Gotti Tedeschi:
"È stato usato un errore per attaccare il Vaticano"
di Andrea Tornielli (Il Giornale, 22.09.2010)
«Da quando ho assunto la presidenza dello Ior mi sono impegnato con tutto me stesso, secondo le indicazioni ricevute dal Papa e dalla Segreteria di Stato, per rendere ogni operazione più trasparente e in linea con le normative internazionali antiriclaggio... Per questo oggi mi sento davvero umiliato». C’è scoramento ma anche rabbia nelle parole di Ettore Gotti Tedeschi, 65 anni, piacentino, professore di «Etica della finanza» all’università Cattolica, presidente del Santander Consumer Finance, da un anno esatto presidente dell’Istituto per le Opere di Religione, la banca vaticana, e ora indagato per violazione delle norme antiriciclaggio.
L’uomo al quale Benedetto XVI ha affidato il rinnovamento delle finanze della Santa Sede ammira la spiritualità dell’Opus Dei e a chi gli chiede quante ore della sua giornata dedichi a Dio e quante al denaro, risponde: «Cento per cento all’uno e cento per cento all’altro. Dio è sempre presente in tutto quello che faccio». Il Giornale l’ha intervistato.
Qual è stata la sua reazione alla notizia dell’inchiesta sullo Ior e su di lei?
«Amarezza e umiliazione. Non saprei cos’altro dire. Insieme al direttore generale dell’Istituto, Paolo Cipriani, mi sono impegnato nell’affrontare i problemi per i quali oggi vengo indagato. Stiamo lavorando per entrare nella cosiddetta White List, cioè l’elenco dei Paesi che rispettano le norme internazionali antiriciclaggio e contiamo di farcela per dicembre. Ho un eccellente rapporto con la Banca d’Italia e c’è un continuo scambio di informazioni...».
Può spiegare che cosa è successo con il Credito Artigiano e quei 20 milioni di euro diretti a JP Morgan di Francoforte?
«Intanto chiariamo che si tratta di un giroconto Ior su Ior: semplicemente abbiamo trasferito del denaro per investirlo in bond tedeschi». Perché non sono state rispettate le norme antiriciclaggio?
«Noi stiamo attuando le norme. Nel caso oggetto dell’indagine si è trattato di un errore nelle procedure messe in atto con il Credito Artigiano. Ma l’operazione è chiarissima, non c’è nulla di nascosto né da nascondere: soltanto un trasferimento di fondi dello stesso Ior».
La Segreteria di Stato le ha rinnovato totale fiducia...
«Ho incontrato il cardinale Bertone, e l’ho trovato molto preoccupato per quanto accaduto. Sono stato invitato a rimanere al mio posto, anche perché sto facendo esattamente ciò che mi era stato chiesto di fare, cioè rendere sempre più trasparente ogni operazione dello Ior. Questa è la precisa volontà dei miei superiori e per questo considero quanto sta accadendo... quasi contro natura! Un errore di procedura viene usato come scusa per attaccare l’Istituto, il suo presidente e più in generale il Vaticano».
Perché crede che qualcuno voglia attaccare lei o la Santa Sede?
«Mi sembra che dal comunicato della Segreteria di Stato traspaia bene questo senso di stupore. Finiamo nel mirino proprio nel momento in cui stiamo lavorando più alacremente possibile per applicare la norme antiriciclaggio. Bertone ha già nominato il cardinale Attilio Nicola presidente dell’organo di vigilanza interno al Vaticano che dovrà seguire l’applicazione di tutte le norme per la White List. Siamo a disposizione per fornire informazioni, sarebbe bastato chiedercele invece di sbatterci in prima pagina».
IL RETTO AMORE ("CHARITAS") E IL SOFISMA DELLA "FALLACIA ACCIDENTIS"
di Dante Alighieri
A. LA CARITA’ O IL RETTO AMORE
Monarchia, I. 11:
[...] ora il Monarca non ha più nulla da desiderare, poiché la sua giurisdizione è limitata soltanto dall’oceano (il che non si verifica per gli altri prìncipi i cui dominii confinano con altri dominii, come, per es., quello del re di Castiglia, che confina con quello del re di Aragona); quindi il Monarca, tra tutti gli uomini, è il soggetto di giustizia più esente da ogni cupidigia.
Inoltre, come la cupidigia, per quanto piccola sia, offusca l’abito della giustizia, così la carità, cioè il retto amore, lo rende più forte e più illuminato. Perciò, la persona che è capace di raggiungere il più alto grado di retto amore può attingere il massimo livello di giustizia; ora, questa persona è il monarca; quindi, con il monarca si instaura, o può instaurarsi, il massimo di giustizia. Che poi il retto amore produca tali effetti si può dedurre dal fatto che la cupidigia, spregiando il Bene supremo degli uomini, cerca altri beni, mentre la carità, spregiando tutti gli altri beni, cerca Dio e l’uomo, e di conseguenza il vero bene dell’uomo.
E siccome, fra tutti i beni dell’uomo, grandissimo è quello di vivere in pace, come si è detto sopra, e questo bene si raggiunge principalmente ed essenzialmente attraverso la giustizia, questa riceverà grandissimo vigore dalla carità, e tanto più quanto più quest’ultima sarà intensa. Che poi nel monarca debba trovarsi in sommo grado il retto amore degli uomini si dimostra nel modo seguente: ogni oggetto amabile è tanto più amato quanto più è vicino a chi l’ama; ora gli uomini sono più vicini al monarca che agli altri principi; quindi essi sono o debbono essere amati dal monarca più che da ogni altro.
La premessa maggiore è evidente se si considera la natura degli agenti e dei pazienti; la minore è dimostrata dal fatto che agli altri prìncipi gli uomini sono vicini solo in parte, al monarca invece nella loro totalità. Si aggiunga che gli uomini si avvicinano agli altri prìncipi attraverso il monarca e non viceversa, e quindi la cura del monarca verso tutti gli uomini è originaria ed immediata, mentre quella degli altri prìncipi passa attraverso la mediazione del monarca in quanto deriva dalla sua cura suprema. Inoltre, quanto più una causa è universale, tanto più è causa (la causa inferiore infatti non è causa se non in forza di quella superiore, come risulta dal libro «Delle cause»), e quanto più una causa è causa, tanto più ama il suo effetto, poiché tale amore è conseguenza diretta dell’essere causa; ora, il monarca è, tra gli uomini, la causa più universale del loro ben vivere (mentre gli altri prìncipi sono causa attraverso la mediazione del monarca, come si è detto); quindi il monarca ama il bene degli uomini più di ogni altro.
[Per il secondo punto], chi potrebbe mettere in dubbio che il monarca abbia il massimo potere per attuare la giustizia se non colui che non intende che cosa significhi quel nome? Se egli infatti è effettivamente monarca, non può avere nemici. E così è stata sufficientemente dimostrata la premessa minore del sillogismo principale, e pertanto è certa la conclusione che la monarchia è necessaria per un perfetto ordinamento del mondo. (trad. di Pio Gaja)
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[...] 12. Sed Monarcha non habet quod possit optare: sua nanque iurisdictio terminatur Occeano solum: quod non contingit principibus aliis, quorum principatus ad alios terminantur, ut puta regis Castelle ad illum qui regis Aragonum. Ex quo sequitur quod Monarcha sincerissimum inter mortales iustitie possit esse subiectum.
13. Preterea, quemadmodum cupiditas habitualem iustitiam quodammodo, quantumcunque pauca, obnubilat, sic karitas seu recta dilectio illam acuit atque dilucidat. Cui ergo maxime recta dilectio inesse potest, potissimum locum in illo potest habere iustitia; huiusmodi est Monarcha: ergo, eo existente, iustitia potissima est vel esse potest.
14. Quod autem recta dilectio faciat quod dictum est, hinc haberi potest: cupiditas nanque, perseitate hominum spreta, querit alia; karitas vero, spretis aliis omnibus, querit Deum et hominem, et per consequens bonum hominis. Cumque inter alia bona hominis potissimum sit in pace vivere - ut supra dicebatur - et hoc operetur maxime atque potissime iustitia, karitas maxime iustitiam vigorabit et potior potius.
15. Et quod Monarche maxime hominum recta dilectio inesse debeat, patet sic: omne diligibile tanto magis diligitur quanto propinquius est diligenti; sed homines propinquius Monarche sunt quam aliis principibus: ergo ab eo maxime diliguntur vel diligi debent. Prima manifesta est, si natura passivorum et activorum consideretur; secunda per hoc apparet: quia principibus aliis homines non appropinquant nisi in parte, Monarche vero secundum totum.
16. Et rursus: principibus aliis appropinquant per Monarcham et non e converso; et sic per prius et immediate Monarche inest cura de omnibus, aliis autem principibus per Monarcham, eo quod cura ipsorum a cura illa supprema descendit.
17. Preterea, quanto causa est universalior, tanto magis habet rationem cause, quia inferior non est causa nisi per superiorem, ut patet ex hiis que De causis; et quanto causa magis est causa, tanto magis effectum diligit, cum dilectio talis assequatur causam per se.
18. Cum igitur Monarcha sit universalissima causa inter mortales ut homines bene vivant, quia principes alii per illum, ut dictum est, consequens est quod bonum hominum ab eo maxime diligatur.
19. Quod autem Monarcha potissime se habeat ad operationem iustitie, quis dubitat nisi qui vocem hanc non intelligit, cum, si Monarcha est, hostes habere non possit?
20. Satis igitur declarata subassumpta principalis, quia conclusio certa est: scilicet quod ad optimam dispositionem mundi necesse est Monarchiam esse.
B. IL SOFISMA DELLA "FALLACIA ACCIDENTIS"
Monarchia (III. 11):
Gli avversari portano poi un argomento di ragione.
Utilizzando infatti un principio del decimo libro della Metafisica, essi argomentano così:
tutti gli esseri appartenenti ad uno stesso genere si riconducono ad uno, che è misura di tutti gli altri inclusi in quel genere;
ora tutti gli uomini appartengono allo stesso genere;
quindi vanno ricondotti ad uno come misura di tutti quanti.
Se questa conclusione è vera, il Sommo Pontefice e l’Imperatore, essendo uomini, vanno ricondotti ad un solo uomo. Ma poiché non è possibile ricondurre il Papa ad altri, resta che l’Imperatore, insieme a tutti gli altri uomini, deve essere ricondotto al Papa come misura e regola; e così anche con questo ragionamento arrivano alla conclusione da essi voluta.
Per confutare tale ragionamento, ammetto come vera la loro affermazione che «tutti gli esseri appartenenti allo stesso genere debbono ricondursi ad un essere di quel genere, che, nell’ambito di questo, costituisce la misura»; come pure è vera l’affermazione che tutti gli uomini appartengono ad un medesimo genere; ed è vera altresì la conclusione ricavata da tale premessa, che cioè tutti gli uomini vanno ricondotti ad un’unica misura nell’ambito del loro genere. Ma quando da questa conclusione essi inferiscono la conseguenza applicativa nei confronti del Papa e dell’Imperatore, incorrono nella fallacia dell’accidente [40].
Per afferrare bene questo bisogna tener presente che una cosa è essere uomo e un’altra essere Papa, come d’altra parte una cosa è essere uomo e un’altra essere Imperatore, così come una cosa è essere uomo e un’altra essere padre e signore.
L’uomo infatti è quello che è per la sua forma sostanziale, in forza della quale rientra in una specie e in un genere, ed è posto nella categoria della sostanza; il padre invece è tale per una forma accidentale che è la relazione, per la quale rientra in una specie e in un genere particolari, ed è posto nella categoria dell’«ad aliquid», cioè della «relazione». Se così non fosse, tutto si ricondurrebbe - ma ciò è falso - alla categoria della sostanza, dal momento che nessuna forma accidentale può sussistere per se stessa senza il supporto di una sostanza sussistente.
Pertanto Papa e Imperatore essendo ciò che sono in forza di certe relazioni (quelle appunto dell’autorità papale e dell’autorità imperiale, la prima delle quali rientra nell’ambito della paternità e l’altra nell’ambito del dominio), è chiaro che Papa e Imperatore, in quanto tali, devono essere posti nella categoria della relazione e quindi essere ricondotti ad un elemento rientrante in tale categoria. Quindi affermo che altra è la misura cui debbono essere ricondotti in quanto uomini, ed altra in quanto Papa e Imperatore.
Infatti, in quanto uomini, vanno ricondotti all’uomo perfetto (che è misura di tutti gli altri e, per così dire, loro modello ideale, chiunque esso sia), come a quello che è sommamente uno nel suo genere, come si può rilevare dai capitoli finali dell’Etica a Nicomaco. Invece, in quanto sono termini di relazione, allora, com’è evidente, o vanno ricondotti l’uno all’altro (se l’uno è subalterno all’altro o se sono accomunati nella specie per la natura della relazione), oppure ad un terzo elemento come alla loro comune unità.
Ora, non si può affermare che uno sia subalterno all’altro, poiché, in tale caso, l’uno si predicherebbe dell’altro, il che è falso (noi infatti non diciamo che l’Imperatore è Papa e nemmeno viceversa); e neppure si può affermare che siano accomunati nella specie, in quanto l’essenza formale di Papa è diversa da quella di Imperatore in quanto tale. Quindi si riconducono a qualcos’altro, in cui devono trovare la loro unità.
A questo proposito bisogna tener presente che i soggetti delle relazioni stanno tra di loro come le rispettive relazioni. Ora quelle particolari relazioni d’autorità che sono il Papato e l’Impero vanno ricondotte ad una [suprema] relazione d’autorità, da cui quelle discendono con le loro determinazioni particolari; quindi i soggetti di quelle relazioni, cioè il Papa e l’Imperatore, andranno anch’essi ricondotti a qualche soggetto unitario che realizzi la relazione d’autorità nella sua essenza formale, al di fuori di ogni determinazione particolare.
E questo soggetto unitario sarà o Dio stesso, in cui tutte le relazioni particolari trovano la loro unificazione assoluta, oppure una qualche sostanza inferiore a Dio, nella quale la relazione d’autorità, che proviene da quella relazione assoluta, si particolarizza attraverso una differenziazione nel grado d’autorità. E così diventa chiaro che Papa e Imperatore, in quanto uomini, vanno ricondotti ad un elemento comune, mentre, in quanto formalmente Papa e Imperatore, ad un elemento comune diverso. Attraverso questa distinzione si risponde all’argomento di ragione [portato dagli avversari].
MONARCHIA, III. 11:
Ratione vero sic arguunt. Summunt etenim sibi principium de decimo Prime phylosophie dicentes: omnia que sunt unius generis reducuntur ad unum, quod est mensura omnium que sub illo genere sunt; sed omnes homines sunt unius generis: ergo debent reduci ad unum, tanquam ad mensuram omnium eorum.
Et cum summus Antistes et Imperator sint homines, si conclusio illa est vera, oportet quod reducantur ad unum hominem. Et cum Papa non sit reducendus ad alium, relinquitur quod Imperator cum omnibus aliis sit reducendus ad ipsum, tanquam ad mensuram et regulam: propter quod sequitur etiam idem quod volunt.
Ad hanc rationem solvendam dico quod, cum dicunt «Ea que sunt unius generis oportet reduci ad aliquod unum de illo genere, quod est metrum in ipso», verum dicunt. Et similiter verum dicunt dicentes quod omnes homines sunt unius generis; et similiter verum concludunt cum inferunt ex hiis omnes homines esse reducendos ad unum metrum in suo genere.
Sed cum ex hac conclusione subinferunt de Papa et Imperatore, falluntur «secundum accidens». Ad cuius evidentiam sciendum quod aliud est esse hominem et aliud est esse Papam; et eodem modo aliud est esse hominem, aliud esse Imperatorem, sicut aliud est esse hominem, et aliud est esse patrem et dominum.
Homo enim est id quod est per formam substantialem, per quam sortitur spetiem et genus, et per quam reponitur sub predicamento substantie; pater vero est id quod est per formam accidentalem, que est relatio per quam sortitur spetiem quandam et genus, et reponitur sub genere «ad aliquid», sive «relationis». Aliter omnia reducerentur ad predicamentum substantie, cum nulla forma accidentalis per se subsistat absque ypostasi substantie subsistentis: quod est falsum.
Cum ergo Papa et Imperator sint id quod sunt per quasdam relationes, quia per Papatum et per Imperiatum, que relationes sunt altera sub ambitu paternitatis et altera sub ambitu dominationis, manifestum est quod Papa et Imperator, in quantum huiusmodi, habent reponi sub predicamento relationis, et per consequens reduci ad aliquod existens sub illo genere.
Unde dico quod alia est mensura ad quam habent reduci prout sunt homines, et alia prout sunt et Papa et Imperator Nam, prout sunt homines, habent reduci ad optimum hominem, qui est mensura omnium aliorum, et ydea ut dicam quisquis ille sit ad existentem maxime unum in genere suo: ut haberi potest ex ultimis ad Nicomacum. In quantum vero sunt relativa quedam, ut patet, reducenda sunt vel ad invicem, si alterum subalternatur alteri vel in spetie comunicant per naturam relationis, vel ad aliquod tertium, ad quod reducantur tanquam ad comunem unitatem.
Sed non potest dici quod alterum subalternetur alteri, quia sic alterum de altero predicaretur: quod est falsum; non enim dicimus «Imperator est Papa», nec e converso. Nec potest dici quod comunicent in spetie, cum alia sit ratio Pape, alia Imperatoris, in quantum huiusmodi: ergo reducuntur ad aliquid in quo habent uniri.
Propter quod sciendum quod, sicut se habet relatio ad relationem, sic relativum ad relativum. Si ergo Papatus et Imperiatus, cum sint relationes superpositionis, habeant reduci ad respectum superpositionis, a quo respectu cum suis differentialibus descendunt, Papa et Imperator, cum sint relativa, reduci habebunt ad aliquod unum in quo reperiatur ipse respectus superpositionis absque differentialibus aliis.
Et hoc erit vel ipse Deus, in quo respectus omnis universaliter unitur, vel aliqua substantia Deo inferior, in qua respectus superpositionis per differentiam superpositionis a simplici respectu descendens particuletur. Et sic patet quod Papa et Imperator, in quantum homines, habent reduci ad unum; in quantum vero Papa et Imperator, ad aliud: et per hoc patet ad rationem.
NOTA [40]. Il sofisma della fallacia accidentis si ha quando ciò che si dice di un soggetto si fa valere anche per il suo accidente (o viceversa), mentre non necessariamente vale per questo, in quanto sostanza e accidente non sono identici nella loro essenza formale, pur riferendosi allo stesso soggetto. Aristotele fa questo esempio: A è uomo; ora B è diverso da A; quindi B non è uomo, ove la diversità nelle proprietà accidentali individuali (es. uno è biondo, l’altro è bruno) viene erroneamente trasferita alla loro essenza specifica, che invece è identica.
Dante prospetta diffusamente il caso inverso di un’identità essenziale (papa e imperatore in quanto uomini sono identici nella specie) che si vorrebbe trasferire ai loro rispettivi accidenti quali sono le funzioni di papa e imperatore, che invece sono relationes diverse e specificamente contrarie, e quindi non mediabili e non riducibili ad unum o riferibili ad una stessa sostanza, per cui chi li identifica o li assoggetta l’uno all’altro va contro la legge di non-contraddizione e cade nella fallacia accidentis. (traduzione e nota di Pio Gaja)
* Sul tema, nel sito, si cfr.:
"DEUS CARITAS EST". RETTIFICARE I NOMI
RATZINGER ’A SCUOLA’ DEL VISIONARIO SWEDENBORG. Una nota di Leonard Boff e una di Immanuel Kant
La Fenomenologia dello Spirito... dei “Due Soli”.
Ipotesi di rilettura della “Divina Commedia”.
IL "GRANDE RACCONTO" EDIPICO DELLA CHIESA CATTOLICO-ROMANA E’ FINITO
DENARO E PARADISO: AGLI INIZI DEL MODERNO - A BOLOGNA, NEL 1257, IL DENARO SERVIVA PER RESTITUIRE LA LIBERTA’ AI SERVI E ALLE SERVE DELLA GLEBA, OGGI A ROMA SERVE PER ASSERVIRE BAMBINI E BAMBINE, UOMINI E DONNE LIBERE. Cfr.:
Il Papa riceve il presidente dello Ior
"Attestazione di stima e di fiducia"
Fonti della Santa Sede riferiscono di un "incontro al baciamano, davanti a molti testimoni", e lo definiscono "un modo per sottolineare pubblicamente la vicinanza e il sostegno del Pontefice". Gotti Tedeschi -insieme al direttore dello Io, Cipriani- è indagato dalla Procura di Roma per omissioni legate alla normativa anti-riciclaggio
CITTA’ DEL VATICANO - Viene interpretato dai più in Vaticano come una "evidente attestazione di stima e fiducia" da parte del Papa per il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi 1, in questi giorni sotto inchiesta 2, il breve incontro che i due hanno avuto questa mattina. "L’incontro al baciamano, davanti a molti testimoni - osservano fonti riservate - è stato chiaramente un modo per sottolineare pubblicamente, a soli cinque giorni dalla notizia dell’indagine avviata dalla Procura di Roma, la vicinanza e il sostegno da parte del Pontefice all’economista e banchiere scelto pochi mesi fa per guidare l’Istituto Opere religiose 3 in un percorso di totale e irreversibile trasparenza".
Benedetto XVI ha ricevuto Gotti Tedeschi dopo la preghiera dell’Angelus a Castelgandolfo. L’economista era accompagnato dalla moglie e ha presentato al Pontefice il libro Denaro e paradiso. I cattolici e l’economia globale, da lui scritto con Rino Cammilleri con una prefazione del segratario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone.
Il presidente dello Ior e il direttore, Paolo Cipriani, massimi responsabili della banca vaticana, sono indagati dalla Procura di Roma per omissioni legate alla normativa antiriciclaggio. A loro si contesta di non aver fornito indicazione sulla tipologia di due movimentazioni di danaro, 20 milioni di euro destinati all’istituto di credito tedesco J.P. Morgan Frankfurt e 3 milioni alla Banca del Fucino, depositato in un conto presso la sede romana del Credito Agricolo.
In sostanza, lo Ior non avrebbe comunicato per conto di chi (ossia se in proprio o per terzi) avrebbe disposto il trasferimento di quelle somme. Ciò, in base ad una normativa antiriciclaggio del 2007, configura una violazione. Sulla vicenda, sono stati ascoltati alcuni esponenti del Credito Artigiano la cui segnalazione ha messo in moto l’Unità di informazione finanziaria (Uif), con la sospensione delle operazioni, definite "sospette", per cinque giorni, e successivamente la Procura della repubblica.
Gotti Tedeschi "è tranquillissimo", riferiscono le stesse fonti, e "attende serenamente di essere ascoltato in Procura", il che accadrà "entro la settimana".
* la Repubblica, 26 settembre 2010
Bufera sullo Ior. Sfiduciato Gotti Tedeschi Il presidente lascia. Dimissionato dai laici a capo dell’Istituto: «È venuto meno ai suoi doveri»
di Roberto Monteforte (l’Unità, 25.o5.2012)
CITTÀ DEL VATICANO Lo hanno sfiduciato. Il presidente dello Ior, l’Istituto per le opere di religione, professor Ettore Gotti Tedeschi è stato messo alla porta dai cinque laici che compongono il Consiglio di sovrintendenza dell’istituto finanziario vaticano. All’unanimità il vice presidente Ronaldo Hermann Schmitz e da Antonio Maria Marocco, Manuel Soto Serrano e Carl Albert Anderson, tutti ecomomisti di grande prestigio, hanno deciso di non rinnovargli la fiducia. Non è stato un fulmine a ciel sereno.
Da tempo i rapporti all’interno dell’istituto si erano deteriorati, pare proprio per dissensi nell’applicazione della normativa per la trasparenza finanziaria che doveva portare la Santa Sede nella «white list» dei Paesi virtuosi in materia di antiriclaggio. In particolare sul ruolo dell’Aif, l’autorità di informazione finanziaria, alla cui testa è stato messo il cardinale Attilio Nicora. Sulla natura e sui poteri di questa autorità vi sono stati scontri che hanno coinvolto anche la segreteria di Stato e che sono arrivati anche sui giornali. Contrasti vi sarebbero stati pure sulla conduzione degli affari dell’ente gestiti dal direttore generale Paolo Cipriani che con Gotti Tedeschi nel 2010 è stato indagato dalla procura di Roma con l’accusa di riciclaggio.
Non ha voluto neanche confermare la cosa il professore Ettore Gotti Tedeschi. «Preferisco non dire nulla ha detto raggiunto telefonicamente dall’Ansa altrimenti dovrei dire solo brutte parole. Abbiate pazienza». Ma alla fine nel tardo pomeriggio la conferma ufficiale è arrivata dal Vaticano con una nota del direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi.
LA GOVERNANCE
«Il 24 maggio 2012 il Consiglio di Sovrintendenza dell’Istituto per le Opere di Religione si è riunito in sessione ordinaria. Fra i temi in agenda spiega Lombardi -, c’era ancora una volta la governance dell’Istituto. Nel tempo questa ha destato progressiva preoccupazione nel Consiglio e, nonostante ripetute comunicazioni in tal senso al Prof. Gotti Tedeschi, presidente dello Ior, la situazione è ulteriormente deteriorata».
Sta qui la spiegazione della decisione assunta. «Dopo una delibera continua la nota -, il Board ha adottato all’unanimità un voto di sfiducia del Presidente, per non avere svolto varie funzioni di primaria importanza per il suo ufficio». Alla dichiarazione di padre Lombardi segue quella del Consiglio di Sovrintendenza dell’Istituto che dà conto della mozione di sfiducia adottata alle ore 14 nei confronti del presidente Gotti Tedeschi e ne «ha raccomandato la cessazione del suo mandato quale presidente e membro del Consiglio». «I membri del Consiglio continua sono rattristati». Si apre una nuova fase. «Il Consiglio adesso guarda avanti, al processo di ricerca di un nuovo ed eccellente Presidente, che aiuterà l’Istituto a ripristinare efficaci ed ampie relazioni fra l’Istituto e la comunità finanziaria, basate sul mutuo rispetto di standards bancari internazionalmente accettati».
Oggi si riunirà la Commissione cardinalizia di vigilanza presieduta dal segretario di Stato, cardinale Tarciso Bertone per trarre le conseguenze della delibera del Consiglio. Quanto fosse di peso, ascoltato e influente il professore Gotti Tedeschi, già consigliere dell’allora ministro Giulio Tremonti e chiamato nel 2009 da Benedetto XVI a mettere ordine nelle finanze vaticane, lo testimonia anche il recente e contestato libro del giornalista Nuzzi «Sua Santità». Si oppose anche alla costituzione di un polo sanitario Vaticano in Italia al quale lavorava il cardinale Bertone come soluzione al complesso «San Raffaele» di don Verzé.
Lotte di potere. Il presidente dello Ior, Gotti Tedeschi, licenziato dal cardinal Bertone
Ior: il Vaticano scomunica il banchiere di Dio
Vicino a Cl e Opus Dei, aveva promesso di rendere più trasparente la banca del Papa, poi indagato per violazione delle norme sul riciclaggio
di Stefano Feltri (il Fatto, 25.05.2012)
Il Vaticano licenzia Ettore Gotti Tedeschi, il presidente dell’Istituto Opere Religiose, lo Ior, il fondo sovrano dello Stato Pontificio che nei decenni ne ha rappresentato il lato più oscuro. La nota della sala stampa vaticana sottolinea che non si è trattato di dimissioni spontanee: “Il Consiglio di Sovrintendenza dello Ior ha adottato una mozione di sfiducia del presidente Gotti Tedeschi”. Le colpe del banchiere 67enne, professore della Cattolica ed editorialista dell’Osservatore Romano, non sono esplicitate nel comunicato ufficiale. Ma chi frequenta il Vaticano ne ha una lunga lista, così lunga che la cacciata di Gotti era attesa da mesi.
GOTTI TEDESCHI ha commesso alcuni peccati veniali e altri capitali. Nella prima categoria figura l’ineleganza con cui nel 2009, poco dopo la nomina allo Ior, faceva sapere a tutti di aver contribuito all’enciclica della “Caritas in Veritate”, dedicata soprattutto a temi economici. “Non si fa, all’enciclica collaborano in tanti, ma quando viene emanata è solo e soltanto del Santo Padre”, spiegano in Vaticano. Ma Gotti Tedeschi aveva bisogno di ribadire che era allo Ior non in quota del segretario di Stati Tarcisio Bertone, ma in quanto stimato da Joseph Ratzinger in persona.
Altri peccati veniali sono la pervicacia con cui ha sostenuto per anni che la vera soluzione alla crisi economica era nella demografia, fare più figli contro lo spread, lo scarso talento diplomatico: poco dopo la nomina a presidente Gotti ha rotto i rapporti con Intesa SanPaolo. Nell’estate 2010 lo Ior ha cancellato l’usufrutto concesso a Mittel sullo 0,2 per cento del capitale di Intesa e poi ha venduto le quote (eredità dei rapporti ai tempi dell’Ambrosiano). Una vendetta personale di Gotti nei confronti di Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa e di Mittel, finanziaria cattolica bresciana quotata in Borsa e base del potere bazoliano. Così Gotti Tedeschi si è rifatto per aver perso il posto quando Bazoli aveva guidato Intesa a fondersi con il San Paolo, nel cui cda sedeva per conto degli spagnoli del Santander. In Vaticano non hanno apprezzato. Bazoli, come dimostrano le carte pubblicate da Gianluigi Nuzzi in “Sua Santità” (Chiarelettere) è uno che a Natale manda 25mila euro - di Intesa - al Papa, che bisogno c’è di irritarlo?
MA GOTTI sta pagando soprattutto i peccati capitali, relativi alla trasparenza dello Ior e al tentativo di portare il Vaticano fuori dalla lista nera dei paradisi fiscali. Ci sono due punti di vista: Gotti Tedeschi ha esagerato con il tentativo di bonificare lo Ior (questo dicono i suoi sostenitori) e alla fine il cardinal Bertone lo ha rimosso per evitare che troppi segreti cadessero.
Seconda versione: Gotti ha attuato una trasparenza di facciata, perché in Vaticano nessuno ha mai voluto davvero rendere lo Ior un’istituzione limpida. Come ha denunciato il il cardinale Attilio Nicora, presidente dell’Autorità Informazione Finanziaria del Vaticano in dossier rivelato da Marco Lillo sul Fatto, il Papa ha spinto per la trasparenza, poi la legge vaticana ispirata da Bertone ha ridotto i poteri dell’Aif che vigila sul riciclaggio. Quel che è certo è che Gotti Tedeschi ha trascinato lo Ior in una strana vicenda, per la quale è anche indagato: 23 milioni di euro dello Ior che dovevano essere trasferiti all’estero dalla sede romana della banca del Credito Artigiano, 20 milione alla JP Morgan di Francoforte e 3 alla Banca del Fucino.
La Procura di Roma sequestra la somma (poi la restituirà) e indaga Gotti Tedeschi e il direttore generale Paolo Cipriani per violazione delle norme sull’antiriciclaggio. La cosa bizzarra è che il Credito Artigiano una banca legatissima allo Ior, l’allora presidente Giovanni De Censi era nel consiglio dell’istituto vaticano. Eppure è proprio il Credito Artigiano a segnalare l’operazione alla Banca d’Italia. Un pasticcio di Gotti che nei prossimi mesi temeva di veder sancita la permanenza dello Ior nella grey list dei paradisi fiscali. Comunque la si guardi, il banchiere non è riuscito a completare il processo di rinnovamento nello Ior.
Ulteriore peccato capitale di Gotti: prima spinge, in asse con Bertone, per coinvolgere lo Ior nel salvataggio del gruppo dissestato del San Raffaele di don Luigi Verzè, anche per arginare il laico Giuseppe Rotelli. Ma al momento decisivo lo Ior si tira indietro e Rotelli conquista un altro pezzo della sanità lombarda.
SI PUÒ DARE un’altra lettura: in Vaticano Comunione e Liberazione e l’Opus Dei sono in declino, mentre altri movimenti come quello dei Focolarini si stanno rafforzando. Gotti Tedeschi era espressione dell’Opus ma vicino a CL, la sua caduta è quindi sintomo della fine di un’epoca. Per la successione si era parlato di Cesare Geronzi, ma il favorito sarebbe il notaio torinese Antonio Marocco, da poco entrato nel consiglio di sovrintendenza dello Ior, vicino a Bertone.
Il memoriale Gotti Tedeschi
“Vogliono uccidermi”
In casa dell’ex presidente dello Ior, carabinieri e pm trovano un dossier-bomba riservato agli amici:
“Se mi ammazzano, qui ho scritto il perché. In Vaticano ho visto cose da aver paura”
di Marco Lillo (il Fatto, 07.06.2012)
Ettore Gotti Tedeschi temeva di essere ucciso e aveva preparato - come polizza sulla vita - un memoriale sui i segreti dello IOR. L’ex presidente della cosiddetta banca vaticana, dal settembre 2009 al maggio 2012, aveva consegnato un paio di esemplari del dossier agli amici più fidati, con una postilla a voce: “Se mi ammazzano, qui dentro c’è la ragione della mia morte”. Martedì scorso, una copia del dossier sullo IOR è stata trovata dagli uomini del capitano Pietro Raiola Pescarini, il comandante del Nucleo Operativo del NOE, quando i Carabinieri dell’ambiente hanno perquisito l’abitazione di Gotti su delega della Procura di Napoli.
Proprio per approfondire il contenuto del dossier sullo IOR ieri sono decollati alla volta di Milano i vertici della Procura di Roma. I quattro pm, Giuseppe Pignatone e Nello Rossi di Roma, Henry J. Woodcock e Vincenzo Piscitelli di Napoli, hanno interrogato per tre ore e mezza l’ex presidente dello IOR, visibilmente impressionato dalle informazioni raccolte dagli investigatori, anche grazie alle intercettazioni.
Padre Georg e Bertone
I pm sono in possesso persino di conversazioni che riguardano il segretario del Papa, Georg Ganswein e il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, su argomenti delicatissimi. Inoltre a casa di Gotti Tedeschi sono stati trovati una serie di dossier su personaggi importanti che potrebbero avere avuto rapporti con il banchiere e con lo IOR. Centinaia di pagine che sono state fotocopiate, nome per nome, dossier per dossier, e consegnate ai pm romani. Al termine di questo primo interrogatorio, che si è tenuto nella caserma del NOE immersa nel verde di via Pasuvio, alla periferia di Milano, concluso alle 18 anche per la stanchezza di Gotti Tedeschi, i magistrati si sono aggiornati a nuovi separati appuntamenti con il banchiere nella veste di indagato a Roma e di testimone a Napoli. I pm di Roma hanno preso le carte attinenti alla loro indagine sulla violazione formale delle norme antiriciclaggio da parte dello IOR che sonnecchiava da un anno e mezzo, dopo il dissequestro di 23 milioni dello IOR, e che sembrava destinata all’archiviazione, per Ettore Gotti Tedeschi.
La svolta è arrivata dopo le perquisizioni ordinate all’insaputa della Procura di Roma che indagava sullo IOR dal 2010. Dopo l’interrogatorio di martedì condotto dai pm di Napoli (che dovrebbero indagare su Finmeccanica) era montata una certa “sorpresa” dei titolari dell’inchiesta romana, il procuratore aggiunto Nello Rossi e il sostituto Stefano Rocco Fava. Una serie di telefonate tra due magistrati di grande esperienza come il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il reggente della Procura di Napoli, Alessandro Pennasilico, avevano stemperato gli animi. Martedì sera è stato organizzato un interrogatorio congiunto di Gotti Tedeschi nella veste di indagato alla presenza del suo avvocato.
Le carte trovate a casa di Gotti sono considerate di grande rilievo investigativo. Non capita tutti i giorni che un procuratore capo di Roma, per di più protetto con il massimo grado di allerta per le sue inchieste a Palermo e Reggio, si sposti in aereo dalla sera alla mattina. E non capita tutti i giorni che si faccia accompagnare dal comandante del Noe dei Carabinieri, il colonnello Sergio De Caprio, alias Ultimo. Così (insieme con Nello Rossi) il procuratore che ha arrestato Provenzano e il carabiniere che ha messo i ceppi a Riina, sono volati a Milano per interrogare, non Matteo Messina Denaro, ma l’ex banchiere del Papa.
L’odore dei soldi
Un risultato inatteso dell’azione dei pm partenopei Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio che ex ante cercavano le prove del riciclaggio della presunta mazzetta da 10 milioni di euro, in ipotesi girata dal presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi alla Lega Nord e a Cl in occasione della vendita da 560 milioni di 12 elicotteri della controllata Agusta-Westland, al Governo Indiano. Le carte sullo IOR sono emerse a sorpresa inseguendo questa mega-tangente, negata dai protagonisti, che per ora esiste solo nei racconti dell’ex direttore centrale Finmeccanica Lorenzo Borgogni.
Indagando su Orsi, i pm napoletani si sono imbattuti nei primi mesi dell’anno nel suo amico Gotti Tedeschi che proprio in quel momento era al centro di uno scontro di potere epocale all’ìnterno del Vaticano. Se Orsi confidava a Gotti Tedeschi i suoi problemi con le inchieste giudiziarie, l’amico banchiere aveva problemi ben maggiori all’interno del Vaticano. Nelle sue lunghe conversazioni di questi giorni con gli amici Gotti Tedeschi aveva confidato di avere scoperto in Vaticano cose di cui aver paura. Stimava sempre il Papa ma si fidava ormai di pochissime persone Oltretevere, come il presidente dell’AIF, l’Autorità Antiriciclaggio con la quale aveva cercato di fare sponda per aprire gli archivi segreti dello IOR, il Cardinale Attilio Nicora.
E poi il segretario del Papa George Ganswein, al quale cercava di spiegare perché la linea del segretario di stato Tarcisio Bertone, contraria ad aprire all’autorità giudiziaria italiana i segreti dei conti IOR, fosse miope e sbagliata. “Se seguiamo la linea di Bertone, non usciremo mai dalla black list”, spiegava ai suoi interlocutori Gotti Tedeschi, aggiungendo che forse era proprio quello che volevano i cardinali. Perché così potevano continuare a nascondere la verità alle autorità italiane.
La sensazione è che Gotti Tedeschi nella contesa dello IOR, almeno da quanto emerso dagli atti di indagine dei magistrati napoletani, abbia svolto un ruolo positivo, opponendosi alle lobby contrarie alla trasparenza. E forse anche per questo temeva per la sua vita.
La scorta
Si potrebbe pensare a un eccesso di preoccupazione dettata dallo stress se non fosse per i precedenti sinistri. Gotti Tedeschi era soprannominato “il banchiere del Papa” e temeva di fare la fine del “banchiere di Dio”: Roberto Calvi, ucciso e impiccato con una messinscena al ponte dei Frati neri di Londra.
Negli ultimi mesi Gotti Tedeschi aveva assoldato una scorta privata e si era rivolto a un’agenzia di investigazione per avere protezione. Sapeva bene però che i vigilantes non rappresentavano per lui una garanzia di sopravvivenza. La sua polizza sulla vita erano le carte che aveva maneggiato, i segreti che custodiva. Per questa ragione aveva stilato il memoriale. Non immaginava però che sarebbe finito nelle mani della giustizia italiana.
La guerra fredda tra Opus Dei e lobby Usa
Dalla legge antiriciclaggio al dominio sulle finanze
Il ruolo dei Cavalieri di Colombo
di M. L. (il Fatto, 07.06.2012)
L’interrogazione parlamentare porta la firma di due deputati del Pdl vicini all’Opus Dei, proprio come l’ex presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi. Alfredo Mantovano e Alessandro Pagano ieri hanno interpellato il ministro della Giustizia Paola Severino sull’attività svolta nelle ultime ore dai pm di Napoli nei confronti dell’ex banchiere del Papa. L’ex sottosegretario agli Interni e il suo collega siciliano, recentemente condannato in appello a 5 mesi per abuso di ufficio, hanno chiesto chiarimenti “se Gotti Tedeschi sia stato sottoposto a perquisizione nella propria abitazione a Piacenza e nel proprio studio a Milano senza essere formalmente indagato”.
I parlamentari si chiedono se “uno strumento così invasivo non poteva essere evitato, o quanto meno preceduto, da un invito a mettere a disposizione i documenti”. Insomma i deputati del Pdl avrebbero preferito una telefonata dei pm per avvertire il banchiere di cosa stavano cercando e magari permettergli di nascondere i documenti. Mantovano e Pagano poi vagheggiano di un “tentativo di una articolazione della magistratura italiana di intromettersi in attività di un organismo di uno Stato estero”.
A proposito di intromissioni forse è il caso di notare che il ministro interrogato, Paola Severino, era fino a pochi mesi fa l’avvocato di Ettore Gotti Tedeschi. L’interrogazione di Mantovano-Pagano fa riflettere sul ruolo degli amici dell’Opus Dei in questa storia a cavallo tra Italia e Vaticano.
DAGLI ATTI dell’indagine è possibile intravedere uno scontro titanico tra l’Opus Dei e i Cavalieri di Malta per contendersi l’influenza sulle finanze vaticane. Gotti Tedeschi è un uomo chiave del sistema Opus Dei, consigliere dell’Alerion dell’O-pus Dei Pippo Garofano, socio del fondo F2I di Vito Gamberale, del quale Gotti è consigliere. Ma soprattutto Gotti, a partire dagli anni Novanta, è il rappresentante in Italia del Banco Santander di Emilio Botin. Banchiere spagnolo potentissimo legato, anche per via di una sorella, all’onnipresente Opus Dei.
E non è un mistero che il nemico numero uno di Gotti, l’uomo che ne ha chiesto e ottenuto la testa al cospetto del Segretario di Stato e del Papa, è Carl Anderson, Consigliere Supremo, cioé capo, dell’Ordine dei Cavalieri di Colombo. Anche Anderson, il segretario americano del board dello IOR che ha firmato la cacciata del banchiere piacentino, ha alle spalle un colosso. L’Ordine da lui guidato è stato fondato nel 1882, ha base nel Connecticut e vanta un patrimonio di 17 miliardi di dollari e 1,8 milioni di iscritti. Dietro la contesa sulla governance dello IOR e sulle scelte da fare di fronte alle richieste di cooperazione giudiziaria da parte italiana, se ne staglia una seconda ben più importante.
I Cavalieri di Colombo, secondo la lettura offerta da parte degli amici di Ettore Gotti Tedeschi e registrata agli atti dagli investigatori, farebbero parte di una sorta di associazione di fratellanza simile alla massoneria che avrebbe però proprio il compito di fronteggiare l’incremento del peso dei massoni nella Chiesa. Secondo questa lettura, Gotti Tedeschi sarebbe rimasto vittima del potere crescente dei Cavalieri e degli Stati Uniti nella Segreteria di Stato. È americano anche l’uomo chiave della partita che il Vaticano sta giocando sullo scacchiere europeo per uscire dalla lista nera dei paesi poco affidabili sotto il profilo dell’antiriciclaggio, quell’avvocato Jeffrey Lena che - dopo aver gestito oltreoceano le cause per i casi di pedofilia - grazie al suo legame con lo Studio legale Grande Stevens di Torino, è diventato il punto di riferimento della Segreteria di Stato anche per le questioni legali che affliggono lo IOR.
IL 4 LUGLIO prossimo nella sezione plenaria dell’organismo europeo Moneyval che si terrà a Strasburgo si deciderà il destino dello Stato Vaticano, la delegazione vaticana sarà guidata formalmente dal cardinale Ettore Balestrero ma sostanzialmente è Lena l’uomo che menerà le danze. E, se l’avvocato della Fiat, Franzo Grande Stevens, era il legale al quale si rivolgeva lo Ior per eludere le richieste del pool di Mani Pulite sul destino della mazzetta Enimont nel 1993, il duo formato da Lena e da Michele Briamonte, sempre dello Studio Grande Stevens, oggi consiglia il Vaticano sulle strategie da adottare per rispondere alle richieste della magistratura italiana.
Il dossier segreto nelle mani del Papa
di Marco Lillo (il Fatto Quotidiano, 8 giugno 2012)
Se mi succede qualcosa fate arrivare questo memoriale con tutte le carte allegate sulle questioni di cui mi sono occupato negli ultimi tempi al mio amico avvocato (...), al giornalista del Corriere della Sera, Massimo Franco e anche al Papa, tramite il suo segretario don Georg Ganswein. Queste erano le volontà apposte a margine del memoriale scritto da Ettore Gotti Tedeschi e trovato a Milano dai pm di Napoli. L’ex presidente dello IOR, rimosso all’improvviso dall’incarico era impaurito per la sua vita. Durante la battaglia durissima che lo aveva contrapposto alla Segreteria di Stato sulla questione della normativa anti-riciclaggio aveva consegnato alla sua segretaria una copia del memoriale con le carte più scottanti.
Oltre all’originale, trovato in casa del banchiere a Piacenza, i Carabinieri del Noe coordinati dal capitano Pietro Raiola Pescarini, martedì hanno trovato una seconda copia nell’ufficio di Gotti Tedeschi presso la sede del Banco Santander di Milano in via Boito, a due passi dalla Scala. I Carabinieri sono sobbalzati leggendo l’appunto: Gotti Tedeschi temeva davvero di potere essere ucciso. Lo si comprende dal livello dei destinatari del dossier che aveva preparato per spiegare le ragioni di un’eventuale morte sospetta.
Il banchiere pensava di far conoscere all’opinione pubblica i retroscena delle lotte intestine del Vaticano mediante uno dei giornalisti più importanti del Corriere della Sera come Massimo Franco. Il notista del principale quotidiano italiano negli ultimi tempi si era occupato a più riprese di Gotti e del Vaticano. Il giorno dopo la perquisizione era uscito sul Corriere un suo articolo nel quale si legge: “Gotti Tedeschi conosce ogni documento e i suoi avversari sanno che sa. Forse la spiegazione più plausibile è che aspetta un cenno dal Papa”.
E proprio al Papa, Gotti voleva fosse consegnato il memoriale che in realtà si compone solo di due pagine più decine di fogli allegati che ne costituiscono la parte più esplosiva. Nell’introduzione sono schematizzati gli avvenimenti più delicati nei quali il banchiere aveva avuto un ruolo di protagonista o di testimone. In corrispondenza di ogni passaggio delicato, nel breve memoriale c’era un rimando a un documento o a un appunto che precisava nel dettaglio gli avvenimenti sommariamente descritti. I magistrati di Napoli hanno sequestrato nell’ufficio del Santander, oltre ai contratti dei finanziamenti elargiti dalla banca spagnola a Finmeccanica, anche un intero armadio contenente 47 faldoni, più due computer. Tutto questo materiale è stato sigillato ed è a disposizione degli inquirenti che però ne prenderanno visione solo nei prossimi giorni, alla presenza del difensore e dei suoi consulenti.
L’inchiesta dei pm napoletani Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio riguarda le presunte mazzette pagate secondo l’accusa (partita dalle rivelazioni dell’ex direttore centrale di Finmeccanica Lorenzo Borgogni) a Lega e Cl in occasione della vendita al governo indiano di 12 elicotteri Agusta Westland nel 2010. E per questa ragione tutte le carte che, invece, sono inerenti allo IOR, saranno trasmesse alla Procura di Roma dove è aperto dal 2010 un fascicolo che vede indagati il presidente Gotti Tedeschi e il direttore generale Paolo Cipriani per violazione della normativa anti-riciclaggio. Da questa indagine ne è nata una seconda che vede indagati alcuni prelati per riciclaggio ma non il presidente Gotti Tedeschi. Proprio su questo secondo filone si concentrano il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Nello Rossi e il sostituto Stefano Fava. E, proprio nell’ambito di questa indagine per riciclaggio, Gotti Tedeschi sta collaborando. L’ex presidente dello IOR non aveva un ruolo operativo e infatti a lui si contesta solo la violazione minore degli obblighi formali e non i singoli episodi, puniti più pesantemente, di presunto riciclaggio. Gotti ha accettato di parlare mercoledì scorso con i pm romani che avevano la copia del memoriale e delle lettere trovati dai colleghi napoletani sul tavolo.
L’avvocato Fabio Palazzo però precisa che nel memoriale “Gotti Tedeschi non fa riferimento a nessun caso di riciclaggio, ma parla di come risolvere problemi relativi ai conti, adottando adeguate procedure anti-riciclaggio, che se applicate, avrebbero consentito al Vaticano di entrare nella white list, e che qualcuno aveva ostacolato, o comunque ne aveva criticato l’applicazione”. Per il legale dell’ex presidente dello IOR “Gotti Tedeschi non era a conoscenza di nessun caso di riciclaggio”.
“Disfunzioni psicopatologiche Gotti Tedeschi va cacciato”
di Marco Lillo (il Fatto Quotidiano, 9 giugno 2012)
I documenti che pubblichiamo in esclusiva oggi sarebbero una buona base per un legal thriller dentro le mura leonine. Nemmeno John Grisham e Dan Brown avevano ipotizzato la seguente scena descritta in una delle lettere: Pietro Lasalvia, ‘psicoterapeuta e ipnoterapeuta’, come scrive nell’incipit della sua roboante carta intestata (nella quale prosegue vantando le seguenti specializzazioni: “psicoterapia occupazionale; perfezionato in psichiatria di consultazione, e clinica pscicosomatica; specializzazione in psicoterapia; iscritto nell’elenco degli psicoterapeuti presso l’Ordine dei medici; professore a contratto presso il corso di laurea nella professione sanitaria, seconda facoltà di medicina e chirurgia La Sapienza”) nel marzo scorso arriva a scrivere una sorta di diagnosi a scoppio ritardato sul conto del presidente dello IOR. Lasalvia è un medico che si occupa della salute sul lavoro dei dipendenti dello IOR ed è in ottimi rapporti con Paolo Cipriani, il direttore generale, il vero uomo forte dello IOR, che è in forte contrasto con Gotti Tedeschi.
La festa di Natale
Prima delle feste di Natale 2011 viene invitato a un rinfresco allo IOR e, casualmente, per tutta la serata osserva a sua insaputa il comportamento del presidente dello IOR sotto il profilo medico per poi stilare un rapportino che finisce però solo tre mesi dopo, casualmente quando infuria lo scontro su Gotti, tramite la direzione generale dello IOR, sul tavolo della Segreteria di Stato. Questa sorta di certificato diventa così un’arma che i nemici del presidente brandiscono sulla sua testa e che dà forza e fondamento medico ad altri due documenti che pubblichiamo: la lettera del segretario del consiglio dello IOR Carl A. Anderson e la missiva del vicepresidente Ronaldo Hermann Schmitz. Entrambe le lettere dei due uomini forti dello IOR sono dirette a Tarcisio Bertone e contengono accuse pesantissime a Gotti Tedeschi.
Complotto giudaico-massonico
Le due lettere sono scritte alla vigilia del consiglio del 24 maggio che segnerà la sfiducia e la cacciata di Gotti Tedeschi e sono indirizzate al ‘primo ministro’ del Vaticano per chiedere la testa di Gotti.
Nei giorni precedenti Gotti Tedeschi ha scritto una lettera al cardinale Tarcisio Bertone per affermare una tesi che non nasconde anche nei colloqui con alti prelati e personaggi delle istituzioni italiane. Il presidente dello IOR (che teme per la sua vita) sa di avere i giorni contati alla presidenza dello IOR. Con Bertone e i suoi referenti in Curia punta il dito contro un complotto massonico che vorrebbe farlo fuori. Indica anche i nomi dei suoi presunti nemici. Tra questi personaggi molto influenti non solo in Vaticano, come il notaio Antonio Maria Marocco di Torino, che in realtà è molto vicino al cardinale Tarcisio Bertone da decenni.
Il presidente dello IOR poi cita l’avvocato Michele Briamonte dello studio Grande Stevens, che sarebbe secondo lui vicino alla lobby ebraica perché è uno dei fondatori della camera di commercio Italo-israeliana della quale per la verità fanno parte anche personaggi di primissimo piano della vita pubblica italiana. I rapporti sono tesi con Gotti Tedeschi da quando aveva fatto dichiarazioni imprudenti, secondo la Segreteria di Stato, con la Procura di Roma, ammettendo l’esistenza de conti cifrati nello IOR.
Un mistero custodito con cura per decenni era stato spiattellato in un verbale dal presidente della Banca più riservata del mondo.
La fine
Da quel momento la fine di Gotti è segnata. Poi c’è il braccio di ferro a dicembre del 2011 sulla legge antiriciclaggio e i rapporti si fanno ancora più tesi quando le carte escono sul Fatto. Ma la goccia che fa traboccare il vaso è quando il neo nominato presidente del Monte Paschi di Siena, Alessandro Profumo, va a fare visita a Gotti Tedeschi e gli riferisce di avere ricevuto confidenze da personaggi influenti in Segreteria di Stato che Gotti Tedeschi di lì a pochi giorni sarà fatto fuori. Come a dire: “non parlargli di cose delicate che ormai non conta più nulla”.
Gotti Tedeschi viene fatto fuori il 24 maggio. Due giorni prima il vicepresidente Hermann Schmidt, che ora è diventato presidente scrive al Segretario di Stato Tarcisio Bertone: “Mi aspetto con fiducia che Sua Eminenza ponga fine immediatamente al mandato del presidente Gotti. Non desidero continuare a prestare servizio in un Consiglio con Gotti Tedeschi. Pertanto nel caso in cui il presidente non fosse sollevato dall’incarico dopo un voto di sfiducia da parte del Consiglio, rassegnerò le dimissioni entro e non oltre la fine di maggio 2012”.
Nelle stesse ore il segretario del consiglio Carl A. Anderson scrive “Sono giunto alla conclusione, dopo molte preghiere e riflessioni, che Gotti Tedeschi non sia in grado di guidare l’Istituto in tempi difficili come questi”. Le due lettere vanno lette alla luce del comunicato stampa di ieri del Vaticano. Il bollettino della Santa Sede, dopo la premessa banale sulla “sorpresa e preoccupazione per l’inchiesta” lancia un avvertimento allo Stato italiano “la Santa Sede ripone la massima fiducia nell’autorità giudiziaria italiana che le prerogative sovrane riconosciute alla Santa Sede dall’ordinamento internazionale siano adeguatamente vagliate e rispettate”.
Poi, dopo la conferma dell’appoggio incondizionato al direttore generale dello IOR Cipriani, che Gotti Tedeschi avversava (“la Santa Sede conferma inoltre la sua piena fiducia nelle persone che dedicano la loro opera con impegno e professionalità all’Istituto per le Opere di Religione e sta esaminando con la massima cura l’eventuale lesività delle circostanze, nei confronti dei diritti propri e dei suoi organi”) arriva la parte più interessante, dedicata a Gotti Tedesch:. “Si ribadisce, infine, che la mozione di sfiducia adottata nei confronti del Prof. Gotti Tedeschi da parte del Consiglio di Sovrintendenza è stata fondata su motivi oggettivi, attinenti alla governance dell’Istituto, e non determinata da una presunta opposizione alla linea della trasparenza, che anzi sta a cuore alle Autorità della Santa Sede, come allo IOR”.
Le perquisizioni
La linea di contrattacco del Vaticano dopo la perquisizione e il primo interrogatorio all’ex presidente dello IOR è arrivata ieri con un bollettino chiarissimo: Ettore Gotti Tedeschi non è stato cacciato dallo IOR perché voleva la trasparenza dei conti bancari e dei loro reali intestatari. I pm italiani non si azzardino a violare le prerogative dello Stato Vaticano andando dietro alle sue accuse, ai suoi memoriali, alle sue paure di essere ucciso e magari alle liste di conti correnti cifrati intestati ai vip laici che potrebbe avere compilato. Con il comunicato ufficiale emanato dalla Santa Sede ieri pomeriggio lo scontro tra Italia e Città del Vaticano sale di livello.
25mila correntisti
E le carte che oggi pubblichiamo in esclusiva dimostrano quanto è duro lo scontro interno al Vaticano tra le due fazioni che si sono contrapposte sulla legislazione dei presidi contro il riciclaggio dentro la Città del Vaticano. La posta è enorme. Lo Ior amministra in depositi una cifra che dovrebbe oscillare attorno ai 9 miliardi di euro di patrimonio. Ci sono 25 mila correntisti laici e questa indagine della magistratura italiana rischia di svelare anche i nomi dei vip. La vera partita in gioco è quella dei “conti laici anomali”, quelli dei quali Ettore Gotti Tedeschi ha parlato con i magistrati.
Tra le carte sequestrate a casa e nell’ufficio del banchiere ci sono anche elenchi di nomi di personaggi importanti, anche della politica, che potrebbero avere il conto presso lo IOR. Quella lista trovata a casa di Gotti Tedeschi sarebbe frutto di una sua ricerca. Probabilmente non si tratta di carte ufficiali o di contabili bancarie con il timbro IOR, perché a quelle il banchiere non aveva accesso. Bensì di informazioni che probabilmente aveva raccolto informalmente.
Comunque sia, quella lista fa paura perché potrebbe incrinare il muro di anonimato dello IOR. E ancora di più fanno paura Oltretevere le inchieste che potrebbero nascere dalle accuse dell’ex presidente dello IOR che pare disposto a collaborare. Per questa ragione ieri è arrivato i primo avvertimento, le lettere e i documenti inerenti all’attività della Banca del Vaticano non devono essere usate contro i manager IOR indagati dalla Procura di Roma, a partire da Paolo Cipriani. E non manca un messaggio per Gotti Tedeschi: la smetta di atteggiarsi a vittima della lobby ‘giudaico-massonica’ favorevole alla scarsa trasparenza bancaria. E non si azzardi a collaborare con i pm di Roma e Napoli, come sembra intenzionato a fare dopo essere stato scaricato da tutti Oltretevere, perché altrimenti ce ne sarà anche per lui.
Segrete stanze
La Segreteria di Stato ieri con il suo comunicato ha voluto lanciare il primo messaggio perché sia chiaro a tutti che il presidente dell’Istituto Opere Religiose non è entrato in lotta di collisione con il Segretario di Stato Tarcisio Bertone perché voleva svelare alle autorità italiane chi c’era dietro i conti cifrati della banca vaticana. Il banchiere è stato accompagnato alla porta il 24 maggio con una lettera del Cavaliere Supremo dell’Ordine dei Cavalieri di Colombo Carl A. Anderson perché non sapeva fare il presidente ed era anche un po’ fuori di testa. Così si regolano le faccende in Vaticano