COMUNITA’ 2009. Festival di filosofia ....

DALLA COMUNITA’ ("DIO CON NOI" - "GOTT MIT UNS") ALLA DEMOCRAZIA (DEL "COMUNE", SENZA "UNITA’" E "SOVRANITA’"?!). «Avec (con)»: Jean-Luc Nancy, seguendo un "segnavia" di Heidegger, cerca la strada per uscire dalla "selva nera" (e dalla "caverna"). Un’anticipazione della lezione magistrale che terrà a Sassuolo, domenica 20 settembre - a cura di Federico La Sala

A seguire, una recensione di Ida Dominijanni di un saggio del filosofo, "Verità della democrazia".
sabato 12 settembre 2009.
 



-  Il celebre pensatore francese riflette sul tema della comunità, al centro della rassegna di Modena, Carpi e Sassuolo

-  Io e gli altri
-  Il «senso d’essere» nascosto in un piccolo grande «con»

-  di Jean-Luc Nancy (Corriere della Sera, 12.09.2009)


Se pronuncio le parole «comunità », «comunismo», «comunione», «compassione», «commemorazione», per limitarmi a questo breve elenco, pronuncio tutte parole impor­tanti, piene di valori e di connota­zioni, cariche di storia e di pensie­ro. Nessuno presta attenzione al pre­fisso che queste parole hanno in co­mune, a quel com che per l’appunto è talmente comune che non c’è mo­tivo di soffermarvisi...


Eppure, non dovrebbe richiama­re subito la nostra attenzione il fat­to che «comune» può caricarsi di due significati così differenti, indi­cando sia un raggruppamento sia qualcosa di ordinario, sia una riunione di persone sia qualcosa di ba­nale?
Non mi soffermerò oggi sull’intri­gante connubio di questi due aspet­ti del «comune». Per farlo, infatti, è necessario anzitutto avere prestato la giusta attenzione al «com» stes­so. Su questo cum che il latino ci ha lasciato in eredità, dopo il syn greco che pure ritroviamo all’inizio di pa­role importanti come «sintesi», «simpatia», «simbolo».


«Con» è una categoria molto po­vera nella storia del nostro pensie­ro. In realtà, solo un filosofo - se non mi sbaglio - ne ha tratteggia­to la valenza specifica: si tratta di Heidegger quando ha parlato del Mitsein (con-essere) e del Mitda­sein (con-esserci). Heidegger, nel paragrafo 26 di «Essere e tempo», inaugura una prospettiva fino a quel momento inedita: egli non so­lo afferma che l’esistente è necessa­riamente, ontologicamente un co-esistente («mit» vuol dire «con», «cum»). Per dare a questa te­si tutto il suo rilievo, afferma anche che il «con» costitutivo dell’esisten­te deve essere inteso «non in modo categoriale, bensì esistenziale». Ciò significa che occorre trattarlo non come una semplice determinazione estrinseca, ma come una condizio­ne intrinseca della possibilità stessa dell’ek-sistenza, ossia niente meno che come la messa in gioco del sen­so stesso dell’essere o del senso d’essere.


In quanto semplice categoria, «con» è collegato a «anche» e si tro­va per noi relegato per lo più nell’ambito dell’esteriorità e dell’acci­dentalità: io sono con voi in questa sala, per effetto di svariate circostan­ze, come delle automobili sono le une insieme alle altre in un parcheg­gio. Si può parlare a questo riguar­do di giustapposizione, di prossimi­tà spaziale, tutt’al più di correlazio­ne.


Le cose vanno diversamente quando, in francese, diciamo che «X è con Y», perché intendiamo di­re che essi formano una coppia, che condividono la loro vita.
E tuttavia, siamo pronti a dichia­rare che la nostra presenza insieme in questa sala non si risolve in una semplice giustapposizione. Non sia­mo - ci verrebbe da dire - una fol­la al binario di una stazione. Abbia­mo delle ragioni comuni per trovar­ci qui riuniti. Ora, anche una folla ha delle ragioni per fare folla; se poi - quando si forma - subisce degli eventi particolari (uno sciopero dei treni), avvengono dei comporta­menti, nascono dei rapporti, anche fugaci, che eccedono la semplice giustapposizione inanimata.
E possiamo dire di più, anzi dob­biamo: siamo al mondo con le mon­tagne, gli alberi, i pesci, i lupi, così pure con le macchine, le costruzio­ni, le istituzioni che abbiamo crea­to. Questo «con» più generale, la co-presenza di tutti gli enti, deve es­sere intesa come semplicemente «categoriale»? Ma allora che cosa vuol dire il «mondo», se questa pa­rola deve designare una possibilità di senso (questa, all’incirca, la defi­nizione che ne dà Heidegger)?
È proprio vero dunque che biso­gna pensare il «con» come «esisten­ziale » e non come «categoriale».

Il problema è che Heidegger non ha del tutto sviluppato questa necessi­tà. O, meglio, lo ha fatto facendo pas­sare per forma «autentica» o «pro­pria » del «mit» quella della comuni­tà di un popolo (molto più avanti nel­la stessa opera). E il suo smarrimen­to politico ha tratto origine da lì.


La posta in gioco è allora notevo­le: pensare il «con» ad altezza «esi­stenziale » significa allo stesso tem­po pensare due cose: la possibilità del senso - ovvero di ciò che in ef­fetti Heidegger chiama il «senso del­l’essere», ma che sarebbe meglio di­re, se lo si comprende a fondo, «sen­so d’essere» (il senso che c’è ancora da essere, da essere al mondo e da essere un mondo) - e la necessità di una politica non dominatrice (una «democrazia», se si vuole, ma questo termine richiederebbe altre considerazioni).

* 

Traduzione dal francese di Gianluca Valle © Consorzio per il festivalfilosofia

-  Questo testo è un’anticipazione della lezione magistrale intitolata «Avec (con)» che Jean-Luc Nancy terrà a Sassuolo, domenica 20 settembre, nell’ambito del festivalfilosofia 2009, sul tema della comunità


Sul tema, nel sito, si cfr.:

-  Gott mit uns (Wikipedia)

-  HEIDEGGER, IL FILOSOFO DEL "CATTOLICESIMO" NAZISTA, CERCA L’USCITA DALLA CAVERNA HITLERIANA.

-  JEAN-LUC NANCY (Wikipedia)

-  LA DISCHIUSURA. DECOSTRUZIONE DEL CRISTIANESIMO.
-  Dischiudere dunque i confini tra filosofia e religione, rompere l’abbraccio mortale che li lega e portare alla luce ciò che li accomuna. L’indicazione di Jean-Luc Nancy

-  LO PSEUDO-DIONIGI AREOPAGITA, I NOMI DI DIO, E IL FALSO E BUGIARDO CRISTIANESIMO ED ECUMENISMO RATZINGERIANO.

-  MA DOVE SONO I FILOSOFI ITALIANI OGGI?!
-  POCO CORAGGIOSI A SERVIRSI DELLA PROPRIA INTELLIGENZA E A PENSARE BENE "DIO", "IO" E "L’ITALIA", CHI PIU’ CHI MENO, TUTTI VIVONO DENTRO LA PIU’ GRANDE BOLLA SPECULATIVA DELLA STORIA FILOSOFICA E POLITICA ITALIANA, NEL REGNO DI "FORZA ITALIA"!!!

-  COSTITUZIONE, LINGUA E PAROLA.....

-  IL BERLUSCONISMO E IL RITORNELLO DEGLI INTELLETTUALI.

-  DON PAOLO FARINELLA, PRETE E CITTADINO "SPOSATOSI" CON BERLUSCONI, COMINCIA A SVEGLIARSI: GLI HA SCRITTO UNA "LETTERA DI RIPUDIO", FINALMENTE!!! A QUANDO QUELLA DELLA CEI, DELLA GERARCHIA ROMANA, E DEGLI "ALTRI"?!

-  STATO E CHIESA: UN PROBLEMA TEOLOGICO-POLITICO, NON STORICO. CON LA COSTITUZIONE IL POPOLO ITALIANO HA FATTO "LA RIFORMA", MA NE’ I CATTOLICI NE’ I LAICI LO HANNO CAPITO. A PIETRO SCOPPOLA, CHE AVEVA COMINCIATO A CAPIRLO, ALLA FINE GLI HANNO "SPEZZATO LE RENI".... E ORA ANCHE A NOI: "FORZA ITALIA"!!!
-  Chiesa e Stato in Italia. Dal­la Grande guerra al nuovo Concordato (1914-1984). Un lavoro di Rocco Pertici, recensito da Sergio Romano

-  HANS BLUMENBERG CI SOLLECITA: "USCITE DALLA CAVERNA"!

-  METTERSI IN GIOCO, CORAGGIOSAMENTE


Nancy

Il corpo della democrazia

Un saggio del filosofo francese Jean-Luc Nancy per le edizioni Cronopio. La crisi dei sistemi politici liberali basati sul principio di maggioranza e sulla possibilità o meno di una sua riforma

di Ida Dominijanni (il manifesto, 06.08.2009)

Dopo la risposta di Alain Badiou - Sarkozy, 2008 - all’ingiunzione di Nikolas Sarkozy a «farla finita con il ’68», reo di avere originato la cultura del rilassamento e del relativismo morale di cui tuttora un Occidente malato risentirebbe, l’editore Cronopio pubblica quella di Jean-Luc Nancy, Verità della democrazia, sessanta pagine fulminanti (9 Euro) vincitrici del Prix du pamphlet 2008, che prendono le mosse da quell’ingiunzione non tanto per contestarla direttamente - «l’accusa è talmente scandalosa nel suo cinismo e talmente ingenua nella sua malcelata astuzia che è inutile perdere tempo a confutarla» - quanto per aprire un ripensamento a tutto campo dello spirito del ’68, del suo rapporto con la democrazia, del rapporto fra quest’ultima e il comunismo (ovvero, à la Nancy, il comune). E infine della democrazia tout court, per ciò che non è e per come andrebbe reinventata.

«Spirito», e non eredità del ’68: infatti «non c’è nessuna eredità, perché non c’è stato alcun decesso», mentre «lo spirito non ha mai smesso di soffiare». Definire uno spirito, o un soffio, non è facile, ma consente in compenso di tornare all’ ispirazione originaria del ’68, scartando le definizioni successive che come tutte le definizioni chiudono ciò che dovrebbe invece restare aperto.

La retorica del male minore

Nancy infatti le scarta una per una: il ’68 - che l’autore chiama sempre e solo «68», assegnando alla data la qualità di un nome proprio e singolare - non è stato una rivoluzione, né una contestazione, né una ribellione, una rivolta o un’insurrezione, «benché sia possibile rintracciare in esso i tratti di tutte queste posture, postulazioni, ambizioni e attese».

È stato piuttosto un movimento del pensiero, o meglio il movimento di un pensiero in atto, che partiva da una delusione, «poco visibile ma insistente», nei confronti della democrazia e delle sue promesse mancate. Vent’anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, la «ricostruzione» non riusciva a ripristinare quel progresso democratico che si pensava fosse stato solo parenteticamente e follemente interrotto dai totalitarismi, e che invece, come già avevano visto Hannah Arendt e Walter Benjamin e prima di loro Tocqueville, ne avevano tragicamente creato le condizioni.

Nella gabbia della guerra fredda, si cercavano terze vie e fuoriuscite postcoloniali dai fallimenti dell’Est e dell’Ovest, ma senza avere chiara la percezione di «una inadeguatezza della democrazia (rappresentativa, formale, borghese) nei confronti della sua stessa Idea», né di come questa inadeguatezza potesse portare a un esito diverso da quello reazionario degli anni Venti e Trenta.

Incerto, il pensiero tuttavia «si distoglieva dalla democrazia, giungendo nel migliore dei casi a considerarla il male minore». E si apriva alla più radicale esigenza nietzscheana di una «trasvalutazione dei valori». Alla cui base Nancy, come già altri interpreti fini del 68, mette il cambiamento della percezione e della concezione del tempo: l’uscita dall’età della Storia progressiva e inverante, la fine delle «concezioni» del mondo e dello stesso paradigma della concezione e della previsione, e l’apertura di un altro regime di pensiero: «non più produrre forme che avevano il compito di modellare un dato storico già preformato da un’idea generale di progresso, ma esporre gli obiettivi stessi - l’uomo o l’umanesimo, la comunità o il comunismo, il senso o la realizzazione - a un superamento di principio: a ciò che una previsione non è in grado di esaurire perché questo superamento mette in gioco un infinito in atto».

Non dunque crisi, ma apertura del soggetto. Non la prefigurazione di un nuovo mondo, ma una prassi del qui e ora. Non un tempo della successione e della concatenazione, ma della secessione e della disgiunzione. Non il messianesimo rivoluzionario dell’avvento del Salvatore o del Giustiziere, ma un messianesimo dell’evento che irrompe nel presente e lo apre alla «potenza d’essere» del desiderio senza identificazioni in alcun Messia.

È da questa nuova curvatura del pensiero, a sua volta mossa da fatti storici potenti, che nasce il 68 e la sua esigenza, a tutt’oggi da capire, di radicale reinvenzione della democrazia. Tanto radicale in verità, nella versione di Nancy, da suscitare un legittimo interrogativo sul perché in lui, come in altri filosofi contemporanei francesi a cominciare da Jacques Rancière, il nome «democrazia» resista al di là e contro ogni sua declinazione storica reale, finendo così col riprodurre quella distanza fra l’Idea e la cosa dalla cui critica il discorso prende le mosse.

L’aristocrazia egualitaria

Democrazia, per Nancy, è il principio comunista - dell’incalcolabile contro il calcolo del capitale, la non equivalenza contro l’equivalenza generale del danaro e della forma-merce, l’uguaglianza dell’incommensurabile contro la serialità dell’individualismo liberale, l’ordine del non scambiabile contro il regime mercantile dello scambio. È «aristocrazia egualitaria», esistenza singolare e comune sottratta allo Stato, kratein del popolo che mette in scacco il kratos costituito, esistenza condivisa e non biopolitica della vita astratta. È l’«apertura del soggetto» inaugurata dal 68 contro il soggetto sovrano, padrone delle proprie rappresentazioni e delle proprie decisioni, che sta alla base delle democrazie fin qui sperimentate, rappresentative o dirette o sondaggistiche che siano.

Non è, diversamente da quello che impariamo dalla filosofia antica, una forma politica tra le altre, e non è nemmeno in primo luogo una forma politica. In primo luogo, è «il nome di un regime di senso, la cui verità non può essere sussulta in nessuna istanza ordinatrice, né religiosa, né politica, né scientifica o estetica, ma che impegna interamente l’uomo in quanto rischio e chance di se stesso, danzatore sull’abisso»; in secondo luogo, è la ricerca di una politica distinta e limitata nel suo ambito - qui Nancy si distanzia apertamente dal «tutto è politica, o tutto può diventarlo», di marca sessantottina - che funzioni soltanto come garanzia di apertura al molteplice, all’incalcolabile, al non rappresentabile.

Democrazia è, in sostanza, una nuova ontologia politica, che scardina alle fondamenta l’edificio delle democrazie reali così come le conosciamo, l’individuo sovrano atomistico e seriale che ne è la base, i valori ormai pronti a ritorcersi contro se stessi che ne sono l’ideologia, le procedure che ne ordinano e ne irrigidiscono i poteri. Si può essere entusiasticamente d’accordo, ovviamente: ma siamo sicuri che convenga ancora chiamarla «democrazia», che questo nome sia infinitamente elastico, o la battaglia per la sua risignificazione infinitamente possibile?

-  SCHEDA

-  L’AUTORE, LE OPERE. TRA SOGGETTO, COMUNITÀ E ARTE

Nato a Bordeaux nel 1940, Jean-Luc Nancy è professore emerito presso l Università "Marc Bloch" di Strasburgo. Autore di una quarantina di volumi, filosofo poliedrico, gli interessi di Nancy spaziano dall estetica («Le Muse», Diabasis, 2006) alla fenomenologia, dalla politica («Il mito nazi», scritto con Philippe Lacoue-Labarthe, Il Melangolo, 1992) fino all autobiografia («L intruso», Cronopio, 2006 ). Particolare interesse rivestono le ricerche nei campi del «soggetto», del «corpo», della «comunità» e del «mondo». Ambiti e temi affrontati nei suoi lavori più noti, dallo studio sulla «Comunità inoperosa» (Cronopio, 1995) alla «Creazione del mondo» (Einaudi, 2003) e «Ergo sum» (Bompiani, 2006). I suoi ultimi libri tradotti, tutti editi nel 2009, sono: «Indizi sul corpo» (Ananke), «Sull amore» (Bollati-Boringhieri), «M ama non m ama» (Utet).


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