UNA VITA PER LA CARITA’.
don Arciero. La beatificazione il 24 giugno
Il sacerdote fu modello per il clero napoletano
Instancabile, l’«apostolo delle Calabrie» dedicava molte ore al giorno alla predicazione e all’istruzione dei bambini meno fortunati. Ottenne con la sua opera insperate conversioni.
di Gianluca Squaccio *
Contursi Terme si appresta a vivere un momento di grande solennità e di grande gioia per la beatificazione, in programma il prossimo 24 giugno 2012, dell’illustre concittadino don Mariano Arciero. Il comitato parrocchiale, guidato dal monsignor Spingi, parroco di Contursi, e il comitato diocesano, presieduto dall’arcivescovo Luigi Moretti, hanno individuato la zona del Tufaro, quale luogo in cui celebrare la beatificazione, l’orario (intorno alle 18), e ricevuto assicurazioni che a celebrarla sarà il delegato dal Papa, cardinale Angelo Amato, prefetto per la congregazione per le cause dei Santi.
Per i devoti don Mariano Arciero è già santo e tale venerazione si è venuta a rafforzare all’indomani dell’evento miracoloso verificatosi a Contursi Terme nel gennaio del 1951 a favore di Concettina Siani, guarita da peritonite tubercolare, grazia acclarata e confermata da diverse e competenti commissioni come «miracolo» ottenuto per intercessione di don Arciero.
Intensa la vita di don Mariano, nato a Contursi Terme il 26 febbraio 1707, da genitori cristiani e modesti lavoratori dei campi, Mattia Arciero ed Autilia Marmura, per cui ad otto anni andò a servizio in casa Parisio, dove uno dei membri, don Emanuele, lo prese sotto la sua personale cura, facendolo collaborare nelle sue missioni, per far insegnare il catechismo ai fanciulli.
A 22 anni si trasferì a Napoli dove studiò teologia e lettere e filosofia, fu ordinato sacerdote il 22 dicembre 1732. In breve tempo don Mariano Arciero divenne un modello per il clero napoletano, per la sua inclinazione alla carità, coltivata sin dai primi anni della sua giovinezza, fu apostolo attivo nei fondachi, nei vicoli, nell’ospedale e nell’arsenale.
Gennaro Fortunato, canonico della cattedrale di Napoli, divenuto vescovo di Cassano sullo Ionio nel 1729, lo volle nella sua diocesi, dandogli incarichi in piena libertà, sia per le missioni, sia per la costante riforma del clero e degli Istituti religiosi femminili [a Castrovillari, in particolare, si occupò delle Clarisse e del loro Monastero, impegno che proseguì anche quando fece rientro a Napoli - fls]. Scrisse la «Pratica della dottrina cristiana, in dodici istruzioni in dialoghi», con un metodo molto efficace e pratico per l’acquisto della perfezione cristiana. Dedicava molte ore al giorno all’istruzione dei fanciulli e alla predicazione, ottenendo strepitose conversioni.
La fama della sua instancabile opera superò i confini della diocesi di Cassano, per cui fu invitato a svolgere la sua missione anche nelle diocesi vicine; per questo venne chiamato «apostolo delle Calabrie». Ritornò a Contursi solo per riabbracciare l’amatissima mamma.
Nel giorno della sua morte, come egli stesso aveva predetto, il 16 febbraio 1788, alle 16, a Napoli, Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe, la mistica terziaria alcantarina «monaca di casa», vide la sua anima portata in cielo dagli angeli.
Per i numerosi miracoli che avvenivano per sua intercessione, già nel 1829 la Congregazione dei riti autorizzò l’inizio dei processi per la sua beatificazione, a Napoli ed a Cassano sullo Ionio. Il 24 aprile 1830 il Papa Pio VIII lo dichiarò venerabile. Il 15 ottobre 1950 il suo corpo fu traslato a Contursi Terme.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
SULLA PRESENZA E SULL’ATTIVITA’ DI DON MARIANO ARCIERO A CASSANO, AD ALTOMONTE, E A CASTROVILLARI, si vedano le pagine della "Breve vita del Venerabile SAC. D. MARIANO ARCIERO" di don Salvatore Siani, il parroco che riportò - anche con l’aiuto del vescovo di Campagna, mons Giuseppe M. Palatucci - le ossa di don Mariano Arciero a Contursi, nel 1950. Cliccare sull’icona, per aprire il doc., qui di seguito allegato:
COMUNE DI CONTURSI TERME (SA).: "Venerdì 24 giugno, alle ore 19, in piazza Salvatore Mastrolia, in occasione del decimo anniversario della Beatificazione di Don Mariano Arciero, la proclamazione del Beato a compatrono della Città di Contursi Terme. La celebrazione eucaristica sarà presieduta dall’Arcivescovo Andrea Bellandi".
AL SINDACO E AL PARROCO DI CONTURSI TERME. Ai Santi Patroni, forse, non è tempo di affiancare anche qualche Santa Patrona? Si potrebbe proporre Santa Teresa d’Avila (con le sue 12 Sibille - Apostole della Chiesa della Madonna del Carmine) .... a ricordo anche delle 21 donne dell’Assemblea Costituente, le 21 madri della Costituzione della Repubblica Italiana? Sicuramente don Mariano Arciero ne sarebbe felicissimo. Grazie.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
FLS
Mons. Savino: “con i 130 migranti, annegata anche la nostra umanità”
di Ludovica Eugenio (a cura di) 30/04/2021 *
40643 CASSANO ALL’JONIO (CS)-ADISTA. "Caino, ti sei accanito ancora contro tuo fratello": è questo il titolo di una lettera aperta (27 aprile) di mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano All’Jonio, in provincia di Cosenza, sulla morte per annegamento di 130 migranti nel mare della Libia, avvenuta il 23 aprile scorso.
«Caro Ulisse, il mio cuore trova il coraggio di liberare i pensieri ora e solo ora, dopo aver esperito momenti di grande dolore nel vedere, nei giorni scorsi, le immagini di corpi morti galleggiare al largo del Mediterraneo, dove 130 tra uomini e donne e bambini hanno trovato la morte nel viaggio speranzoso verso una nuova Itaca. Voglio chiamarvi Ulisse, come l’eroe omerico del nostos, colui che brama il ritorno nella sua patria e che sfida la sorte e la morte per riposare gli occhi su ciò che ha sempre amato. Ulisse, come colui che ha in sé la vocazione al ritorno ma anche alla nostalgia che è Nòstos (appunto ritorno) e Álgos, cioè sofferenza e che quindi si veste di quella tristezza dettata dall’impossibilità di tornare a casa. Ulisse è il più grande nostalgico della storia e a tutti voi che oggi conoscete la crudeltà della finitezza della vita e che avete preferito l’estasi dell’ignoto all’incomprensione della miseria, mi sento di chiedere perdono perché oggi, la vostra vita, valore supremo agli occhi di Gesù Cristo, è diventata l’inganno di Ulisse che si fa Nessuno agli occhi di Polifemo. Per sfuggire alla morte ed alla violenza del Ciclope l’eroe figlio della mitologia classica, fingerà di chiamarsi Nessuno, nel dolore di una negazione della vita che assume i contorni del nichilismo sprezzante di questa umanità che tace, anche di fronte alla vostra ingiusta sorte.
Oggi anneghiamo tutti, con voi, nel Mediterraneo. Siamo annegati tutti, ognuno di noi, in ogni parte del mondo. Siamo annegati nel comodo divano delle nostre case, nei cori di preghiera delle nostre Chiese, siamo annegati sul posto di lavoro e al pranzo tra i parenti. Siamo annegati con altre 130 persone e di noi non resta che un corpo morto a galleggiare sulla vergogna dei nostri inascoltabili silenzi. Siamo i corresponsabili di questa ennesima tragedia disumanitaria perché non si accosti a quanto accaduto nelle ultime ore al largo della Libia, neanche la radice della parola umanità. (...).
Abbiamo ingannato il più grande insegnamento di Gesù: la fraternità e lo abbiamo fatto proprio mentre il Covid-19 ci stava dimostrando quanto siamo uguali nel dolore, nella sofferenza e nella morte. Ci siamo mentiti. Anche nella morte si può essere diseguali e non perché a qualcuno tocchi morire di più ma perché, col nostro tacere, la morte di alcuni è più ingiusta ed intollerabile. “Il racconto di Caino e Abele insegna che l’umanità porta inscritta in sé una vocazione alla fraternità, ma anche la possibilità drammatica del suo tradimento. Lo testimonia l’egoismo quotidiano, che è alla base di tante guerre e tante ingiustizie: molti uomini e donne muoiono infatti per mano di fratelli e di sorelle che non sanno riconoscer prosi tali, cioè come esseri fatti per la reciprocità, per la comunione e per il dono” (Papa Francesco, Messaggio per la Celebrazione della Giornata Mondiale della Pace - 1° Gennaio 2014). Come è violenta la mano che smette di essere fraterna e si fa fratricida e lo fa con l’arma più potente: il silenzio. Chi sono i responsabili di questo genocidio del mare? Il nostro tacere urla: “Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?” Come si fa ad osservare 130 vite umane in pericolo di vita e a pensare di avere il tempo di rimbalzarsi la responsabilità dell’accoglienza? Come si fa a discutere nei tribunali la colpa della loro morte e a non interrogarsi allo specchio della nostra coscienza che è il primo vero giudizio perché quella peserà Dio, nell’ora della nostra morte? Quante altre vite galleggeranno davanti ai nostri occhi prima che i poteri forti si impegnino seriamente per stabilire una governance delle migrazioni che ci restituisca il senso vero dell’essere fratelli? “Accogliere, proteggere, promuovere ed integrare”, sono i verbi d’azione che ci suggerisce Papa Francesco nella sua ultima Enciclica Fratelli tutti, ma li abbiamo, ancora una volta, annegati in mare, nel mare Nostrum che ora forse può vantare sì di essere patria: la patria della vergogna. Non conoscerò mai il colore dei vostri occhi, né il suono delle vostre voci, né la tenerezza delle vostre strette di mano ma, per me, non sarete mai un numero, mai la superficialità di appellarvi per centinaia, mai solo il memento mori di una tragedia ma sarete sempre il desiderio di una patria nuova, di una terra abitabile e condivisibile, di un’Itaca sognata che non potrà essere dimenticata. Sono annegato anche io in questa crocifissione di massa nel mare dell’indifferenza e mi resta solo la consolazione della preghiera che possa arrivare sul fondale di quel mare che lambisce la sofferenza senza fine di sogni infranti».
* Tratto da: Adista Notizie n° 17 del 08/05/2021
STORIA DELL’ARTE E TEOLOGIA:
LA PRIMA “CENA” DI “CAINO” (DOPO AVER UCCISO IL PASTORE “ABELE”)
E L’INIZIO DELLA “BUONA-CARESTIA”(“EU-CARESTIA”)! *
NELL’OSSERVARE “L’Ultima Cena raffigurata sulla parete di fondo del refettorio dell’ex convento dei francescani di Veglie” (sec. XVI/XVII ca.) E NEL RIFLETTERE SUL FATTO CHE “è tra le più canoniche rappresentazioni del momento in cui Cristo istituì la santissima Eucarestia” (Riccardo Viganò, cit., vedi sopra), c’è da interrogarsi bene e a fondo su chi (teologi ed artisti) abbia potuto concepire e dare forma con straodinaria chiarezza e potenza a questa “cena” (vedere la figura: “Portata centrale, saliere e frutti”, [cit.]) e, insieme, riflettere ancora e meglio sui tempi lunghi e sui tempi brevi della storia di questa interpretazione tragica del messaggio evangelico - a tutti i livelli, dal punto di vista filosofico, teologico, filologico, artistico, sociologico. O no?
NOTARE BENE E RICORDARE. Siamo a 700 anni dalla morte dell’autore della “COMMEDIA”, della “DIVINA COMMEDIA”, e della sua “MONARCHIA”!
SAPERE AUDE! (I. KANT). Sul tema, per svegliarsi dal famoso “sonno dogmatico”, mi sia lecito, si cfr. l’intervento di Armando Polito, “Ubi maior minor cessat” (Fondazione Terra d’Otranto, 24.02.2021) e, ancora, una mia ipotesi di ri-lettura della vita e dell’opera di Dante Alighieri.
Il Papa: i mafiosi sono scomunicati Ai giovani, saprete opporvi a male,ingiustizie,violenza *
"Quelli che non sono in questa strada di bene, come i mafiosi, questi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati". Lo ha detto il Papa nella omelia della messa che celebra nella Piana di Sibari.
"La ’ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no". Lo ha detto il Papa nella omelia della messa che celebra nella Piana di Sibari, davanti a oltre duecentomila persone.
"La Chiesa - ha detto il Papa dopo aver chiesto di combattere la ’ndrangheta - che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi. Ce lo domandano i nostri giovani, bisognosi di speranza, Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare".
I giovani anche in Calabria sapranno opporsi "al male, alle ingiustizie, alla violenza con la forza del bene, del vero e del bello". Lo ha detto il Papa nella omelia della messa che celebra nella Piana di Sibari, dopo aver incoraggiato il progetto Policoro, "un segno concreto di speranza", ha detto, "per i giovani che vogliono mettersi in gioco e creare possibilità lavorative per sé e per gli altri". "Voi, cari giovani, - ha raccomandato - non lasciatevi rubare la speranza!".
Momenti di commozione durante la visita di Papa Francesco in Calabria, che a Castrovillari ha incontrato il padre ed altri familiari di Cocò Campolongo, il bambino di tre anni bruciato e ucciso a Cassano allo Jonio. Durante l’incontro ha detto: "Mai più succeda che un bambino debba avere queste sofferenze". "Prego continuamente per lui, non disperate", ha detto Francesco ai familiari di Cocò Campolongo nel corso dell’incontro avvenuto nel carcere di Castrovillari. "I familiari del bambino - ha detto vescovo di Cassano, mons. Nunzio Galantino - hanno pianto incontrando il Papa. E’ stato un momento davvero commovente".
"Rispettare diritti umani e favorire reinserimento detenuti"
"Il tema del rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e l’esigenza di corrispondenti condizioni di espiazione della pena" "è essenziale e l’attenzione in proposito deve rimanere sempre alta". Lo ha detto il Papa incontrando i detenuti del carcere di Castrovillari in Calabria, "primo gesto - ha sottolineato - della mia visita pastorale" in Calabria. Ma ciò "non è sufficiente se non accompagnato da un impegno concreto delle istituzioni in vista di un effettivo reinserimento nella società".
La folla ad accoglierlo
L’elicottero con Papa Francesco è atterrato nell’area antistante il carcere di Castrovillari, prima tappa della sua visita in Calabria. Il pontefice è stato accolto da centinaia di persone e da un lungo applauso. Successivamente ha attraversato due ali di folla ed è entrato nel carcere dove è stato accolto dal direttore Fedele Rizzo. "Sono emozionato e felice", ha detto mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Jonio e segretario Cei.
Tra i detenuti il padre di Cocò e il killer di un sacerdote
Oltre a Nicola Campolongo, il padre di Cocò, nel carcere di Castrovillari è detenuto anche Dudu Nelus, il romeno di 27 anni accusato di essere il responsabile dell’omicidio di don Lazzaro, il sacerdote ucciso sempre a Cassano nei mesi scorsi. Proprio in merito a questa vicenda il Papa dovrebbe avere un fuori programma fermandosi a pregare nella chiesa di Sibari di Cassano allo Jonio, all’esterno della quale è stato ucciso il sacerdote e dove, da ieri, è stata installata una stele in suo ricordo.
#papaincalabria
Il giorno di papa Francesco in Calabria
La diretta web da Castrovillari e Cassano
Prima tappa l’incontro con i detenuti a Castrovillari.
Poi il trasferimento a Cassano per una serie di incontri e appuntamenti che il Quotidiano seguirà in diretta
Il giorno di papa Francesco in Calabria
La diretta web da Castrovillari e Cassano
CASSANO IONIO - «Vengo per chiedere scusa», è il motto della visita di papa Francesco a Cassano Jonio. “Grazie don Nunzio, ti vogliamo bene", la scritta sul manifesto gigantesco che campeggia a Marina di Sibari. Sullo sfondo il viso di monsignor Nunzio Galantino, dall’inizio dell’anno segretario della Cei, e quindi vescovo part-time di Cassano, per richiesta papale, richiesta di cui il Pontefice chiese scusa ai cassanesi.
L’ARRIVO A CASSANO - Papa Francesco è arrivato a Cassano dove ad accoglierlo c’era una folla e tanti bambini che al momento in cui il Papa è sceso dall’elicottero l’hanno al grido "Francesco uno di noi", dagli spalti, accanto alle bandiere bianche e gialle, è stata sventolata una bandiera dell’Argentina. Il Papa l’ha vista e l’ha indicata in segno di approvazione. L’elicottero è arrivato a Cassano allo Jonio, proveniente da Castrovillari, con 40 minuti di anticipo. Prima di scendere dall’elicottero il Pontefice ha salutato dal finestrino la folla festante che lo acclamava. Ad accoglierlo, appena sceso dall’elicottero, è stato il sindaco di Cassano, Gianni Papasso. Il primo gesto compiuto da Francesco sceso dall’elicottero è stato quello di prendere in braccio e baciare una bambina. Il Pontefice è poi salito sulla papamobile ed ha raggiunto l’hospice dove incontrerà i degenti. «Francesco sei uno di noi», ha gridato la folla mentre il Papa varcava il cancello dell’hospice.
LA VISITA A CASTROVILLARI - La visita di Papa Francesco parte dal carcere di Castrovillari qui è arrivato accolto da un folla festante. Sceso dall’elicottero si è spostato al carcere a piedi assieme a monsignor Galantino. Il Santo Padre ha incontrato i detenuti e i dipendenti del penitenziario per «esprimere la vicinanza del Papa e della Chiesa ad ogni uomo e ogni donna che si trova in carcere, in ogni parte del mondo». Nell’affidare carcerati, dipendenti e loro famiglie alla protezione della Madonna, Francesco ha rimarcato la necessità di mantenere alta l’attenzione riguardo il rispetto dei diritti fondamentali dei carcerati ed ha aggiunto come tuttavia ciò non basti se manca «un impegno concreto delle istituzioni in vista di un effettivo reinserimento nella società» perché «quando questa finalità viene trascurata l’esecuzione della pena degrada a strumento di sola punizione e ritorsione sociale» e si rivela «dannoso per l’individuo e la società». Nel reinserimento, poi, diventa fondamentale, per il pontefice, «l’incontro con Dio» perché «il signore sempre perdona, sempre accompagna, sempre comprende, a noi spetta lasciarci comprendere, lasciarci perdonare, lasciarci accompagnare».
Mentre era al carcere papa Bergoglio ha incontrato il padre ed altri familiari di Cocò Campolongo, il bambino di tre anni bruciato e ucciso a Cassano allo Jonio. Durante l’incontro ha detto: «Mai più succeda che un bambino debba avere queste sofferenze. Mai più vittime della ’ndrangheta. Non deve mai succedere una cosa del genere nella società. Prego continuamente per lui, non disperate».
DALLE 16 LA MESSA IN STREAMING - Attesi duecentomila fedeli per la giornata che il pontefice trascorrerà nella diocesi di Cassano. Un denso susseguirsi di appuntamenti che il Quotidiano della Calabria seguirà con un’ampia squadra di inviati. Aggiornamenti in tempo reale sul sito e la possibilità di commentare anche su Twitter utilizzando l’hashtag #papaincalabria. E poi video e fotogallery di tutte le fasi della giornata. Anche i pellegrini potranno raccontare la loro esperienza sulla finestra social che apparirà nelle pagine del sito. Disponibile anche l’indirizzo mail ilquotidiano.web@finedit.com al quale inoltrare le foto. La messa potrà essere seguita in diretta streaming sul sito de Il Quotidiano della Calabria.
Il programma della visita
Il 21 giugno il Papa a Cassano all’Jonio
di Domenico Marino (Avvenire, 11 giugno 2014)
Si sfiorano già le settantamila richieste di pass per partecipare sabato 21 giugno alla Messa celebrata da papa Francesco a Sibari, al culmine della visita pastorale alla diocesi di Cassano all’Jonio. Alla quale, ha più volte annunciato, verrà a «chiedere scusa» per averle sottratto il vescovo, Nunzio Galantino, negli ultimi giorni del 2013 chiamato alla segreteria generale della Conferenza episcopale italiana. Le richieste più numerose per partecipare al grande abbraccio della Sibaritide al Papa stanno arrivando da Campania, Puglia e Basilicata, oltre che dalla Calabria. Ma, seppure in numero minore, molti saranno i fedeli provenienti dal resto d’Italia. A cominciare dai numerosi possessori di ville e villette nei villaggi turistici della zona, che hanno organizzato da tempo almeno un fine settimana a Sibari per abbracciare idealmente Francesco.
Altrettanto folta la presenza di media accreditati da tutto il mondo. Sabato prossimo a Roseto Capo Spulico il vescovo Nunzio Galantino e la diocesi di Cassano concluderanno il cammino di preparazione all’incontro con il Pontefice, con la terza tappa della missione diocesana organizzata affinché pure la Chiesa cassanese impari a chiedere scusa: ai poveri, ai non credenti, agli indifferenti, ai ragazzi, ai giovani, al nostro territorio sfruttato e sbeffeggiato. Come? «Innanzitutto con il nostro impegno e la nostra testimonianza - spiegano dalla diocesi - correggendo ciò che non va bene! E poi con la preghiera». Cominciate con l’incontro del popolo diocesano in Cattedrale con il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, le missioni sono proseguite con iniziative a Saracena e Francavilla Marittima, prima dell’ultimo appuntamento sabato 14 a Roseto Capo Spulico.
È ormai definito da tempo il programma della giornata di papa Francesco nella diocesi cassanese. Il vescovo lo accoglierà alle 9 nel carcere di Castrovillari dove Francesco incontrerà i detenuti. Successivamente, attorno alle 11, in elicottero, il Papa e il vescovo Galantino raggiungeranno Cassano dove è prevista una tappa nel centro di cure palliative per malati terminali "San Giuseppe Moscati". Alle 12, il Papa attraverserà in auto il centro cittadino raggiungendo la Cattedrale per un momento riservato al clero diocesano. Alle 13 sarà al Seminario minore dove offrirà il pranzo ai poveri della Caritas diocesana e ai giovani della comunità terapeutica "Saman Calabria". Alle 14.30 visita agli anziani dell’istituto "Casa Serena", quindi il trasferimento a Sibari per la Messa. Alle 18 lascerà la diocesi per fare ritorno in Vaticano.
IL CARDINALE CRESCENZIO PEPE A CONTURSI TERME (SA), PER LA BEATIFICAZIONE DI DON MARIANO ARCIERO.
CONTURSI TERME (SA) - BEATIFICAZIONE DEL SERVO DI DIO DON MARIANO ARCIERO:
NEL "PROGRAMMA PER LA SETTIMANA DAL 17 AL 24 GIUGNO 2012"
SI LEGGE:
Martedì 19 giugno 2012, ore 19,30
Chiesa Madre S. Maria degli Angeli
Solenne concelebrazione eucaristica
presieduta da Sua Eminenza il Cardinale
CRESCENZIO PEPE, Arcivescovo di Napoli
CONTURSI TERME, 24 GIUGNO 2012: MEMORIA E RICONCILIAZIONE, IN RICORDO DI CARMELA CERNERA
LETTERA APERTA A DON SALVATORE SPINGI E AL COMITATO PER LA CELEBRAZIONE DELLA BEATIFICAZIONE DI DON MARIANO ARCIERO (1707-1788)
CARO DON SALVATORE ....
IN AVVICINAMENTO AL BELLO E GRANDE GIORNO DI TUTTA LA COMUNITA’ DI CONTURSI,
UN PENSIERO E UNA PREGHIERA IN MEMORIA DI CARMELA CERNERA
Avendo il Comitato individuato la zona del Tufaro, quale luogo in cui celebrare la beatificazione,
io credo che sia opportuno, bello, e doveroso, risanare prima e cristianamente il luogo dalla
memoria del delitto lì avvenuto nel 1959.
Nel percorso di avvicinamento alla grande giornata dedicata alla beatificazione di don Mariano Arciero, sarebbe bello realizzare un pre-evento: decidere di celebrare una messa, proprio lì al Tufaro, in memoria di Carmela Cernera.
Un atto di memoria e di riconciliazione, credo sia un grande gesto per te e per tutta la cittadinanza di Contursi, per prepararsi ad onorare nel modo più bello la memoria stessa del nostro Beato, don Mariano Arciero.
Mi auguro che la cosa sia possibile e realizzabile, anche con la presenza dell’Arcivescovo Moretti.
Con grande stima e in spirito di affettuosa amicizia,
Accogli i miei più fervidi auguri di
Buona Pasqua e di Buon Lavoro!
Federico La Sala (04.04.2012)
NON AVENDO AVUTO ALCUNA RISPOSTA, SE NON UN GENERICO "CI STO PENSANDO" (IL 20 APRILE 2012), DAL PARROCO DON SALVATORE SPINGI, IO - PERSONALMENTE - DICHIARO CHE IL 24 GIUGNO 2012 NON SARO’ AFFATTO NELLA "ZONA DEL TUFARO", MA SARO’ DAVANTI ALLA CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE (CON LA "MAMMA BELLA" DI DON MARIANO ARCIERO) A RICORDARE LA GIOVANE CITTADINA DI CONTURSI TERME UCCISA NEL 1959. Federico La Sala (11 maggio 2012)
CONTURSI TERME. "Il comitato parrocchiale, guidato dal monsignor Spingi, parroco di Contursi, e il comitato diocesano, presieduto dall’arcivescovo Luigi Moretti, hanno individuato la zona del Tufaro, quale luogo in cui celebrare la beatificazione":
ZONA DEL TUFARO. A quanto pare, i due comitati hanno riacceso i riflettori sul luogo del delitto, ma - da come si sono comportati almeno fino ad ora - le hanno riaccese solo ... per meglio mettere in evidenza la grandissima sensibilità che hanno nei confronti di loro stessi, non del Beato Mariano Arciero e nemmeno dell’intera comunità contursana!
Antonio P.
Caro Antonio P.
quando i contursani e le contursane hanno saputo della scelta del luogo, hanno pensato subito che le ragioni non fossero casuali o solo logistiche, ma che fossero dettate da una bella e buona volontà - in nome di don Mariano Arciero (tornato a Contursi nel 1950) - di risanare le ferite di un momento terribile di tutta la comunità. Ma poi hanno dovuto ricredersi.
Incredibilmente, da parte dei due comitati, c’è stato silenzio assoluto su quanto accaduto nella "zona del Tufaro", nel 1959. La preoccupazione dominante è stata unicamente quella di mettere a punto la macchina organizzativa. Di tutto il resto, niente!
Che dire?! C’è solo da sperare che lo spirito di don Mariano Arciero li illumini alla grande! E che il 24 giuno 2012, la giornata della celebrazione della sua beatificazione, possa essere una giornata memorabile di rinnovamento civile e morale di tutta la comunità locale e di tutta la comunita religiosa (da quella parrocchiale a quella diocesana e a quella vaticana - vista anche la presenza del cardinale Angelo Amato alla cerimonia).
Grazie per l’intervento.
M. saluti,
Federico La Sala
BEATIFICAZIONE:
NEL "PROGRAMMA PER LA SETTIMANA DAL 17 AL 24 GIUGNO 2012"
SI LEGGE:
"Sabato 23 giugno 2012, ore 19.00
Area del Tufaro, Santa Messa prefestiva
a purificazione della memoria del luogo"
«Guardare a Cristo per far nascere stili di vita nuovi, coraggiosi e leali».
Lo scrive monsignor Galantino nel suo primo messaggio pasquale. *
Il sacrificio di Cristo chiama i cristiani ad essere testimoni di fede e di speranza. A convertirsi ed a convertire al bene, ad impegnarsi per l’affermazione del bene comune. Ad essere, come Maria all’annuncio della Resurrezione, «partigiani dell’impossibile».
È l’appello che monsignor Nunzio Galantino, vescovo della Diocesi di Cassano all’Jonio, rivolge alla comunità diocesana nel suo primo messaggio ai fedeli, diffuso in occasione della Pasqua ormai prossima. «Il Calvario - afferma il Pastore della Chiesa cassanese - è luogo della sconfitta, com’è luogo di sconfitta ogni metro quadro di terra ed ogni angolo delle nostre città in cui una persona muore, viene maltrattata, viene scartata. I cristiani sono quelli che, con la loro vita e le loro scelte, fatte perché credono che Gesù è risorto, dicono no: la morte, il maltrattamento, la pratica dell’emarginazione e la malavita non sono la parola ultima. Dalla fede in Gesù risorto nascono stili di vita nuovi, coraggiosi e leali, capaci di far rotolare via i massi che tengono chiusi i sepolcri della nostra vita».
Prosegue monsignor Galantino, richiamando i credenti alla coerenza della loro missione terrena: «Chi a Pasqua canta l’Alleluja, deve sapere che finché le nostre celebrazioni non ci spingeranno a immettere parole e gesti di vita e germi prepotenti di speranza negli spazi che il buon Dio ci affida, le pratiche di morte e di sopraffazione avranno la meglio. E noi, pur cantando i nostri Alleluja, continueremo a contare vittime».
Segue la riflessione: «Credere che Gesù è risorto è avvertire il fastidio di tutto ciò che è morte e porta alla morte; credere che Gesù è risorto è non sopportare la puzza del sepolcro dell’arroganza e della sopraffazione; credere che Gesù è risorto è mettersi in movimento e spendersi per dare la vita, quella che viene da Gesù».
Aggiunge il Presule: «La pietra rotolata via dal sepolcro è stata inizio di vita nuova per i primi amici e discepoli di Gesù perché loro, come Maria all’annunzio dell’angelo, hanno creduto che “a Dio nulla è impossibile”. E noi, credenti in Gesù risorto, siamo chiamati ad essere partigiani dell’impossibile; siamo chiamati a smettere di essere complici delle situazioni di morte».
Quindi, in coda, insieme agli auguri, l’invito all’azione, nel solco degli insegnamenti evangelici: «Quando la Resurrezione di Gesù è vissuta così, oltre ad essere un evento religioso diventerà un progetto nuovo e davvero sconvolgente per la storia. E noi stessi smetteremo di essere gli abusivi dell’allegria o gli allegri a intermittenza per essere uomini e donne credibili in forza delle loro scelte di vita; uomini e donne dei quali ci si può fidare perché spendono la loro vita per illuminare situazioni di tenebre con la luce che viene dal Signore Risorto»
redazione
Recitare o essere? Pensieri tra Quaresima e Pasqua
di don Angelo Casati
Viandanti (www.viandanti.org, 30 marzo 2012)
Mi succede - qualcuno la ritiene una mia ossessione - di avere in sospetto ogni parola che, poco o tanto, sembra recitata, ogni atteggiamento che, poco o tanto, sembra studiato. Si recita una parte. A volte mi sorprendo a guardarmi. E mi chiedo: "Stai recitando? Stai celebrando o recitando? Stai pregando o recitando? Stai predicando o recitando? Stai parlando o recitando?". Nella recita non ci sei. C’è una parte che indossi. Che non è la tua.
Gesù incantava
Gesù non recitava. Forse per questo o anche per questo, incantava. Era autentico, aderente la vita, non a una parte da recitare. E la gente lo sentiva vero. A differenza di altri. A differenza, per esempio, di una certa frangia - non tutti! - di farisei che "recitavano": "Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini. Allargano i loro filatteri, allungano le frange; amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare rabbì dalla gente"(Mt. 23,5-7).
Qualcuno, anche nel mondo ecclesiastico, sconcertato dalla calda umanità di Gesù, tende a presentarla come se il Signore stesse recitando, quasi non gli fosse consentito, in quanto Dio, di crescere, di essere stanco, di non sapere, di amare i banchetti, di desiderare la tenerezza di un bacio o il profumo dell’unguento, di provare paura e solitudine. Quasi recitasse, in tutto ciò una parte non sua. Gesù non ha mai recitato. Era.
Dominante è il ruolo
C’è il pericolo - lo avverto sempre più acutamente e il racconto delle tentazioni di Gesù, all’inizio della Quaresima, lo segnalava - che anche la religione diventi spettacolo, luogo in cui si recita. Strano verbo, questo "recitare", che abbiamo nel nostro linguaggio religioso legato al pregare! Si "recita" una Ave Maria o un Padre Nostro, si "recita" il rosario. È in agguato la recita. La avverti. A volte è nell’aria. A tradirla è un tono affettato, artefatto, poco naturale, studiato.
Aria strana. L’aria di certi raduni ecclesiastici. Volti impassibili, non tradiscono la benché minima emozione. Ci si parla di errori, di cedimenti o di smarrimenti, sono sempre quelli degli altri. L’inquietudine non esiste. Esiste la sicurezza. Si recita la parte di Dio. Mai uno che dica: "Ho peccato". Lo si dice nella Messa, ma per modo di dire. Nessuno che abbia mai fatto un errore. E che lo riconosca. Domina il ruolo. L’impassibilità del ruolo. Impenetrabili, drappeggiati, diplomatici. E senti la distanza. E come se mancasse gente vera. Non sono i volti che cerchi, quelli che ti incantano fuori le mura, volti che non mascherano le stanchezze e le emozioni, volti che confessano l’inquietudine e la lontananza.
Scrive Carlo Maria Martini: "Non di rado mi spavento sentendo o leggendo tante frasi che hanno come soggetto "Dio" e danno l’impressione che noi sappiamo perfettamente ciò che Dio è e ciò che egli opera nella storia, come e perché agisce o in un modo e non in un altro. La Scrittura è assai più reticente e piena di mistero di tanti nostri discorsi pastorali".
Come figli di Dio
Comunità alternativa si diventa vivendo il Vangelo, non recitando la parte del "perfetto". Alternativi diventiamo non mascherandoci dietro il ruolo o dietro il titolo, ma dando trasparenza ai rapporti. Incontrandoci come persone. Come figli di Dio. Questa la più grande dignità che ci è toccata. Non esiste, per un vero credente, altra tanto grande.
Essere Papa, essere Vescovo, essere prete, non vale l’essere figli di Dio. E, se figli, liberi, e quindi non soffocati, non mascherati, non misurati da titoli e da ruoli.Quando Papa Giovanni, poco dopo la sua elezione, si accorse che l’ Osservatore Romano introduceva le sue parole con questa formula di rito: "Come abbiamo potuto raccoglierle dalle auguste labbra di Sua Santità", chiamò il capo redattore e gli disse: "Lasciate perdere queste sciocchezze e scrivete semplicemente: Il Papa ha detto".
La grande sfida
Quale perdita per la società, se la Chiesa, che nel mondo dovrebbe apparire come lo spazio dove risplende la libertà e l’umanità dei rapporti, diventasse luogo di relazioni puramente formali, deboli e fiacche, non sincere e intense.
Rischierebbe l’insignificanza. Verrebbe meno alla grande sfida, all’opportunità che oggi le si offre di tessere in una società ampiamente burocratizzata rapporti autentici e profondi.
E non sarà che alla Chiesa di oggi, e quindi a ciascuno di noi, Dio chieda meno protagonismo, meno organizzazione, meno recite e più vicinanza, più sincerità?
Alla mente ritorna una pagina folgorante dello scrittore Ennio Flaiano, là dove abbozzava un ipotetico ritorno di Gesù sulla terra, un Gesù, infastidito da giornalisti e fotoreporter, come sempre invece vicino ai drammi e alle fatiche dell’esistenza quotidiana: "Un uomo" - scrive - "condusse a Gesù la figlia ammalata e gli disse: "Io non voglio che tu la guarisca, ma che tu la ami". Gesù baciò quella ragazza e disse: "In verità questo uomo ha chiesto ciò che io posso dare". Così detto, sparì in una gloria di luce, lasciando le folle a commentare quei miracoli e i giornalisti a descriverli".