"Quando venni dagli uomini, li trovai assisi su di un’alterigia antica" (Nietzsche, Così parlò Zarathustra).

NIETZSCHE, L’UOMO FOLLE. Non abbiamo capito il Crocifisso e pretendiamo di aver capito Dioniso. (Forse è meglio rileggere il "poema celeste" sia di Dante sia di Iqbal). Una nota di Pietro Citati sulle "Lettere da Torino" - a c. di Federico La Sala

sabato 12 luglio 2008.
 

-  Nelle "Lettere da Torino" il suo ultimo tragico autunno

-  L’abisso di Nietzsche
-  La stagione della follia

-  Proclamava di essere il pagliaccio della nuova eternità, si sedeva al pianoforte e cantava a gola spiegata in preda ad una irrefrenabile euforia
-  Il suo amico Franz Overbeck era corso da Basilea per rintracciarlo e riportarlo a casa
-  Sembrava un istrione impazzito e inviava proclami firmati Dioniso oppure Crocifisso

di Pietro Citati (la Repubblica, 12.7.08)

Il 21 settembre 1888 Friedrich Nietzsche arrivò a Torino, fuggendo l’Engadina in preda all’alluvione. Era la seconda volta che giungeva nell’antica capitale sabauda: ma questa volta essa lo affascinò completamente. L’aria fresca, tersa, limpida, le foglie dorate e brune degli alberi, il fondale già bianco delle montagne: gli pareva di vivere in mezzo ai colori di un Claude Lorrain infinitamente prolungato. C’era nell’aria un benessere quieto ed etereo. Il pomeriggio passeggiava lungo i viali alberati sul Po, che l’autunno aveva appena sfiorato. Amava le strade dritte e larghe, la bellezza delle grandi piazze, gli edifici regolari, la profondità quieta del silenzio. Gli pareva che Torino fosse costruita apposta per lui. Era la città dell’autunno: Dioniso, il suo dio, era il dio dell’autunno; e qui le venditrici gli offrivano meravigliosa uva di tutti i colori. Non sapeva ancora che sarebbe stato il suo ultimo, tragico autunno (Lettere da Torino, a cura di Giuliano Campioni, traduzione di Vivetta Vivarelli, Adelphi, pagg. 272, euro l5).

Tutto, a Torino, gli sembrava frutto di uno straordinario momento di grazia. Un edicolante, David Fino, che abitava a via Carlo Alberto l3, gli aveva affittato a basso prezzo una vasta stanza con un "grandioso letto piemontese", dove dormiva con una profondità e una quiete che non aveva mai conosciuto. La trattoria era buonissima: teneri maccaroni, saporite minestre, ossibuchi accompagnati da "broccoli cotti in maniera incredibile", carne finissima, squisiti grissini. Un sarto gli aveva preparato un elegante soprabito azzurro autunnale, che gli toglieva dieci anni di vita e lo faceva procedere pieno di contegno e di orgoglio.

Tutti sembravano, od erano, persone raffinatissime; e lo trattavano come un gentiluomo estremamente distinto o un principe. Quando entrava in un grande magazzino, i volti si addolcivano e si rasserenavano: le porte si aprivano dolcemente davanti a lui; e le vecchie fruttivendole non avevano pace finché non riuscivano a scegliere i grappoli più dolci della loro uva. Così la sua salute (nella realtà o nell’immaginazione) migliorò rapidamente: non aveva più bisogno di caffè, cloralio e nicotina: dopo anni di angosce conosceva il benessere; e scrisse in pochi mesi, con velocità ed impeto vertiginosi, i suoi ultimi libri.

In realtà, quello di Nietzsche non era benessere, ma un eccesso di euforia, che cresceva su sé stessa e divorava spaventosamente sé stessa. Le lettere degli ultimi mesi si riempiono presto di affermazioni di una inquietante e sinistra mitomania. «Io ho dato agli uomini il libro più profondo che posseggano, il mio Zarathustra».

«Zarathustra, il primo libro di tutti i millenni, la Bibbia del futuro, la più grande esplosione del genio umano in cui è racchiuso il genio dell’umanità». «Mi sono posto talmente al di là, non sopra ciò che conta ed è in auge oggigiorno, bensì al di sopra dell’umanità». Ma anche il successo del Zarathustra era ormai dietro le sue spalle. Nessuno poteva fermarlo. Le potenze europee, riunite a convegno attorno a lui, avrebbero ubbidito ai suoi ordini di Messia: fucilare Bismarck e l’imperatore Guglielmo, distruggere il Terzo Reich, chiudere il Papa nel carcere del Vaticano.

Chi poteva chiamare semplici libri L’anticristo o Ecce homo, che scriveva febbrilmente a Torino? Erano dinamite, terremoto, convulsione, apocalisse. Ecco, davanti ai suoi occhi, la storia della terra spezzata e spaccata in due. Il vecchio mondo, che era cominciato con l’anno uno, ai tempi della nascita di Cristo, era già morto: mentre il nuovo stava cominciando proprio in quel momento, tra i limpidi veli autunnali di Torino.

Tutto era l’albore di un nuovo inizio e di un nuovo cominciamento. Il Crocefisso aveva finito di vivere, e con lui il Padre, al quale l’umanità aveva tanto tempo sacrificato. L’altro Redentore, l’altro Padre era già qui, davanti agli occhi presaghi di tutti. Non era una persona sconosciuta: ma lui, Friedrich Nietzsche, il professore di Basilea, il fuggiasco che in pochi anni aveva percorso tutta l’Italia. «Tra un paio d’anni - proclamò - governerò il mondo, perché ho deposto il vecchio Dio».

Poi, in alcune lettere dei primi di gennaio del 1889, tutto esplose alla luce. «Il mondo è trasfigurato, poiché Dio è sulla terra. Non vede come i cieli gioiscono? Ho appena preso possesso del mio regno». Scrivendo ai nuovi e vecchi amici, tra i quali l’amatissima Cosima Wagner, firmò i suoi brevi proclami di rivelazione e di trionfo ora col nome del Crocifisso ora con quello di Dioniso. Egli era Dioniso vittorioso, il dio supremo antichissimo e recentissimo, che avrebbe reso la terra un giorno di festa. Sebbene fosse Dio, egli conosceva tutte le esperienze che gli uomini possono conoscere, dalle più basse alle più alte. Così, nella gioia universale, egli annunciava il suo "eterno ritorno": come Buddha, Gesù Cristo, Alessandro Magno, Giulio Cesare, Shakespeare, Voltaire e Napoleone; e persino il suo immaginario figlio Umberto I, giovane re d’Italia con "la graziosa Margherita", avrebbero partecipato alla grande festa.

Davanti a questo scoppio orgiastico di euforia, gli amici che ricevettero i biglietti di Dioniso-Crocifisso pensarono di leggere le parole di un istrione impazzito. Non avevano torto. Ma anche Nietzsche sapeva di esserlo: anche lui era cosciente che la sua "catastrofe tragica" poteva esprimersi soltanto con ghigni, caricature, spiritosaggini, buffonate, disumana e sovrumana allegria. Credo che per qualche giorno rimanesse lucido: convinto di essere contemporaneamente il "redentore del mondo " e "il pagliaccio della nuova eternità ".

Si era identificato con Dioniso: il Dioniso della fine dei tempi. E il suo Dio doveva esprimersi quale era stato nel corso della sua lunga storia: con i balzi del satiro, le smorfie dell’istrione aristofanesco, le danze del ballerino d’operetta. Non c’erano più alternative o rivali nel tempo. Non c’era più storia. C’era soltanto quella tremenda risata orgiastica, che distruggeva il mondo e lo ricreava secondo un nuovo principio.

La voce si diffuse rapidamente tra gli amici e i conoscenti. Franz Overbeck - uno degli amici più antichi e affezionati di Nietzsche - lasciò la stazione di Basilea la sera del 7 gennaio. E il giorno seguente, dopo l8 ore di viaggio, era a Torino, cercando l’abitazione di Nietzsche nella città sconosciuta. Voleva riportarlo tra i suoi. Il padrone di casa, David Fino, era andato a cercare aiuto al consolato tedesco e alla polizia italiana. La moglie non era a casa. Ma, finalmente, Overbeck riuscì ad entrare nella stanza, dove Nietzsche aveva pensato, scritto, riso e delirato per più di tre mesi. Stava rannicchiato nell’angolo di un sofà, col volto terribilmente emaciato.

Leggeva le bozze di Nietzsche contra Wagner. «Nessuno è pari a Wagner nei colori del tardo autunno, nella felicità indescrivibilmente commovente di un godimento estremo, estremo più di ogni altro, breve più di ogni altro... Più felicemente di qualsiasi altro egli attinge all’ultimo fondo di ogni gioia umana, per così dire al suo calice interamente vuotato...». Forse Nietzsche stava parlando di sé senza saperlo.

I due amici si abbracciarono lacrimando: poi Nietzsche si lasciò cadere nuovamente sul sofà, sconvolto da sussulti di pianto. «Forse proprio in quell’attimo - scrisse Overbeck - gli si spalancò davanti l’abisso sul cui ciglio ora si trova, o dove piuttosto è già precipitato». Poi Nietzsche si sedette al pianoforte, dove cantava a gola spiegata in preda alla frenesia ed esaltandosi sempre di più, lasciando «intendere nel contempo con brevi frasi pronunciate in tono smorzato cose sublimi, di abile chiaroveggenza e di indicibile orrore, su sé stesso come successore del dio morto». Proclamava di essere "il pagliaccio della nuova eternità", rendendo l’estasi della sua gaiezza con le espressioni più triviali, o con balzi e danze scurrili.

Overbeck ebbe una impressione atroce: quello spettacolo incarnava con terribile efficacia l’idea orgiastica della follia sacra, sulla quale era fondato il teatro antico. Adesso, tutto era finito: tutto quel possente mondo tragico-comico Eschilo, Aristofane, Le Eumenidi, Le Rane, Le Nuvole, poteva venire contemplato soltanto attraverso la sua scurrile degradazione. Nel mondo moderno, Dioniso, l’antichissimo dio dell’estasi e della lacerazione, era soltanto un pazzo, sottoposto come Nietzsche a un processo di paralisi progressiva.


-  MUHAMMAD IQBAL HA LETTO DANTE E, NEL SUO "POEMA CELESTE", PONE NIETZSCHE "AL DI LA’ DEI CIELI": "Egli fu un Hallaj straniero nella sua patria" (Muhammad Iqbal, Il poema celeste, a cura di Alessandro Bausani, Bari 1965, pp. 142-143).

-  Sul tema, in rete e nel sito, si cfr.:

-  Friedrich Nietzsche (Wikipedia).

L’ULTIMO PAPA CEDE IL PASSO A ZARATHUSTRA: "CHI AMA, AMA AL DI LA’ DEL PREMIO E DELLA RIVALSA". Una pagina di Nietzsche

-  DAL DISAGIO ALLA CRISI DELLA CIVILTA’: FINE DEL "ROMANZO FAMILIARE" EDIPICO DELLA CULTURA CATTOLICO-ROMANA.

-  "Alt, nano! O io! O tu!". L’eterno ritorno del nano?! Umberto Eco passa le consegne ad Armando Massarenti e insieme ri-lanciano "il sogno" e "il lancio del nano". Come una proposta per la scuola di una nuova Italia - ma quella dei "nani" e delle nane" o quella dei cittadini e delle cittadine?! Boh e Bah?!

-  ITALIA E PAKISTAN: LA DIVINA COMMEDIA (Dante Alighieri) E IL POEMA CELESTE (Muhammad Iqbal).
-  Ri-leggiamo insieme... le due opere e i due Autori! Un’ipotesi di rilettura di DANTE .... e un appello per un convegno e per il Pakistan!!!
-  DANTE PER LA PACE, PER LA PACE TRA LE RELIGIONI E TUTTI I POPOLI
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IL BERLUSCONISMO E IL RITORNELLO DEGLI INTELLETTUALI. Dal 1994 al 2008: "Gran brutta aria, regime ancora no"!!!

-  TEOLOGIA "CATTOLICA", POLITICA, E FILOSOFIA "PAGANA". IL TEOLOGO FRANCESCO BRANCATO CERCA DI "INQUIETARE" I FILOSOFI ITALIANI (Cacciari, Givone, Natoli, Severino, Sgalambro, Vattimo e altri) E DI PORTARLI NELLA RICCA E SFARZOSA CASA DEL "DEUS CARITAS" DI PAPA RATZINGER.


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