; oscuro, infantile, zotico, reazionario, lo sento estraneo da me, così come quell’isteria massificata o addirittura mondiale che si verifica nel caso di un tragico incidente a una bella principessa, nella morte inaspettata di una popstar avvolta dagli scandali o nella morte pubblica e diffusa mediaticamente di un Papa.
Ma anche una ragionevolezza assolutizzata, un razionalismo ideologico possono essere una superstizione, similmente al dogmatismo teologico. In ogni caso ho poca voglia sia di discutere con i razionalisti irrigiditi che con i dogmatici immobili. Più di una volta ho constatato che nella polemica entrambi si dimostrano incapaci anche solo di riportare in maniera corretta le mie opinioni. In quelle circostanze la loro ratio viene offuscata dalla passio.
Naturalmente anch’io, come ogni essere umano, non sono fatto solo di ragione e ragionevolezza, bensì anche di sentire e volere, di indole e fantasia, di emozioni e passioni. Mi sforzo volutamente di conseguire una visione complessiva delle cose. Ho imparato a pensare in maniera metodica e chiara, quello che si chiama esprit de géometrie secondo lo spirito di Cartesio. Nel contempo tuttavia ho tentato di acquisire un conoscere, un sentire e un percepire che sia completo e intuitivo, secondo l’esprit de finesse dell’antipode di Cartesio, ovvero l’eccellente matematico Blaise Pascal.
Al ginnasio di Lucerna noi studenti talvolta prendevamo in giro il nostro bravissimo professore di storia dell’arte che durante lo studio di un’opera, quando eravamo di fronte a qualcosa di non quantificabile, bensì di estetico, ovvero alla bellezza, diceva sfregando i pollici con gli indici e i medi: «Dovete sentirla, intuirla!». Ma aveva ragione. Ci sono così tanti fenomeni specificamente umani come l’arte, la musica, lo humor, il riso e certo il dolore, l’amore, la fede e la speranza che non si lasciano cogliere in maniera critico-razionale nelle loro varie dimensioni bensì che è possibile avvertire solamente nella loro pienezza. Anche la nuova ricerca sul cervello è in grado con i suoi grandi tomografi computerizzati di spiegare il funzionamento dei neuroni, ma non di scoprire i contenuti dei nostri pensieri e delle nostre emozioni.
Già quando ero un giovane professore trovavo affascinante avere uno scambio con i grandi scienziati delle altre discipline. Allora non parlavo di «interdisciplinarità», ma la esercitavo ovunque potessi. Naturalmente ritenevo fondamentale un atteggiamento di rispetto, non verso i saccenti accademici, quanto verso i veri grandi conoscitori della materia. Un rispetto di fronte al loro immenso sapere, ai loro risultati dotati di fondamento, alla loro diversa metodologia e ai loro giudizi obiettivi. Anche nella teologia ho avuto a che fare con filosofi, giuristi, storici e medici, poi in maniera sempre maggiore con psicologi, sociologi e politologi. Soprattutto ho sempre voluto prendere sul serio l’indipendenza e l’autonomia delle scienze naturali matematico-sperimentali; mi sono impegnato affinché non venissero poste in dubbio da nessun teologo o religioso che si richiamasse a un’autorità superiore (Dio, la Bibbia, la Chiesa, il Papa).
Parimenti ho sempre ritenuto importante che se si dovessero trattare le questioni delle scienze naturali secondo il loro metodo e stile, allora d’altro canto sarebbe doveroso che anche le questioni della psiche umana e della società, così come del diritto, della politica e della ricerca storiografica, e tanto più quelle dell’estetica, della morale e della religione, venissero trattate secondo il loro metodo e stile. In maniera del tutto legittima oggigiorno anche nelle scienze dello spirito noi ci occupiamo sempre più dell’analisi dei fenomeni, delle operazioni, dei processi e delle strutture. Ma facendo ciò non dobbiamo dimenticare che ci sono questioni legittime in ambito scientifico che attengono al senso primo e ultimo delle cose, ai valori, agli ideali, alle norme e ai comportamenti. Esse richiedono una risposta. Come filosofo e teologo non posso accontentarmi della problematicità superficiale del nostro mondo secolarizzato e ridotto solamente a razionalità e funzionalità, bensì debbo cercare di penetrare nella sua dimensione più profonda. Come si può altrimenti trovare una risposta alla domanda sul fondamento della vita?
(Traduzione di Alessandro Melazzini)
Le «mosse predatorie» del Vaticano
di Filippo Gentiloni (il manifesto, 15 novembre 2009)
Il Vaticano continua nel tentativo di recuperare chiese e gruppi che potrebbero allargare la serie dei seguaci di Roma: ma, a tutt’oggi, pochi i successi e, invece, molte le incertezze, gli imbarazzi, i rifiuti. Ieri è stata la volta dei lefevriani: pochi rientrati, molte le critiche, da ambedue le parti. L’ultimo caso, di questi giorni, è stato quello degli anglicani. Roma ha ripreso sotto la sua giurisdizione, anche se con alcune riserve, gli anglicani che si stavano distaccando dai vertici della loro chiesa. E’ interessante notare i motivi di questo distacco: concessione del sacerdozio - e anche dell’episcopato - alle donne e anche ai gay, benedizione di unione matrimoniale fra omosessuali. Roma si potrebbe dire che ne ha «approfittato».
Una vicenda, a dir poco, discutibile. E anche piuttosto lontana da un vero e sincero ecumenismo: un «mercatino pseudoecumenico» lo hanno definito alcuni protestanti; e anche «una mossa predatoria». Sia perché riguarda soltanto «frange» delle chiese «sorelle», sia perché unisce i cristiani sulla base di questioni oggi controverse, sia perché favorisce le divisioni all’interno delle chiese sorelle.
Su questo nodo cruciale, il Vaticano cerca di applicare ancora una volta alcune di quelle sottili distinzioni già sperimentate con alcune chiese ortodosse orientali: la concessione di una larga autonomia, un «rito» particolare, che renderebbe più morbida la dipendenza da Roma. Una autonomia che va d’accordo, sia nel caso di alcune chiese orientali che in quello nuovo degli anglicani, con la accettazione di sacerdoti sposati. Una questione che si sta facendo sempre più scottante in tutto il cattolicesimo.
Alcuni commentatori hanno scritto, forse scherzando, che i sacerdoti cattolici che si volessero sposare potrebbero aderire a uno di questi riti che, a tutt’oggi, rimangono «periferici» anche se ufficialmente accettati nel grande ambito del cattolicesimo. Nel quale, comunque, è giusto osservare che qualche cosa si muove.
La Croce che non s’impone
di Marco Politi (il Fatto quotidiano, 04.11.2009)
La croce non si impone. E’ il messaggio che viene da Strasburgo, dove la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sancito che i crocifissi nelle aule scolastiche rappresentano una doppia violazione. Perché negano la libertà dei genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni religiose o filosofiche e al tempo stesso violano la libertà degli alunni. Il governo italiano, tanto attento allafede cristiana nei suoi proclami quanto a-religioso nei comportamenti del suo leader, ha subito deciso di presentare ricorso. Agitazione al centro e a destra, dove il ministro Frattini paventa un “colpo mortale all’Europa”, mentre l’Udc Rocco Buttiglione parla di “sentenza aberrante da respingere”. Prudenza nel centrosinistra: il neo-segretario Pd Bersani si limita a definire la presenzadel crocifisso nella aule una “tradizione inoffensiva”.
Eppure la Corte europea dei diritti dell’uomo è solo responsabile di chiarezza. Non è la sua una scelta antireligiosa, come si affrettano a diffondere le prefiche che lamentano continuamente la perdita delle «radici cristiane d’Europa». Al contrario è il limpido riconoscimento che i simboli religiosi sono segni potenti, che incidono sulle coscienze.
Da tempo l’Italia pseudo-religiosa della cattiva coscienza, per sfuggire alla questione della laicità delle istituzioni, si è inventata la spiegazione che il crocifisso sia soltanto un simbolo della tradizione italiana, un’espressione del suo patrimonio storico e ideale, un incoraggiamento alla bontà e a valori di umanità condivisibili da credenti e non credenti. Non è così. O meglio, tutto questo insieme di richiami è certamente comprensibile ma non può cancellare il significato profondo e in ultima istanza esplicito di un crocifisso esposto in un ambiente scolastico o nell’aula di un tribunale. Il crocifisso sulla cattedra è il richiamo preciso ad una Verità superiore a qualsiasi insegnamento umano. Il crocifisso sovrastante le toghe dei magistrati è il monito a ispirarsi e non dimenticare mai la Giustizia superiore che promana da Dio. È accettabile tutto ciò da parte di chi non crede in “quel” simbolo? E’ lecito imporlo a quanti sono diversamente credenti sia che seguano un’altra religione sia che abbiano fatto un’opzione etica non legata alla trascendenza? La risposta non può che essere no.
Già negli anni Novanta nel paese natale di papa Ratzinger la Corte Costituzionale tedesca sancì con parole pregnanti che nessuno può essere costretto a studiare “sotto la croce”, perché la sua esposizione obbligata è lesiva della libertà di coscienza. Persino la cattolicissima Baviera - lo riferì a suo tempo anche l’Avvenire non disdegnando la soluzione - ha affrontato il problema. In quel Land tedesco il crocifisso è di norma esposto nelle aule scolastiche: se però degli studenti obiettano, le autorità scolastiche aprono un confronto che può condurre alla rimozione del simbolo.
Il messaggio di Strasburgo porta in Italia una ventata di chiarezza. Non nega affatto la vitalità di una tradizione culturale. Non “colpisce”, come lamenta l’Osservatore Romano, una grande tradizione. Strade, piazze, monumenti continueranno a testimoniare il vissuto secolare di un’esperienza religiosa. Edicole, crocifissi, statue di santi, chiese e oratori continueranno a parlare di una storia straordinaria. (Ma meglio sarebbe che gli alfieri della difesa delle «radici cristiane» si chiedessero perché tante chiese vuote, perché tanta ignoranza religiosa negli alunni che escono da più di dieci anni di insegnamento della religione a scuola, perché sono semivuoti i seminari e deserti i confessionali). Né viene toccato il diritto fondamentale dei credenti, come di ogni altro cittadino di diverso orientamento, di agire sulla scena pubblica.
La Corte europea dei diritti dell’uomo afferma invece un principio basilare: nessuna istituzione può essere sotto il marchio di un unico segno religioso. Laicità significa apertura e neutralità, rifiuto del monopolio. Ci voleva la tenacia di una madre finlandese trasferita in Italia, Soile Lautsi, per intraprendere insieme al marito Massimo Albertini la lunga marcia dal consiglio di classe di una scuola di Abano al Tar, al Consiglio di Stato, alla Corte costituzionale, alla Corte di Strasburgo perché l’Italia fosse ammonita a rispettare questo elementare principio.
Se si chiede alla coppia cosa le ha dato la tenacia di non arrendersi al conformismo delle autorità, la riposta è sobria: “L’amore per i figli, il desiderio di proteggerli. E loro, cresciuti nel frattempo, ci hanno detto di andare avanti”.
Sostiene la conferenza episcopale italiana che la sentenza di Strasburgo suscita “amarezza e perplessità”, perché risulterebbe ignorato il valore culturale del simbolo religioso e il fatto che il Concordato riformato del 1984 riconosce i principi del cattolicesimo come “parte del patrimonio storico del popolo italiano”. È questa parola “parte” che i vescovi dovrebbero non dimenticare. Il cattolicesimo non è più religione di Stato né esiste nella Costituzione repubblicana un attestato di religione speciale, rispetto alla quale altre fedi o orientamenti filosofici sono di seconda categoria.
Don Alessandro Santoro un prete per i diritti la dignità e la pace
di Alfio Nicotra (Liberazione, 28.10 2009)
"Sollevato dalla cura pastorale". Fredde parole che pesano come un macigno sulla comunità di base delle Piagge, il quartiere periferia per antonomasia di Firenze. Monsignor Betori rimuovendo don Alessandro Santoro dalla sua parrocchia, condanna così la Chiesa fiorentina a ripetere ancora una volta lo stesso errore. Tra le più vive delle diocesi italiane, quella di Firenze, si porta dietro questa condanna ad essere, al momento del dunque, incapace di scegliere il cambiamento.
Come quarant’anni fa, quando Ermenegildo Florit, arcivescovo di Firenze, decise di privarsi di una delle più attive e solidali comunità cristiane, quella dell’Isolotto. La stessa logica che condannò padre Ernesto Balducci all’esilio alla Badia Fiesolana sotto la protezione di un’altra diocesi. Se don Enzo Mazzi - come ebbe a dichiarare in una bella intervista rilasciata al nostro Vittorio Bonanni- venne rimosso "perché l’Isolotto puzzava troppo di comunismo", il pretesto per congedare don Santoro è stato il matrimonio con rito cattolico, celebrato tra Sandra Alvino e Fortunato Talotta.
Una storia di amore che la Chiesa, contraddicendo il Vangelo, non ha voluto benedire. La colpa di Sandra è quella di essere nata uomo e aver scelto di diventare, nel lontano 1982, donna. Unirsi in matrimonio in chiesa era per loro una scelta di fede perché per lo Stato italiano erano già sposati. La Chiesa ha preferito fare muro e - a ben vedere - ha semplicemente scelto questo pretesto per normalizzare una esperienza "rebelde".
Perché la comunità delle Piagge è uno straordinario laboratorio di umanità, tanto più prezioso perché radicato su un territorio marginalizzato e periferico. Un quartiere cresciuto sotto i fumi dell’inceneritore di San Donnino (oggi chiuso, ma rapidamente sostituito da altri), il raccordo autostradale e "l’aeroporto tra le case" di Peretola. Casermoni che si perdono a vista d’occhio intervallati sulla via Pistoiese da centri commerciali. Relazioni umane e sociali difficili, il rischio costante di una infinita guerra tra poveri, tra sottoproletari italiani e sottoproletari stranieri.
Don Santoro non è un prete contro, ma un prete per. Per i diritti, la dignità, sempre in prima fila nella promozione della cultura di pace. Grazie alla comunità è cresciuto il commercio equo e solidale, si sono diffusi i gruppi di acquisto solidali, una casa editrice "dal basso", un giornale e tante iniziative culturali. Spiegare il Vangelo alla Piagge significa avere la capacità prima di tutto di sentire cosa prova e come ragiona l’umanità che vi vive. Non una Chiesa padrona, ma una Chiesa di servizio che autopromuove la partecipazione, il confronto e che rompe i tabù quando questi negano la legge dell’amore per gli altri.
«La gestazione della speranza scatenò il conflitto - scrisse don Enzo Mazzi sulla esperienza dell’Isolotto - Perché la speranza è la grande nemica del potere. Il quale si nutre di disperazione». Ecco il delitto di don Santoro: aver dato speranza in un luogo difficile, estremo. Ecco le ragioni di questa rimozione: la paura, vorrei dire il terrore, della Chiesa ufficiale di essere convertita dagli ultimi.
Per una più approfondita riflessione sul tema del celibato, in rete, si cfr.:
Sono oltre centomila i preti sposati nel mondo.
Quel che è proibito a Roma è possibile ad Atene.
Discutiamo di una questione che sta facendo soffrire inutilmente moltissime persone.
Nel sito, si cfr.:
In Matteo 19:12 Gesù Cristo parla di tre categorie di eunuchi: “Ci sono eunuchi generati così dal seno della loro madre, e ci sono eunuchi fatti eunuchi dagli uomini, e ci sono eunuchi che si sono fatti eunuchi a motivo del regno dei cieli. Chi vi può far posto vi faccia posto”. Quelli di cui è detto che “si sono fatti eunuchi” a motivo del Regno esercitano padronanza di sé per potersi impegnare nel servizio di Dio. L’apostolo Paolo la raccomanda come la condotta ‘migliore’ per i cristiani che non sono “infiammati dalla passione”. Questi, dice Paolo, possono servire il Signore con più costanza, “senza distrazione”. (1Co 7:9, 29-38) Tali “eunuchi” non sono individui che si siano menomati fisicamente o che siano stati evirati; sono persone che scelgono volontariamente di non sposarsi. Nessun voto di celibato è raccomandato dalla Bibbia, e ‘proibire di sposarsi’ è condannato come un segno di apostasia. Infatti alcuni degli apostoli erano sposati.
Tuttavia per alcuni è particolarmente difficile tenere il sesso al giusto posto, in armonia con le norme di Dio. Ad aggravare la loro situazione può esserci il fatto che provano impulsi sessuali insolitamente forti. Viviamo in un mondo che ha la fissazione del sesso e che alimenta in molti modi le fiamme della passione. Questo può creare un problema non indifferente ai cristiani che vogliono rimanere celibi
Ma in armonia con l’ammonimento scritturale secondo cui “è meglio sposarsi che essere infiammati dalla passione”, essi possono decidere di sposarsi, cosa certamente onorevole.
Comunque, l’espressione ispirata dice esplicitamente che in successivi periodi di tempo alcuni si allontaneranno dalla fede, prestando attenzione a ingannevoli espressioni ispirate e a insegnamenti di demoni, mediante l’ipocrisia di uomini che diranno menzogne, segnati nella loro coscienza come da un ferro rovente; i quali proibiranno di sposarsi,
E Gesù, entrando nella casa di Pietro, vide la suocera di lui che giaceva con la febbre.
Cordiali saluti............e buon celibato; se non sei ammogliato!
I protestanti tedeschi hanno un nuovo Papa. Ed è una donna
Margot Kässmann vescovo di Hannover, ha 51 anni, è divorziata, ha 4 figli
Il Sinodo l’ha eletta a larghissima maggioranza. È la prima «Papessa» evangelica
142 voti, 133 per lei
Nel suo ultimo libro si racconta: l’ex marito, la menopausa, il cancro...
«I figli sono grandi, il cane anziano». Così Margot Kässman ha accolto la nomina del Sinodo dei protestanti. È la prima donna dallo scisma di Martin Lutero a governare gli evangelici tedeschi.
di Laura Lucchini (l’Unità 29.10.2009)
È il momento delle donne, in Germania. Ieri, mentre Angela Merkel giurava il suo secondo mandato di fronte al Parlamento, un incarico che la riconferma come la donna più potente del mondo, le agenzie stavano battendo un’altra notizia: Margot Kässmann, 51 anni, vescovo di Hannover veniva eletta a capo della Chiesa Evangelica Tedesca. Per la prima volta nella storia del paese i valdesi saranno presieduti da una «papessa».
Margot Kässman, divorziata, quattro figli, un cancro alle spalle e un cane anziano che le fa compagnia, ha assicurato ieri alla stampa tedesca di aver dormito bene la notte di mercoledì e di essersi alzata alla mattina per fare jogging lungo il Danubio, come sempre. Con i capelli neri tagliati corti, lo sguardo vivace e una croce di perle al collo, ha assicurato, «se è quello che i Sinodali vogliono, lo farò. I figli sono grandi e il cane è anziano».
GOVERNERÀ 25 MILIONI DI FEDELI
Si è mostrata felice e ha festeggiato anche se si è subito resa conto del peso dell’impegno di rappresentare una comunità di 25 milioni di fedeli. «La mia vita ora cambierà», ha osservato con lucidità.
I parlamentari della camera della chiesa evangelica tedesca l’hanno eletta con una maggioranza trionfale, 132 voti su 142. Sostituirà Wolfgang Huber, 67 anni, pronto per la pensione, e ha detto da subito che lavorerà per avvicinare alla fede protestante nuovi fedeli e per una chiesa che sia «contemporanea».
Kässmann, una figura popolare, che per la sua parlantina sciolta è assidua frequentatrice dei salotti televisivi, ha pubblicato due settimane fa un libro che dice molto sulla sua vita e che si occupa, in particolare, della «mezz’età» delle donne, di relazioni conflittuali con il partner, di figli che a un certo punto se ne vanno di casa, di carriere non sempre realizzanti e della menopausa. Ha raccontato anche le sofferenze personali: un tumore al seno e il dolore dell’asportazione.
«NON NASCONDE LE DEBOLEZZE»
Secondo un articolo pubblicato dal quotidiano di centro sinistra Süddeutsche Zeitung, «Il Sinodo l’ha eletta perché per dieci anni ha svolto bene il suo lavoro come vescovo della chiesa (quella di Hannover, ndr) più grande del suo Land, e perché si comporta in modo sicuro in pubblico e sa dare interviste, ma anche perché è autentica e non ha mai cercato di nascondere le proprie debolezze».
Lontano dal Sinodo di Ulm, a Berlino, anche Angela Merkel ha festeggiato ieri un primato. Per la prima volta nella storia tedesca, un Cancelliere è stato rieletto alla testa di una coalizione differente dalla precedente. Dopo essere stata per quattro anni a capo della Grosse Koalition, Angela Merkel è stata rieletta dal Bundestag per guidare la nuova coalizione nero-gialla. Dei 612 deputati presenti (10 in meno del totale e, tra gli assenti, anche Oskar Lafontaine), sono andati al Cancelliere 323 voti favorevoli, rispetto a 285 contrari e 4 astenuti. In totale, sono venuti a mancare alla Merkel 5 voti tra gli appartenenti ai gruppi della Cdu e della Fdp.
Seguendo una tradizione consolidata da tempo, il primo appuntamento all’estero della Merkel sarà in serata all’Eliseo da Nicolas Sarkozy, mentre domani insieme al nuovo ministro degli Esteri, Guido Westerwelle, sarà invece a Bruxelles.
ARIA DI CAMBIAMENTO
Si tratta di due donne conservatrici che però incarnano, in questo momento, il modello tedesco del cambiamento. In un paese che ha dovuto guadagnarsi con la lotta la parità dei sessi ieri è stato un giorno di festa. Lontano (neanche tanto) dall’Italia, da Silvio Berlusconi e da Papa Ratzinger, c’è un altro mondo, con Angela Merkel e Margot Kässmann. ❖
La Chiesa russa rompe con la “Papessa” tedesca
di Giacomo Galeazzi (La Stampa, 13 dicembre 2009)
L’annuncio-choc è racchiuso in due parole: «Nessun rapporto». Il Patriarcato di Mosca rompe con i protestanti perché «una donna non può guidare la Chiesa». Dalla Riforma di Martin Lutero Margot Kässmann, 51 anni, divorziata dal 2007 e madre di quattro figlie, è la prima «papessa» tedesca, ma la Chiesa ortodossa russa le rifiuta ogni rapporto istituzionale perché non la riconosce come presidente del consiglio delle Chiese evangeliche. Dotata di charme e carattere fermo, schierata contro l’estremismo di destra e a favore dell’integrazione degli immigrati, Frau Margot per un decennio ha guidato la maggiore comunità protestante in Germania, quella di Hannover. Cinque anni fa ha sconfitto il cancro, adesso è a capo dei 25,4 milioni di protestanti (circa un terzo della popolazione).
Ora che, per la prima volta nella storia, le sorti della chiesa tedesca sono affidate a una donna, tutte le principali cariche sono «rosa». Il secondo scranno, quello di presidente del comitato direttivo del
Il Patriarcato critica duramente le posizioni etico-morali delle Chiese evangeliche tedesche: «Giustificano dal punto di vista teologico l’omosessualità, benediscono i matrimoni gay, ritengono che l’aborto non sia un peccato». Insomma, «le Chiese protestanti tedesche non sono Chiese autentiche, ma solo comunità di cristiani». Mosca apprezza, invece, l’impegno di Benedetto XVI sui «valori tradizionali cristiani» e intende arrivare presto al disgelo con il Vaticano: «Siamo alleati nella stessa sfida contro un’aggressiva secolarizzazione, quindi un incontro tra il Patriarca e il Pontefice è possibile e auspicabile, a condizione che cattolici e ortodossi non cerchino di sottrarsi i credenti».
Sulla «papessa» Margot, nota in Germania per abilità oratoria e talento mediatico, Roma e Mosca sono divise. La sua elezione è stata accolta con soddisfazione dalla Chiesa cattolica e anche dalle organizzazioni riformiste. Sono suoi estimatori sia il leader dei vescovi tedeschi, Robert Zollitsch, sia Christian Weisner, capo del movimento ecclesiale «Wir Sind Kirche», secondo il quale «l’elezione fa sperare che presto alle donne saranno aperti tutti gli incarichi e le responsabilità anche nella Chiesa cattolica».
Lascia la leader dei luterani trovata ubriaca al volante
I suoi 14 vescovi l’hanno difesa ma la Kaessmann ha deciso di dare le dimissioni
di Andrea Tarquini (la Repubblica, 25.02.2010)
BERLINO - Crolla per un affaire minuscolo, l’eroina della Chiesa luterana e di molte donne tedesche, quella che quasi sembrava la seconda donna più potente di Germania dopo Angela Merkel. La vescovo Margot Kaessmann, presidente del sinodo della Chiesa evangelica e titolare della diocesi di Hannover, si è dimessa ieri sera da ogni incarico dopo che era stata fermata dalla polizia e sorpresa in guida in stato d’ebbrezza. Il suo probabile successore sarà di nuovo un uomo, Nikolaus Schneider, dal 2003 numero uno della chiesa protestante in Renania.
Ancora giovane (51 anni), iperattiva, coraggiosa - ha retto uno dopo l’altro i colpi del divorzio e della lotta contro il cancro - Margot Kaessmann ha preso l’iniziativa contro il parere del vertice della Chiesa protestante. Il quale, poche ore prima, le aveva confermato piena fiducia. Non le è bastato. Ha preferito assumersi ogni responsabilità fino in fondo, e ha convocato di corsa una conferenza stampa. «Ho commesso un grave errore, che deploro nel modo più profondo. Ma non sono in condizione di restare in carica con la necessaria autorità. Mi spiace di deludere molti, ma ne va della mia coerenza. mi sono detta "va dove il cuore ti dice di andare"».
Da oggi, quindi, la popolarissima "Demi Moore dei luterani" è soltanto pastore protestante, e non si sa ancora in quale chiesetta di provincia andrà a curare i fedeli e a predicare. «Almeno so per esperienza che per quanto tu possa cadere in basso, non cadrai mai troppo in basso perché le mani di Dio ti colgano e ti sorreggano», ha detto.
Margot Kaessmann, alla guida della Chiesa evangelica da fine anno, si era subito distinta per la popolarità estrema (quando diceva messa riempiva le chiese, in un paese sempre più secolarizzato) e per il coraggio quasi sfacciato con cui sfidava il governo: sull’Afghanistan, da cui chiedeva il ritiro, o sui tagli al welfare, che condannava. Ma l’altra sera a Hannover, al volante della Phaeton di servizio, è passata col rosso. Fermata, è risultata positiva all’etilometro. In commissariato è stata sottoposta a un prelievo di sangue. Aveva una percentuale di alcol dello 0,154, tripla rispetto a quella concessa. Rischia ora un procedimento penale.
Le sue dimissioni sono state uno shock per tutto il paese. «Per lei la scelta è giusta, per noi fedeli, per il protestantesimo, è sbagliata», ha detto il teologo critico Friedrich Schorlemmer. E da parte cattolica il presidente della Conferenza episcopale tedesca, vescovo Robert Zollitsch è stato il primo a rammaricarsi per l’uscita di scena della "papessa luterana".
Or quando i soldati ebbero messo al palo Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una parte per ciascun soldato, e la tunica. Ma la tunica era senza cuciture, essendo tutta tessuta da cima a fondo.
Come ben puo’ costatare Signora la tunica non aveva cuciture e i soldati la considerarono Speciale non fu’ strappata; come le sue vesti. Vede Signora quei soldati di 2 mila anni fa’ avevano ed hanno dimostrato piu’ intendimento e perspicacia di lei. Ecco perche’ il suo papa non e’ davvero cosi’ tanto speciale sia nelle parole che nei fatti. Cosi’ in realta’ non vi e’ nessun paragone o simbolismo nel cucire poiche’ in realta’ il suo papa non cuce ma scuce. In Polonia, nei campi di concentramento e davanti alle tombe di coloro che sono morti alla; Shoal sterminio.Gia’ dall’inizio non diede una buona impressione su’ quello che ha detto...Dio Dio ...perche non hai reagito e perche non sei intervenuto. Le pare una cosa giusta Signora dire queste parole al mondo intero...non e’ giusto; dovrebbe dire lei qper la ragione che non si dice a Dio quello che deve fare poiche il suo proposito e’ gia’ nella sua memoria; proposito di un buon fine. Guardi che in un’altra occasione anche disse: Mitrestero’ una parola e frase dell’evoluzione riguardo alla resurrezione della carne qui’ sulla terra...sara’ come "un lampo di luce che il nostro corpo sara’ tramutato spirito. E’ trppo timido Signora , non e’ sicuro di se stesso...Ruini e Bertoni lo tengono attaccato ai fili e lo fanno parlare e muovere. Si e’ vero che un papa ha’ chiesto scusa a Galileo Galei per la ragione che la chiesa lo ha’ fatto marcire in carcere e perdere la sua preziosa vista...Vista che aveva visto che la terra gira attorno al sole...ma questo papa Signora non gira. Comunque spero che lei Signora stia bene poiche’ sara testimone del fatto che i governanti di questo mondo nel prossimo futuro diggeranno Babbilonia la Grande...L’Impero della falsa religione poiche si stufferanno di lei che li cavalca la bestia feroce di colere scarllatto, ben presto questa stessa bestia selvaggia si girera’ con le sue sette teste e buttera’ giu’ la meritrice e la sbraneranno...comunque poi dopo anche loro saranno distrutti a suo tempo (La politica e tutti i politicanti) Lei Signora ha’ zelo ma non secondo accurata conoscenza. Tradizione e sentimentalismo si dovrebbero abbandorare per credere a quello che Dio vuole che credessimo la "VERITA’) conoscerete la verita’ e la verita’ vi rendera’ liberi. Segua il consiglio del filosofo E. Kant...lasci l’opinione publica che crede quello che vuole ma lei investiga e ascolti la sua coscienza. Una buona coscienza e’ il migliore cuscino.
Le persone che in Europa vanno ancora in chiesa di solito non ci vanno per scoprire cosa Dio richiede da loro. Un articolo dall’Italia dice: “Gli italiani si costruiscono una religione su misura che sia adatta al loro stile di vita”. E un sociologo italiano afferma: “Dal papa prendiamo qualunque cosa ci sia congeniale”. Lo stesso si può dire dei cattolici in Spagna, dove la religiosità ha lasciato il posto al consumismo e alla ricerca di un paradiso da ottenere subito, quello economico!
Cordiali saluti a lei Signora e allo staff della voce di Fiore Con tutto il bene del mondo
SCONCERTO DOPO LA NOTA DEL SANT’UFFIZIO.
da Adista n. 108 2009
E UNA PREVISIONE: SI RITORCERÀ SUL CELIBATO ECCLESIASTICO *
35253. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Il provvedimento intrapreso dal Vaticano per accogliere nella Chiesa cattolica gli anglicani tradizionalisti che non hanno mai accettato il sacerdozio femminile e l’apertura agli omosessuali (v. notizia precedente), è arrivato in modo inaspettato e non ha certamente incontrato unanime favore tra i fautori dell’autentico cammino ecumenico, costato decenni di sforzi e di piccoli passi e pone numerosi interrogativi sulle modalità con cui le due confessioni potranno convivere. “Si sono guadagnati questo privilegio speciale grazie alla loro rumorosa misoginia e omofobia”, commenta, in merito agli anglicani fuoriusciti, Jamie L. Manson sul settimanale National Catholic Reporter (22/10). Il clero - un migliaio di pastori che, si prevede, abbandoneranno la Chiesa anglicana - dovrà in ogni caso essere ri-ordinato: per il Vaticano, infatti, gli ordini anglicani sono “del tutto invalidi e nulli”, come sancì Leone XIII con la bolla papale Apostolicae curae nel 1896 e ribadì, nel 1998, l’allora card. Joseph Ratzinger nel commento dottrinale al Motu proprio Ad Tuendam fidem di Giovanni Paolo II.
Quali le conseguenze concrete di questo provvedimento? Per il Times (20/10), uno dei risultati consisterà nel fatto che, nella Chiesa d’Inghilterra, “le donne vescovo verranno ordinate prima”, poiché Parlamento e Sinodo generale non consentiranno misure legali per ‘salvaguardare’ gli oppositori del sacerdozio femminile se la Chiesa offre una via d’uscita con la benedizione dell’arcivescovo di Canterbury”.
Per l’ex direttore del settimanale dei gesuiti Usa America, p. Thomas J. Reese, le nuove procedure potrebbero portare una rivoluzione nella Chiesa. In un articolo sul Washington Post (21/10) egli sottolinea che, tanto per cominciare, il clero anglicano passato a Roma rappresenta “un’ingente fornitura di preti sposati” per una Chiesa che da anni è sempre più carente di sacerdoti ordinati. Inoltre, se questa possibilità offerta da Roma verrà colta da un ampio numero di anglicani, “ne risulterà una Chiesa anglicana più progressista” (perché libera dalla zavorra dei tradizionalisti), ma anche “una Chiesa cattolica più conservatrice, soprattutto se i cattolici progressisti decidessero di muoversi nella direzione opposta”. In realtà, commenta Reese, tutto questo non farebbe che mostrare la debolezza dei leader di entrambe le Chiese, che hanno perso il controllo del movimento ecumenico. A livello liturgico, poi, le cose si complicheranno, con la convivenza di tre liturgie cattoliche: quella tridentina, quella conciliare e ora quella anglicana. Ma il busillis più intricato si avrà con la questione dei preti sposati: sono già in molti a cogliere la palla al balzo e a chiedere perché non possono averli anche i cattolici. Come l’organismo Usa Futurechurch, la cui direttrice, suor Christine Schenk, elogia, in un documento-appello, “la flessibilità vaticana nell’ammettere preti sposati fra quelli anglicani che si sono convertiti”, ma esprime allo stesso tempo l’esigenza “di un sacerdozio sposato anche nel rito latino della Chiesa cattolica”.
Nei seminari, si finirà comunque per avere seminaristi sposati ex anglicani a fianco di celibi cattolici: “Mi chiedo come funzionerà con seminaristi cattolici, che non possono sposarsi, che studiano accanto a seminaristi anglicani che potranno farlo”, ha affermato un’altra responsabile di Futurechurch, Mary Lou Hartman. “Scommetto che non pochi seminaristi cattolici decideranno di passare alla Chiesa anglicana”.
Thomas Reese si spinge ancora più lontano nel disegnare il futuro della Chiesa, e osserva: “Il Vaticano ha chiarito che i preti cattolici sposati non saranno riaccolti nel sacerdozio, ma un cattolico sposato non potrebbe passare agli anglicani, entrare in un seminario anglicano e poi tornare alla Chiesa cattolica? Se così fosse, questa potrebbe diventare una ricca sorgente di preti per la Chiesa cattolica”. Ma può anche accadere, spiega, che molti cattolici sposati passino agli anglicani e diventino poi preti: in questo caso nel giro di una generazione il problema della mancanza di clero sarebbe superato, ma “ci sarebbero più preti nell’ordinariato anglicano che nelle diocesi tradizionali”. Con la conseguenza che, in breve tempo, la gente li seguirebbe e “l’ordinariato anglicano sarebbe composto in maggioranza di cattolici”.
Numerose sono state le reazioni negative alla decisione del Vaticano.
Se Christina Rees del gruppo di promozione della donna Watch definisce il passo “una mossa predatoria” per il modo “non trasparente” in cui è stata portata avanti, il Times (21/10) non esita a ravvisare nella Costituzione Apostolica vaticana “un grave colpo ai tentativi dell’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, di salvare la Comunione anglicana”. E se è disposto a accettare le “ragioni pastorali genuine” che soggiacciono all’azione del Vaticano, definisce “una sfida diretta all’integrità della tradizione anglicana” il modo in cui il tutto è stato portato avanti. Williams, prosegue il Times, si trova ora di fronte alla “non invidiabile prospettiva di una crescente frammentazione dell’Anglicanesimo e di relazioni cattolico-anglicane gravemente impallidite”.
Nel percorso che ha portato alla decisione di creare degli ordinariati personali come una sorta di cornice in cui far confluire gli anglicani scontenti della piega progressista presa negli ultimi anni dalla loro Chiesa, il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani non ha avuto alcuna parte: “il modo in cui è stato messo da parte indica che per papa Benedetto l’ecumenismo è secondario”, afferma il Times, più disposto a riconoscergli un grande impegno per l’unità dei cattolici, così grande da “averlo esteso persino all’accoglienza dei seguaci dell’ultraconservatore arcivescovo Marcel Lefebvre, tra i quali un vescovo che nega l’Olocausto” (cioè mons. Williamson).
Ma l’annuncio del 20 ottobre, afferma il quotidiano inglese, “impedisce non solo l’unità della Chiesa, ma anche la cooperazione ecclesiale”. Una lettera aperta agli anglicani in procinto di entrare nella Chiesa cattolica proviene dal movimento cattolico Usa Call to Action, che spinge a riflettere sul fatto che “la tradizione anglicana incarna una storia coraggiosa di riforma di fronte all’ingiustizia della Chiesa”. “Negli ultimi decenni - scrive il movimento rivolgendo direttamente agli anglicani - siete andati avanti in quella storia e avete preso posizione con forza a favore delle donne emarginate, delle lesbiche, dei gay, dei bisessuali e dei transgender nella vostra tradizione di fede”. La maggioranza dei cattolici degli Usa, si legge nella lettera, “spera che un giorno anche noi potremo dire che abbiamo risposto alla chiamata del vangelo nella nostra leadership ecclesiale”.
È nel quadro di questa svolta - che si preannuncia epocale - che può essere letta la prossima visita di Benedetto XVI in Gran Bretagna, prevista per il 2010, durante la quale il papa potrebbe celebrare l’attesa beatificazione del card. John Henry Newman, in certo modo campione degli anglicani “convertiti” al cattolicesimo. (ludovica eugenio)
* Il Dialogo, Mercoledì 28 Ottobre,2009 Ore: 17:04
Sul tema, nel sito, si cfr:
guiderà 25 milioni di fedeli tedeschi
Germania: per la prima volta una donna eletta a capo della chiesa evangelica Margot Kaessmann, vescovo di Hannover, 51 anni, è divorziata e madre di 4 figli
BERLINO (GERMANIA) - Non era mai successo dai tempi di Martin Lutero. Il Sinodo della Chiesa Evangelica tedesca, riunito a Ulm, ha eletto come presidente il vescovo di Hannover, Margot Kaessmann, una 51enne divorziata e madre di 4 figli. La nuova «papessa» è molto nota in Germania, tanto per la sua grande abilità oratoria che per il suo notevole talento mediatico.
PRIMA VOLTA NELLA STORIA - La signora Kaessmann, che negli anni scorsi ha vinto una battaglia contro il cancro, è adesso a capo di 25 milioni di protestanti tedeschi. L’avvento di una donna alla guida della Chiesa Evangelica tedesca è una novità assoluta: la Kaessmann è infatti il primo capo donna della Chiesa protestante dai tempi della riforma luterana. La Kaessmann è entrata nella Chiesa evangelica tedesca, nel 1981 con il suo primo incarico; dieci anni fa fu nominata vescovo, e si ribellò al tentativo di inquadrarne la carriera religiosa nella cornice delle "quote rosa": «Fu un passo verso la normalità, come fu percepito da tutte le donne impiegate nella Chiesa», commentò all’epoca. A proposito della fine del suo matrimonio ha detto, secondo quanto riporta il quotidiano tedesco «Hamburger Abendblatt»: «Il dono del matrimonio mi è stato tolto dopo 26 anni, e ho divorziato. Non volevo mantenere un matrimonio di facciata, ma vivere in modo sincero». La nuova guida dei luterani ha a cuore innanzitutto la questione sociale e il recupero delle fede: «Per me è una tragedia che tante persone in Germania non conoscano più la Bibbia», ha dichiarato. La Kaessmann è anche attenta al valore della dimensione ecumenica: «Ci unisce più di quello che ci divide», ha commentato parlando dei cattolici. Sulla funzione della sua Chiesa, ha aggiunto: «Noi siamo la Chiesa nel mondo con il compito di diffondere il Vangelo, di celebrare la messa, e di sostenere i più deboli».
* Corriere della Sera, 28 ottobre 2009
OLTRETEVERE di Giacomo Galeazzi *
28/10/2009 - «Ancora una volta una decisione di Benedetto XVI torna a essere dipinta con tinte forti, precostituite e soprattutto lontanissime dalla realtà. A farlo è purtroppo, di nuovo, Hans Kung, il teologo svizzero suo antico collega e amico, che lo stesso Papa nel 2005, solo cinque mesi dopo la sua elezione, volle incontrare, in amicizia, per discutere delle comuni basi etiche delle religioni e del rapporto tra ragione e fede», stigmatizza il quotidiano vaticano.
"False accuse al Papa"
Le accuse del teologo svizzero Hans Kung al Papa di aver pescato negli ambienti tradizionalisti dell’anglicanesimo e di aver rotto con l’ecumenismo mettendo in atto una sorta di «pirateria non ecumenica di sacerdoti cui viene risparmiato persino il medioevale obbligo del celibato», scrive l’Osservatore Romano.
di GIACOMO GALEAZZI *
L’Osservatore romano replica al teologo Hans Kueng che critica aspramente il Papa per la decisione di accogliere nella Chiesa cattolica i tradizionalisti anglicani. "Ancora una volta una decisione di Benedetto XVI torna a essere dipinta con tinte forti, precostituite e soprattutto lontanissime dalla realtà«, afferma il direttore del quotidiano della Santa Sede in un editoriale di prima pagina intitolato ’Lontano dalla realtà’. »
A farlo è purtroppo, di nuovo, Hans Kueng, il teologo svizzero suo antico collega e amico, che lo stesso Papa nel 2005, solo cinque mesi dopo la sua elezione, volle incontrare, in amicizia, per discutere delle comuni basi etiche delle religioni e del rapporto tra ragione e fede. E questo - sottolinea Gian Maria Vian - benché nel 1979, agli inizi del pontificato di Giovanni Paolo II, Kueng fosse stato sanzionato per alcune sue posizioni dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (allora guidata dal cardinale croato Franjo èeper) che, al termine d’un procedimento iniziato negli ultimi anni di Paolo vi, dichiarò di non poterlo considerare un teologo cattolico«.»
Da allora - prosegue il direttore del foglio vaticano - più volte, Kueng, infallibilmente ripreso da influenti media, è tornato a criticare, con asprezza e senza fondamento, Benedetto XVI. Come fa adesso - rilanciato con clamore in Inghilterra da ’The Guardian’ e in Italia da ’la Repubblicà, che certo non resteranno le uniche testate nel mondo a pubblicare il suo articolo - a proposito dell’annuncio, davvero storico, da parte della Santa Sede della prossima costituzione di strutture canoniche che permetteranno l’entrata nella comunione con la Chiesa cattolica di molti anglicani. Un gesto che è volto a ricostituire l’unità voluta da Cristo e riconosce il lungo e faticoso cammino ecumenico compiuto in questo senso, ma che viene distorto e rappresentato enfaticamente come se si trattasse di un’astuta operazione di potere da leggersi in chiave politica, naturalmente di estrema destra«.»
Non vale proprio la pena - afferma Vian - sottolineare le falsità e le inesattezze di questo ultimo scritto di Kueng, i cui toni ancora una volta non fanno onore alla sua storia personale e in alcuni tratti rasentano la comicità, ignorando volutamente i fatti e arrivando persino a dileggiare il primate anglicano, che ha firmato una dichiarazione congiunta con l’arcivescovo di Westminster. Purtroppo però l’articolo del teologo svizzero circolerà molto e contribuirà a una rappresentazione tanto fosca quanto infondata della Chiesa cattolica e di Benedetto xvi. Per riassumere l’attuale situazione a cui sarebbe giunta con l’attuale Papa la Chiesa cattolica Küng scrive che si tratta di una tragedia. Non occorre scomodare termini tanto iperbolici per definire il suo articolo - conclude il direttore dell«Osservatore romanò - anche se resta molta amarezza di fronte a questo ennesimo gratuito attacco alla Chiesa di Roma e al suo indiscutibile impegno ecumenico».
Lontano dalla realtà
di Giovanni Maria Vian (L’Osservatore Romano, 29.10. 2009)
Ancora una volta una decisione di Benedetto XVI torna a essere dipinta con tinte forti, precostituite e soprattutto lontanissime dalla realtà. A farlo è purtroppo, di nuovo, Hans Küng, il teologo svizzero suo antico collega e amico, che lo stesso Papa nel 2005, solo cinque mesi dopo la sua elezione, volle incontrare, in amicizia, per discutere delle comuni basi etiche delle religioni e del rapporto tra ragione e fede. E questo benché nel 1979, agli inizi del pontificato di Giovanni Paolo II, Küng fosse stato sanzionato per alcune sue posizioni dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (allora guidata dal cardinale croato Franjo Seper) che, al termine d’un procedimento iniziato negli ultimi anni di Paolo VI, dichiarò di non poterlo considerare un teologo cattolico.
Da allora, più volte, Küng, infallibilmente ripreso da influenti media, è tornato a criticare, con asprezza e senza fondamento, Benedetto XVI. Come fa adesso - rilanciato con clamore in Inghilterra da "The Guardian" e in Italia da "la Repubblica", che certo non resteranno le uniche testate nel mondo a pubblicare il suo articolo - a proposito dell’annuncio, davvero storico, da parte della Santa Sede della prossima costituzione di strutture canoniche che permetteranno l’entrata nella comunione con la Chiesa cattolica di molti anglicani. Un gesto che è volto a ricostituire l’unità voluta da Cristo e riconosce il lungo e faticoso cammino ecumenico compiuto in questo senso, ma che viene distorto e rappresentato enfaticamente come se si trattasse di un’astuta operazione di potere da leggersi in chiave politica, naturalmente di estrema destra.
Non vale proprio la pena sottolineare le falsità e le inesattezze di questo ultimo scritto di Küng, i cui toni ancora una volta non fanno onore alla sua storia personale e in alcuni tratti rasentano la comicità, ignorando volutamente i fatti e arrivando persino a dileggiare il primate anglicano, che ha firmato una dichiarazione congiunta con l’arcivescovo di Westminster. Purtroppo però l’articolo del teologo svizzero circolerà molto e contribuirà a una rappresentazione tanto fosca quanto infondata della Chiesa cattolica e di Benedetto XVI. Per riassumere l’attuale situazione a cui sarebbe giunta con l’attuale Papa la Chiesa cattolica Küng scrive che si tratta di una tragedia. Non occorre scomodare termini tanto iperbolici per definire il suo articolo, anche se resta molta amarezza di fronte a questo ennesimo gratuito attacco alla Chiesa di Roma e al suo indiscutibile impegno ecumenico.
La replica de ’"L’Osservatore Romano" all’articolo apparso ieri su "Repubblica"
La Chiesa insorge contro il teologo Küng
Il quotidiano del Vaticano definisce le accuse "false e inesatte" Il professore svizzero aveva criticato la decisione del Papa di accogliere i tradizionalisti anglicani
di Orazio La Rocca (la Repubblica, 29.10.2009)
Città del Vaticano. Lontano dalla realtà». «Critiche ingiuste, aspre e senza fondamento», ma soprattutto «false e inesatte». Se non è una scomunica nel senso più classico del termine, poco ci manca. Anche perché, a richiamare con uno sferzante commento il teologo svizzero Hans Küng per le accuse rivolte - ieri su Repubblica - al Papa in seguito alla decisione di accogliere nella Chiesa cattolica i tradizionalisti anglicani (compresi vescovi, pastori e seminaristi sposati), è l’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede oggi in edicola.
L’altolà arriva sotto forma di editoriale pubblicato, autorevolmente, in prima pagina e firmato dal direttore del giornale vaticano, lo storico Giovanni Maria Vian, il quale - fin dalle prima battute - lamenta che «ancora una volta una decisione di Benedetto XVI torna a essere dipinta con tinte forti, precostituite e soprattutto lontanissime dalla realtà».
Da qui il titolo dell’editoriale con un eloquente «Lontano dalla realtà» che, in un certo senso, controbatte l’altrettanto eloquente titolo del testo di Küng - «Quel Papa che pesca nell’acqua di destra» - nel quale si accusa, tra l’altro, Ratzinger di voler «rimpolpare» le file cattoliche aprendo le porte della Chiesa di Roma ai gruppi più reazionari e conservatori, come dimostra la cancellazione della scomunica ai vescovi lefebvriani ed ora col sì agli anglicani tradizionalisti. Decisione, quest’ultima, definita da Küng «una tragedia» per l’ecumenismo «dopo le offese già arrecate da Benedetto XVI agli ebrei e ai musulmani, ai protestanti e ai cattolici riformisti».
Critiche, richiami ed accuse seccamente rispedite al mittente, anche se il giornale della Santa Sede non nasconde il timore che «l’articolo circolerà molto e contribuirà a una rappresentazione tanto fosca quanto infondata della Chiesa cattolica e di Benedetto XVI».
Un testo scritto - per di più - da un teologo, Hans Küng, «suo antico collega e amico, che lo stesso Papa nel 2005, solo cinque mesi dopo la sua elezione, volle incontrare, in amicizia, per discutere delle comuni basi etiche delle religioni e del rapporto tra ragione e fede». Un incontro clamoroso ed inatteso «benché nel 1979, agli inizi del pontificato di Giovanni Paolo II, Küng - ricorda Vian con una malcelata vena polemica - fosse stato sanzionato per alcune sue posizioni dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (allora guidata dal cardinale croato Franjo Seper) che, al termine d’un procedimento iniziato negli ultimi anni di Paolo VI, dichiarò di non poterlo considerare un teologo cattolico». «Da allora - prosegue il direttore del quotidiano pontificio - più volte, Küng, infallibilmente ripreso da influenti media, è tornato a criticare, con asprezza e senza fondamento, Benedetto XVI».
«Come fa adesso, rilanciato con clamore in Inghilterra da The Guardian e in Italia da la Repubblica, che certo - teme Vian - non resteranno le uniche testate nel mondo a pubblicare il suo articolo, a proposito dell’annuncio, davvero storico, da parte della Santa Sede della prossima costituzione di strutture canoniche che permetteranno l’entrata nella comunione con la Chiesa cattolica di molti anglicani. Un gesto che è volto a ricostituire l’unità voluta da Cristo e riconosce il lungo e faticoso cammino ecumenico compiuto in questo senso, ma che viene distorto e rappresentato enfaticamente come se si trattasse di un’astuta operazione di potere da leggersi in chiave politica, naturalmente di estrema destra». «Non vale proprio la pena sottolineare le falsità e le inesattezze di questo ultimo scritto di Küng, i cui toni ancora una volta non fanno onore alla sua storia personale...», conclude Vian, dopo aver espresso tutta la sua «amarezza di fronte a questo ennesimo gratuito attacco alla Chiesa di Roma e al suo indiscutibile impegno ecumenico».