Un Vaticano III nella mente di molti
di Arcivescovo E. Milingo
Traduzione di Stefania Salomone *
Un incoraggiamento verso il Vaticano III si è manifestato al Second International Catholic Symposium di giugno 2008 in Korea, quando tutti i partecipanti hanno parlato della Chiesa del futuro. La forma di Chiesa del futuro tornerà alle origini della Chiesa Apostolica. Nessuno all’interno della Prelatura Married Priests Now! sarà dalla parte del dogmatismo, della predominanza o dell’autorità a senso unico. Non possono stare infatti con ciò che si definisce "clericalismo", che comprende anche il dominio della Chiesa Cattolica Romana. La falsa collegialità del Vaticano II non è riuscita a rinnovare la Chiesa Cattolica. La ragione è evidente: Roma monopolizza la verità e ha l’ultima parola su tutto. Le Conferenze Episcopali sono solo dei fantocci in mano allo Stato Vaticano.
Ho incontrato alcuni preti sposati, che non sono più membri della nostra Chiesa. Si intristiscono non appena si nomina Roma. Un povero prete è stato mandato in analisi da uno psichiatra quando ha detto di non sentirsi a casa nella Chiesa Cattolica, che lo ha trattato con estrema durezza quando ha saputo che non voleva vivere da celibe.
A un altro prete, ora docente in una delle università di S. Paolo, Brasile, è stato ordinato di scrivere: "Sono stato uno stupido quando ho fatto voto di celibato, senza comprenderne le conseguenze". Ma si è rifiutato di firmare. Ad oggi non si è ancora riconciliato con la Chiesa Cattolica, che ha perso molti talenti mantenendo la regola del celibato, ignorando i disagi mentali che un celibato obbligatorio procurava.
Come immaginano il Vaticano III?
Potrebbe sembrare utopia considerare la visione di Hans Kung, il quale parla apertamente di come la Chiesa dovrebbe essere, basandosi su tre punti fondamentali; da qui è nato uno scontro aperto tra lui e il Vaticano. Primo, la Chiesa può diventare la Chiesa di Gesù Cristo solo se diventa una Chiesa aperta all’ecumenismo. Secondo, l’obiettivo della Chiesa non è preservare se stessa, ma servire il mondo. Terzo, il sistema ecclesiastico originale non corrispondeva all’attuale papato, ma prevedeva il presbiterato di tutti i credenti, e la diversità dei ministeri non contemplava differenze di classe (Hans Kung: 1967).
Nelle parole di Hans Kung, la Chiesa ha fallito già dopo il 1965. Da lì l’arcivescovo Lefebvre non accettò i cambiamenti dei documenti sotto i banchi del Vaticano (le scrivanie vaticane).
Papa Giovanni Paolo I è stato l’agnello sacrificale del rifiuto di cambiare le Politiche Vaticane. L’Abbé Pierre in Francia ha ricevuto una rivelazione nel 2005. Una notte era sveglio, vide nelle strade delle città tantissime lampade intorno ai tabernacoli. Poi una voce gli disse ’ancora una volta Gesù è con te, il suo intero corpo dimora nel tabernacolo’. Da allora lavorò duramente per proporre l’ordinazione al presbiterato di uomini equilibrati, scelti dalla gente. Ha scritto lettere ai vescovi francesi, e al Papa, che lui stesso definì "ostile all’ordinazione di uomini sposati".
Alcuni dei presenti al Simposio dei preti sposati, vedono il prete di domani come un profeta che predice gli eventi della venuta del Regno di Dio. Mentre altri lo vedono immerso nella comunità, come uno tra tutti, che si impegna con gli altri a servizio della comunità.
I pensieri di P. Shellebecks e degli Agostiniani in Olanda sono in linea con quanto i nostri preti sposati stanno vivendo al momento. Non hanno il potere economico per assoggettare il popolo o manovrarlo a loro piacimento. Anch’esi sono dei semplici salariati, che conducono una vita di stile familiare. Presiedono la messa, contando sulla collaborazione di tutti nello sviluppo di nuove idee per il bene della comunità.
Il vescovo brasiliano 90enne afferma che "la Chiesa di domani non avrà Nunzio Apostolico né Curia Romana". Infatti lo Stato Vaticano è uno stato secolare. E’ preoccupato per la sua espansione territoriale, la sua influenza e il suo potere. Due pontefici genuini come Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II, non erano molto accettati dallo Stato Vaticano.
Sappiamo che si sono solo adeguati. Infatti Hans Kung lo esprime bene: "Se la Chiesa Cattolica Romana vuole avere un futuro come Chiesa del XXI secolo, c’è bisogno di un nuovo Giovanni XXIII, cioè Giovanni XXIV. Questi, come il suo predecessore alla metà del XX secolo, deve indire un Concilio Vaticano III e guidare la Chiesa verso un cambiamento da Chiesa Cattolica Romana a Chiesa Cattolica Vera, cioè Vera Chiesa Universale". Hans Kung: The Catholic Church: 2003)
I preti sposati nel Vaticano III salveranno la Chiesa
Esistono ad oggi tre categorie di preti sposati, a noi note. A volte è bene utilizzare una sorta di metodo matematico. Quindi affermo quanto segue:
1. Le associazioni di preti sposati, a livello nazionale ed internazionale
2. Gli appartenenti a Rent-A-Priest, cioè i ministri di CITI
3. La Prelatura Married Priests Now!, l’organizzazione più giovane
Le tre organizzazioni hanno il medesimo scopo:
A. Citi: Reintegrazione di un presbiterato uxorato.
B. Associazioni di preti sposati: Trovare strade e strumenti per interpellare le Autorità Vaticane in relazione all’apertura ai preti sposati
C. La Prelatura Married Priests Now: Reintrodurre i preti sposati, quali essi sono, e tornare ad utilizzare il loro ministero, donato da Dio, al servizio del Popolo di Dio.
Rent-A-Priest e Married Priests Now stanno già utilizzando i preti sposati per molti servizi necessari al Santo Popolo di Dio. Stanno fondando nuove comunità, celebrando messe domestiche, coinvolgendo anche le altre realtà limitrofe. Rent-A-Priest e CITI sono attivi su specifica chiamata di cattolici o cristiani che necessitano del loro servizio, in qualità di preti sposati. CITI ha una esperienza interessante: la maggior parte delle chiamate pervengono da cattolici che non vanno in chiesa, chiamano i preti sposati per celebrare nelle case.
Mi scuso se ho dimenticato di citare i nomi di altre organizzazioni, ma il mio obiettivo di massima era dimostrare che c’è il percorso verso il Vaticano III è già cominciato. Non è per noi che lo auspichiamo, ma la Chiesa ad oggi ha bisogno di un cambiamento, altrimenti, non camminerà insieme alla sua gente. Per servire il popolo in modo adeguato, deve ascoltare le sue necessità. Ecco la Chiesa del domani.
Possa lo Spirito Santo guidare la Chiesa Cattolica.
Arcivescovo E. Milingo
* Il Dialogo, giovedì, 17 LUGLIO 2008 - con testo originale
Sul tema, nel sito, si cfr.:
SOLO L’OLIVO BENEDETTO DA WOJTYLA FA I FRUTTI
GERUSALEMME - In un boschetto di olivi piantati durante il pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in Terra Santa nel 2000, solo l’albero che era stato benedetto dà frutti. Lo riferisce oggi il giornale Yediot Ahronot.
Al termine di una preghiera collettiva sul Monte delle Beatitudini, che domina il Lago di Tiberiade, il pontefice aveva benedetto un olivo offerto da un fondo israeliano per la salvaguardia della terra (il Kkl). (Nella foto Giovanni Paolo II che benedice un albero durante il suo viaggio in Israele e Giordania)
L’alberello era stato piantato insieme ad altri undici. "Si trovano tutti sulla stessa parcella e hanno ricevuto le stesse cure e la stessa quantità d’acqua, ma solo quello benedetto dal papa dà frutti", ha detto al giornale un esperto del Kkl.
MEMORIA DI FRANCESCO D’ASSISI. "VA’, RIPARA LA MIA CASA" *
Il caso.
Il cardinale Müller pubblica un "Manifesto della fede" senza citare il Papa
Il porporato spiega il documento come una risposta a quella che definisce la crescente confusione dottrinaria. Il testo diffuso per primo dal sito web Usa che diede risalto alle accuse di Viganò
di Mimmo Muolo (Avvenire, domenica 10 febbraio 2019)
Un elenco ragionato di alcune verità della fede cattolica, tratte dal Catechismo. Si presenta così il “Manifesto della fede” scritto dal cardinale Gerhard Ludwig Müller (fino al 2017 prefetto della Congregazione per la dottrina delle fede), diffuso sabato da un sito web Usa (che diede voce alle accuse rivolte al Pontefice da monsignor Carlo Maria Viganò) e nel quale diversi commentatori hanno voluto vedere (forse troppo frettolosamente?) un attacco a Francesco, mai citato.
L’estensore del documento esordisce affermando che «dinanzi a una sempre più diffusa confusione nell’insegnamento della fede, molti vescovi, sacerdoti, religiosi e laici della Chiesa cattolica mi hanno invitato a dare pubblica testimonianza verso la Verità della rivelazione». Nei successivi cinque punti in cui è articolato il “Manifesto” (più un appello finale), vengono toccati altrettanti argomenti fondamentali: «Dio uno e trino, rivelato in Gesù Cristo; la Chiesa; l’ordine sacramentale; la legge morale; e la vita eterna».
«L’epitome della fede di tutti i cristiani risiede nella confessione della Santissima Trinità - scrive il cardinale -. La differenza delle tre persone nell’unità divina segna una differenza fondamentale rispetto alle altre religioni. Riconosciuto Gesù Cristo, i fantasmi scompaiono. Egli è vero Dio e vero uomo. Il Verbo fatto carne, il Figlio di Dio è l’unico Salvatore del mondo e l’unico mediatore tra Dio e gli uomini». Perciò «è con chiara determinazione che occorre affrontare la ricomparsa di antiche eresie che in Gesù Cristo vedevano solo una brava persona, un fratello e un amico, un profeta e un esempio di vita morale». Anche il Papa mette spesso in guardia dalla ricomparsa di antiche eresie (il pelagianesimo, ad esempio) e fin dall’inizio del Pontificato ha detto che una Chiesa senza la Croce corre il rischio di diventare una Ong.
A proposito della Chiesa, Müller ricorda che «Gesù Cristo ha fondato la Chiesa come segno visibile e strumento di salvezza, che sussiste nella Chiesa cattolica» e che «diede alla sua Chiesa, che “è nata dal cuore trafitto di Cristo morto sulla croce”, una struttura sacramentale che rimarrà fino al pieno compimento del Regno».
Quanto all’ordine sacramentale, «la Chiesa è in Gesù Cristo il sacramento universale della salvezza». Dunque, scrive il porporato, «non è un’associazione creata dall’uomo, la cui struttura può essere modificata dai suoi membri a proprio piacimento». Il riferimento è anche all’Eucaristia, «fonte e culmine di tutta la vita cristiana» e alle condizioni per riceverla in modo degno. Chi è in peccato grave deve prima accedere alla confessione. «Dalla logica interna del sacramento - afferma il prefetto emerito dell’ex Sant’Uffizio - si capisce che i divorziati risposati civilmente, il cui matrimonio sacramentale davanti a Dio è ancora valido, come anche tutti quei cristiani che non sono in piena comunione con la fede cattolica e pure tutti coloro che non sono debitamente disposti, non ricevano l’Eucaristia». Müller infine invita i pastori a ricordare anche le verità ultime della fede, la vita eterna e il giudizio dopo la morte con «la terribile possibilità che una persona, fino alla fine, resti in contraddizione con Dio: rifiutando definitivamente il Suo amore, essa “si dannerà immediatamente per sempre”». «Tacere su queste e altre verità di fede oppure insegnare il contrario è il peggiore inganno contro cui il Catechismo ammonisce vigorosamente», conclude il porporato.
Il «manifesto» del cardinale Müller.
La carità è una e ha più forme
di Giuseppe Lorizio (Avvenire, domenica 10 febbraio 2019)
Confusione e divisione nella Chiesa sono due termini ricorrenti nei media, che spesso travisano quanto accade nella vigna del Signore. Il testo diffuso sabato 9 febbraio a firma del cardinal Gerhard Müller mi sembra un contributo alla riflessione aperto a successivi approfondimenti per la fede dei credenti, eppure è stato presentato come un intervento, anzi un vero e proprio "manifesto della fede", contro il magistero del Papa e, dunque, contro l’unità della Chiesa. Un’operazione grave e greve.
Parafrasando il beato Antonio Rosmini potremmo dire che nel testo pubblicato ieri da alcuni siti internet di vari Paesi si cerca di declinare la carità intellettuale/dottrinale in conflitto con quella che lo stesso Rosmini denomina «carità pastorale», culmine delle tre forme di carità: temporale (per i bisogni immediati), intellettuale (per la sete di verità), pastorale (per il dono di sé incondizionato). Ora se il cardinale teologo esercita la seconda di queste forme in maniera autentica, non può in nessun modo contrapporsi alla forma suprema di carità, che il Vescovo di Roma esprime nell’oggi della storia. Ricordare la dottrina, purché non si intenda ritenere che il cristianesimo sia esclusivamente "dottrinale", è un servizio per tutta la Chiesa. Esercitare il servizio della carità pastorale è imprescindibile e necessario in un mondo in cui i gesti valgono più delle parole e i fatti più delle teorie.
La Chiesa di oggi non ha alcun bisogno di divisioni e di contrapposizioni, ma di concordia e di unità: quella unità di cui il Papa è segno. Nonostante una minuscola, ma insistente, campagna di deliberato fraintendimento, le verità della Rivelazione che Müller richiama trovano serena espressione nel magistero dell’attuale pontefice, anche in materia "morale" e in particolare per quanto riguarda la logica sacramentale e il rapporto fra i sacramenti dell’eucaristia e del matrimonio.
A questo riguardo il cardinale scrive: «Dalla logica interna del sacramento si capisce che i divorziati risposati civilmente, il cui matrimonio sacramentale davanti a Dio è ancora valido, come anche tutti quei cristiani che non sono in piena comunione con la fede cattolica e pure tutti coloro che non sono debitamente disposti, non ricevano la santa Eucaristia fruttuosamente, perché in tal modo essa non li conduce alla salvezza. Metterlo in evidenza corrisponde a un’opera di misericordia spirituale». Né va dimenticato che, in un testo particolarmente significativo a tale riguardo, Müller aveva affermato: «Se il secondo legame fosse valido davanti a Dio, i rapporti matrimoniali dei due partner non costituirebbero nessun peccato grave, ma piuttosto una trasgressione contro l’ordine pubblico ecclesiastico, quindi un peccato lieve». E tutto ciò è in perfetta coincidenza con il dettato dell’Amoris laetitia.
La confusione e la divisione sono l’arma diabolica utilizzata non da uomini di Chiesa, autenticamente in ricerca e animati dalle migliori intenzioni, ma da vecchi e nuovi media propensi al sensazionalismo, lobby laiciste e manipoli di ipercritici "interni" che sembrano non avere altro interesse che il discredito su quanto lo Spirito opera nell’attuale momento che la Chiesa cattolica vive. Ecco perché il nostro cuore e la nostra mente non sono affatto turbati da simili operazioni (Gv 14,1), in quanto radicati nella convinzione che la comunità ecclesiale non è, nemmeno in questi anni, guidata da un uomo, ma dallo Spirito, perché:
«La Chiesa ha in sé del divino e dell’umano. Divino è il suo eterno disegno; divino il principal mezzo onde quel disegno viene eseguito, cioè l’assistenza del Redentore; divina finalmente la promessa che quel mezzo non mancherà mai, che non mancherà mai alla santa Chiesa e lume a conoscere la verità della fede, e grazia a praticarne la santità, e una suprema Providenza che tutto dispone in sulla terra in ordine a lei. Ma dopo ciò, oltre a quel mezzo principale, umani sono altri mezzi che entrano ad eseguire il disegno dell’Eterno: perciocché la Chiesa è una società composta di uomini, e, fino che sono in via, di uomini soggetti alle imperfezioni e miserie dell’umanità. Indi è che questa società, nella parte in cui ella è umana, ubbidisce nel suo sviluppamento e nei suoi progressi a quelle leggi comuni che presiedono all’andamento di tutte le altre umane società. E tuttavia queste leggi, a cui le umane società sono sommesse nel loro svolgersi, non si possono applicare interamente alla Chiesa, appunto perché questa non è una società al tutto umana, ma in parte divina» (Antonio Rosmini, Delle cinque piaghe della Santa Chiesa). E in essa la verità si fa nella carità, ovvero nell’unità (cf Ef 4,15).
Professore ordinario di Teologia fondamentale
*
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Federico La Sala
Milingo torna a Roma: "Vorrei vedere il Papa ma non ho pentimenti" *
Emmanuel Milingo è tornato a Roma. L’arcivescovo esorcista scomunicato nel settembre 2006 per aver ordinato vescovi quattro preti sposati negli Usa è ritornato nella capitale con un visto turistico. "Vedrei il Papa volentieri ma non ho pentimenti", afferma Milingo all’Adnkronos. L’arcivescovo emerito di Lusaka, che nel maggio del 2001 sposò con rito Moon l’agopunturista coreana Maria Sung, è tornato a Roma con la consorte. Ospite da amici. "Anche gli apostoli erano sposati - dice - N on mi sono mai fermato nemmeno un giorno, neanche dopo la scomunica, nel fare del bene al prossimo. La Chiesa non mi dovrebbe voltare le spalle".
Milingo resterà nella capitale una quarantina di giorni, il tempo della durata del visto. "Anche qui continuo a fare gli esorcismi - racconta - In tanti, in questi giorni, mi sono venuti a trovare e mi hanno chiesto preghiere di guarigione. Io cerco di aiutare tutti, facendo la volontà di Dio".
Dopo il matrimonio con la Sung, l’arcivescovo africano aveva ottenuto il perdono da Giovanni Paolo II. Poi però il ritorno da Moon con la fondazione dell’associazione Married Priest Now e la rottura definitiva con le gerarchie ecclesiastiche. Milingo però - che in Corea vive di offerte e del lavoro di agopunturista della moglie - sostiene di non avere rimpianti: "Perché dovrei? Aiuto il prossimo, secondo la volontà di Dio", insiste. E ora che è a Roma vorrebbe incontrare Bergoglio.
Un tema, quello dei sacerdoti sposati, verso il quale papa Francesco non ha mostrato indifferenza. La questione dei sacerdoti sposati, ha avuto modo di dire lo stesso Francesco, è presente nella sua agenda. Lo disse lo stesso Bergoglio in occasione dell’incontro, lo scorso febbraio, con sette preti che festeggiavano il 50esimo anniversario di sacerdozio. Erano presenti anche cinque sacerdoti spretati perché si sono sposati. A sollevare la questione fu don Giovanni Cereti, rettore della chiesa di San Giovanni Battista dei Genovesi, che ha ricordato il caso delle Chiese Orientali, dove chi è sposato può anche essere ordinato prete."Il problema - fu la risposta di Bergoglio - è presente nella mia agenda".
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Dopo scomunica Milingo ridotto a stato laico
"Per impedirgli di continuare a compiere nuovi gravi delitti", come l’ordinazione di nuovi sacerdoti o vescovi *
CITTA’ DEL VATICANO - Il Vaticano, che aveva già scomunicato per i suoi comportamenti scismatici l’ex arcivescovo di Lusaka mons. Emmanuel Milingo, ha deciso di sospenderlo definitivamente dallo stato clericale per impedirgli di continuare a compiere nuovi "gravi delitti", come l’ordinazione di nuovi sacerdoti o vescovi.
"Purtroppo Milingo - si legge in un comunicato della sala stampa vaticana con cui si spiegano le ragioni della scelta di ridurre l’arcivescovo allo stato laicale - non ha dato prove dello sperato pentimento in vista del ritorno alla piena comunione con il Papa e con i membri del collegio episcopale, attentando nuovi delitti contro l’unità della Santa Chiesa".
"In particolare - aggiunge la nota - nei mesi scorsi egli ha proceduto ad alcune nuove ordinazioni episcopali". "Tali gravi delitti - spiega il comunicato vaticano - sono da ritenere segno comprovante della persistente contumacia di Emmanuel Milingo" e "hanno costretto la sede apostolica ad aggiungergli l’ulteriore pena della dimissione dallo stato clericale". Tra le conseguenze del provvedimento vi è che "risulta illegittima la partecipazione dei fedeli ad eventuali nuove celebrazioni promosse" da Milingo il quale rimane legato al solo "obbligo del celibato" mentre perde tutti gli altri "diritti e doveri connessi allo stato clericale". Il comunicato non manca di sottolineare che "la dimissione dallo stato clericale di un vescovo è un fatto del tutto eccezionale" e che "la Chiesa conserva tuttavia la speranza nel suo ravvedimento".
* Ansa, 17 dicembre, 12:48
Anticipazioni
Una conversazione tra il cardinale e don Luigi Verzé
Martini: porte aperte ai fedeli cattolici divorziati e risposati *
La Chiesa cerchi una soluzione al problema Anche il celibato dei preti si può discutere
Carlo Maria Martini - Non so se sono sveglio o sto sognando. So che mi trovo completamente al buio, mentre un lento sciabordio mi fa pensare che sono su una barca che scivola via sull’acqua. Cerco a tastoni di stabilire meglio il luogo in cui mi trovo e mi accorgo che vicino a me vi è un albero, forse l’albero maestro dell’imbarcazione. A poco a poco mi avvicino così da potermi aggrappare a esso con le mani, per avere un po’ di sicurezza e di stabilità nei sempre più frequenti moti della barca sulle onde. In questo tentativo incontro qualcosa che mi sembra come una mano d’uomo. Forse è un altro passeggero che sta cercando anche lui di appoggiarsi all’albero maestro. Non so chi sia, come non so io stesso come mi sia trovato su questa barca. Ma il tocco di quella mano mi dà fiducia: mi spingo avanti così da poterla stringere ed esprimere la mia solidarietà con qualcuno in quell’oscurità che mette i brividi. Vorrei anche tentare di dire qualcosa, pur non sapendo se il mio compagno di barca capisce l’italiano.
Ma nel frattempo lui inizia a farmi qualche breve domanda, a cui sono lieto di rispondere. Si tratta di una persona che non conoscevo, ma di cui avevo sentito parlare. Mi colpiva il suo interesse per me in quel momento difficile, in cui ciascuno avrebbe voglia di pensare solo a se stesso. Dialogando così nella notte fonda, in quel momento di incertezza e anche di pericolo si videro a poco a poco spuntare le prime luci dell’alba. Riconobbi il luogo in cui mi trovavo: eravamo noi due soli in barca. E usando alcuni remi che trovammo in fondo a essa, ci mettemmo a remare verso la riva, fermandoci ogni tanto per assaporare la tranquillità del lago. Ci siamo detti molte cose in quelle ore. È venuto chiaramente alla luce durante la conversazione che eravamo tanto diversi l’uno dall’altro. Ma ci rispettavamo come persone e ci amavamo come figli di Dio. Anche il fatto di trovarci sulla stessa barca ci permetteva di comprenderci e di accoglierci, così come eravamo. Tra le prime cose che ci siamo detti c’è naturalmente un poco di autopresentazione. Così ho appreso che il mio interlocutore aveva nientemeno che ottantanove anni, mentre io ne avevo ottantadue. Don Luigi Verzé (tale appresi poi essere il nome di colui che viaggiava con me) presentava la sua vita come quella di uno che aveva vissuto sessantuno anni di sacerdozio. (...)
Luigi Maria Verzé - Quanto è cambiata ora la valutazione etica ecclesiastica, rispetto a quella imposta ai tempi della mia infanzia. D’altra parte, poiché la moralità è imperativo categorico, la gente si fa una propria etica laica e la Chiesa resta con un’etica cristiana incongruente perché incondivisa dagli stessi devoti. Ricordo, per esempio, che nella mia visita alle favelas del Brasile frequentemente mi incontravo con povere donne senza marito con un bimbo in seno, un altro in braccio e una sfilza di altri che le seguivano, tutti prodotti di diversi mariti. Era giocoforza concludere che la pillola anticoncezionale andava consigliata e fornita. Il Brasile, totalmente cattolico fino agli anni Ottanta, ora è disseminato di chiese e chiesuole semicristiane, organizzate però sui bisogni anche spiccioli della gente. La Chiesa cattolica è troppo lontana dalla realtà, e le fiumane di gente, quando arriva il Papa, hanno più o meno il valore delle carnevalate e delle feste per la dea Iemanjà, l’antica Venere cui tutti, compreso il prefetto cristiano, gettano tributi floreali. La Chiesa, più che vivere, sopravvive sulle ossa degli eroici primi missionari. E poiché siamo in tema di morale pratica, che cosa dice, Eminente Padre, della negazione dei sacramenti a devotissimi divorziati? Io penso che anche ai sacerdoti dovrebbe essere presto tolto l’obbligo del celibato, poiché temo che per molti il celibato sia una finzione. E non sarebbe più vantaggioso che la consacrazione dei vescovi avvenisse su acclamazione del popolo di Dio, oggi così estraneo ai fatti della Chiesa? Forse non si è ancora maturi per tutto questo, ma Lei non crede che siano temi ai quali si dovrebbe pensare pregando lo Spirito?
Carlo Maria Martini - Oggi ci sono non poche prescrizioni e norme che non sempre vengono capite dal semplice fedele. Per questo, la Chiesa appare un po’ troppo lontana dalla realtà. Purtroppo sono d’accordo che le fiumane di gente che vanno a manifestazioni religiose non sempre le vivono con profondità. Occorre prepararle, e occorre dopo dare un seguito di riflessione nell’ambito della parrocchia o del gruppo. Non credo, però, che si possa dire che in Paesi come il Brasile, la Chiesa non vive ma sopravvive soltanto sulle ossa dei primi eroici missionari. La Chiesa vive là anche su gente semplice, umile, che fa il proprio dovere, che ama, che sa comprendere e perdonare. È questa la ricchezza delle nostre comunità. Tanti laici di queste nazioni e anche tanti laici vicino a noi sono seri e impegnati. Lei mi chiede che cosa penso della negazione dei sacramenti a devotissimi divorziati. Io mi so no rallegrato per la bontà con cui il Santo Padre ha tolto la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Penso, però, con tanti altri, che ci sono moltissime persone nella Chiesa che soffrono perché si sentono emarginate e che bisognerebbe pensare anche a loro. E mi riferisco, in particolare, ai divorziati risposati. Non a tutti, perché non dobbiamo favorire la leggerezza e la superficialità, ma promuovere la fedeltà e la perseveranza.
Ma vi sono alcuni che oggi sono in stato irreversibile e incolpevole. Hanno magari assunto dei nuovi doveri verso i figli avuti dal secondo matrimonio, mentre non c’è nessun motivo per tornare indietro; anzi, non si troverebbe saggio questo comportamento. Ritengo che la Chiesa debba trovare soluzioni per queste persone. Ho detto spesso, e ripeto ai preti, che essi sono formati per costruire l’uomo nuovo secondo il Vangelo. Ma in realtà debbono poi occuparsi anche di mettere a posto ossa rotte e di salvare i naufraghi. Sono contento che la Chiesa mostri in alcuni casi benevolenza e mitezza, ma ritengo che dovrebbe averla verso tutte le persone che veramente la meritano. Sono, però, problemi che non può risolvere un semplice sacerdote e neppure un vescovo. Bisogna che tutta la Chiesa si metta a riflettere su questi casi e, guidata dal Papa, trovi una via di uscita. Dopo di ciò Lei affronta un problema molto importante, dicendo che ai sacerdoti andrebbe tolto l’obbligo del celibato. È una questione delicatissima. Io credo che il celibato sia un grande valore, che rimarrà sempre nella Chiesa: è un grande segno evangelico. Non per questo è necessario imporlo a tutti, e già nelle chiese orientali cattoliche non viene chiesto a tutti i sacerdoti. Vedo che alcuni vescovi propongono di dare il ministero presbiterale a uomini sposati che abbiano già una certa esperienza e maturità (viri probati). Non sarebbe, però, opportuno che fossero responsabili di una parrocchia, per evitare un ulteriore accrescimento del clericalismo. Mi pare molto più opportuno fare di questi preti legati alla parrocchia come un gruppo che opera a rotazione. Si tratta in ogni caso di un problema grave.
E credo che quando la Chiesa lo affronterà avrà davanti anni davvero difficili. Non mancheranno coloro che diranno di aver accettato il celibato unicamente per arrivare al sacerdozio. D’altra parte, sono certo che ci saranno sempre molti che sceglieranno la via celibataria. Perché i giovani sono idealisti e generosi. Inoltre ci sono nel mondo alcune situazioni particolarmente difficili, in alcuni continenti in particolare. Penso però che tocchi ai vescovi di quei Paesi fare presente queste situazioni e trovarne le soluzioni. Lei si domanda anche se non sarebbe più vantaggioso che la consacrazione dei vescovi avvenisse su acclamazione del popolo di Dio. L’elezione dei vescovi è sempre stato un problema difficile nella Chiesa. Nelle situazioni antiche in cui partecipava maggiormente il popolo, si verificavano litigi e molte divisioni. Oggi forse è stata portata troppo in alto loco. Mi ricordo che un canonista cardinale intervenne in una riunione per dire che non era giusto che la Santa Sede facesse due processi per la stessa persona: uno dovrebbe essere fatto in loco e il secondo dal Nunzio. Quanto alla partecipazione della gente, vi sono alcune diocesi in Svizzera e in Germania che lo fanno, ma è difficile dire che le cose vadano senz’altro meglio. In conclusione, si tratta di una realtà molto complessa. Però l’attuale modo di eleggere i vescovi deve essere migliorato. Sono temi sui quali si dovrebbe riflettere molto, e parlare anche di più. Nei sinodi qualcosa emergeva, ma poi non veniva mai approfondito. Il problema, però, esiste e deve potersi fare una discussione pubblica a questo proposito.
CARLO MARIA MARTINI e
LUIGI MARIA VERZÉ
* Corriere della Sera, 19 maggio 2009
CATTOLICI, PENSIAMO A UN CONCILIO VATICANO III
di Vito Mancuso (la Repubblica, 25.02.2009)
Sono passati cinquant’anni dal primo annuncio del Vaticano II da parte di papa Giovanni e nella Chiesa si discute ancora sul significato di quell’evento. Io ritengo che il problema oggi in realtà non sia tanto il Vaticano II quanto piuttosto il Vaticano III, e per illustrare la mia tesi inizio con un riferimento alla politica italiana. In essa una serie di circostanze ha fatto sì che coloro che amano definirsi progressisti si ritrovino ad avere come principale bandiera la difesa del passato, nella fattispecie la Costituzione del 1947. Io sono fermamente convinto della necessità di essere fedeli ai valori della Costituzione e ho qualche sospetto su certe dichiarazioni in suo sfavore (poi quasi sempre ritrattate), ma non posso fare a meno di notare che il messaggio complessivo dei progressisti che giunge al Paese sia perlopiù rivolto al passato, mentre quello dei non progressisti sia paradossalmente più carico di progresso, di desiderio di innovare e di cambiare (che, vista la diffusa insoddisfazione rispetto al presente, è quanto tutti desiderano).
Per evitare che la stessa cosa avvenga nella Chiesa trasformando i progressisti in antiquati lodatori di un tempo che fu e in risentiti critici del presente (pericolo più che concreto), a mio awiso è necessario iniziare a coltivare nella mente l’idea di un Vaticano III, applicando lo spirito del Vaticano II a ciò che di più urgente c’è nel nostro tempo, cioè la comprensione della natura e della vita umana in essa. La svolta positiva che il Vaticano II ha introdotto nel rapporto tra cattolici e storia deve essere estesa al rapporto con la natura. Una volta fatto ciò, avverrà che, come oggi i cattolici sono tra i piu equilibrati nell’interpretare le questioni economiche e sociali, e tra i pochi ad avere una coscienza profetica di fronte alla forza militare, lo stesso equilibrio apparirà sulle questioni bioetiche.
Si tratta solo di estendere alla natura il medesimo principio di laicità applicato alla storia dal Vaticano II. Il criterio è quello indicato dal Concilio nel punto 7 della dichiarazione "Dignitatis humanae": "Nella società va rispettata la consuetudine di una completa libertà, secondo la quale all’uomo va riconosciuta la libertà più ampia possibile, e non dev’essere limitata se non quando e in quanto e necessario". Se questa libertà, come insegna il Concilio, deve essere garantita agli uomini nel rapporto con Dio (che è il bene più prezioso che c’è), è evidente che una sana teologia non puo non estenderla anche alla deliberazione degli uomini sulla propria vita naturale mediante il principio di autodeterminazione. E’ questo passaggio che la dottrina della Chiesa, in fedeltà a sé stessa, è chiamata a esplicitare.
Tra gli storici cattolici (eminenti prelati compresi) fervono in verita le discussioni sul Vaticano II, se abbia costituito davvero una svolta rispetto al magistero precedente (un po’ come la Costituzione repubblicana rispetto allo Statuto albertino) oppure se sia stato una semplice e naturale opera di riforma come altre. C’è più discontinuità, o c’è più continuità tra il Vaticano II e i pontefici preconciliari? A mio avviso non ci possono essere dubbi che il Vaticano II abbia costituito una svolta, anche abbastanza radicale, rispetto al magistero precedente. Riporto due episodi emblematici.
Nel 1832 Gregorio XVI scomunica Lamennais per aver sostenuto la libertà di coscienza in materia religiosa, definita dal pontefice "delirio"; nel 1965 il Vaticano II approva quel delirio con la dichiarazione "Dignitatis humanae". Nel 1950 Pio XII condanna la theologie nouvelle allontanandone dalla cattedra i principali esponenti tra cui il gesuita Henri de Lubac, il quale, una volta eletto papa Giovanni, torna in cattedra, partecipa al Vaticano II, riceve lettere autografe da Paolo VI e nel 1983 viene nominato cardinale da Giovanni Paolo II.
Se già da questi due fatti è difficile negare in buona fede che qualcosa sia radicalmente mutato ante e post Vaticano II, la discontinuità appare in tutta la sua limpida chiarezza quando si passa ai seguenti elementi contenutistici: 1) la lettura della Bibbia, prima scoraggiata, viene promossa a tutti i livelli, e scompare ogni diffidenza nell’utilizzo del metodo storico-critico negli studi biblici; 2) in liturgia si passa dal latino alle lingue nazionali, si sposta l’altare verso l’assemblea, si restaura l’anno liturgico; 3) da una concezione clericale della Chiesa si passa a una valorizzazione del sacerdozio universale dei fedeli; 4) i cristiani delle confessioni non cattoliche passano da scismatici ed eretici a "fratelli separati", mentre Paolo VI e Atenagora patriarca di Costantinopoli si tolgono le reciproche scomuniche; 5) si rivede il rapporto con gli ebrei, togliendo il "perfidi giudei" dalle preghiere del venerdì santo e non considerandoli piu popolo "deicida"; 6) le altre religioni non sono più pensate come idolatrie ma come vie di avvicinamento al mistero divino e portatrici di salvezza; 7) il mondo moderno non viene più condannato in blocco per ciò che di nuovo produce, in particolare le libertà democratiche, ma si passa a un atteggiamento di ascolto e cordialità.
Per quest’ultimo punto è sufficiente mettere a confronto anche solo due righe del celebre Syllabus di Pio IX del 1864 con il documento conclusivo del Vaticano II "Gaudium et spes" per rendersi conto che c’è una differenza molto maggiore dei 101 anni che li separano nel tempo. Pio IX parla di "scellerate trame degli empi, che, come flutti di mare tempestoso, spumano le proprie turpitudini", il Vaticano II invece di "scrutare i segni dei tempi per conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo". A che cosa è dovuta la notevole differenza? Al mondo, alla diversa idea del rapporto tra cristiani e mondo.
Col Vaticano II il mondo, da avversario con cui lottare, è entrato a far parte della coscienza che il cristiano ha di sé e della propria fede. Il che ha comportato che alcuni concetti, prima condannati, siano poi diventati positivo insegnamento dei papi. Oltre alla libertà religiosa si possono ricordare le libertà democratiche, la salvezza universale, la separazione Chiesa-Stato, la libertà di stampa. Con il Vaticano II finisce l’epoca della Controriforma, cioè della Chiesa che è contro: contro le altre chiese cristiane, contro le altre religioni, contro il mondo civile.
In questo senso io concordo pienamente con coloro che colgono la principale novità del Vaticano II non tanto in un insegnamento positivo quanto in un atteggiamento spirituale e parlano di "spirito del Vaticano II". Tale spirito consiste in un rinnovato rapporto della Chiesa col mondo, nel senso che nel leggere la storia del mondo è subentrata la categoria di laicità, giungendo così a riconoscere l’autonomia della storia, della politica, della ricerca scientifica, dellasocietà civile. La mano di Dio non è più pensata come direttamente coinvolta nella storia, la quale ha una sua autonomia e deve essere lasciata libera di autodeterminarsi: è da questa nuova teologia che è scaturita una relazione più serena e più amichevole col mondo.
Se ai nostri giorni la Chiesa sembra talora tornata quella della Controriforma (non a torto Marco Politi intitola il suo nuovo libro "La Chiesa del no"), questo lo si deve in gran parte a un’antiquata teologia della natura che ancora governa la dottrina, incapace di assumere il principio di laicità introdotto dal Vaticano II a proposito della storia. Come il Syllabus di Pio IX non coglieva la necssità di una nuova teologia della storia, così i documenti del magistero odierno non colgono la necessità di una nuova teologia della natura, e conseguentemente della vita e della morte degli uomini. Questo sarà il compito del Vaticano III, che ogni cattolico responsabile deve iniziare a preparare dentro di sé, nella preghiera e nell’esercizio vigile dell’intelligenza. Lo Spirito è sempre al lavoro.
CONCILIO VATICANO III
di don Aldo Antonelli
Vito Mancuso, in un articolo apparso su La Repubblica del 25 Febbraio scorso dal titolo “Cattolici, pensiamo a un Concilio Vaticano III”, accarezza l’idea di un Vaticano III «applicando lo spirito del Vaticano II a ciò che di più urgente c’è nel nostro tempo, cioè la comprensione della natura e della vita umana in essa”. E precisa: La svolta positiva che il Vaticano II ha introdotto nel rapporto tra cattolici e storia, deve essere estesa al rapporto con la natura.(...) Si tratta solo di estendere alla natura il medesimo principio di laicità applicato alla storia dal Vaticano II. Il criterio è quello indicato dal Concilio nel punto 7 della dichiarazione Dignitatis Humanae: “Nella società va rispettata la consuetudine di una completa libertà, secondo la quale all’uomo va riconosciuta la libertà più ampia possibile, e non deve essere limitata se non quando e in quanto necessario”». E precisa: «Se questa libertà, come insegna il Concilio, deve essere garantita agli uomini nel rapporto con Dio (che è il bene più prezioso che c’è), è evidente che una sana teologia non può non estenderla anche alla deliberazione degli uomini sulla propria vita naturale mediante il principio di autodeterminazione. E’ questo il passaggio che la dottrina della Chiesa, in fedeltà a se stessa, è chiamata a esplicitare».
Il riferimento al problema suscitato dal caso Eluana e al testamento biologico è chiaro e non lo si può non condividere. Se siamo liberi di accettare o no Dio, l’Oggetto/Soggetto Immenso della Fede, il Totalmente Altro che non sarà mai “nostro” (a dispetto del nazifascista “Gott mit uns”), figurarsi se non abbiamo la libertà di accettare o meno la vita che ci è stata data e che è nostra!
Il problema, quindi, non è l’estensione di questa rivoluzione copernicana dal mondo antropologico a quello della natura. No! Il problema è l’idea del Concilio...!
Chi lo farebbe questo Concilio? Questo papa? Con questi Cardinali e con questi Vescovi?
Dio ce ne scampi e liberi!
Da un papa “idiota”, nel senso letterale del termine, che confonde il “suo” mondo per il mondo di Dio, figlio di una specie di partenogenesi, frutto dei giochi di palazzo, Dio ci scampi e liberi.
Ed anche da una gerarchia clonata su un modello unico di “autorità”, autoreferenziale e supponente, mondana ed antievangelica, sumoniacamente mercantile e licenziosamente disponibile ad ogni tipo di connubio pur di restare sulla cresta dell’onda; da questa gerarchia libera nos Domine!
Non c’è da aspettarsi nulla di buono e lo stesso Spirito Santo si sentirà imbavagliato da questi gerarchi che “hanno sempre più bisogno di esecutori che di collaboratori, di formale ortodossia che di luminosa ortoprassi, di ossequio che di creatività, di obbedienza che di fede"(Aldo Bergamaschi: Diario di Mazzolari p.14)
Che senso avrebbe, in ultimo, ipotizzare un Vaticano III quando il Vaticano II è tutto ancora di attuare?
Aldo
Azione e Reazione
di E. Milingo
22 settembre 2008 *
Azione e Reazione
Saluti dall’Africa. E’ bello essere si nuovo a casa. Abbiamo trascorso 40 giorni in serenità, senza grossi problemi, fin quando non siamo arrivati in Corea. Ci stiamo di nuovo adeguando al clima coreano. Grazie delle vostre preghiere e degli auguri per il mio 50° anniversario di ordinazione, nonché del mio matrimonio. Tutto è andato bene. Grazie a Dio e a tutti voi.
Miei cari confratelli preti sposati, noi comprendiamo i vostri problemi. C’è un proverbio africano che dice: "Wamva M’mimba ndiye atsekula citseko - Uno che ha mal di pancia corre verso la porta per liberarsi!".
In molte case africane i bagni non hanno la porta. Devono andare all’aperto per i propri bisogni. Molti di voi, alcuni sono già deceduti, si aspettavano che la vostra madre chiesa prendesse a cuore la vostra situazione. Ma ancora oggi vi trovate nella medesima situazione.
In questo periodo la chiesa cattolica romana sta indicendo una campagna per convincere i fedeli ingenui che noi siamo una setta. Alcuni di questi cristiani che hanno creduto in ciò che diciamo riguardo il celibato obbligatorio, sono stati allontanati dalle chiese, tacciati di essere seguaci della setta di Milingo. Non sappiamo fino a che punto si arriverà.
Il problema è che in molti paesi i preti sposati hanno ancora paura di celebrare la messa in pubblico. Naturalmente, è lo stesso prete che continua a nascondersi. In Kenya, un prete sposato e un seminarista stanno creando ampi spazi all’aperto per grandi celebrazioni. E la gente sembra accettare la cosa. Il prete sposato ha difficoltà a spostarsi in bicicletta e alcuni fedeli gli hanno concesso dello spazio per costruire una chiesa. Egli ha condiviso questa sua esperienza con i preti sposati del Kenya, che hanno preso sul serio la cosa tanto da istituire il capitolo dei preti sposati del Kenya, dal titolo: Il Capitolo della Prelatura Married Priests Now in Kenya - Prelatura Cattolica dei SS. Pietro e Paolo.
E’ triste vedere i preti sposati dello Zambia, che sono come topi che muoiono di fame nascosti in una tana, col terrore delle conseguenze di una eccessiva esposizione. Se i topi fossero usciti allo scoperto, il peso sarebbe stato percepito in modo relativo.
Ma preferiscono morire di fame per niente. I preti sposati dello Zambia hanno troppa paura del Vaticano, della chiesa cattolica romana. Mi hanno parlato, li ho invitati al meeting dei pastori, ma non sono mai usciti fuori. Comunque, anche senza di loro, dopo il meeting dei Pastori, abbiamo costituito un fronte cristiano unificato. Abbiamo deciso di nominare la nostra unione: Prelatura Cattolica Apostolica dello Zambia. Ci sembrava che ’una diocesi’ fosse troppo vicina alla tradizione della struttura cattolica romana. Abbiamo metodisti, presbiteriani, teosofisti, pentecostali ed evangelici. Speriamo di annettere presto alcuni anglicani, luterani e aventisti del settimo giorno. Erano presenti all’incontro alcuni osservatori.
Riguardo a come procedere insieme, ne abbiamo discusso il 17 settembre insieme ad un comitato eletto, dopo aver lasciato lo Zambia. Stiamo aspettando le minute dell’incontro del 17 settembre. Che grande responsabilità abbiamo! Abbiamo intrapreso senza dubbi la via dell’unità, come dice la lettera agli Efesini 4:1-6.
Scrivo questa email sotto forma di ’azione e reazione’ affinché anche loro si muovano. Faremo un follow-up prima della fine dell’anno, inviando un arcivescovo della Prelatura in Zambia ad incontrare i Pastori. Il tema su cui indubbiamente si può intraprendere una azione è: "Vivificare la Comunità Cristiana".
Ritorno in Africa a Dicembre: Camerun
Dopo aver lasciato il Camerun, le voci dei pastori camerunensi si sono fatte sentire.
Ma non è stata colpa nostra. I vescovi ci hanno incontrati in privato. Ci dispiace che sia andata così. Eravamo sotto il controllo dei vescovi Gallicani, Bizantini e Stevenisti. L’anziano vescovo cattolico di Brazaville questa volta non è venuto, sebbene fosse presente al Catholic International Symposium. Questo è il comitato di vescovi che è stato istitutito lo scorso anno. Non hanno annesso tra le fila nuovi vescovi Metodisti, Presbiteriani, ecc. Ci sono ben 168 denominazioni cristiane in Camerun. Sia la chiesa cattolica romana che quella anglicana, reclamano il monopolio della religione. Quindi in Camerun, la religione ufficiale è cattolica romana. Comunque, non esistono eccezioni al celibato obbligatorio che abbia causato decessi nei preti o nelle religiose di cui non si sia tenuto conto.
Dato l’alto numero di vescovi in Camerun che vogliono appartenere alla nostra unione, sono stato nominato Patriarca. Ho chiesto loro quali fossero i miei compiti. Ci stanno lavorando. Esiste un solo altro patriarcato in Africa, iin Egitto, Cairo.
Bisognerà studiarla bene, dato che nella chiesa cattolica romana il patriarcato è stato abolito.
La sede di Venezia l’aveva spuntata, ma ora non più. Sono ignorante sulla natura dei Patriarcato e su ciò che comporta. Comunque, se ne parlerà in dicembre.
50° Anniversario del mio Presbiterato
E’ stato celebrato in Kenya. Eravamo solo 10 all’inizio della messa. Ma alla fine eravamo circa 40. E’ stato bello perché ognuno di loro ha formulato una sua preghiera per me. Non abbiamo indugiato sul rituale vero e proprio. I fondi erano abbastanza limitati, ma abbiamo fatto il possibile con quello che avevamo.
Matrimonio
Ho coinvolto i miei confratelli di Ngoni. Hanno contribuito positivamente. Mi hanno consigliato e sostenuto e hanno partecipato al rinfresco e alle danze. La gente era contenta e si è divertita. Tornando a Lusaka, la capitale, abbiamo richiesto la registrazione del certificato di matrimonio e abbiamo dovuto pagare un sacco di soldi, come se un uomo, anche se proviene dallo Zambia, non potesse sposare una straniera. "E’ la legge", e non si scappa.
Azione e Reazione
E’ inutile starsene a piangere, guardando un uomo ferito che si è tagliato accidentalmente. Lui continua a perdere sangue e muore per emorragia. Torniamo alla storia di quell’uomo che si è lasciato morire senza cercare sluzioni e vie d’uscita per fermare il sangue che usciva dalla ferita. Le centinaia di preti sposati che sono rimasti nella stasi, che si sono sepolti senza cercare una strada per vivere: "Non c’è più nulla da fare per me?" Rispondiamo: "No. La tua salvezza è con noi. Torna alla vita. Noi ti sveliamo quello che dovresti già sapere: che sei prete per sempre e nessuna autorità può toglierti tutto questo. Il popolo di Dio aspetta che tu ti offra come prete sposato e ti abbraccerà".
Miei cari preti sposati, indossate i panni che furono di S. Gertrude, il suo modo di reagire quando sentiva il peso delle sue mancanze. Lei diceva: "La mia anima si è sciolta con te e io voglio raggiungerti. Ma tra me e te vedo una distanza che non può essere colmata. La sua sommità è coperta di spine e mi sembra di non avere possibilità di tornare a te. Mi sono fermata per purificarmi dai peccati che erano poi il senso di quella distanza. Nella mia piccolezza, tu hai usato misericordia e mi hai posto al tuo fianco senza difficoltà. La mano che mi hai teso era il compimento della tua promessa e ho riconosciuto i raggi luminosi che hanno cancellato il ricordo dei torti subiti" (Col. 2: 14). (S. Gertrude 1256-1302). Siete stati feriti, non restate feriti. Ricordate: "Mi hai posto con misericordia accanto a te, senza difficoltà", dice S. Gertrude.
Con affetto
Arcivescovo E. Milingo
* Il Dialogo, Mercoledì, 24 settembre 2008 - sul sito, il testo originale.
Il Papa e Bush uniti negli errori
di HANS KÜNG (La Stampa, 22/7/2008)
In aprile Benedetto XVI festeggiò i suoi 81 anni con George W. Bush alla Casa Bianca. Curioso: il Papa, ambasciatore di pace e verità, che brinda con un presidente di guerra che, anche agli occhi di molti americani, con le bugie e la propaganda ha trascinato una grande democrazia in una guerra brutale, senza apparenti strategie per uscirne.
Secondo un sondaggio recente, l’80 per cento degli americani è convinto che gli Stati Uniti sono «sulla strada sbagliata». Di qui lo slogan di questa campagna elettorale per la Casa Bianca: «Cambiamento». E il Papa? A parte una tardiva ammissione di colpa per gli innumerevoli casi di pedofilia tra il clero cattolico, non ha praticamente detto una sola parola di cambiamento nella chiesa e nella società.
George W. Bush e Joseph Ratzinger sono diversi per carattere, istruzione e modo di parlare come possono esserlo un cowboy del Texas e un prelato romano. Bush non ha mai mascherato il suo atteggiamento anti-intellettuale. La sua conoscenza della storia è limitata tanto quanto la sua conoscenza della geografia, della lingue straniere e della filosofia. Una raccolta delle sue famigerate gaffe linguistiche e logiche («Bushism») ha prodotto molte risate. La sua visione del mondo è racchiusa nel modello manicheo dell’opposizione tra bene («noi») e male («loro»). All’opposto, Benedetto XVI ha goduto di un’eccellente istruzione classica e ha imparato alcune lingue straniere. Il suo pensiero è sottile, il linguaggio raffinato, le azioni prudenti. Per un quarto di secolo ha osservato attentamente le cose del mondo dalle finestre del Vaticano. Nel decidere si lascia guidare dalle usanze centenarie della Curia romana, il corpo amministrativo della Chiesa cattolica romana.
I due però hanno anche molto in comune. Entrambi amano le apparizioni pompose, siano esse su un aereo o davanti alle masse in piazza San Pietro. In occasione della visita del Papa, il Presidente tentò di competere con il cerimoniale imperiale del pontefice romano ricorrendo a una guardia d’onore e una salva con 21 cannoni. Sia il Presidente sia il Papa condividono un atteggiamento conservatore, soprattutto quando si tratta di controllo delle nascite, morale familiare, esibita devozione cristiana. Nel caso del presidente, questo atteggiamento sembra piuttosto fondamentalista; nel caso del Papa, sovraccarico di tradizione. Ovviamente, entrambi ritenevano che tutta questa ostentazione di fondamenta morali condivise avrebbe fatto guadagnare punti con il pubblico americano.
Nel suo recente viaggio di commiato nelle capitali europee, era evidente che il Presidente, che ha incontrato solo fiacca indifferenza anziché dimostrazioni ostili, è stato cancellato come un’anatra zoppa. Imperterrito, ha ripetuto il suo discorso sulla lotta per la libertà e la democrazia, per la «sicurezza» e la pace. In questo modo ha mostrato la sua personale versione di infallibilità, che lo rende incapace di imparare alcunché e gli impedisce di cogliere una qualunque occasione per ammettere la sua colpa di fronte all’immenso disastro che le sue azioni hanno creato nel mondo.
Il Papa, invece, non è un’anatra zoppa. E anche se lui, secondo una più recente dottrina romana, ha ancora una certa «infallibilità nelle questioni di fede e morale», è però capace di imparare. Dopo tutto ha concesso a me, suo critico, un’amichevole conversazione di quattro ore nella residenza estiva di Castel Gandolfo, nel corso della quale ha mostrato una sorprendente capacità di fare passi avanti nelle sue riflessioni. E nel viaggio in Turchia del 2006 ha corretto - con una visita fuori programma a una moschea e una chiara espressione di alta considerazione per l’Islam - le controverse osservazioni sull’Islam come religione di violenza, fatte qualche mese prima in Germania, all’Università di Ratisbona.
Il Papa è in carica da soli tre anni. Non potrebbe imparare, mi chiedo, dai fallimenti del presidente Bush? Alla sua grande intelligenza e alla sua sensibilità storica non possono sfuggire i segnali ammonitori per il futuro del suo pontificato.
Ne segnalo cinque:
1. Con la reintroduzione del tradizionale rito latino nella Messa, abolito dal Concilio Vaticano II e da Paolo VI in favore di una liturgia più accessibile nella lingua vernacolare, si è attirato molte critiche nell’episcopato e tra i pastori.
2. Nell’incontro con il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, a Istanbul, il Papa non ha dato segni di compromesso sui diritti legali romani medievali sulle chiese ortodosse e così non ha fatto nemmeno un passo avanti verso la riunificazione tra Est e Ovest.
3. Con le apparizioni pubbliche in sontuose vesti liturgiche nello stile di Leone X, che voleva gustare il pontificato in tutti i suoi agi e che porta la responsabilità principale per il «no» di Roma alle richieste di riforma di Lutero, Benedetto XVI ha confermato l’idea di molti protestanti che il Papa non conosce in profondità la Riforma.
4. Mantenendo rigidamente la legge medievale del celibato per il clero occidentale, porta la principale responsabilità del declino del sacerdozio cattolico in molti Paesi e del crollo delle tradizionali strutture della cura pastorale nelle sempre più numerose comunità rimaste senza prete.
5. Insistendo sulla perniciosa enciclica Humanae vitae contro qualunque forma di controllo delle nascite, il Papa condivide la responsabilità della sovrappopolazione, soprattutto nei Paesi più poveri, e dell’ulteriore diffusione dell’Aids.
Quella che il giornalista Jacob Weisberg chiama «la tragedia di Bush» non dovrebbe indurre Benedetto XVI a pensare più attentamente alle sue azioni? Mal consigliato dai neoconservatori e tenacemente appoggiato da media compiacenti, Bush voleva portare il suo Paese in una «nuova era americana». Ora finisce la sua carriera da fallito, a stento rispettato dal suo stesso partito.
«Sapienti sat» - «questo basta a chi capisce» - solevano dire gli antichi romani. Chi conosce la situazione della Chiesa non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.
IL 78 ENNE EX VESCOVO NON FA PIU’ PARTE DELLA CHIESA CATTOLICA
Milingo sfida la scomunica e celebra «messe» in Veneto. I fedeli chiedono il bis
Le celebrazioni non autorizzate nel giardino della sua abitazione. Con lui l’ex parroco Sante Sguotti
VICENZA - Ennesima provocazione alla Chiesa da parte di Emmanuel Milingo, l’ex vescovo scomunicato nel 2006 dopo aver consacrato «vescovi» negli Usa, senza autorizzazione, quattro uomini sposati. Il 78enne originario dello Zambia, da qualche giorno in Veneto dove ha abitato per qualche tempo, ha celebrato domenica due «messe», una al mattino e una al pomeriggio, nel giardino della sua abitazione a Grumolo delle Abbadesse (Vicenza). Milingo, in quanto scomunicato, non fa più parte della Chiesa cattolica e dunque non potrebbe neppure accostarsi alla Comunione, men che meno celebrare una messa. Sabato mattina Milingo aveva officiato il rito assieme all’ex parroco padovano Sante Sguotti, ridotto allo stato laicale dopo aver ammesso la sua relazione con una donna. Milingo porta avanti da anni una battaglia contro il celibato dei sacerdoti, e nel 2001 lui stesso si è sposato, all’interno della setta fondata dal «reverendo» Sun Myung Moon, con la coreana Maria Sung, con la quale nei giorni scorsi era in vacanza a Milano Marittima. L’ex vescovo, che ha respinto la scomunica e ha esortato papa Benedetto XVI ad accogliere i preti sposati nella Chiesa cattolica, ha annunciato che il prossimo 28 settembre celebrerà nuove nozze in Zambia con Maria Sung.
A GRANDE RICHIESTA - La «messa» di domenica pomeriggio non era in programma, tuttavia proprio la richiesta di numerosi fedelissimi di Milingo, arrivati anche da fuori regione ma non in tempo per quella mattutina, ha convinto l’ex vescovo a procedere con un’altra celebrazione. Alla prima «messa» hanno assistito una settantina di persone, una cinquantina a quella pomeridiana: tutti i fedeli hanno trovato posto nel giardino della casa. Milingo, che tra le due celebrazioni e nel tardo pomeriggio ha incontrato altri fedeli, si fermerà a Grumolo delle Abbadesse sino a lunedì all’ora di pranzo, visto che in mattinata attende la visita di un gruppo proveniente da Rimini. Nel pomeriggio di domani è atteso a Bergamo per un incontro con un gruppo di sacerdoti sposati, mentre martedì andrà a Venezia e nei giorni successivi a Pompei (Napoli). Il suo ritorno a Grumolo delle Abbadesse è previsto nel mese di settembre.
* Corriere della Sera, 20 luglio 2008
LETTERA AGLI AMICI
È AL COLMO LA FECCIA
di Alex Zanotelli
Riprendiamo questo articolo dal sito di "Mosaico di Pace" (http://www.peacelink.it/mosaico/a/26784.html), la rivista di Paxchristi che l’ha pubblicata il 17 luglio 2008. Ci associamo al grido di dolore di padre Alex e lo facciamo nostro. *
Carissimi,
è con la rabbia in corpo che vi scrivo questa lettera dai bassi di Napoli, dal Rione Sanità nel cuore di quest’estate infuocata. La mia è una rabbia lacerante perché oggi la Menzogna è diventata la Verità.
Il mio lamento è così ben espresso da un credente ebreo nel Salmo 12
"Solo falsità l’uno all’altro si dicono:
bocche piene di menzogna,
tutti a nascondere ciò che tramano in cuore.
Come rettili strisciano,
e i più vili emergono,
è al colmo la feccia"
Quando, dopo Korogocho, ho scelto di vivere a Napoli, non avrei mai pensato che mi sarei trovato a vivere le stesse lotte. Sono passato dalla discarica di Nairobi, a fianco della baraccopoli di Korogocho, alle lotte di Napoli contro le discariche e gli inceneritori. Sono convinto che Napoli è solo la punta dell’iceberg di un problema che ci sommerge tutti.
Infatti, se a questo mondo, gli oltre sei miliardi di esseri umani vivessero come viviamo noi ricchi (l’11% del mondo consuma l’88% delle risorse del pianeta!) avremmo bisogno di altri quattro pianeti come risorse e di altro quattro come discariche ove buttare i nostri rifiuti. I poveri di Korogocho, che vivono sulla discarica, mi hanno insegnato a riciclare tutto, a riusare tutto, a riparare tutto, a rivendere tutto, ma soprattutto a vivere con sobrietà.
È stata una grande lezione che mi aiuta oggi a leggere la situazione dei rifiuti a Napoli e in Campania, regione ridotta da vent’anni a sversatoio nazionale dei rifiuti tossici.
Infatti, esponenti della camorra in combutta con logge massoniche coperte e politici locali, avevano deciso nel 1989, nel ristorante "La Taverna di Villaricca", di sversare i rifiuti tossici in Campania. Questo perché diventava sempre più difficile seppellire i nostri rifiuti in Somalia. Migliaia di Tir sono arrivati da ogni parte di Italia carichi di rifiuti tossici e sono stati sepolti dalla camorra nel Triangolo della morte (Acerra-Nola- Marigliano), nelle Terre dei fuochi (Nord di Napoli ) e nelle campagne del Casertano. Questi rifiuti tossici "bombardano" oggi, in particolare i neonati, con diossine, nanoparticelle che producono tumori, malformazioni, leucemie...
Il documentario Biutiful Cauntri esprime bene quanto vi racconto.
A cui bisogna aggiungere il disastro della politica ormai subordinata ai potentati economici-finanziari. Infatti questa regione è stata gestita dal 1994 da 10 commissari straordinari per i rifiuti, scelti dai vari governi nazionali che si sono succeduti. È sempre più chiaro, per me, l’intreccio fra politica, potentati economici-finanziari, camorra, logge massoniche coperte e servizi segreti!. In 15 anni i commissari straordinari hanno speso oltre due miliardi di euro per produrre oltre sette milioni di tonnellate di "ecoballe", che di eco non hanno proprio nulla: sono rifiuti tal quale, avvolti in plastica che non si possono né incenerire (la Campania è già un disastro ecologico!) né seppellire perché inquinerebbero le falde acquifere. Buona parte di queste ecoballe, accatastate fuori la città di Giugliano, infestano con il loro percolato quelle splendide campagne denominate "Taverna del re".
E così siamo giunti al disastro! Oggi la Campania ha raggiunto gli stessi livelli di tumore del Nord-Est, che però ha fabbriche e lavoro. Noi, senza fabbriche e senza lavoro, per i rifiuti siamo condannati alla stessa sorte. Il nostro non è un disastro ecologico - lo dico con rabbia - ma un crimine ecologico, frutto di decisioni politiche che coprono enormi interessi finanziari.
Ne è prova il fatto che Prodi, a governo scaduto, abbia firmato due ordinanze: una che permetteva di bruciare le ecoballe di Giugliano nell’inceneritore di Acerra, l’altra che permetteva di dare il Cip 6 (la bolletta che paghiamo all’Enel per le energie rinnovabili) ai 3 inceneritori della Campania che "trasformano la merda in oro- come dice Guido Viale - Quanto più merda, tanto più oro!". Ulteriore rabbia quando il governo Berlusconi ha firmato il nuovo decreto n. 90 sui rifiuti in Campania. Berlusconi ci impone, con la forza militare, di costruire 10 discariche e quattro inceneritori. Se i 4 inceneritori funzionassero, la Campania dovrebbe importare rifiuti da altrove per farli funzionare. Da solo l’inceneritore di Acerra potrebbe bruciare 800.000 tonnellate all’anno!
È chiaro allora che non si vuole fare la raccolta differenziata, perché se venisse fatta seriamente (al 70 %), non ci sarebbe bisogno di quegli inceneritori.
È da 14 anni che non c’è volontà politica di fare la raccolta differenziata. Non sono i napoletani che non la vogliono, ma i politici che la ostacolano perché devono ubbidire ai potentati economici-finanziari promotori degli inceneritori. E tutto questo ci viene imposto con la forza militare vietando ogni resistenza o dissenso, pena la prigione. Le conseguenze di questo decreto per la Campania sono devastanti. "Se tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge (articolo 3 della Costituzione), i campani saranno meno uguali, avranno meno dignità sociale-così afferma un recente Appello ai Parlamentari Campani. Ciò che è definito "tossico" altrove, anche sulla base normativa comunitaria, in Campania non lo è; ciò che altrove è considerato "pericoloso" qui non lo sarà. Le regole di tutela ambientale e salvaguardia e controllo sanitario, qui non saranno in vigore. La polizia giudiziaria e la magistratura in tema di repressione di violazioni della normativa sui rifiuti, hanno meno poteri che nel resto d’Italia e i nuovi tribunali speciali per la loro smisurata competenza e novità, non saranno in grado di tutelare, come altrove accade, i diritti dei campani".
Davanti a tutto questo, ho diritto ad indignarmi. Per me è una questione etica e morale. Ci devo essere come prete, come missionario. Se lotto contro l’aborto e l’eutanasia, devo esserci nella lotta su tutto questo che costituisce una grande minaccia alla salute dei cittadini campani. Il decreto Berlusconi straccia il diritto alla salute dei cittadini Campani.
Per questo sono andato con tanta indignazione in corpo all’inceneritore di Acerra, a contestare la conferenza stampa di Berlusconi, organizzata nel cuore del Mostro, come lo chiama la gente. Eravamo pochi, forse un centinaio di persone. (La gente di Acerra, dopo le botte del 29 agosto 2004 da parte delle forze dell’ordine, è terrorizzata e ha paura di scendere in campo). Abbiamo tentato di dire il nostro no a quanto stava accadendo. Abbiamo distribuito alla stampa i volantini :"Lutto cittadino. La democrazia è morta ad Acerra. Ne danno il triste annuncio il presidente Berlusconi e il sottosegretario Bertolaso." Nella conferenza stampa (non ci è stato permesso parteciparvi !) Berlusconi ha chiesto scusa alla Fibe per tutto quello che ha "subito" per costruire l’inceneritore ad Acerra! (Ricordo che la Fibe è sotto processo oggi!).
Uno schiaffo ai giudici! Bertolaso ha annunciato che aveva firmato il giorno prima l’ordinanza con la Fibe perché finisse i lavori! Poi ha annunciato che avrebbe scelto con trattativa privata, una delle tre o quattro ditte italiane e una straniera, a gestire i rifiuti. Quella italiana sarà quasi certamente la A2A (la multiservizi di Brescia e Milano) e quella straniera è la Veolia, la più grande multinazionale dell’acqua e la seconda al mondo per i rifiuti. Sarà quasi certamente Veolia a papparsi il bocconcino e così, dopo i rifiuti , si papperà anche l’acqua di Napoli. Che vergogna!
È la stravittoria dei potentati economici-finanziari, il cui unico scopo è fare soldi in barba a tutti noi che diventiamo le nuove cavie. Sono infatti convinto che la Campania è diventata oggi un ottimo esempio di quello che la Naomi Klein nel suo libro Shock Economy, chiama appunto l’economia di shock! Lì dove c’è emergenza grave viene permesso ai potentati economico-finanziari di fare cose che non potrebbero fare in circostanze normali.
Se funziona in Campania, lo si ripeterà altrove. (New Orleans dopo Katrina insegna!).
E per farci digerire questa pillola amara, O’ Sistema ci invierà un migliaio di volontari per aiutare gli imbecilli dei napoletani a fare la raccolta differenziata, un migliaio di alpini per sostenere l’operazione e trecento psicologi per oleare questa operazione!! Ma a che punto siamo arrivati in questo paese!?! Mi indigno profondamente! E proclamo la mia solidarietà a questo popolo massacrato! "Padre Alex e i suoi fratelli " era scritto in una fotografia apparsa su Tempi (inserto di La Repubblica). Sì, sono fiero di essere a Napoli in questo momento così tragico con i miei fratelli (e sorelle) di Savignano Irpino, espropriati del loro terreno seminato a novembre, con i miei fratelli di Chiaiano, costretti ad accedere nelle proprie abitazioni con un pass perchè sotto sorveglianza militare.
Per questo, con i comitati come Allarme rifiuti tossici , con le reti come Lilliput e con tanti gruppi, continueremo a resistere in Campania. Non ci arrenderemo. Vi chiedo di condividere questa rabbia, questa collera contro un Sistema economico-finanziario che ammazza e uccide non solo i poveri del Sud del mondo, ma anche i poveri nel cuore dell’Impero. Trovo conforto nelle parole del grande resistente contro Hitler, il pastore luterano danese, Kaj Munk ucciso dai nazisti nel 1944 . "Qual è dunque il compito del predicatore oggi? Dovrei rispondere: fede, speranza e carità. Sembra una bella risposta. Ma vorrei dire piuttosto :coraggio. Ma no, neppure questo è abbastanza provocatorio per costituire l’intera verità... Il nostro compito oggi è la temerarietà. Perchè ciò di cui come Chiesa manchiamo non è certamente né di psicologia né di letteratura. Quello che a noi manca è una santa collera".
Davanti alla menzogna che furoreggia in questa regione campana, non ci resta che una santa collera. Una collera che vorrei vedere nei miei concittadini, ma anche nella mia chiesa. "I simboli della chiesa cristiana sono sempre stati il leone, l’agnello, la colomba e il pesce-diceva sempre Kaj Munk-Ma mai il camaleonte".
Vi scrivo questo al ritorno della manifestazione tenutasi nelle strade di Chiaiano, contro l’occupazione militare della cava. Invece di aspettare il giudizio dei tecnici sull’idoneità della cava, Bertolaso ha inviato l’esercito per occuparla. La gente di Chiaiano si sente raggirata, abbandonata e tradita.
Non abbandonateci.
È questione di vita o di morte per tutti. È con tanta rabbia che ve lo scrivo. Resistiamo!
Alex Zanotelli
Napoli 12 luglio 2008